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I lavori (a caro prezzo) trovati dallo Stato

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I lavori (a caro prezzo) trovati dallo Stato

Messaggioda franz il 23/11/2013, 9:10

un posto costa 13 mila euro
I lavori (a caro prezzo) trovati dallo Stato
Nei centri per l’impiego quasi 10mila dipendenti per una spesa di 464 milioni. Ogni anno gli occupati sono appena 35mila

Un centro per l’impiegoUn centro per l’impiegoROMA - Ad accorgersi della loro esistenza non sono i 642 mila italiani con meno di 25 anni che stanno disperatamente cercando un lavoro. Né quel milione e 706 mila disoccupati di lungo periodo, cioè a spasso da almeno un anno, censiti dall’Istat. Che i centri per l’impiego pubblici siano vivi e vegeti ne hanno contezza soprattutto i loro 9.865 dipendenti nonché il Tesoro, che secondo un rapporto dell’ufficio studi Confartigianato ogni anno tira fuori in media per mantenere quelle strutture la bellezza di 464 milioni di euro: somma per tre quarti destinata agli stipendi. Ovvero una cifra, per capirci, nettamente superiore al gettito dell’Imu sui terreni agricoli che sta facendo ammattire il governo Letta, alla disperata ricerca delle coperture per eliminare quella tassa. Qualcuno potrà sbandierare i dati Eurostat, per i quali la nostra spesa pubblica per i servizi sul mercato del lavoro tocca appena lo 0,03 per cento del Prodotto interno lordo, meno di un decimo rispetto a Germania e Regno Unito, un ottavo della Francia e un terzo della Spagna. Il problema, però, sono i risultati.

RIFORMA - E i numeri, come quasi sempre, rappresentano una sentenza inappellabile. Negli ultimi sette anni hanno trovato occupazione attraverso i centri per l’impiego mediamente non più di 35.183 persone ogni dodici mesi. Questo significa che ciascun posto di lavoro è costato oltre 13 mila euro. L’equivalente di un’annualità del reddito di cittadinanza proposto dal Movimento 5 Stelle. Con tanto di tredicesima. Tanto basterebbe per decretare un’immediata e radicale riforma. Vedremo ora quella cui sta lavorando il ministro Enrico Giovannini, già sapendo che è destinata a rincorrere il mostro galoppante della disoccupazione. L’Ocse ha appena diffuso dati raccapriccianti sullo stato del nostro mercato del lavoro. A settembre i giovani italiani di età compresa fra 15 e 24 anni in cerca di occupazione hanno raggiunto la spaventosa quota del 40,4 per cento, con un aumento di oltre 5 punti e mezzo rispetto all’anno precedente. E quel che è più grave, il tasso dei giovani senza lavoro risulta superiore di oltre due terzi rispetto alla media dei paesi sviluppati, pari nello stesso mese al 24,1 per cento.

DISOCCUPAZIONE - Tutto questo mentre la cancrena della disoccupazione dilaga senza particolari riguardi nemmeno per l’età. Dice la Confartigianato nel suo studio basato su dati dell’Unioncamere e del ministero del Lavoro che il numero di quanti erano rimasti a casa da oltre un anno alla fine di giugno scorso risultava superiore di 911 mila unità a quello del giugno 2008, quando la crisi è esplosa. L’aumento è del 114,6 per cento: complice anche una crescita da 400 mila a 810 mila dei disoccupati di lungo periodo under 35. Il che fa apparire ancora più avvilenti certe performance degli uffici incaricati di mettere una pezza a una situazione così pesante. Tanto avvilenti che il nuovo presidente dell’organizzazione degli artigiani, Giorgio Merletti, scongiura il governo di astenersi anche soltanto dal pensare «di attribuire altri soldi per uno strumento che esce bocciato dall’esame dei dati, perché errare è umano ma perseverare diabolico. Piuttosto, destiniamo le risorse straordinarie disponibili dal primo gennaio 2014 ai giovani che vanno in azienda a fare tirocini o stage, anziché impiegarle per creare altri posti inutili in quegli uffici pubblici».

