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Non una parola, non un pensiero...

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda incrociatore il 15/01/2009, 13:34

Stefano'62 ha scritto:Anche la tesi che la bassa soglia di reazione di israele e i suoi interventi anche preventivi siano determinati dai suoi timori derivanti dalla sua collocazione geografica che la vede circondata da pericolosi menici che lo vogliono distruggere,non regge.
Nessun esercito o coalizione al mondo avrebbe la benchè minima speranza di ricacciarli in mare,dato che verrebbero subito difesi non più solo da armamenti,bensì da un enorme contingente americano;cui si accoderebbero diversi Stati occidentali dato che sarebbe l'intervento americano più popolare e giustificato dal '45 ad oggi.
Israele quindi è tutto fuorchè debole.
Anzi è molto forte e si sente impunito,per questo si permette di fare cose del genere.
Dopo l'insediamento di Obama sarà ancora forte ma forse un pò meno impunito.
Credo che lo sappia e che stia approfittando della festa finchè dura.
Ciao,

Stefano

se si esclude l'Iran di quel pazzo di Aḥmadinejād, non ci sono Paesi che sono un pericolo per Israele (ma come giustamente dici tu, un qualsiasi intervento dell'Iran contro Israele scatenerebbe un intervento americano... e non solo... che sarebbe salutato da mezzo mondo come questo sì, giusto)... il vero pericolo è il fondamentalismo islamico che, guarda caso, essa stessa ha contribuito a far crescere... a cominciare da Hamas coccolata fin dai suoi albori perché vista come elemento disgregante dell'egemonia dell'OLP e del suo leader Arafat sul popolo palestinese (Hamas fu riconosciuta come associazione legale da Begin fin dalla fine degli anni '70) e poi con le attività di occupazione dei territori e l'insediamento continuo di nuove colonie che esasperando la popolazione palestinese ha fatto e fa buon gioco agli integralismi.
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda Stefano'62 il 15/01/2009, 13:46

Infatti...."chi semina vento raccoglie tempesta".
Stefano'62
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda incrociatore il 15/01/2009, 15:06

Stefano'62 ha scritto:Infatti...."chi semina vento raccoglie tempesta".

per quanto possa apparire paradossale, Israele in questo momento può solo ringraziare che in nessun Paese medio-orientale esista una democrazia come c'è, appunto, in Israele... Se ci fosse in Egitto, Giordania, Iran, Iraq e via dicendo una democrazia vera, il rischio che la logica del "pensiero militarizzato", di cui è in questo momento prigioniera Israele, prevalga anche in quei Paesi, è molto alto visto l'odio che Israele stesso ha contribuito a far montare tra gli arabi. E le conseguenze sarebbero drammatiche... "per fortuna" in quei Paesi è al potere una nomenclatura di cialtroni, corrotti e spregiudicati che ha ben altri interessi che non interessarsi dei palestinesi o interessarsi più di tanto degli ebrei.
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda incrociatore il 15/01/2009, 19:22

Non bisognava certo essere Nostradamus...

_________________
La guerra sembra riunificare i palestinesi sotto le bandiere degli integralisti
Tra i guerriglieri nella Striscia
sotto le bombe cresce la rabbia
dall'inviato GUIDO RAMPOLDI


GAZA - Il cielo appartiene a Israele, ma in città comanda tuttora Hamas. I suoi capi, i suoi guerrieri, escono dopo le nove di sera, quando scatta il coprifuoco. Di giorno non si fanno vedere, se non sul valico di confine con l'Egitto. Una decina, non uno in divisa. Un paio a piedi nudi. Gli altri in tuta da ginnastica; tre con una camicia avana di foggia militare. Imbronciati, diffidenti, ma nel loro modo rustico grati all'europeo che si affaccia da questa parte. Discutono a lungo se autorizzarti a raggiungere Gaza city a bordo di un'ambulanza, ma concludono che non è possibile, le ambulanze egiziane non fanno questo genere di trasporti e le ambulanze palestinesi non viaggiano tra il nord e il sud della Striscia: "Gli israeliani le mitragliano. Ma no, mica sempre. È gente civile, quella!", ghigna l'unico che parla l'inglese. Hanno l'aspetto di un gruppo di sbandati: eppure Hamas non sembra affatto allo sbando. A Rafah ha perso il municipio e le stazioni di polizia, spianati dalle bombe israeliane, ma non il suo potere di controllo.

