Ipotesi sul trionfo Merkel. Per l’Italia una buona chanche, se non ci suicidiamodi Oscar Giannino
Al trionfo elettorale di Angela Merkel moltissimi masticano amaro, in Italia. A sinistra come a destra, come tra i grillini. In un Paese che stenta sempre più a riconoscere proprie responsabilità per una crisi che lo colpisce tanto duramente, avrebbe preferito tutt’altro risultato sia il più della politica italiana, sia i tanti che ormai parlano a gogo di uscita dall’euro come fosse bere un bicchier d’acqua. Eppure il trionfo della Merkel ma con un risultato aperto a diverse interpretazioni dovrebbe essere considerato come una grande chanche per l’Italia, se solo volesse giocarsi il semestre europeo di presidenza Ue nel 2014 nella condizione di “Paese in regola”, e non precipitato a disastrose elezioni.
La maggioranza assoluta dei seggi del Bundestag viene sfiorata dalla Merkel da sola. Allo stato, il conto dei seggi attribuiti a Cdu-Csu è di circa 311 su 630, contando quelli attribuiti con il secondo voto alle urne. Ciò la porta alle vette di grandi statisti come Adenauer. E’ alla Cancelliera, che viene comunque confermata la leadership della politica germanica. Rafforzandola, perché a nessuno può venire in mente di negare che la vittoria è sua e sua personale.
Il neonato movimento euroscettico “da destra”, AfD, non entra nel Bundestag. Soprattutto non è esploso raggiungendo quota 7 o 8%, e questo conta eccome. Per i liberali della FDP la débâcle è clamorosa e più prevedibile, per l’inconcludenza in questi anni, tanto al ministero dell’Economia che per le ondivaghe posizioni del partito. In ogni caso, la sconfitta della sinistra è netta. La Spd guadagna sul 2009 ma resta lontana dalla Merkel di circa 16 punti, e sia Verdi sia Linke, la sinistra estrema, perdono rispetto ad allora.
La differenza tra avere grandi partiti europei e non averli, come nel caso italiano, sta in un buon esempio: gli impegni assunti in campagna elettorale. La Merkel ha sempre escluso alleanze a destra con AfD. Mentre il leader sfidante della Spd, Steinbrück, ha sempre escluso alleanze con la sinistra estrema. Ciò che conta per loro è apparire credibili coi propri programmi di governo, non mettere insieme eterogenee alleanze che non reggono alla prova dei fatti, come da 20 anni avviene in Italia. Per questo oggi l’unica vera strada per il governo tedesco è la grande coalizione tra democristiani e socialdemocratici. Con la Merkel però in posizione di assoluta forza. Sarà una trattiva dura. Il presidente della Spd Sigmar Gabriel è uno tosto, non gli va affatto di ripetere l’esperienza 2005-09 in cui Schroeder spinse le riforme più incisive di finanza pubblica, welfare e mercato del lavoro, la Merkel ne incassò i benefici mentre la Spd perse un mare di voti a sinistra. La cancelliera può giocare la carta dell’alleanza coi Verdi, se le cose si mettessero male. ma la strada maestra è la grande coalizione. Che tenga conto del senso generale di questo voto tedesco, ancorato a due pilastri: sì all’euro e all’Unione europea contro chi ne vuole uscire, ma sì anche a regole che evitino la messa in comune di debiti sovrani degli euromembri. Che cosa potrà cambiare nella politica economica europea, e per i Paesi eurodeboli come l’Italia? Molte cose, in realtà. L’euro non è affatto assicurato una volta per sempre. La stragrande maggioranza delle unioni monetarie sono fallite, nella storia. L’euro, una moneta diventata comune senza aver unificato davvero i mercati sottostanti e dunque con molte fortissime asimmetrie non autoequilibranti di prezzi, produttività, offerta di credito e via continuando, potrebbe benissimo anch’esso rispettare la regola, invece di essere eccezione.
Eurobond. Richiesti da anni dall’Italia come dagli altri Paesi eurodeboli, non hanno possibilità di essere accolti. La Merkel ha chiuso la campagna elettorale escludendoli esplicitamente. Ma gli eurobond non solo l’unica soluzione possibile. Si può pensare invece ad affiancare agli euro criteri attuali – i tetti a deficit e debito ben noti, il pareggio di bilancio e il fiscal compact per il rientro dei debiti pubblici – nuove metriche che tengano in più conto la convergenza reale delle economie: a cominciare dall’andamento delle bilance di pagamenti per requilibrare l’eccessivo surplus tedesco, e la quota di investimenti pubblici e privati sul Pil. Certo, per avere i titoli per farlo magari è meglio che l’Italia sia in regola, che rischiare il commissariamento andando a nuove elezioni alla cieca.
