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Il commento di Scalfari.

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Re: Il commento di Scalfari.

Messaggioda franz il 21/12/2008, 21:24

ranvit ha scritto:Invece franz, io penso che sia nata prima la degenerazione dei partiti e poi il dramma economico.

L'Italia dell'immediato dopoguerra era distrutta, ma grazie ad un buon nugolo di politici di alto profilo riusci' a risollevarsi; fino al boom economico.

Poi c'è stato un calo verticale nella tempra morale di tanti politici.
La causa? Per me è stata la mancanza di alternanza. ...

Credo che il dopogerra sia in realtà stato piu' segnato dal piano marshall che dai nostri politici di alto profilo.
Per l'Italia si tratto' di 1.2 miliardi di dollari di allora in quattro anni.
http://it.wikipedia.org/wiki/Piano_Marshall
Sull'alternanza (mancanza) hai ragione. Essa ha sicuramente influito nell'incancrenire la gestione del potere.
Ma l'alternanza è stata possibile in Germania, nel Regno Unito ed in Francia. Perché non da noi?
L'alternanza non c'è stata in Spagna (fino a quando c'era Franco) e tuttavia non si è creato un sistema cosi' corrotto come da noi.

Ciao,
Franz
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Re: Il commento di Scalfari.

Messaggioda pierodm il 22/12/2008, 10:39

Piatto ricco, mi ci ficco: interessante il modo in cui si sta sviluppando questo discorso.

Ha ragione Vittorio e ha ragione Franz, dato che economia, imprenditoria, partiti, tutto fa parte del fenomeno e tutti fanno sia la parte di causa sia la parte di effetto, in un'ovvia e complessa interazione che si sviluppa nel tempo.
Giusta anche la tesi che alla fine viene fuori da Franz, che cioè l'Italia moderna soffra di una storica deficienza di liberalismo: ma il difetto del discorso sta nel fatto che Franz ci arriva attraverso valutazioni molto discutibili.
Quello che possiamo fare qui, nei limiti pure ampi del forum, è solo accennare alla "storia", senza avere la pretesa di approfondire quanto sarebbe giusto l'argomento-principe di tanti discorsi sull'Italia, recente, antica o attuale che sia: la sua cultura civile, la formazione del suo tessuto sociale e la sua diversità geo-politica per cui in molte parti la storia italiana è in realtà la storia di qualcosa d'altro, che diventa "italiano" solo come degenerazione marginale - regni borbonici, impero austriaco, stato cattolico, provincia mediterranea dell'espansione britannica, retroterra dell'imperialismo francese, spazio di manovra dei regni spagnoli, arabi e ottomani, e infine territorio di confine della NATO nell'era americana.

In fondo Vittorio ha un buon intuito, quando teme che si debba riandare fino all'impero romano: gli eviterei il viaggio, ma non se ne può fare a meno, se si cerca chiarezza.
Fin dai tempi della tarda età imperiale, la storia d'Italia è la storia di varie degenerazioni: prima lo stato romano in sé, poi l'ascesa e la caduta dei regni barbarici, ognuno accompagnato da ascese momentanee e da ricadute, ogni volta un po' più in basso.
Ci sono alcune pagine - tre o quattro, ma fitte, ad interlinea uno - dell'opera del Gibbon sulla decadenza dell'Impero che riguardano questo periodo tardo imperiale, e che sono veramente sorprendenti: potrei citarle qui, e nessuno penserebbe che si stia parlando di sedici o diciassette secoli fa, data l'incredibile attualità del ritratto politico e sociale che ne viene fuori, di quell'Italia: corruzione, sudditanza della società civile, dilatazione abnorme della legiferazione, inefficienza della burocrazia, dismissione quasi assoluta del "senso delle istituzioni" da parte di coloro che scelgono l'attività politica, clientelismo, insomma tutto e qualcosa di più.

Ripercorrere l'itinerario che porta da allora fino ai tempi recenti è un'impresa eccessiva, ma un dato molto generale lo possiamo stabilire: l'assenza, in Italia, di uno stato unitario, o almeno di uno stato egemone - se non l'unico che possiamo considerare tale stiracchiando il concetto, cioè quello vaticano, con le implicazioni che abbiamo già trattato in altra sede.
La presenza di uno stato di questo tipo nel resto dell'Europa non ha impedito che si verificassero tutte le devianze possibili in queste nazioni, ma ha consentito che ci fossero le due condizioni necessarie per un'evoluzione relativamente positiva: la creazione di una coscienza e un interesse comune nazionale, e l'azione di un'autorità che governasse gli aggiustamenti secondo un criterio politico coerente.