CENTRI PER L’IMPIEGO - Basta dire che soltanto il 2,2 per cento delle imprese italiane gestisce le assunzioni passando attraverso i centri per l’impiego. Una quota infinitesima, di poco superiore rispetto a quella degli annunci sulla stampa specializzata (1,5 per cento), e decisamente inferiore a quella appannaggio di società di lavoro interinale e internet (5,2), alle banche dati aziendali (24,4) e soprattutto alle segnalazioni di conoscenti e fornitori che rappresentano il canale in assoluto più utilizzato con il 63,9 per cento del totale. Per giunta, negli ultimi tre anni il peso di questi centri è drammaticamente crollato. Dal 2010 a oggi è passato infatti dal 6,3 a poco più del 2 per cento. Al Sud, poi, è letteralmente inesistente: appena l’1,1 per cento delle imprese si rivolge alle strutture pubbliche. In Calabria siamo all’1 per cento. In Campania, Basilicata e Sicilia addirittura allo 0,8. Calcolando il rapporto fra le 31.030 aziende che nel 2013 hanno utilizzato i centri e gli 8.781 dipendenti di quelle strutture pubbliche materialmente destinati alle attività di inserimento lavorativo, la Confartigianato arriva alla conclusione che ciascun addetto segue un’azienda ogni tre mesi e dodici giorni. Gestendo allo stesso ritmo da lumaca l’accesso al lavoro dei disoccupati: uno a trimestre.

SPESA AUMENTATA - E con una spesa che è andata crescendo in modo abnorme pure rispetto agli altri apparati pubblici. Negli anni compresi fra il 2005 e il 2011 il costo per il personale dei servizi per l’impiego è lievitato da 309 a 384,5 milioni di euro, con una progressione irresistibile: +24,4 per cento. Il triplo dell’incremento messo a segno dalle retribuzioni degli impiegati pubblici, salite invece complessivamente nello stesso periodo dell’8,3 per cento. Per non parlare della differenza enorme di produttività fra gli uffici del Sud e quelli del resto del Paese. Gli addetti nelle regioni meridionali sono ben 5.093, contro 2.099 del Centro, 1.503 del Nord Est e 1.336 del Nord Ovest, dove peraltro si riscontra il miglior livello di efficienza: se soltanto tutte le strutture funzionassero così, argomenta il rapporto degli artigiani, «per gestire gli utenti di tutti i centri italiani sarebbero necessarie 3.692 unità di meno». Con un risparmio quantificabile in 141 milioni di euro, cinque volte lo stanziamento al fondo per l’infanzia previsto dalla legge di stabilità.
23 novembre 2013
http://www.corriere.it/economia/13_nove ... b992.shtml
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Re: I lavori (a caro prezzo) trovati dallo Stato

Messaggioda Robyn il 23/11/2013, 13:04

La spesa và tagliata dove veramente si annida,province,burocrazia,corruzione,costi della politica,privilegi,sprechi vanno aggrediti i grumi.Certo è che se in Italia ci fosse il reddito minimo garantito sarebbe più facile tagliare la riforma delle pensioni non avrebbe generato gli esodati.I dipendenti in eccesso cosa ne facciamo?la cassa integrazione e il pensionamento per chi è prossimo e poi si cerca di ricollocarli nel mercato privato.Ma per poter tagliare bisogna far crescere il lavoro in modo da poter fare una facile riallocazione.Nella PA però bisogna eliminare le nomine politiche
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Re: I lavori (a caro prezzo) trovati dallo Stato

Messaggioda Giovigbe il 23/11/2013, 13:58

franz ha scritto: e soprattutto alle segnalazioni di conoscenti e fornitori che rappresentano il canale in assoluto più utilizzato con il 63,9 per cento del totale.



nessuna polemica! però..............

1) chi non ha amici .....che fa?
2) se il mio amico è migliore del tuo anche se i valgo meno ho il tuo posto

insomma non è una cifra da sventolare
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Re: I lavori (a caro prezzo) trovati dallo Stato

Messaggioda franz il 23/11/2013, 17:04

Giovigbe ha scritto:nessuna polemica! però..............

1) chi non ha amici .....che fa?
2) se il mio amico è migliore del tuo anche se i valgo meno ho il tuo posto