Trattati. A Berlino sono molto freddi, sull’ipotesi di nuovi grandi accordi istituzionali. Prima vogliono vedere come gli eurodeboli applicheranno il fiscal compact -che obbliga a scendere dal 2015 ogni anno di un ventesimo dall’eccesso di debito pubblico oltre la quota del 60% di Pil – e il two pack – il criterio che abbiamo condiviso per il quale, dalla legge di stabilità da presentare in Parlamento entro poche settimane, ogni legge finanziaria degli euromembri viene esaminata a Bruxelles prima e non dopo che il parlamento lo approvi. La Bundesbank e la Corte di Karlsruhe già faticano molto a convincersi che i limiti degli attuali Trattati, dello Statuto della Bce e della GrundGesetz, la Costituzione tedesca, non siano già stati superati.
BCE. Anche per l’Eurotower, al di là dell’indifferenza ufficiale alla quale è tenuta, la grande coalizione tedesca è preferibile ad altre soluzioni. Per la Cancelliera, più che un aiuto sono state una spina nel fianco, le critiche – e le dimissioni dalla BCE – di esponenti dell’ala ortodossa della Bundesbank portate alla linea seguita da Draghi con le aste di liquidità LTRO e con lo scudo OMT – i due “capolavori” che hanno impedito all’eurocrisi di degenerare e la spingono lentamente a rientrare. Ma l’euroscetticismo alle urne comunque non ha sfondato. Il giudizio che stiamo attendendo in autunno della Corte di Karlsruhe non per questo sarà meno fermo nel porre “paletti al futuro”, per la BCE. Ma si abbassano le probabilità di bocciature su quel che è avvenuto in questi anni.
Unione bancaria. E’ il più delicato punto aperto, oggi. Il meccanismo di vigilanza unico europeo, incentrato sulla BCE, è stato deciso e votato. Ma restano da sciogliere i nodi di un fondo autonomo da mobilitare per finanziare gli eventuali interventi d’emergenza su banche “sistemiche” cioè transfrontaliere, al di là dei salvataggi eventualmente a carico delle finanze pubbliche nazionali e del coinvolgimento al loro fianco del mercato. Il ministro delle Finanze uscenti, Schauble, è notoriamente se non ostile moltop scettico su un fondo comune europeo. In realtà sarebbe necessario, per chi intende l’Unione bancaria come un passo verso l’Unione di bilancio e l’Unione politica. Senza uno strumento finanziario comune, la vigilanza comune della BCE sarebbe più forte e più omogenera di quella attuale affidata alle banche centrali dell’eurosistema a livello nazionale, ma anche meno credibile.
Il motore europeo. Nell’ultimo anno, il grande punto debole della tradizionale locomotiva europea, l’alleanza franco-tedesca, è entrato in crisi per via delle crescenti difficoltà e delusioni del presidente Hollande, a Parigi. La famiglia socialista europea si attendeva un grande ribilanciamento rispetto all’ortodossia germanica, dopo Sarkozy. Ma la prospettiva è presto sfumata. La Francia ha portato a casa uno slittamento del rientro dal suo deficit di bilancio, ma nulla per il riequilibrio di una crescita europea che – è diventato un mantra condiviso da socialisti europei e popolari “non tedeschi” – non può funzionare sul solo modello export led germanico. Londra, con il governo conservatore Cameron, si è insinuata nello spazio lasciato aperto, e recentemente ha vinto molte partite. Ecco lo spazio ideal-teorico per un’Italia coi conti in ordine a nome di tutti gli eurodeboli, se non saremo autodistruttivi come purtroppo le cronache di questi giorni lasciano credere.
La politica estera. E’ un punto debole, per la Merkel. Molti scambiano l’elasticità delle sue posizioni per non aver le idee chiare, e per questo anche da noi fiorisce una letteratura sullo “stile grigio” di Mutti Merkel. Al contrario, da grande politica ha assecondato negli anni il pensiero profondo della maggioranza dei tedeschi, dallo sposare un costosissimo mega piano di energie rinnovabili che ha tagliato l’erba sotto i piedi dei Verdi – e non credo li spingerà a collaborare con la Merkel – a un crescente isolazionismo mondiale, dopo che la Germania era stata in Afghanistan. L’Europa inesistente di questi anni nelle vicende mediorientali indebolisce tutti. Gli Usa ne sono molto delusi. E la Germania avrà bisogno fino a 200mila immigrati l’anno per reggere la sua curva demografica. Chissà se sapremo farci più intraprendenti e più furbi, invece di continuare a guardarci l’ombelico e a contare a migliaia i disperati che sbarcano sulle nostre coste.
http://www.leoniblog.it/2013/09/23/ipot ... uicidiamo/
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)