Infine, alo scopo di un proseguimento del discorso, sarebbe bene abbandonare la contrapposizone tra politica ed economia o "morale", spostando o cancellando una o l'altra di queste categorie, o cercando una primogenitura dell'una sull'altra: nel concetto di "politica" dobbiamo comprendere tutto, se la categoria stessa vuole avere un senso. Se mettiamo da una parte l'economia, da un'altra la morale, da un'altra la fallibilità umana, etc, nella casella della politica non rimane niente - o tutt'al più un mucchietto di istituzioni o di "partiti" che nemmeno si capisce da dove vengano, o perché esistono o perché sono fatti così.
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Re: Il commento di Scalfari.

Messaggioda pinopic1 il 22/12/2008, 12:10

Secondo me è più semplice. Ha ragione Ranvit a dire che il problema politico in questa fase della storia del paese (dal dopoguerra ad oggi) è stato il fatto che la sinistra era egemonizzata da un forte partito comunista escluso dalla possibilità di andare normalmente al governo e quindi è mancata l'alternanza. Non sarebbe cambiata la natura degli italiani ma la corruzione sarebbe stata più facilmente contenuta in limiti fisiologici (tra virgolette), sarebbe stato più difficile per questo o quel partito identificarsi con lo stato e occupare le istituzioni. Gli italiani si sarebbero abituati a giudicare i governi dai risultati e a pensare che le istituzioni non sono di questa o quella maggioranza.
Non saremmo arrivati agli estremi che hanno portato tangentopoli; non sarebbe emersa la generazione dei politici mezze cartucce (nel bene e nel male perché sono mezze cartucce anche nella corruzione) e un ricco e magari bravo imprenditore brianzolo forse avrebbe dovuto presentarsi meno spesso con l'assegno in bocca, avrebbe collezionato meno scheletri nel suo armadio e in altri armadi in giro per l'Europa, e non gli sarebbe venuta mai l'idea (o la necessità impellente?) di fare il caudillo.


PS: e oggi "sinistra" non sarebbe una parola che fa perdere voti.
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Re: Il commento di Scalfari.

Messaggioda ranvit il 22/12/2008, 13:05

Grazie pinopic....vorrei anche ricordare che anche io ho votato pci/pds/ds per lameno trent'anni.
La mia quindi è una analisi senza pregiudizi.

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Il commento di Scalfari.

Messaggioda franz il 22/12/2008, 14:31

pierodm ha scritto:Giusta anche la tesi che alla fine viene fuori da Franz, che cioè l'Italia moderna soffra di una storica deficienza di liberalismo: ma il difetto del discorso sta nel fatto che Franz ci arriva attraverso valutazioni molto discutibili.

Scusa ma che me ne cale se non condividi il percorso espositivo mio, quando possiamo condividere le conclusioni?
Alla fine, parlando il termini liberali (ma anche marzisti) dobbiamo decidere.
Delle due l'una. O la politica è determinante (e quindi maggiormente responsabile) oppure è determinante l'economia (come spiegavano i carletti ed i ricardetti dell'800) e la politica è solo una sovrastruttura al traino che puo' fare qualcosa ma non tutto.
Non possiamo, a seconda di quanto ci fa comodo, dare la colpa all'uno o all'altro, a meno che questo sia il modo, poco onorevole, di considerare il "liberal socialismo".
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Re: Il commento di Scalfari.

Messaggioda soniadf il 22/12/2008, 15:01

Guarda, che questi lo sanno benissimo come si fa a produrre ricchezza per loro e come si fa a dirottare fondi pubblici nelle tasche degli amici. Questa non è ignoranza del mondo economico, ma ignoranza del mondo etico e dei principi di eguaglianza sociale che sono alla base dell’azione politica.
La cultura liberale americana è così sviluppata che sono riusciti a fare profitti anche sui debiti dei poveracci, ed è da loro che ci arriva la catastrofe. Questi liberali patentati, che si sono sempre tenuti lontano da pensioni di invalidità ed altre amenità sociali europee, hanno avuto le mani libere per girare intorno al collo degli altri la corda con cui impiccarli, e fabbricare profitti veri da una ricchezza finta. Il libero mercato non è la giungla, è un sistema in cui si richiede correttezza a tutti gli attori impegnati nella creazione di ricchezza, e il favore che ha sin qui goduto il fattore profitto (per comprensibili ragioni di potere) non può protrarsi più a lungo, perché alla fine il sistema collassa. La ricchezza deve essere prodotta (la produzione di profitti non equivale a produzione di ricchezza, come è stato ampiamente dimostrato in questa fase) e deve essere equamente redistribuita, viceversa si rompe non solo il patto sociale, ma anche il patto economico alla base della produzione.
Per salvare un’azienda, si ricorre spesso al licenziamento dei lavoratori, il cui costo diventa insostenibile, ma altrettanto spesso sono le banche che atterrano le imprese con costi e richieste di rientro insostenibili.
I mafiosi sanno benissimo come appropriarsi di una azienda sana, i meccanismi economici li conoscono a menadito, ed anche i pirati dell’Alitalia sanno fare i conti.
Quello che manca è la coscienza del bene comune, la politica.
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Re: Il commento di Scalfari.

