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Diritti umani, informazione e comunicazione

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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 12/03/2013, 11:18

NATAN, SEI VOLTE NO AL SERVIZIO MILITARE NELL'ESERCITO DELL'OCCUPAZIONE. NATAN, SEI VOLTE IN PRIGIONE.

Giovane obiettore di coscienza israeliano condannato alla sesta reclusione consecutiva

Natan Blanc (19) è stato dentro e fuori di prigione per tre mesi. Il 19 novembre, Blanc ha informato le autorità della sua obiezione di coscienza ad arruolarsi per l'esercito israeliano a causa della continua occupazione dei territori palestinesi e la costante militarizzazione della società israeliana che essa comporta.

Per Haggai Matar | Pubblicato il 13 Feb 2013

Dal suo iniziale rifiuto di essere arruolato nella IDF, Natan Blanc è stato condannato sei volte, l'ultima questa domenica, ciascuna per un periodo di due o tre settimane in carcere. In conformità con le normative militari, Blanc è stato condannato da ufficiali del livello medio in brevi procedimenti disciplinari, mandato in prigione, poi di nuovo alla base di induzione, e poi di nuovo in carcere. Non ci sono limitazioni reali per il numero di volte che questo processo può ripetersi, in quello che è già stato descritto da Amnesty International e da molte altre ONG attive nel campo dei diritti umani in altri casi come condanna arbitraria. Blanc si attacca al suo rifiuto e dice che non prenderà in considerazione di rivolgersi allo psichiatra militare come un percorso alternativo per il suo rifiuto dichiarato e i suoi principi.

Nella dichiarazione rilasciata il 19.11.12 Blanc ha scritto quanto segue:

"Ho cominciato a pensare a rifiutare di essere arruolato nell'esercito israeliano durante l'operazione 'Piombo fuso' nel 2008. L'ondata di militarismo aggressivo che ha travolto il paese poi, le espressioni di odio reciproco, e il discorso vacuo circa l'abbattimento del terrorismo per creare un effetto deterrente era il motivo principale per il mio rifiuto. Oggi, dopo quattro anni pieni di terrorismo, senza un processo politico [verso negoziati di pace], e senza tranquillità a Gaza e Sderot, è chiaro che il governo Netanyahu, come quello del suo predecessore Olmert , non è interessato a trovare una soluzione alla situazione attuale, ma piuttosto nel preservarla. Dal loro punto di vista, non c'è niente di sbagliato con il nostro avvio di una operazione 'Piombo Fuso 2' ogni tre o quattro anni (e quindi 3, 4,5 e 6): parleremo di deterrenza, ammazzeremo qualche terrorista, perderemo alcuni civili da entrambe le parti, e noi prepareremo il terreno per una nuova generazione piena di odio da entrambe le parti. In qualità di rappresentanti del popolo, i membri del gabinetto non sono tenuti a presentare la loro visione per il futuro del paese, e si può continuare con questo ciclo sanguinoso, senza fine in vista. Ma noi, come cittadini ed esseri umani, abbiamo il dovere morale di rifiutare di partecipare a questo gioco cinico."

Negli ultimi anni il movimento di obiezione di coscienza in Israele è stato più tranquillo, i riservisti che si rifiutano di solito sono rilasciati senza processo o inviati alle attività al di fuori dei territori occupati, che alcuni di loro accettano. La maggior parte degli obiettori di coscienza di età compresa alla coscrizione trovano il modo di evitare di fare dichiarazioni pubbliche del loro rifiuto, e solo pochi come Blanc finiscono in prigione - come riportato qui l'anno scorso nel caso di Noam Gur e le refusers che la seguivano .

Due veglie di solidarietà con Blanc, organizzate da Yesh Gvul e la sua famiglia e gli amici, hanno già avuto luogo sulla collina di fronte alla prigione militare 6 in Atlit, dove è detenuto. Altre sono in programma.

http://972mag.com/young-israeli-conscie ... erm/65974/


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Chi l'avrebbe mai detto...

Messaggioda flaviomob il 15/03/2013, 21:35

Rapporto del Senato Usa: la Cia tortura i detenuti
In attesa della pubblicazione delle 6.000 pagine e dei sei milioni di documenti contenuti nell'inchiesta, molti senatori vorrebbero insabbiare tutto per evitare lo scandalo.

di Franco Fracassi

Adesso è ufficiale: gli Stati Uniti hanno praticato per anni la tortura, e in casi sporadici continuano a praticarla. È quanto ha sentenziato la Commissione servizi segreti del Senato Usa. Il tutto è contenuto in un rapporto di seimila pagine, arricchito da trentacinquemila note a piè di pagina e sei milioni di documenti. Rapporto, che presto verrà reso pubblico nella sua interezza. Anche se indiscrezioni raccolte dalla Cnn e dall'Abc raccontano della riluttanza di molti membri della Commisione a declassificare il documento.

