«Cari palestinesi, mettete alla prova Netanyahu. E voi stessi»
Di Max Blankfeld
La settimana scorsa, Saeb Erekat, capo negoziatore palestinese, ha detto che la maggioranza degli israeliani vuole una pace sulla base delle linee del 1967, ma che Netanyahu non appoggia questa soluzione. E allora, ecco una domanda chiave per il signor Erakat: ma voi palestinesi, la volete una pace sulla base delle linee del 1967?
Direi che né i palestinesi né il signor Erakat (o il signor Abu Mazen, se è per questo) vogliono la pace tanto quanto la vogliono gli israeliani. Altrimenti, come si spiega che non esiste un movimento palestinese “Peace Now”, o una “Voice for Peace” palestinese, o un “American Palestinians for Peace” così come esistono, e si fanno molto sentire, le corrispondenti organizzazioni ebraiche e israeliane?
E lei, signor Erakat, vuole la veramente la pace con Israele sulla base delle linee del 1967? E perché allora lei o il signor Abu Mazen non rispondete all'invito a sedersi e negoziare senza precondizioni che Netanyahu vi ha esplicitamente rivolto quando ha parlato alle Nazioni Unite e al Congresso degli Stati Uniti? Non sarà perché un tale negoziato senza precondizioni metterebbe alla prova non solo la disponibilità di Netanyahu a fare concessioni, ma anche la vostra disponibilità ad accettare un compromesso per la pace?
Sia i leader israeliani che quelli palestinesi sanno qual è la cornice essenziale di riferimento per un accordo di pace. Se anche non ci fossero tutti i piani offerti da Rabin, Barak e Olmert, e respinti dai palestinesi, basterebbe vedere il sondaggio pubblicato lo scorso dicembre dal Daniel Abraham Center for Middle East Peace, secondo il quale i principi di un ipotetico accordo accettato dal 67% degli israeliani prevedono:
– due stati: Israele, lo stato del popolo ebraico, e Palestina, lo stato del popolo palestinese;
– i profughi palestinesi avranno diritto di tornare solo nel nuovo stato di Palestina;
– lo stato palestinese sarà smilitarizzato, con la sua polizia ma senza un esercito;
– i quartieri ebraici di Gerusalemme saranno sotto sovranità israeliana, i quartieri arabi sotto sovranità palestinese;
– la Città Vecchia entro le mura sarà priva di sovranità e verrà amministrata congiuntamente da Stati Uniti, Israele e palestinesi; i Luoghi Santi resteranno sotto la stessa supervisione religiosa come nell'ordinamento attuale (ad esempio, il Muro Occidentale sarà sotto supervisione e responsabilità di Israele);
– le frontiere saranno negoziate a partire delle linee del 1967, ma comprenderanno degli scambi di territori, di pari dimensioni, per tenere in considerazione le esigenze di sicurezza di Israele e mantenere sotto sovranità israeliana i principali blocchi di insediamenti.
Ecco dove sta il problema: mentre gli israeliani vogliono la pace e sono stati preparati a fare concessioni e assumersi rischi in cambio della pace, lo stesso non sta accadendo sul versante palestinese. Non lo dico solo io. Basta leggere quello che ha dichiarato due settimane fa Salam Fayyad (il primo ministro dimissionario dell’Autorità Palestinese): “La storia dei palestinesi - ha detto - è una storia di leadership fallimentari: teniamo noi stessi in ostaggio della nostra retorica”.
Ebbene, signor Erekat, andate avanti, prendere in parola Netanyahu e mettetelo alla prova... ma preparatevi a essere messi alla prova pure voi.
(Da: Times of Israel, 27.5.13)