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L’austerità non è solo figlia della stupidità

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

L’austerità non è solo figlia della stupidità

Messaggioda franz il 09/11/2013, 11:00

L’austerità non è solo figlia della stupidità

Lorenzo Bini Smaghi, su Laoce.info
(tutti i grafici citati sono qui) http://www.lavoce.info/lausterita-non-e ... stupidita/

Le misure di austerità sono controproducenti. Provocano effetti recessivi che, almeno nel breve periodo, fanno crescere il debito pubblico. Ma i politici europei continuano a insistere con queste politiche. Per stupidità o per una mancanza di alternative dovuta al rinvio delle riforme strutturali?

AUSTERITÀ E RECESSIONE

La recente crisi dell’Eurozona ha dimostrato che le misure di austerità sono controproducenti: provocano effetti recessivi che, almeno nel breve periodo, tendono a far crescere il debito pubblico, in rapporto al Pil. È una tesi confermata dall’analisi econometrica che mostra come gli aggiustamenti di bilancio siano stati più recessivi del previsto, con moltiplicatori fiscali superiori dell’unità. (1)
Gli effetti particolarmente restrittivi dell’austerità sono ben illustrati nella figura 1, che ripropone un recente grafico di Paul Krugman per il New York Times. (2)
La correlazione negativa tra le misure di austerità messe in atto dai paesi dell’area euro tra il 2008 e il 2012, così come misurate dall’Fmi, e il tasso di crescita nello stesso periodo appare forte, con il coefficiente maggiore di 1. La conclusione che se ne trae è che l’austerità non è il modo migliore per curare le finanze pubbliche.
Nasce allora una domanda: perché i politici dell’Eurozona continuano a fare lo stesso errore? La risposta implicita di Krugman è che i politici non sono particolarmente intelligenti, o sono stati mal consigliati, e hanno sottostimato gli effetti delle loro politiche. Detto in parole diverse, perseguendo l’austerità i politici europei si dimostrano ignoranti in fatto di economia, o stupidi.

Figura 1 - Austerità e crescita

1

Assumere che i politici siano irrazionali o stupidi è una facile via di uscita, specialmente per gli accademici. Un modo alternativo di guardare alla questione è interrogarsi sulla causalità nella correlazione tra austerità e crescita. Krugman ritiene che con le misure di austerità i politici europei mostrino la loro irrazionalità, o stupidità: sono stupidi perché perseguono l’austerità invece di una opzione politica preferibile.
Per parte mia, vorrei sollevare un dubbio: non potrebbe essere il contrario? I politici europei non sono stupidi perché perseguono l’austerità, ma perseguono l’austerità perché sono stupidi, o detto in modo più diplomatico, hanno una visione ristretta, hanno ignorato le altre alternative a disposizione e alla fine si sono ritrovati con una sola opzione, l’austerità. In altre parole, hanno attuato l’austerità perché non erano rimaste altre scelte.
Vorrei utilizzare la stessa metodologia di Krugman per illustrare il mio punto, con qualche avvertenza sui suoi limiti: un campione composto di sole undici osservazioni dovrebbe essere utilizzato con grande cautela, è molto probabile che i risultati siano distorti, specialmente per la presenza di casi particolari. Il mio intervento, perciò, dovrebbe essere interpretato come un invito a svolgere analisi ulteriori e più sofisticate.
Quello che colpisce nel grafico proposto da Krugman è come la correlazione dipenda molto dalla Grecia. Ma la Grecia è un caso davvero molto particolare, nel quale una dose altissima di austerità è stata imposta a un’economia caratterizzata da forti rigidità e inefficienze. E infatti se dal campione escludiamo la Grecia, come nella figura 2, la correlazione scende in modo drastico.

Figura 2 – Austerità e crescita (Grecia esclusa)

2

I risultati suggeriscono che la crescita economica dell’Eurozona è stata influenzata anche da altri fattori, diversi dall’austerità. Il prossimo passo è dunque evidenziare, una alla volta, le variabili che possono spiegare i differenziali di crescita tra i paesi dell’Eurozona.