L'indagine ha rilevato che il programma di tortura della Cia era stato portato avanti su grande scala. Era molto più vasto di quanto mai dichiarato pubblicamente. Dalle indiscrezioni emerge che la tortura è stata praticata sia per estorcere informazioni, sia per condizionare mentalmente i detenuti. E non è tutto. A quanto pare, molte delle informazioni estorte con la forza si sono poi rivelate parzialmente o totalmente false.

In base al parere di persone che hanno avuto accesso al rapporto, la sua pubblicazione potrebbe provocare uno shock paragonabile ai maggiori scandali della storia americana.

Secondo Human Right Watch, nell'ultimo decennio gli Stati Uniti sono stati permanentemente nei primi dieci posti della poco invidiabile classifica sulla violazione dei diritti umani.

http://www.globalist.it/Detail_News_Dis ... 18&typeb=0


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Lettera di un padre...

Messaggioda flaviomob il 17/03/2013, 19:13



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The wall

Messaggioda flaviomob il 19/03/2013, 15:54

Francesca Spinelli

L’altro muro di Roger Waters


“Eravamo al pub a guardare Galles-Inghilterra!”. Non c’è solo l’impegno politico nella vita di Roger Waters, ma sicuramente dal 2006 – l’anno in cui cancellò un concerto a Tel Aviv rispondendo all’appello di varie ong palestinesi – la causa palestinese gli sta a cuore. Così il 16 marzo, dopo una pausa sportiva in un bar di Bruxelles, ha raggiunto gli altri membri della giuria del Tribunale Russell sulla Palestina (Russell Tribunal on Palestine – RToP) per l’inaugurazione della sessione finale.

Ispirato al Tribunale internazionale sui crimini di guerra commessi in Vietnam, creato da Bertrand Russell e Jean-Paul Sartre nel 1966, l’RToP è nato nel 2009. Per quattro anni ha indagato sulla responsabilità di stati terzi e organizzazioni internazionali nei crimini commessi da Israele contro il popolo palestinese. Testimoni ed esperti sono intervenuti nel corso delle sessioni organizzate a Londra, Barcellona, Città del Capo e New York. Questo weekend, a Bruxelles, la giuria ha presentato le sue conclusioni, giuridicamente fondate anche se non vincolanti. Per dirla con Waters, “il tribunale ha permesso di collegare il diritto internazionale alle vittime”, dimostrando che Israele viola una lunga serie di norme internazionali, anche grazie alla complicità di stati, aziende e organizzazioni.

“Chi critica le conclusioni del tribunale senza essere andato in Palestina, senza aver parlato con i palestinesi e aver visto come vivono, esprime solo pregiudizi”, avverte Waters. “Io esprimo un’opinione basata su un’esperienza, un’esperienza arrivata tardi, nel 2006, quando quelli della campagna Boycott, divestment and sanctions mi hanno chiesto di riconsiderare l’idea di suonare a Tel Aviv. Essendo una persona ragionevolmente aperta e intelligente ho accettato”, aggiunge ridendo.

Cosa possiamo aspettarci dalla pubblicazione delle conclusioni del Tribunale Russell?

“Spero riescano ad abbattere il muro che separa da un lato le persone impegnate, persone capaci di riunirsi e di riflettere su questi temi (io per esempio non sono molto portato per le riunioni, ma ho imparato dagli altri membri della giuria), e dall’altro i grandi mezzi d’informazione, che pensano soprattutto a vendere dentifrici…”.

O a raccontare l’elezione del papa…

“Roba da pazzi, vero? Secondo me il cattolicesimo, come tutte le religioni, non dovrebbe proprio interessare ai mezzi d’informazione, ma è anche vero che sono un ateo convinto… Comunque, per quanto mi riguarda ho deciso di approfittare di questa sessione finale per scrivere una lettera aperta ai miei colleghi musicisti, chiedendo loro di prendere posizione sulla questione israelo-palestinese. Molti di loro, soprattutto negli Stati Uniti, hanno paura che schierandosi metterebbero in pericolo la loro carriera, o addirittura la loro vita! La verità è che vivono in un mondo neutro, asettico e al tempo stesso terrificante, in cui vagano come sonnambuli senza rendersi conto di quello che accade intorno a loro. Ecco perché hanno queste reazioni da matti”.

Quando uscirà la lettera?

“Appena il resto della giuria l’avrà approvata. In privato ho già scritto a vari colleghi negli Stati Uniti, senza molto successo…”.

Il boicottaggio culturale di Israele però sta dando i suoi frutti, come dimostra la sintesi sul 2012 pubblicata dalla Palestinian campaign for the academic & cultural boycott of Israel. E i giovani che denunciano i crimini commessi da Israele sono sempre più numerosi, in Palestina, in Israele e nel resto del mondo.

