Vittorio
In due righe hai detto qualcosa che non condivido del tutto, ma che ha un senso anche per me: se non altro, con l'accenno al regno borbonico, hai ricordato che le cose hanno una storia.
Loredana
Mi piacerebbe essere tra quelli che hanno sempre una soluzione pronta da immaginare.
In politica, come nella vita, ho da tempo maturato la convinzione che non vale molto la pena inventarsi "cose da fare", non perché non sia importante "fare", ma perché questo dipende in massima parte da ciò che si "è".
Soprattutto, non riesco ad avere fede nelle ricette istituzionali: comunque la giri, il sistema produce quello che è in grado di produrre, e un sistema malato produce alla fine soluzioni che - nella migliore dele ipotesi - sono comunque malaticce.
Se devo proprio immaginare un percorso, questo passa per una discesa ancora più profonda verso il basso, ai limiti del collasso sociale ed economico. Una specie di catarsi indotta dalla disperazione, come dopo una guerra o un'epidemia catastrofica: un modo per cui la gente riprende il contatto con la realtà, con la sostanza dura e materiale delle cose, ritrovando (o trovando) quelle energie, quella voglia di pensare e di credere che nella precedente, malata "normalità" erano solo delle vaghe declamazioni.
Franz
Essere stato beccato col sorcio in bocca - lo capisco - può dare un lieve urto di nervi: infatti l'avevo buttata sullo scherzetto, per attuenuare il dolore.
Ma non c'è bisogno di esagerare con il disappunto isterico.
Adesso ti spiego, così ad aver capito saremo in due.
Il "sistema" del quale si parlava allora era il sistema che c'è: italiano, europeo, americano, piemontese, siciliano, capitalista, statalista, federalista, diverso e variegato nelle sue mille sfaccettature locali e nazionali, ma unito dalla sua complessiva appartenenza a questa modernità e attualità, a questo mondo occidentale che, come una grande container, si porta tutto dentro e a tutto assegna una parte, e da tutto trae risorse e materiale umano, e su tutto riversa prodotti e conseguenze.
Non parlavamo di un "sistema ideale", o di un fantomatico "sistema ottimizzato": se tu avevi in mente questo, è un problema tuo.
Se tu ti costrisci un recinto virtuale che comprende solo un sistema capitalistico ottimale e idealizzato, del quale vuoi considerare solo le ricadute positive, per poi elucubrarci sopra e concludere che questo sistema produce solo cose positive, si tratta di una forma di falsificazione mediante tautologia. In pratica, una sciocchezza.
Quando io parlavo del sistema che produce, insieme e contestualmente alla ricchezza, anche la povertà, parlavo di "questo" sistema: capitalistico nei suoi fondamentali meccanismi economici, statalista in parte, localistico in parte, assistenziale in parte, un po' tante cose "in parte", comprese quelle che a nessuno piace considerare come proprie figlie, o che sono difficili o imbarazzanti da sistemare nei discorsetti lindi e pinti del Capitalismo Mulino Bianco.
Bisogna - a margine, ma non tanto, a questo discorso - levare di mezzo anche un tormentone ricorrente su questo disgraziatissimo liberalismo.
" Che il sistema della corruzione non sia liberale e sia contrario al mercato..." - tu dici.
Il sistema della corruzione fa parte del sistema in cui opera: nel nostro caso, nella nostra nazione, nel nostro tempo, del sistema capitalista, e non del sistema capitalista da manuale o quello idealizzato, ripulito e sterlizzato che non esiste nella realtà - in nessuna realtà - ma quello reale, in tutte le sue varianti americane, austriache, boliviane, siciliane e lombardo-venete, che oltre tutto sono anche strettamente interconnesse, specialmente in un'economia globalizzata e in un mondo sempre più piccolo.
In definitiva - se ancora non fosse chiaro - quando si usa il termine di "sistema" si vuole significare proprio questo insieme di realtà e di fenomeni, di valori e di meccanismi, tra loro interconnessi: eccepire sulla "diversità" di una o l'altra parte del sistema equivale alla scoperta dell'acqua calda.