«Mi vergogno di essere italiano e cristiano», fu la mia reazione, da poco
rientrato in Italia da Korogocho, all'approvazione della legge sugli
immigrati (2002). (...) Oggi doppiamente mi vergogno di essere italiano e
cristiano.
Mi vergogno di appartenere a una società sempre più razzista verso l'altro,
il diverso, la gente di colore e soprattutto il musulmano, che è diventato
oggi il nemico per eccellenza.
Mi vergogno di appartenere a un paese il cui governo ha varato un
pacchetto-sicurezza dove clandestino è uguale a criminale. Ritengo che non
sia un crimine migrare, ma che invece criminale è un sistema
economico-finanziario mondiale (l'11% della popolazione mondiale consuma l'88%
delle risorse) che forza la gente a fuggire dalla propria terra per
sopravvivere.
(....)
Mi vergogno di appartenere a un paese che ha assoluto bisogno degli
immigrati per funzionare, ma che poi li rifiuta, li emargina, li umilia con
un linguaggio leghista da far inorridire.
Mi vergogno di appartenere a un paese che dà la caccia ai Rom, come fossero
la feccia della società. Questa è la strada che ci porta dritti all'Olocausto
(ricordiamoci che molti dei cremati nei lager nazisti erano Rom!). Abbiamo
fatto dei Rom il nuovo capro espiatorio.
Mi vergogno di appartenere a un popolo che non si ricorda che è stato fino a
ieri un popolo di migranti ("Quando gli albanesi eravamo noi"): si tratta di
oltre sessanta milioni di italiani che vivono oggi all'estero. I nostri
migranti sono stati trattati male un po' ovunque e hanno dovuto lottare per
i loro diritti. Perché ora trattiamo allo stesso modo gli immigrati in mezzo
a noi? Cos'è che ci ha fatto perdere la memoria in tempi così brevi? Il
benessere?
(...)
Mi vergogno di appartenere a un paese che si dice cristiano, ma che di
cristiano ha ben poco. I cristiani sono i seguaci di Gesù di Nazareth,
povero, crocifisso "fuori dalle mura", che si è identificato con gli
affamati, i carcerati, gli stranieri. «Quello che avrete fatto a uno di
questi miei fratelli più piccoli lo avrete fatto a me».
Come possiamo dirci cristiani, mentre dalla nostra bocca escono parole di
odio e disprezzo verso gli immigrati e i Rom? Come possiamo gloriarci di
fare le adozioni a distanza, mentre ci rifiutiamo di fare le "adozioni da
vicino"?
(...)
Come missionario, da una vita impegnato a fianco degli impoveriti della
terra, oggi che opero su Napoli, sento che devo schierarmi dalla parte degli
emarginati, degli immigrati, dei Rom contro ogni tendenza razzista della
società e del nostro governo.
Rimanere in silenzio oggi vuol dire essere responsabili dei disastri di
domani.
Vorrei ricordare le parole del pastore Martin Niemoeller della Chiesa
confessante sotto Hitler:
«Quando le SS sono venute ad arrestare i sindacalisti, non ho protestato
perché non ero un sindacalista. Quando sono venute ad arrestare i Rom, non
ho protestato perché non ero un Rom. Quando sono venute ad arrestare gli
Ebrei non ho protestato perché non ero un Ebreo. Quando, alla fine, sono
venute ad arrestare me, non c'era più nessuno a protestare».
Alex Tanotelli
Commento personale : a parte il concetto di "vergogna" che è particolare della morale cattolica o piu' in generale religiosa e che non è un concetto adeguato alla lettura politica (moralisti a parte) concordo con Alex Zanotelli. Direi di piu'. Come possiamo dirci cittadini (quello dell'essere cristiano è fatto privato) e quindi nella civitas e "civili"?
Ciao,
Franz