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L'isola di Pasqua

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Re: L'isola di Pasqua

Messaggioda gabriele il 11/01/2009, 12:00

Piero, capisco le tue angosce ma fra sapere fino a dove ci si può spingere e non saperlo, preferisco la prima.

Sapere e far sapere è il passo fondamentale per la successiva presa di responsabilità collettiva.

Ovviamente questa è una condizione necessaria ma non sufficiente affinchè la collettività si responsabilizzi. Fatto sta che non sapere non permette questo passaggio.

Gabrive


pierodm ha scritto:Partendo dall'articolo di Zagrebelski si possono aprire molte finestre di discorso, comprese quelle che stanno prevalendo nel forum, impostate su calcoli di sfruttamento del suolo e delle risorse naturali in generale.

Quando ho letto l'articolo, io ho pensato che il punto focale fosse l'insensatezza, o meglio, il rischio dell'insensatezza, ossia l'abbandonarsi ad un meccanismo apparentemente razionale che in realtà porta alla catastrofe.
E' un tema che cominciai a percepire molti anni fa, aiutato da qualche casuale lettura, e che ho visto prendere corpo nel tempo, con l'emersione dell'ambientalismo.
Ho tentato anche di riproporlo qui, con un argomento intestato agli "stili di vita", senza molto successo.
Negli anni passati questo tema era stato dibattuto sotto la voce "sviluppo", messo a confronto con il concetto di "progresso".
Si tratta insomma di un problema che ritorna, e sbuca fuori dai pertugi più impensati, non solo nei momenti canonici in cui si tratta di ambiente e di equilibri ecologici, ma anche nei discorsi sull'economia, sull'innovazione tecnologica, sulla sostenibilità di certi stili di vita e scelte consumistiche, etc.

L'esempio dell'Isola di Pasqua è un caso estremo, perché si concretizza in una catastofe totale, nihilistica.
Non c'è bisogno di arrivare a tanto per cogliere l'eventuale insensatezza di uno sviluppo fuori controllo, o meglio di uno sviluppo fine a se stesso, più che obbediente allo scopo originario di essere al servizio dei bisogni reali della società che lo produce.
Per questo, mi mettono un po' paura questi calcoli che vedo fare in alcuni messaggi.
Se si tratta di calcoli fatti per capire i termini del problema, vanno benissimo.
Mi spaventa invece il caso che siano fatti, in fondo, per capire fino a che punto possiamo tirare la corda, ovvero quale sia il limite massimo dello sfruttamento possibile.
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Re: L'isola di Pasqua

Messaggioda franz il 11/01/2009, 12:41

pierodm ha scritto:Quando ho letto l'articolo, io ho pensato che il punto focale fosse l'insensatezza, o meglio, il rischio dell'insensatezza, ossia l'abbandonarsi ad un meccanismo apparentemente razionale che in realtà porta alla catastrofe.
...
L'esempio dell'Isola di Pasqua è un caso estremo, perché si concretizza in una catastofe totale, nihilistica.
Non c'è bisogno di arrivare a tanto per cogliere l'eventuale insensatezza di uno sviluppo fuori controllo, o meglio di uno sviluppo fine a se stesso, più che obbediente allo scopo originario di essere al servizio dei bisogni reali della società che lo produce.

In realtà il comportamento umano è molto piu' irrazionale che razionale ed è evidente che gli eccessi vengono, per così dire, eliminati dal sistema. Di civiltà scomparse ce ne sono parecchie.
Pasqua puo' essere un esempio, ma non tutte le isole hanno fatto quella fine.
Nel senso che non tutte le isole sono sistemi chiusi. Per molte isole è possibile comunicare e scambiare merce con altre con poche ore o giorni di navigazione. Ma non è che poi nelle isole (ad esempio nel pacifico) si sia sviluppata una grande civiltà ed un grande progresso (ad esempio medico o scientifico). Si tratta di popolazioni che sono rimaste indietro nel tempo, mentre da noi, con tutti i contatti, gli scambi, i commerci, gli incontri tra popoli culture, siamo arrivati ad essere quello che siamo. Per dirla con il già citato Diamond, siamo noi ora ad andare là a prendere risorse dando perline e sveglie in cambio, non viceversa. Un motivo ci sarà. Non sarà forse che maggiori sono gli scambi (commerciali, culturali) e maggiore è lo sviluppo sociale?