Non riesce a garantire la pulizia delle strade, peraltro sporche anche prima della guerra. Ma se chiami il 100, l'equivalente del nostro 113, accorrono. Rapidi ed efficienti. Due giorni fa hanno arrestato un ladro di motorette, e non potendo metterlo in guardina perché non c'è più una guardina, l'hanno ammanettato ad un palo di ferro, in modo che i passanti potessero sputargli addosso.

Vista da questa città, la prima dopo il confine egiziano, la guerra d'Israele è molto più chirurgica di quanto si mostri in queste ore a Gaza city, ma altrettanto insensata. Non si può dire che l'aviazione israeliana non faccia sforzi per evitare vittime tra la popolazione. Ma avendo deciso di dare la caccia ad un nemico invisibile nascosto nelle città, e parte di quelle città, finisce per ammazzare soprattutto i civili. Così convince i palestinesi che nessuna pace, nessun compromesso, nessuna convivenza è più possibile con chi ammazza i loro bambini. O noi o loro, senti ripetere. O noi cancelliamo loro o loro cancellano noi.

Un tempo era il grido di guerra di quello che si chiamava il "fronte del rifiuto" poiché rifiutava l'esistenza di Israele. Ora lo trovi sulla bocca di palestinesi che avevano accettato l'idea di convivere con lo Stato ebraico. Forse l'ira sbollirà. Ma al momento la guerra sembra riunificare i palestinesi della Striscia sotto le bandiere che a Rafah sventolano da ogni lampione: le verdi di Hamas, le nere della Jihad islamica.

Non era così nelle prime giornate. Per capire perché sia cambiato l'umore di Rafah val la pena di seguire le tracce di un gruppo di poliziotti palestinesi che Israele ha inseguito con una specie di cecità omicida, tanto ostinata quanto stolta. Poliziotti di Hamas, ma poliziotti. Addetti al traffico, alla repressione dei furti, alla stesura delle denunce. Il primo giorno di guerra, quando l'aviazione israeliana li ha bombardati, i loro uffici ospitavano un gruppo di persone convenute per chiudere con un accordo amichevole un incidente di traffico nel quale un automobilista aveva ferito un passante, e a ragione di questo era stato arrestato. La bomba ha ammazzato un legale, un giureconsulto islamico, un medico incaricato della perizia, l'arrestato, un suo parente e vari impiegati.

I poliziotti sopravvissuti hanno trovato riparo in un edificio comunale, il "Parlamento della gioventù palestinese", costruito molti anni fa con l'idea di educare i ragazzi alla democrazia. È nel quartiere di al-Shabura, zona povera che tifa Fatah, gli avversari di Hamas. Non pochi abitanti di al-Shabura erano tra i duecento palestinesi che il 30 dicembre hanno trasformato il funerale di un militante di Fatah morto sotto le bombe in una furiosa manifestazione contro Hamas. "Hamas, tu hai provocato questa guerra, adesso fermala", scandivano. La notte del 31 una bomba ad alto potenziale ha sventrato il "Parlamento della gioventù palestinese". Ma la dozzina di poliziotti che per due giorni vi aveva dormito, non c'era. Sospettando che le spie avessero segnalato la loro presenza agli israeliani, i poliziotti si erano dispersi nella città. La bomba ha strappato a due palazzi la parete che affacciava sulla strada, devastato una cinquantina di appartamenti, ammazzato due abitanti, ferito altri venti. E convinto la gente di Fatah che il nemico non è più Hamas. Ora e sempre, è Israele.