CONDIZIONI DI FINANZIAMENTO

La prima variabile che prendiamo in esame sono le condizioni di finanziamento: i paesi con più alti tassi di interesse dovrebbero aver sperimentato una più bassa crescita, a causa delle più rigide condizioni di finanziamento per l’economia nel suo insieme. La figura 3 mette in correlazione crescita e condizioni di finanziamento, misurata dagli spread sui tassi di interesse per i titoli di Stato a lunga scadenza. La correlazione è relativamente forte e ciò suggerisce che i paesi con un rischio credito più alto hanno sofferto di condizioni più restrittive, che hanno portato a una più bassa crescita.
Naturalmente, il risultato va preso con cautela. La correlazione nasconde il fatto che dal 2008 i paesi con più alto debito hanno dovuto adottare misure di austerità. Tuttavia, il significato della correlazione, se confrontato con quella precedente, suggerisce che anche la rigidità delle condizioni di finanziamento ha avuto un ruolo significativo nello spiegare l’andamento economico. In altre parole, i paesi con un rischio credito più elevato sul loro debito hanno sofferto di più.

Figura 3 – Condizioni di finanziamento e crescita

3

Si può estendere l’analisi per considerare la correlazione tra rischio sovrano e rischio bancario, che spiega l’inasprimento relativo delle condizioni di credito nei paesi periferici. La figura 4 mostra la correlazione tra crescita e condizioni di credito, indicate dagli spread relativi ai tassi di interesse sui prestiti praticati dalle banche. La correlazione è forte e ciò suggerisce che le condizioni di finanziamento delle aziende sono state un importante fattore nello spiegare le differenze di crescita tra paesi dell’Eurozona. I paesi che hanno avuto crescenti difficoltà a finanziare il loro debito pubblico durante la crisi hanno sofferto sia di una stretta creditizia, evidenziata da un credito bancario più costoso, sia dell’impatto dell’aggiustamento fiscale.

Figura 4 – Condizioni di credito e crescita

4

LA COMPETITIVITÀ

Un passo avanti ulteriore nella nostra analisi è guardare oltre le politiche economiche e considerare i più profondi problemi strutturali. Un punto di partenza sono gli squilibri accumulati nei primi anni di unione monetaria, in termini di competitività e di potenziali di crescita.

La figura 5 considera i mutamenti di competitività, misurata dal costo del lavoro per unità, accumulati dall’introduzione dell’euro fino all’anno precedente la crisi; mostra che i paesi che hanno perso competitività prima della crisi hanno sperimentato la crescita più bassa dopo la crisi.

Figura 5 – Competitività e crescita

5

La correlazione tra competitività e crescita appare particolarmente forte anche quando si considerano altri fattori fondamentali, come quelli utilizzati dal World Economic Forum per classificare l’attrattività dei paesi per gli investitori.

Figura 6 – Competitività (Wef) e crescita

6

IL POTENZIALE DI CRESCITA

La figura 6 suggerisce che il tasso di crescita dopo la crisi è influenzato pesantemente dai divari di competitività createsi prima della crisi: i paesi che sono agli ultimi posti nelle classifiche di competitività sono anche quelli che hanno registrato la minore crescita dopo la crisi.
Ne abbiamo conferma se guardiamo a più specifici indicatori del potenziale di crescita di lungo periodo.
Tra questi indicatori si possono considerare, per esempio, l’accesso a internet o le competenze in matematica, misurate nello Skills Outlook Report dell’Ocse pubblicato nell’ottobre 2013. Le figure 7 e 8 mostrano una forte correlazione tra la crescita dei paesi dell’area euro negli anni della crisi e queste variabili strutturali. I risultati indicano che l’andamento economico all’interno dell’Eurozona negli anni recenti non si spiega solo con le politiche macroeconomiche, ma con fattori più profondi, che sono in relazione con il potenziale di crescita.

Figura 7 – Accesso a internet e crescita

7

Figura 8 – Competenze matematiche e crescita

8



Pur con le consuete cautele, l’esercizio permette di sollevare alcune domande interessanti. Per esempio, se la crescita è correlata negativamente con l’accesso a internet e le competenze in matematica e se la crescita è correlata negativamente anche con l’austerità, c’è una relazione tra le due variabili considerate esogene, cioè l’accesso a internet e l’austerità? La figura 9 mostra che esiste una forte correlazione tra le due: i paesi con minore accesso a internet hanno attuato maggiori misure di austerità. Ma qual è il significato di tutto ciò?
Potrebbe significare che la relazione tra austerità e crescita è più complicata di quanto pensano gli economisti. Nel guardare all’andamento della crescita durante la crisi, i macroeconomisti sono inclini a considerare le specifiche politiche realizzate, senza chiedersi perché siano state seguite. L’ipotesi che i politici siano mal consigliati o irrazionali piace agli accademici, che tendono a disprezzare i politici. Tuttavia, possono esserci ipotesi alternative.

