Obama: “In Siria dobbiamo
agire ma non andremo da soli”
Alle 7 e 58 minuti del mattino Barack Obama è già nella palestra della Ymca, davanti all’albergo di Auburn dove ha passato la notte. La scorta e i giornalisti lo aspettano sul bus con cui sta girando New York e Pennsylvania per risedurre la classe media.
Ma Obama smaltisce le tossine sul tapis roulant. Tenere in forma i muscoli, certo, per un cinquantenne che non si rassegna ad abbandonare il basket, ma anche bisogno di macinare via lo stress del nuovo mandato, che sta facendo tutto il possibile per confermare la tradizionale maledizione della seconda volta.
L’ultimo guaio è l’attacco chimico in Siria, che lo sta spingendo verso la svolta. Giovedì alla Casa Bianca c’è stato un «consiglio di guerra», e Obama dice alla Cnn che «è un fatto grave», mentre il Pentagono rivede i piani per l’intervento. Quei bambini morti lo hanno sconvolto. Poi ci sono la crisi economica che rallenta appena, l’Egitto, Edward Snowden e i segreti della National Security Agency, la condanna di Bradley Manning, i droni, il fracking, i repubblicani che minacciano un nuovo shut down del governo a ottobre, e persino l’indice Nasdaq che si inceppa. Non a caso, la sua popolarità nei sondaggi oscilla da tempo sotto il 50%. E pensare che lui voleva concentrarsi sulla riforma sanitaria da applicare, i costi delle università da abbassare, e l’eguaglianza economica che è il nuovo diritto civile più impellente, cinquant’anni dopo la marcia di Martin Luther King su Washington.
Quando atterra a Buffalo per salire sul «Ground Force One», il bus presidenziale nero, sulla pista lo aspetta il governatore di New York Andrew Cuomo. Un alleato, sicuro, ma anche il memento che gli addetti ai lavori della politica ormai già pensano alla possibile sfida tra il figlio di Mario e la moglie di Bill Clinton nel 2016. Spiegando agli studenti il suo piano in tre punti per ridurre i costi dell’università, cioè collegare i finanziamenti federali all’accessibilità economica dei college, promuovere l’innovazione tecnologica e i corsi via internet, rendere più sopportabile il pagamento dei debiti contratti dagli ex allievi limitandolo al 10% dello stipendio, Barack sbaglia il nome del sindaco della città: «Scusate. È quello che succede quando hai 52 anni, e la memoria non è più agile come a venti».
Lo scopo del viaggio è riconquistare la classe media, per mettere all’angolo l’opposizione intransigente dei repubblicani, e già questo è un punto di partenza complicato. Nonostante il presidente dica che le pari opportunità economiche sono il nuovo diritto civile principale della nostra era, «dal 2009 a oggi la retribuzione media dei “chief executive officer” delle grandi compagnie è aumentata del 40%, mentre l’americano medio guadagna meno di quanto prendeva nel 1999».
In pochi luoghi la disparità è evidente come in quelli scelti per il giro in bus: a Syracuse il tasso di povertà è al 32,3%, con il 42,4% della forza lavoro che ha proprio smesso di cercare occupazione; a Scranton la povertà è al 20,4%, e la rinuncia al lavoro al 41,3%. Buffalo: 29,1% di povertà e popolazione dimezzata: chi ha rubato il sogno americano? E i repubblicani minacciano di bloccare ancora le attività dello Stato a partire dal primo ottobre, quando scadrà l’accordo in corso per i dannosi tagli automatici alla spesa, perché Obama non si è piegato alla loro linea sulla riduzione dei bilanci.
A Rochester, su consiglio del senatore Schumer, il presidente entra in maniche di camicia al Magnolia Deli, per salutare i clienti del ristorante e parlare di investimenti nell’istruzione. Si scusa per non aver portato la moglie Michelle: «È impegnata a casa con le nostre figlie», e deve anche educare il nuovo cucciolo Sunny, «che fa ancora la pipì dove non dovrebbe».