I compagni degli otto bambini feriti quella notte, ieri avevano ripreso a giocare sotto il tronco di una palma mozzata dall'esplosione. Anche la vita degli adulti prosegue in una stralunata normalità. Restano aperti i barbieri, farmacie, negozi di alimentari; e il ristorante Bassam, di cui ieri abbiamo apprezzato la shawarma. Circolano automobili. Il corso è affollato. L'erogazione di acqua e di luce subisce sospensioni saltuarie in alcune zone. La campagna rifornisce ancora le bancarelle del mercato di zucchine, cavoli e arance. Il prezzo di alcuni generi di prima necessità, come lo zucchero, è triplicato. Il costo della benzina è raddoppiato, ed è aumentato in proporzione il numero di carretti trainati da cavallini e asinelli. Sui carretti, su rimorchi di trattori, famiglie si trasferiscono da zone pericolose ad aree più sicure, il marito alla guida, i bambini e la moglie (o le mogli) sul pianale.

Scappa soprattutto chi abita le case affacciate sulla linea di confine, lì dove l'aviazione israeliana martella giorno e notte, per distruggere le gallerie che passano sotto la frontiera. I boati che mentre scrivo scuotono le finestre di questa casa provengono appunto da quella zona. Un minuto dopo, dal walkie-talkie del ragazzo apparso all'improvviso una voce concitata annuncia che una persona è morta ("Un martire", dice più esattamente il ragazzo, militante di Hamas).

In centro conto sei palazzi colpiti dalle bombe. Palazzine come sbranate da fauci enormi. La "Scuola per figli di martiri e per orfani Daral Fadila", e la moschea annessa: erano vuote quando l'esplosione le ha sfondate. Un edificio a due piani, largo una trentina di metri. Prima di essere ridotto ad una rovina era adibito, mi dicono, a deposito per medicinali. Forse ospitava anche altro, e probabilmente l'aviazione ha colpito con cognizione di causa. Ma agli occhi della popolazione, Israele sta semplicemente ammazzando palestinesi. E questo sconvolge quegli abitanti di Gaza che magari non amavano gli israeliani, ma mai li avrebbero creduto capaci di tanto.

"Perché ammazzano i nostri bambini? Perché? E' incomprensibile", dice Nidal, un giovane ingegnere. "È tutto indecente", dice Abdullah Shiada, il direttore dell'ospedale. E i Qassam, i missili che Hamas spara dal centro di Rafah? "Giocattoli o poco più, al confronto delle armi con cui un esercito tra i più forti della terra attacca le nostre piccole città. Ci attacca con gli F16, con gli elicotteri, con gli aerei-spia che stanno fermi sopra le nostre teste pere 24 al giorno. Con le navi che sparano su Rafah dal mare. Con i tank che avanzano da est e ormai sono a pochi chilometri dalla periferia. Ieri hanno spianato il villaggio di Sofa, 35 case, ammazzato due palestinesi, di cui non riusciamo a recuperare i cadaveri, e fatto una strage di pecore.
L'Europa potrebbe chiamare la Protezione animali?".

Nei 18 giorni di guerra l'ospedale di Rafah ha ricoverato 440 feriti, 38 dei quali sono morti. Se si sottraggono a quei 440 i bambini (89), le donne (71), gli anziani e i non-combattenti, di numero imprecisato, si ricava il sospetto che Israele ammazzi soprattutto inermi. O almeno questa è la convinzione del dottor Shiada. Quale poi sia logica del tutto, in effetti non è chiaro. Qui a Rafah l'aviazione da due giorni bombarda soprattutto la zona limitrofa alla terra di nessuno tra Egitto e Gaza, lì dove sbucano centinaia di tunnel sotterranei. Ma quelle gallerie probabilmente non sono così fondamentali agli equilibri strategici come si vuol far credere.