Tra l'altro, a proposito di civiltà scomparse, anche tra le precolombiane ci sono casi (non imputabili alla colonizzazione occidentale in quanto sono scomparse precedenti la scoperta dell'america) e sono a quanto risulta riconducibili a problemi di eccesso ideologico (quindi religione, riti, sacrifici) e "politici" (lotte intestine). Nel caso dei Maja, la scomparsa improvvisa di quel popolo (furono trovati ancora piatti pieni di cibo in villaggi abbandonati) non pare imputabile ad una crisi economica o di risorse. A mio avviso Pasqua è un caso simile, nel senso che quasi sicuramente una frenesia ideologica (di tipo mitico religioso) ha condotto quel popolo all'estinzione per eccesso di rapina delle risorse.

Ci fu anche un esempio, mi pare nel pacifico, di una società che arrivata all'agricoltura, tento' di fare marcia indietro, tornando al precedente metodo economico di procacciamento delle risorse. Una sorta di decrescita ante litteram. Scomparsi (salvo le tracce archeologiche).

Per quanto riguarda noi, i punti sono tre: il primo è la nostra capacità di creare (scoprire) nuove risorse quando le precedenti sono alla fine, il secondo è la nostra capacità (grazie al primo punto) di estendere i confini del sistema, la terza l'influsso sempre meno profondo degli eccessi ideologici (lo so che Piero non gradirà ma se la penso cosi' non posso non dirlo) che ci mette al riparo dai disastri imminenti piu' gravi, dandoci il tempo, con la scienza e la tecnologia di studiare la soluzione per quelli futuri.

Disastri, meno gravi, ne avremo sempre e prima o poi ci estigueremo anche noi come i dinosauri.
A questo proposito mi sono imbattuto ieri in una storiella divertente, che capita a fagiolo.
Durante una conferenza in cui si parla della prossima estinzione dell'umanità uno del pubblico si alza e chiede al relatore: "scusi, ma quando ha detto che dovremmo estinguerci?" "8 milioni di anni", risponde il relatore. "Ah, bene, avevo capito ottocentomila e mi stavo già preoccupando. :D

Ciao,
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Re: L'isola di Pasqua

Messaggioda pinopic1 il 11/01/2009, 13:05

La storiella dimostra anche che se non fai un pò di catastrofismo nessuno si preoccupa più di tanto e neanche per le cose meno catastrofiche, prevedibili e prevenibili.
Del resto lo sviluppo non è mai stato del tutto incontrollato e spontaneo. I governi nazionali (almeno i più avveduti) sono sempre intervenuti per correggere, prevenire, proteggere l'ambiente e la salute. Il problema si pone per problemi planetari dove non esiste chi abbia l'autorità per intervenire. Allora bisogna sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale e qualche allarme catastrofico si rende necessario.
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Re: L'isola di Pasqua

Messaggioda franz il 11/01/2009, 13:34

pinopic1 ha scritto:La storiella dimostra anche che se non fai un pò di catastrofismo nessuno si preoccupa più di tanto e neanche per le cose meno catastrofiche, prevedibili e prevenibili.
Del resto lo sviluppo non è mai stato del tutto incontrollato e spontaneo. I governi nazionali (almeno i più avveduti) sono sempre intervenuti per correggere, prevenire, proteggere l'ambiente e la salute. Il problema si pone per problemi planetari dove non esiste chi abbia l'autorità per intervenire. Allora bisogna sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale e qualche allarme catastrofico si rende necessario.

Aspetta un attimo, ... se si fa troppo catastrofismo, per attirare l'attenzione, poi si fa la fine di "pierino ed il lupo", altra storiella ben piu' famosa. Si perde di credibilità. Altrove stiamo discutendo delle tesi sul riscaldamento globale e del crescente dissenso di scienziati sul tema Riscaldamento=CO2. Oggi come ben riassumeva annalu appare evidente che a parte le certezze politiche di Al Gore, non ne sappiamo poi molto sul piano scientfico e che c'è un grosso rischio che si arrivi a scoprire che le cause el cambiamento climatico non sono legate all'uomo ma (tra le tante ipotesi) all'attività solare. Non mi interessa qui aprire il tema, che continua ad essere discusso in altro thread, ma sottolineare che se la scienza perde di credibilità per abuso di catastrofismo, poi daremo spazio a quel genere di santoni e predicatori che hanno causato la fine dell'isola di Pasqua.

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