Figura 9 – Accesso a internet e austerità

9

Non è l’austerità che ha causato la bassa crescita, è la bassa crescita che ha causato l’austerità. In altri termini, i paesi che hanno sperimentato una bassa crescita potenziale, a causa di profondi problemi strutturali, nel tentativo di sostenere il loro standard di vita e il loro sistema di welfare hanno accumulato, prima della crisi, un eccesso di debito pubblico e privato, che poi, quando la crisi è scoppiata, si è rivelato insostenibile e ha richiesto un brusco aggiustamento.
L’austerità ha certamente prodotto una bassa crescita, ma essa stessa può essere il risultato di una crescita scarsa e squilibrata, a causa della mancanza di riforme strutturali. Il rinvio di riforme che migliorassero il potenziale di crescita ha lasciato i paesi con un’unica soluzione, l’austerità. L’austerità è così il risultato dell’incapacità dei politici di prendere decisioni nel momento giusto, in altre parole è il risultato della loro miopia – e della stupidità. (3)
La via di uscita dall’austerità non passa allora dalla riduzione delle misure di austerità, ma da profonde riforme strutturali che aumentino il potenziale di crescita e creino spazi di manovra per un aggiustamento fiscale più graduale.


(1) Blanchard, O. and D. Leigh ”Growth Forecast Errors and Fiscal Multipliers” IMF Working paper 13/1, Jan 2013
(2) Krugman, P. “How the Case for Austerity has Crumbled”, The New York Review of Books, 6 June 2013.
(3) Bini Smaghi, L. “Austerity: European Democracies against the Wall”, Ceps, July 2013; pubblicato in Italia con il titolo “Morire di Austerita’: Democrazie europee con le spalle al muro”, Il Mulino, 2013

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Re: L’austerità non è solo figlia della stupidità

Messaggioda cardif il 09/11/2013, 14:00

Un dubbio mi viene sempre quando si dice 'riforme' senza dire quali. Se due le vogliono, ma uno ne vuole alcune e l'altro altre, di riforme non se ne fanno. Oppure uno le fa e l'altro le toglie. Come per l'ICI/IMU/Tari e successive modifiche; o il limite all'utilizzo del contante, che uno toglie e l'altro mette.
Riforme: qualcuna è stata fatta. Quella elettorale, ed è stato uno schifo; eppure non siamo scesi in piazza. O quella delle pensioni, per cui i giovani disoccupati di oggi faranno la fame nella vecchiaia.
L'austerità è un mezzo per ottenere determinati risultati, ma il fine è principalmente la riduzione del debito pubblico.
L'attuazione dell'austerità passa attraverso due vie. La riduzione della spesa, che si ottiene principalmente evitando lo spreso del denaro dei cittadini, come quello delle spese non produttive per la collettività; e questo dovrebbe essere un principio da mettere in Costituzione, non quello ridicolo del pareggio di bilancio. Ed attraverso il rilancio della produttività, con riforme incentivanti: "riforme strutturali che aumentino il potenziale di crescita", come scrive Smaghi.
E' su quali che non c'è accordo, anzi non c'è una strategia complessiva da parte della politica, mi pare. Il Pdl pensa a salvare il suo leader, il Pd pensa di doverne trovare uno, il M5S vuole fare da solo ma non si sa che; gli altri si accontentano del loro orticello. E di ricette molti offrono la propria. (va bè, questa sintesi è un po' riduttiva).
Ma penso che l'austerità abbia pure un limite: se strangola, peggiora la situazione.
Una famiglia in cui entrano 2.000 € al mese e ne spende 2.100 è chiaro che deve darsi una regolata. E se ha pure un debito di 10.000 €, deve cercare di spenderne meno di 2.000, per ridurre il debito. Ma mica può scendere al di sotto del limite di sopravvivenza, poniamo 1.500 €. Ha un margine tra 1.500 e 1.900 €, e accantona 100 € al mese per ridurre il debito. Strangolarsi riducendo la spesa a 1.500 € per ridurre il debito in tempi più brevi può non servire, se continua ad avere credito.
Il Tesoro ha venduto BTP Italia nei giorni scorsi, ed ha incassato la bellezza di 22,3 mld, un record. A dimostrazione che il mercato dà credito all'Italia. E quindi: perché strangolarsi con un rigore eccessivo?