Per quanta precisa sia l'aviazione, talvolta i suoi razzi colpiscono le case. Forse non va ascritto ad un errore il missile che secondo alcuni beduini sarebbe caduto due giorni fa in Egitto, proprio al di là del confine, e proprio nel momento in cui Gamal Mubarak il figlio del presidente egiziano, visitava il valico di Rafah. Se questo è vero, forse si è trattato di un avvertimento, nel linguaggio misterioso con cui Israele e l'Egitto si scambiano segnali in margine ad una blitz-krieg forse ancora indecifrata, o forse assai poco razionale.

Repubblica.it (15 gennaio 2009)
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda ranvit il 15/01/2009, 20:10

incrociatore ha scritto:
Stefano'62 ha scritto:Infatti...."chi semina vento raccoglie tempesta".

per quanto possa apparire paradossale, Israele in questo momento può solo ringraziare che in nessun Paese medio-orientale esista una democrazia come c'è, appunto, in Israele... Se ci fosse in Egitto, Giordania, Iran, Iraq e via dicendo una democrazia vera, il rischio che la logica del "pensiero militarizzato", di cui è in questo momento prigioniera Israele, prevalga anche in quei Paesi, è molto alto visto l'odio che Israele stesso ha contribuito a far montare tra gli arabi. E le conseguenze sarebbero drammatiche... "per fortuna" in quei Paesi è al potere una nomenclatura di cialtroni, corrotti e spregiudicati che ha ben altri interessi che non interessarsi dei palestinesi o interessarsi più di tanto degli ebrei.


Se ci fossero delle vere democrazie....la pace duratura con Israele sarebbe in vigore da tempo.

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda incrociatore il 15/01/2009, 20:11

incrociatore ha scritto:
Paolo65 ha scritto:...Comunque questa azione militare farà cambiare rotta ai palestinesi più riottosi: nessuno avrà più voglia di vedere i carri armati d'Israele fin dentro il centro di Gaza e sono sicuro che i razzi ,finito questo scontro, non verranno più lanciati...

sei un illuso... mai la semina dell'odio ha fatto nascere la pace.
ed aver provocato centinaia di morti innocenti sta pur tranquillo che l'odio lo ha seminato eccome.

sta a vedere che sono Nostradamus... :?
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda incrociatore il 15/01/2009, 20:18

ranvit ha scritto:
incrociatore ha scritto:
Stefano'62 ha scritto:Infatti...."chi semina vento raccoglie tempesta".

per quanto possa apparire paradossale, Israele in questo momento può solo ringraziare che in nessun Paese medio-orientale esista una democrazia come c'è, appunto, in Israele... Se ci fosse in Egitto, Giordania, Iran, Iraq e via dicendo una democrazia vera, il rischio che la logica del "pensiero militarizzato", di cui è in questo momento prigioniera Israele, prevalga anche in quei Paesi, è molto alto visto l'odio che Israele stesso ha contribuito a far montare tra gli arabi. E le conseguenze sarebbero drammatiche... "per fortuna" in quei Paesi è al potere una nomenclatura di cialtroni, corrotti e spregiudicati che ha ben altri interessi che non interessarsi dei palestinesi o interessarsi più di tanto degli ebrei.


Se ci fossero delle vere democrazie....la pace duratura con Israele sarebbe in vigore da tempo.

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con l'odio verso Israele montato a livelli probabilmente mai visti, le "democrazie" arabe dovrebbero fare i conti con i loro "Likud" e i loro "Shas"
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda ranvit il 15/01/2009, 20:25

Stavamo ipotizzando vere democrazie...

Comunque agli arabi i palestinesi non stanno troppo simpatici....li hanno sempre massacrati come e piu' di quanto non faccia Israele.

Diciamocelo francamente....qui in occidente quando Israele ammazza qualche palestinese si fanno un sacco di manifestazioni. Viceversa quando i musulmani in Darfur (ma è solo un esempio) massacrano centinaia di migliaia di persone, non si muove foglia!