insomma non è una cifra da sventolare

1) Guarda, non so ... sospetterei di chi non ha amici ... e quasi quasi sapessi che uno non ha amici starei attento ad assumerlo.
Forse ti riferisci ed "amici altolocati" e qui ti darei ragione (e sarei ancora piu' guardingo) ma l'articolo parla di "conoscenti e fornitori". Insomma relazioni normali.
2) se io cerco (e non è il caso) qualcuno da assumere, forse piu' dei 20 CV alla settimana che ricevo sento qualche amico, conoscente, anche fornitore e cliente, se ha qualche conoscente degno di considerazione e di bisogno. Se ho tre nomi, li valuto tutti e tre e scelgo sulle competenze non sulla base del fatturato del cliente o del fornitore. Cio' non toglie che rientrerei nella statistica di quel 64% che si rivolge a conoscenti e fornitori. Bisogna pero' capire perché questo avviene. Nel mondo micro (che dà lavoro ad un buon 40% dei lavoratori italiani) tutto o quasi avviene sulla base delle relazioni amicali, delle conoscenze, del passaparola. Cosi' trovi i clienti, i fornitori, le occasioni di business ed anche i dipendenti. Questo anche per le piccole imprese e buona parte delle medie e grandi. In 40 anni una sola volta ho trovato lavoro tramite un'agenzia. Tutte le altre volte conoscevo qualcuno che mi conosceva, mi apprezzava e mi segnalava. So che questo sistema (chiamato anche volgarmente raccomandazione) comporta anche certe fregature ma io penso che nella media dei casi ogni lavoratore sia adatto e quindi "raccomandabile" in modo degno. E quindi il sistema funziona. Quando invece uno vale poco allora riuscirà solo se la raccomandazione è forte (un politico, un alto funzionario pubblico o privato in una grande organizzazione).
E finisce che nelle grandi organizzazioni, spesso pubbliche, confluiscono schiere di raccommandati di poco valore. Penso tuttavia che questi casi siano una piccola parte del mondo del lavoro (diciamo un 5%) ma purtroppo si condensa in certe realtà.
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Re: I lavori (a caro prezzo) trovati dallo Stato

Messaggioda Robyn il 23/11/2013, 18:18

l'articolo si riferisce più alla formazione.Le risorse destinate alla formazione sono poche perchè gran parte viene assorbito in stipendi per gli impiegati.Nella PA si accede tramite concorso e così dovrebbe valere anche per i dirigenti pubblici.Il fatto che la spesa pubblica sia alta per l'elevato numero di assunzioni e dovuto a due motivi che si intersecano fra di loro il clientelismo e la mentalità statale.La mentalità statale che bisogna superare può dipendere anche dal fatto che spesso nel privato non si lavora bene.Quindi quando si parla di dignità del lavoro la parola è strategica.In merito al clientelismo questo è dovuto al voto di scambio.La raccomandazione invece non può esistere in nessun caso un qualsiasi insorgere di raccomandazione è sinonimo di casta
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Re: I lavori (a caro prezzo) trovati dallo Stato

Messaggioda franz il 23/11/2013, 18:33

Robyn ha scritto:l'articolo si riferisce più alla formazione.

Non mi pare. Non se ne parla nemmeno.
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Re: I lavori (a caro prezzo) trovati dallo Stato

Messaggioda pianogrande il 23/11/2013, 20:10

In effetti, il passaparola, la segnalazione, funzionano eccome!
Chi segnala, a meno che non disponga di un particolare potere, ci tiene moltissimo a fare bella figura.
Il segnalato, starà bene attento a non far sfigurare il segnalante, proprio per la relazione che ha con lui.
Insomma, al di fuori delle raccomandazioni dei potenti, niente di male informarsi prima di assumere perndendo le informazioni da gente con cui si è in relazione e che non farà niente per rovinare questa relazione (ma chi ca....o mi hai mandato?).
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Re: I lavori (a caro prezzo) trovati dallo Stato

Messaggioda Robyn il 23/11/2013, 21:15

Invece,mai la raccomandazione,bisogna essere capaci
di trovarsi il lavoro da soli e da li progredire se si è capaci
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Re: I lavori (a caro prezzo) trovati dallo Stato

Messaggioda Robyn il 23/11/2013, 23:07

bisogna essere sempre diffidenti con chi chiede la raccomandazione le referenze perche o è un pauroso o è uno che chiede qualcosa in contraccambio.Quando in un posto di lavoro ti chiedono le referenze,c'è qualcosa che non và,e bisogna rispondere che le referenze è il mio curriculum vitae se stà bene bè altrimenti tanto piacere mi vado a cercare un'altro lavoro
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Re: I lavori (a caro prezzo) trovati dallo Stato

Messaggioda pianogrande il 24/11/2013, 0:28

Purtroppo, Robyn, si fa apposta un colloquio.
Si fa perché il datore di lavoro (eventuale) possa chiedere quello che gli pare giusto chiedere.

Il candidato è, comunque, sempre libero di "cercare un altro lavoro".
Potrebbe anche mettere una inserzione in cui espone i requisiti del datore di lavoro per il quale intenderebbe lavorare e se non si corrisponde ai requisiti, nisba.
Si potrebbe anche aprire un ufficio per il lavoro che sottoponga gli aspiranti assuntori all'esame di chi potrebbe essere disponibile e a lavorare per loro.

Tutto si può fare.
Quello che conta sono i risultati.
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