Messaggioda lucameni il 22/12/2008, 18:22

In quanto liberale da sempre scopro oggi di essere forse un "liberale patentato".
Patentato!! Ullallà!
Insomma una parolaccia vivente!!
:D
Certo ragazzi miei quanto a completezza di analisi (priva di pregiudizi ideologici e di generalizzazioni eh.....................)...................
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
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Re: Il commento di Scalfari.

Messaggioda pierodm il 22/12/2008, 18:43

Franz
I percorsi e le conclusioni sono come i treni: è importante che arrivino in orario, ma è altrettanto importante come si si riesce a farli arrivare in orario - per esempio, impiccando i capostazione o invece predisponendo il servizio nel modo più efficace.
La deficienza di liberalismo è un concetto sempre molto importante da tenere presente, ma che dobbiamo dare per scontato, ormai.
Bisogna capire bene dove e come si manifesta questa deficienza, altrimenti rimane un concetto giusto ma poco utile.

Pino
Io non credo che la mancata alternanza sia stata tanto importante come si usa credere: non "quella" alternanza, intendo dire.
Nei primi cinquant'anni della Repubblica, per esempio, ci sono stati due o tre cambiamenti di rotta abbastanza radicali, senza che le cose abbiamo preso una piega significativamente diversa.
Il centro-sinistra anni '60 e il craxismo di vent'anni dopo hanno aggiunto malvezzi a malvezzi, più che portare ad un risanamento.
Tuttavia concordo sul fatto che una certa importanza questo problema ce l'abbia avuta - se non altro è un'ipotesi credibile.
Però non penso che questa sia una "semplificazione" del discorso, ma solo una sua delimitazione temporale.
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Re: Il commento di Scalfari.

Messaggioda ranvit il 22/12/2008, 19:11

I cambiamenti di rotta di cui parla pierodm erano solo le furbizie democristiane per restare sempre al comando.
Per niente alternanza vera.

Basta pensare al Fanfani e all'Andreotti che hanno fatto il premier sia con maggioranze di centriste che di centrosinistra.

Ma anche al Moro delle covergenze parallele....che non ho mai capito cosa potessero significare, se non "vi prendiamo per il culo anche a parole"!

Vittorio
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Re: Il commento di Scalfari.

Messaggioda pinopic1 il 22/12/2008, 20:03

pierodm ha scritto:Franz
I percorsi e le conclusioni sono come i treni: è importante che arrivino in orario, ma è altrettanto importante come si si riesce a farli arrivare in orario - per esempio, impiccando i capostazione o invece predisponendo il servizio nel modo più efficace.
La deficienza di liberalismo è un concetto sempre molto importante da tenere presente, ma che dobbiamo dare per scontato, ormai.
Bisogna capire bene dove e come si manifesta questa deficienza, altrimenti rimane un concetto giusto ma poco utile.

Pino
Io non credo che la mancata alternanza sia stata tanto importante come si usa credere: non "quella" alternanza, intendo dire.
Nei primi cinquant'anni della Repubblica, per esempio, ci sono stati due o tre cambiamenti di rotta abbastanza radicali, senza che le cose abbiamo preso una piega significativamente diversa.
Il centro-sinistra anni '60 e il craxismo di vent'anni dopo hanno aggiunto malvezzi a malvezzi, più che portare ad un risanamento.
Tuttavia concordo sul fatto che una certa importanza questo problema ce l'abbia avuta - se non altro è un'ipotesi credibile.
Però non penso che questa sia una "semplificazione" del discorso, ma solo una sua delimitazione temporale.


Non pensare necessariamente alla corruzione e al clientelismo che sono sempre esistiti o alla semplice alternanza al governo. Il punto centrale è l'occupazione dello stato e l'identificazione dei partiti di governo con lo stato e le istituzioni. Ha iniziato la DC (fino dalla gestione degli aiuti del piano Marshall di cui parla Franz) poi anche gli altri partiti di centrosinistra sono stati associati a questo sistema, anzi sono stati ritenuti degni di essere parte dello stato e delle istituzioni, e alla fine anche il PCI in qualche modo.
Ora io penso che questo sistema era stato reso in un certo senso necessario proprio perché il PCI aveva l'egemonia della sinistra e quindi di quella che avrebbe dovuto essere l'alternativa.
Non dico che è stata colpa del PCI, ma la situazione di fatto era questa.
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