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La politica affonda anche i porti

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

La politica affonda anche i porti

Messaggioda cardif il 08/11/2013, 17:49

http://espresso.repubblica.it/affari/20 ... i-1.140240
Gli scali marittimi italiani sono il rifugio dei politici trombati. Risultato: servizi inefficienti, lenti e costosi. Così le navi li evitano. E preferiscono il Nord Europa
di Gloria Riva

Le grandi navi che trasportano merci dall’Oriente verso l’Europa passano dal Canale di Suez. Virano verso Cipro, affiancano l’isola di Malta e quando intravedono il tacco d’Italia fanno il giro largo, per stare il più lontano possibile dai nostri disorganizzati porti.
Preferiscono navigare quattro giorni in più e attraccare ad Anversa, Rotterdam o Amburgo, piuttosto che incappare nella ragnatela della burocrazia italiana. Così, paradossalmente, un container che deve andare da Singapore a Milano, ci mette meno tempo se il suo trasporto marittimo si conclude in Olanda anziché a Genova.
Un’assurdità che spinge un terzo degli imprenditori della pianura Padana a rivolgersi ai porti del Nord Europa anziché a quelli nazionali. Per una questione di tempi ma pure di quattrini. Infatti, in Italia, secondo i calcoli di Fedespedi, la federazione degli spedizionieri, il costo medio dei servizi portuali è di 1.006 euro.
In Germania si scende a 872 euro. Ecco perché su 100 navi che transitano nel Mediterraneo, 80 proseguono oltre Gibilterra dirette in Nord Europa. Le restanti 20 si fermano in Turchia o sulle coste del Nord Africa, e solo in minima parte sbarcano in Italia. Un pessimo risultato nonostante tutte le risorse che i cittadini spendono, attraverso tasse di vario genere, per finanziare le autorità portuali, delegate a gestire gli scali nostrani. Le authority dei porti sono 24 e costano complessivamente 330 milioni di euro l’anno. Quasi 110 milioni se ne vanno in stipendi per il personale e 8,3 milioni foraggiano i costi delle 24 presidenze. Un costo salato. Non a caso, da sette anni in Parlamento si parla della riforma del settore, a partire dalla riduzione del numero delle authority. In realtà, si è discusso parecchio soprattutto di un argomento: la spartizione delle poltrone. Ma l’economia marittima italiana sprofonda.

La candidatura del senatore Riccardo Villari al porto di Napoli (vedi riquadro a pagina 124), medico di professione inadatto perché una legge dice che il presidente deve dimostrare «massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale», ricorda molto la storia di Piergiorgio Massidda, medico fisiatra che dopo cinque legislature in Parlamento nel 2011 è stato chiamato a presiedere il porto di Cagliari dall’allora ministro Altero Matteoli. Tre settimane fa il Consiglio di Stato l’ha destituito dall’incarico per totale mancanza di competenze.
Un caso analogo è accaduto a Olbia, dove un mese e mezzo fa il senatore Fedele Sanciu del Pdl, che in tasca ha un diploma di licenza media inferiore, è stato nominato commissario dell’authority. Poiché di spartizioni politiche si tratta, anche il Pd vuole le sue poltrone. L’ex sottosegretario alla Difesa del primo governo Prodi, Lorenzo Forcieri, attende la riconferma come presidente dell’autorità portuale di La Spezia, incarico che ha avuto nel 2009 dopo essere rimasto fuori dal Parlamento alle elezioni del 2008.
Secondo la legge, queste poltrone dovrebbero essere riservate a esperti del settore. Invece, sono spesso occupate dai politici. Facile capire il motivo: le authority sono ambitissimi centri di potere che gestiscono appalti e si spartiscono straripanti flussi di finanziamenti statali. Sono enti di “governance” che avrebbero la missione di promuovere il porto e coordinare gli interventi, svolgendo le stesse funzioni che fino a vent’anni fa ricoprivano, senza costi aggiuntivi, le capitanerie di porto. Alcuni enti faticano a riscuotere le tasse demaniali, altri contraggono mutui che finiscono per sommergerle. Sette authority sono commissariate, quasi tutte perché i loro bilanci non tornano.
...................
..................."