A Seneca Falls Obama corteggia l’elettorato femminile, andando a visitare il Women’s Rights National Historical Park. È il luogo della prima conferenza sui diritti delle donne tenuta negli Stati Uniti, nel 1848, quando in Italia eravamo ancora alle prese col Risorgimento. Ha portato in omaggio una copia del Lilly Ledbetter Fair Pay Act, la legge approvata nel 2009 per garantire alle donne gli stessi livelli retributivi degli uomini: «È un onore trovarsi in un posto così significativo per la giusta causa che ha trovato espressione qui». La libertà delle donne: sono loro che l’hanno spinto alla vittoria nelle presidenziali dell’anno scorso, se perde il consenso femminile è finita.
La realtà, però, lo insegue e lo raggiunge nel pomeriggio, sulla strada fra Seneca Falls e Syracuse: vertice alla Casa Bianca del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, per decidere come rispondere all’attacco chimico di Assad e alla crisi in Egitto, e briefing col capo dello Staff Denis McDonough per capire cosa diavolo è successo all’indice Nasdaq, paralizzato nel pieno delle contrattazioni. Da diversi mesi il Dow Jones sta dando segni di vita a Wall Street, ma ora la probabile fine degli stimoli Fed all’economia lo sta frenando: ci mancano solo gli inconvenienti tecnici a complicare le cose.
Dai finestrini oscurati del bus che lo sta portando alla Henninger High School di Syracuse, Barack vede i manifestanti che lo aspettano. Niente di enorme, e per strada ha incontrato anche parecchi sostenitori. Però fanno male, quei cartelli esposti: «King, I have a dream. Obama, I have a drone». Martin Luther King aveva un sogno, lui ha i droni per uccidere i terroristi. Ha chiuso la guerra in Iraq, sta chiudendo quella in Afghanistan, eppure la base liberal lo tratta come un assassino, proprio ora che i veri assassini fanno scorrere il sangue in Siria ed Egitto. Gli rimproverano anche il fracking, la nuova tecnica di estrazione del gas e del petrolio, che aiuta l’America a diventare autosufficiente e riduce il potere di ricatto del turbolento Medio Oriente. Dicono che inquina la loro acqua, e gli chiedono di smetterla.
Sulle sue indecisioni mediorientali il presidente ha l’attenuante che neppure i neocon più interventisti sono d’accordo su cosa fare: l’ex consigliere di Bush Elliot Abrams vuole togliere gli aiuti al Cairo, l’ex ambasciatore all’Onu Bolton ordina invece di appoggiare il golpe dei militari per non fare regali agli estremisti islamici. E sulla Siria è proprio l’ex rivale repubblicano dei neocon, il realista McCain, a sollecitare l’intervento militare. Obama per ora sceglie la via della prudenza e del «conseguenzialismo», ossia considerare gli effetti delle sue mosse sugli interessi nazionali di Washington. Ancora frena sull’invio degli «stivali sul terreno», ma intanto il Pentagono aggiorna i target da colpire a Damasco e considera l’uso dei raid con i missili Tomahawk.
La notte, piena di pensieri di quelli che ingrigiscono i capelli, passa ad Auburn, ma il presidente ha poca voglia di dormire. Si alza all’alba e corre in palestra. Poi sale sull’autobus, e mentre viaggia verso un incontro con gli studenti della Binghamton University, chiede all’autista di fermarsi a Skaneateles. I ragazzi e le ragazze della squadra di calcio della Tully Central High School si stanno allenando, e lui vuole passare per un saluto: come un «soccer dad», felice di poter rubare qualche minuto ai guai del mondo, per passeggiare sopra un prato.
A Binghamton gli studenti gli concedono una tregua, usando l’incontro per discutere solo il futuro delle università. Poi altre due ore di «Ground Force One», per chiudere il giro in bus a Scranton insieme al vice Biden. La prima occasione per parlargli faccia a faccia, dietro le quinte, dell’attacco in Siria. Tra qualche ora si torna alla Casa Bianca, per affrontare la crisi che minaccia di cambiare la sua presidenza.
http://www.lastampa.it/2013/08/24/ester ... agina.html