Scrive Smaghi: "tendono a far crescere il debito pubblico, in rapporto al Pil." Ma il rapporto può aumentare anche per effetto della riduzione del pil, a parità di debito.
Una osservazione va fatta sul confronto tra valori in %. Anzi, come esempio riporto questo calcolo che mi ero fatto.
C'era una tabella in un art. de L'Espresso di uno o due numeri fa in cui veniva riportato un confronto in base al rapporto tra il fabbisogno dello Stato ed il pil.
L'Itala è prima col 28,4%, poi gli Usa col 23,9%, la Grecia col 21,1%, la Spagna col 20,2%, la Francia col 17,4%, la Germania con l'8,3%. L'Italia ha un 242% in più della Germania.
Ma a me che me ne frega delle percentuali? Allora ho calcolato quanto do io come mia quota per coprire il fabbisogno, e quanto gli altri.
Da Wikipedia ho preso i valori dei pil e il numero di abitanti, ho calcolato i fabbisogni secondo le % di sopra e li ho divisi per il numero di abitanti.
Mi è venuto che ciascun cittadino contribuisce con (i dati sono in dollari per abitante):
Germania: 12.368, Usa 9.389, Spagna 6.923, Italia 5.656, Francia 4.605 e Grecia 3.476.
Col risultato di una classifica sconvolta: un italiano dà un contributo del 54% inferiore ad un tedesco.
Ma ancora non si ottiene un confronto serio, perché poi va visto quale spesa ogni cittadino copre con la sua quota.
E qua incide lo spreco di denaro pubblico, come quello della politica e del sottobosco degli enti e poltrone inutili, oltre che occupate da incompetenti.
Per tornare all'articolo, la Grecia è un po' fuori perché ha abbattuto il fabbisogno anche con i licenziamenti in massa (strangolata dall'Europa-Merkel), come dimostra pure il calcolo della quota procapite del fabbisogno che ho fatto sopra.
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: L’austerità non è solo figlia della stupidità

Messaggioda flaviomob il 11/11/2013, 2:14

Bravo Cardif. E mettiamoci anche il costo della corruzione e dell'evasione, che pesa sempre sulle tasche di quelli che pagano tutto il dovuto in cambio di servizi e welfare non all'altezza.


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
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Re: L’austerità non è solo figlia della stupidità

Messaggioda cardif il 11/11/2013, 13:52

flaviomob ha scritto:Bravo Cardif.


Grazie. :P Allora è valsa la pena aver commentato.
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: L’austerità non è solo figlia della stupidità

Messaggioda franz il 11/11/2013, 19:46

cardif ha scritto:Col risultato di una classifica sconvolta: un italiano dà un contributo del 54% inferiore ad un tedesco.

Mai sentito parlare di comparazioni internazionali PPP (Parity Purchase Power)?
Quanto guadagna un tedesco, quanto spende un tedesco in rapporto a quanto guadagna?
Quanto guadagna un italiano, quanto spende un italianoin rapporto a quanto guadagna?

http://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_del ... i_acquisto
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Re: L’austerità non è solo figlia della stupidità

Messaggioda franz il 11/11/2013, 19:47

flaviomob ha scritto:Bravo Cardif. E mettiamoci anche il costo della corruzione e dell'evasione, che pesa sempre sulle tasche di quelli che pagano tutto il dovuto in cambio di servizi e welfare non all'altezza.

Giusto, mettiamocelo anche 100 volte ma non è certo "colpa" della germania, del rigore o del FMI se l'Italia è corrotta ed evade.
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Re: L’austerità non è solo figlia della stupidità

Messaggioda cardif il 11/11/2013, 20:52

franz ha scritto:Mai sentito parlare di comparazioni internazionali PPP ...?