E termina con:
"«Abbiamo proposto al ministro Lupi una serie di iniziative a costo zero per migliorare la logistica marittima», dice Lazzeri. Nessuna risposta."
-------------
Lupi dovrebbe occuparsi di porti e infrastrutture, invece nemmeno una telefonata.
E' come Lorenzin che deve occuparsi di sanità.
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Re: La politica affonda anche i porti

Messaggioda Iafran il 09/11/2013, 0:48

cardif ha scritto:Lupi dovrebbe occuparsi di porti e infrastrutture, invece nemmeno una telefonata.
E' come Lorenzin che deve occuparsi di sanità.

I nostri "politici di professione" ... debbono occuparsi d'altro: come fare pagare ai cittadini i loro privilegi.
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Re: La politica affonda anche i porti

Messaggioda pianogrande il 09/11/2013, 2:31

L'Italia, quindi, non è l terminal dell'Europa.
I porti italiani non funzionano neanche per l'Italia stessa che preferisce le autostrade.
Il trasporto via acqua è stato così accuratamente evitato nel nostro paese che quando mi capita di dire che è un delitto far partire un TIR che vada da Palermo a Genova o da Bari a Trieste, qualcuno mi risponde: Però! Hai ragione!
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Re: La politica affonda anche i porti

Messaggioda franz il 09/11/2013, 8:35

Un pessimo risultato nonostante tutte le risorse che i cittadini spendono, attraverso tasse di vario genere, per finanziare le autorità portuali, delegate a gestire gli scali nostrani.

Ma che "nonostante"!?!? Ci vuole cosi' tanto a capire, cara giornalista dell'Espresso, che proprio grazie alle troppe risorse pubbliche erogate e spese, per il troppo grasso che cola, non c'è alcun incentivo a darsi da fare? Quelli sono appagati ed il massimo dell'attività è fare la gara a chiedere di più, non certo rimboccarsi le maniche e sudare 7 camice per far funzionare i porti.

Immagine
Politicus Portualis Italicus Affamatus - Foto di gruppo d'archivio
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Re: La politica affonda anche i porti

Messaggioda cardif il 09/11/2013, 14:02

franz ha scritto:Ma che "nonostante"!?!?

'nonostante' demarca il limite, secondo me.
E' usato dal giornalista nell'ipotesi utopistica che il Tizio che occupa un ruolo s'impegna ad assolverlo nel modo migliore, con capacità e competenza.
La realtà e quella indicata da Franz, che il Caio occupa un posto perché là lo hanno sistemanto e l'importante è che arrivi lo stipendio, il resto come viene viene.
A me dà fastidio che davanti ad un Caio così in genere il cittadino medio si scappella pure.
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Re: La politica affonda anche i porti

Messaggioda franz il 09/11/2013, 15:45

cardif ha scritto:
franz ha scritto:Ma che "nonostante"!?!?

'nonostante' demarca il limite, secondo me.
E' usato dal giornalista nell'ipotesi utopistica che il Tizio che occupa un ruolo s'impegna ad assolverlo nel modo migliore, con capacità e competenza.
La realtà e quella indicata da Franz, ...

L'ipotesi utopistica non è che Tizio dia il massimo di sé una volta messo in un ruolo pubblico ma che lo faccia bene se innondato di risorse pubbliche (forzatamente distolte da altro impiego). Dare il massimo non è utopia, è dovere. Ma ogni eccesso di risorse è forzatamente diseconomico, comporta sprechi ed inefficenze. Quel "nonostante tutte le risorse" in realtà spiega il motivo dell'insuccesso.
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Re: La politica affonda anche i porti