Che dici, ci sarà qualcosa che non torna?

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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda incrociatore il 15/01/2009, 21:26

ranvit ha scritto:Stavamo ipotizzando vere democrazie...

certo, anch'io intendevo vere... e non pensi che una vera democrazia non avrebbe un "Likud" o un "Shas" cioè una destra reazionaria che lavorerebbe sulla "pancia" dei vari nazionalismi e sulle paure degli arabi come fanno gli originali in Israele?
Comunque agli arabi i palestinesi non stanno troppo simpatici....li hanno sempre massacrati come e piu' di quanto non faccia Israele.

Diciamocelo francamente....qui in occidente quando Israele ammazza qualche palestinese si fanno un sacco di manifestazioni. Viceversa quando i musulmani in Darfur (ma è solo un esempio) massacrano centinaia di migliaia di persone, non si muove foglia!

Che dici, ci sarà qualcosa che non torna?

Vittorio

Certo che c'è qualcosa che non torna... il movimento pacifista in questo deve farsi delle serie critiche, ma, come al solito non è con il "però gli altri" che si affrontano i problemi... Cioè a questa analisi che condivido cosa facciamo seguire? Che siccome di crimini nel mondo ce ne sono di peggio e il mondo se ne disinteressa dobbiamo disinteressarci anche di questi?
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda franz il 15/01/2009, 21:39

incrociatore ha scritto:sei un illuso... mai la semina dell'odio ha fatto nascere la pace.
ed aver provocato centinaia di morti innocenti sta pur tranquillo che l'odio lo ha seminato eccome.

Consiglio da vecchio grillo saggio. mai dire mai.
La seconda guerra mondiale, che quanto a semina di odio è stato il culmine in 100'000 anni di storia dell'umanità, ha prodotto in europa il periodo di pace piu' lungo dai tempi dell'impero romano, e forse anche da prima.
Qui non è un problema di illusione (perché caso mai illusi sono i pacifisti) ma di conoscenza.

Freud su questo (la reazione psicologica della popolazione ad una guerra disastrosa) ha scritto pagine che evidentemente ignori, come molti. Per Freud addirittura questa era, paradossalmente, l'ultima/unica speranza per spezzare il ciclo della guerra. Mi rieferisco al ben noto carteggio con Einstein, mille volte piu' evoluto di quanto passa oggi il convento (le polemiche Frattini - D'Alema).

Dall'odio e dalla guerra puo' nascere la pace, lo si è visto in europa nel '45, lo si è visto in sud-africa, lo si è visto in varie parti del mondo, come in Irlanda.
Non è vero che le guerre sono inutili e non sono la soluzione.
Queste sono frasi ad effetto che vanno bene per le prediche in chiesa, non per fare politica.

È sotto gli occhi di tutto che invece l'uomo impara piu' dalle guerre che dalle tregue in mezzo ad esse. Quindi esse solo parte del problema e della soluzione.
Finché gli uomini non imparano. E fintanto che non dimenticano. Non è cinismo, è realismo.

Mettiamo che oggi, come tutti sperano, si arrivi ad un accordo di tregua di ampio respiro (non illimitata perché Hamas coerentemente non la vuole) ... se ci si arrivasse grazie alla mediazione internazionale questo sarebbe dovuto solo ed esclusivamente alla guerra in atto. Senza, la comunità internazionale sarebbe andata avanti a sonnecchiere come sempre. Invece avremo, come sembra, un controllo internazionale a Gaza (come già nel libano del sud) e la fine dei lanci di razzi, e, immagino, la fine del sequestro degli aiuti umanitari da parte di hamas.
Se l'esito sarà positivo, i mille e piu' morti non saranno caduti invano. Noi, per fare un paragone, ne abbiamo avuti tra i 40 ed i 60 milioni (già questa incertezza reden l'idea del dramma) prima di capire. E forse c'è già chi ha dimenticato.

Ciao,
Franz
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