Boh. Non vedo proprio il legame con quello che mi sono permesso di scrivere.
E nemmeno con l'articolo proposto, se il PPA dovesse servire a capire di più.
Come sarebbe utile se mi si dicesse: questa tua frase è sbagliata perché...
Così potrei imparare qualcosa.
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: L’austerità non è solo figlia della stupidità

Messaggioda franz il 12/11/2013, 8:20

cardif ha scritto:
franz ha scritto:Mai sentito parlare di comparazioni internazionali PPP ...?

Boh. Non vedo proprio il legame con quello che mi sono permesso di scrivere.

Pensavo fosse ovvio, quindi non mi sono dilungato per non risultare "professorale".
Se compari percentuali, va bene, perché un % è un indice (un numero indice).
Se compari valori assoluti (Germania: 12.368, Usa 9.389, Spagna 6.923, Italia 5.656, Francia 4.605 e Grecia 3.476.) devi essere sicuro che siano comparabili. Sicuro che i mille € che il tedesco spende siano uguali ai mille € che spende il greco e l'italiano? Stessa domanda per il reddito. La risposta è no ed infatti le comparazioni di quel tipo si fanno in termini di parità del potere d'acquisto, anche a parità di valuta. in quel caso PPP procapite. Le differenze sono notevoli. Tra Germania ed italia per esempio il costo degli alimentari differisce del 30~35% circa (in germania sono meno cari) e gli stipendi sono decisamente (e notoriamente) piu' alti. L'uso del PPP (o PPA che sia) trasforma numeri assoluti in numeri indice.
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Re: L’austerità non è solo figlia della stupidità

Messaggioda cardif il 12/11/2013, 11:25

franz ha scritto:Pensavo fosse ovvio, ...

Il riferimento è al calcolo che ho fatto io. Se non altro il resto va bene, allora ;) .
No, secondo me la PPA non c'entra.
Le % che ho riportato sono il rapporto tra fabbisogno e pil. Se anche si volesse tener conto della parità del potere d'acquisto (PPA) e si moltiplicassero numeratore e denominatore per un coefficiente di correlazione tra prezzi e il tasso di cambio, il rapporto non cambierebbe, e quello tedesco sarebbe sempre il 242% piu' alto di quello italiano.
C'e' il discorso del diverso potere di acquisto, ma vale nel cambio, appunto. Se si parla di una somma di denaro trasferita dalla Germania o Usa in Italia, si ha una differenza. Ma qua si parla di pil, fabbisogno e quota a carico di un tedesco in confronto con gli stessi dati di un italiano. Il cambio non c'è.
E' vero che la somma di 12.368 dollari come quota di un tedesco, se spesa in Italia anzicché in Germania avrebbe un potere di acquisto diverso, ma non c'entra nulla con questo caso. Anzi, questo importo avrebbe un potere d'acquisto anche maggiore, facendo ancor più aumentare la differenza.
Ma questa somma, come le altre, rappresenta quanto ogni cittadino dovrebbe versare per contribuire ad azzerare il fabisogno finanziario lordo del suo stato; cioè per risanare debito statale in scadenza + deficit di bilancio, con soldi che ha guadagnato nello stessa nazione dove potrebbe spenderli.
Non è con questo ragionamento che si può modificare la classifica che e' comunque sovvertita in termini reali rispetto a quella in termini percentuali, che e' quello che volevo dimostrare.
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: L’austerità non è solo figlia della stupidità

Messaggioda franz il 12/11/2013, 11:55

cardif ha scritto:E' vero che la somma di 12.368 dollari come quota di un tedesco, se spesa in Italia anzicché in Germania avrebbe un potere di acquisto diverso, ma non c'entra nulla con questo caso. Anzi, questo importo avrebbe un potere d'acquisto anche maggiore, facendo ancor più aumentare la differenza.

la somma di 12368 dollari spesa in gemania da un tedesco è diversa dalla pari somma spesa in italia (da un italiano) per cui il valore simbolico 12368 non dce le stesse cose nei due paesi. Visto che usi questi numeri per fare un paragone (e cosa se no?) ecco che la mia obiezione mi pare ragionevole.
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