Messaggioda cardif il 09/11/2013, 20:22

franz ha scritto:che lo faccia bene se innondato di risorse pubbliche

Sì, d'accordo: nella frase "Un pessimo risultato nonostante tutte le risorse che i cittadini spendono" il riferimento è alle risorse, che risultano sprecate per cattiva gestione.
Però la gestione è pessima se a farla ci vanno i Tizi e non i Cai, come si dice nel seguito dell'articolo.
L'utopia l'ho attribuita alla visione del giornalista, per il quale i risultati dovrebbero essere ottimi, visto che vengono impiegate risorse dei cittadini.
Secondo me è utopistico pensare che si possano stabilire procedure di scelta perfette e trovare uomini al di sopra di ogni sospetto che le attuino.
Applicando la categoria della moralità allo spreco del denaro dei cittadini fatto da chi sta al potere, ritenere realizzabile il sistema perfetto porterebbe anche in questo caso ad un moralismo inutile se è fine a se stesso, che si scontra con la realta'.
Che non significa che va bene così; significa solo che è inutile parlare di moralità e vedere che si può fare (tipo fare quello che è successo a Piergiorgio Massidda mandato a casa per totale mancanza di competenze, com'è scritto nell'articolo).
La realtà dice che i risultati sono pessimi perché le risorse sono impiegate male, per criteri di scelta sbagliati ed anche per l'incompetenza di coloro che le utilizzano.
E questo accade anche se le risorse sono dei privati. Cai capita a proposito: Cai è quella che ha rilevato l'Alitalia, composta da imprenditori che ci hanno messo capitali propri ma che non sapevano nulla di linee aeree. E si è visto che fine hanno fatto.
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Re: La politica affonda anche i porti

Messaggioda pianogrande il 09/11/2013, 20:38

Non bastano i soldi per lavorare bene (per ottenere risultati).
Ci vuole la competenza e la volontà.
Quando mancano entrambe, non solo sono soldi buttati via ma, e forse peggio, sono occasioni di guadagno buttate nel cesso.
Oltre allo spreco, il mancato guadagno.
Ho detto cose banalissime e questa è una aggravante per chi ha questi comportamenti.
Gli toglie ogni attenuante.
Il fatto che tutto questo vada avanti impunemente fa ritenere che i vantaggi siano così ben ripartiti da evitare il rischio di serie ribellioni.
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Re: La politica affonda anche i porti

Messaggioda franz il 09/11/2013, 21:08

1) L'utopia l'ho attribuita alla visione del giornalista, per il quale i risultati dovrebbero essere ottimi, visto che vengono impiegate risorse dei cittadini.

2) Non bastano i soldi per lavorare bene (per ottenere risultati).
Ci vuole la competenza e la volontà.

1) d'accordo
2) d'accordo
Ma cosa manca?
ok per risorse, competenza e qualità, ma quello che manca, quello che ci vuole è la competizione (in questo caso tra porti) basata su fondi propri, sulla manna che dade dal cielo. In passato (dico alcune centinaia di anni fa) i porti erano privati. Il che non vuol dire che erano di una persona sola o di un'azienda. Esisteva un concetto oggi quasi scomparso chiamato proprietà privata collettiva. Con questa venivano gestiti terreni di montagna e strutture comuni, cosi' come grosse proprietà ereditarie . Oggi passa il concetto che la proprietà è individuale, in opposizione a quella collettiva ma una volta esisteva una sorta di via di mezzo che permetteva cooperazione e competizione. Credo che quello dei porti sia un classico caso di studio. Pagando le tasse portuali si pagavano tutta una serie di servizi difficilmente collegabili ad una riscossione immediata (come i fari, per esempio). E funzionava. Oggi i porti non funzionano ma il costo viene scaricato altrove (fiscalità generale) e quindi finché esiste l'illusione di un pasto gratis qui si mangia e le navi vanno in Olanda.
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Re: La politica affonda anche i porti

Messaggioda pianogrande il 09/11/2013, 23:51

Giusto Franz.
Manca la competizione.
Innanzitutto la competizione tra persone o meglio le giuste regole (orientate ai giusti obiettivi) per la competizione tra persone.

La competizione tra i porti c'è.
Tra quelli italiani e quelli del resto d'Europa e noi siamo vergognosamente perdenti.
Non glie ne frega (evidentemente) una beata .... agli addetti ai lavori.

C'è, per essere precisi, anche la competizione tra persone ma come è regolata?
Con le regole sbagliate (dal punto di vista dei risultati).
Con le regole della competizione di potere.

Vince sempre il più forte ma di una forza che non è quella che ci vorrebbe.
Insomma, pubblico o privato, quello che conta sono gli scopi e i relativi comportamenti.

Abbiamo una classe dirigente marcia.
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