“Sì, è vero, e questo è molto incoraggiante. C’è una nuova generazione che ha capito che il concetto di ‘noi e loro’ è sbagliato, e che siamo quello che siamo per un semplice caso della vita e della geografia. Ogni volta che vengo a conoscenza di un’iniziativa – un college o un’università statunitense che aderisce al boicottaggio, per esempio – scrivo a quei giovani: ‘La classe del ’68 vi rende onore!’”.

Il giorno dopo, leggendo la prima raccomandazione dell’RToP– “Il Tribunale Russell incoraggia il maggior numero possibile di persone ad andare in Palestina e a vedere con i propri occhi come vivono i palestinesi” – mi è tornato in mente il teaser di Movi(e)ng to Gaza, un progetto collettivo che racconta la vita quotidiana a Gaza. A Roger Waters, Angela Davis e agli altri giurati del Tribunale Russell piacerebbe senz’altro.

http://www.internazionale.it/superblog/ ... er-waters/


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 21/03/2013, 0:00

https://secure.avaaz.org/en/maldives_gl ... ab&v=23206

Dear friends,

It's hard to believe, but a 15-year-old rape survivor in the Maldives has been sentenced to be whipped 100 times in public! Let's put an end to this lunacy by hitting the government where it hurts: the tourism industry.

The girl says she was raped by her stepfather and others for years and her stepfather is accused of murdering the baby she bore. Now the court says she must be flogged for “sex outside marriage”! President Waheed of the Maldives is already feeling global pressure on this, but we can force him to save this girl and change the law to spare other victims this cruel fate. This is how we can win the War on Women – by standing up every time an outrage like this happens.

Tourism is the big earner for the Maldives elite, including government ministers. Let's build a million-strong petition to President Waheed this week, then threaten the islands' reputation through hard-hitting ads in travel magazines and online until he steps in to save her and abolish this outrageous law. Sign and forward this email now to get us to a million:

https://secure.avaaz.org/en/maldives_gl ... ab&v=23206

The Maldives is a paradise for tourists. But for women there, it can be hell. Under harsh interpretations of sharia law, women and children are routinely punished with flogging and house arrest if found guilty of extramarital sex or adultery. It's nearly always the women who get punished, not the perpetrators. A staggering one in three women between ages 15 and 49 have suffered physical or sexual abuse -- yet zero rapists were convicted in the past three years.

Winning this battle can help women everywhere, as the Maldives government is right now running for a top UN human rights position - on a platform of women's rights! Global outrage has already forced President Waheed to appeal the sentence in the 15-year-old's case. But that's not enough. Extremists inside the country will force him to abandon further reforms if international attention fades. Let’s tell the Maldives that it stands to lose its reputation as a romantic tourist hot spot unless it changes its attitudes to and laws about women.

If enough of us raise our voices, we can get President Waheed and his MPs to face down the extremists. The president is already on the back foot over this shameful, tragic story - let's seize this moment to prevent more horrifying injustices against girls and women. Sign the petition, then send this email widely:

https://secure.avaaz.org/en/maldives_gl ... ab&v=23206

Avaaz members have fought many battles in the global war on women. In Afghanistan, we helped protect a young woman who bravely spoke out about her horrific rape; in Honduras, we fought alongside local women against a law that would jail women using the morning-after pill. Let's now protect the women of the Maldives.


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Avanza il regime in Russia

Messaggioda flaviomob il 25/03/2013, 16:48

Russia: perquisito l'ufficio di Amnesty International a Mosca
CS031 - 25/03/2013

L'ufficio di Amnesty International a Mosca è stato perquisito oggi da magistrati e ispettori del fisco, nell'ambito di una serie di controlli effettuati nelle sedi delle Organizzazioni non governative (Ong) russe nelle ultime settimane. La versione ufficiale dell'ispezione odierna sarebbe quella di controllare il rispetto della legge russa sulle Ong.

Amnesty International, insieme ad altre Ong, ha ripetutamente condannato la nuova legislazione che impone crescenti restrizioni alle loro attività. L'organizzazione per i diritti umani teme che la nuova legge sulle Ong sarà usata per perseguitare e cercare di chiudere le sedi di associazioni che criticano il governo e ne denunciano l'operato.

Secondo Amnesty International, inoltre, quest'ondata di ispezioni viene portata avanti col deliberato intento di stigmatizzare le Ong e di screditarle nei confronti dell'opinione pubblica.

Amnesty International ritiene che tutte le sue attività rispettino le leggi russe in materia e ha espresso rammarico per il fatto che il suo tempo, e quello delle persone coinvolte nell'ispezione, non sia usato in modo più utile.

FINE DEL COMUNICATO Roma, 25 marzo 2013


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No alla discriminazione dei Rom

Messaggioda flaviomob il 28/03/2013, 18:32

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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 04/04/2013, 13:25

Two Palestinian teenage cousins, Amer Nassar and Naji Balbeisi, who were murdered last night in their West Bank home of Tulkarem. Both were unarmed, and their deaths have sparked outrage throughout Palestine.

(Gaza TV News)

https://fbcdn-sphotos-h-a.akamaihd.net/ ... 1083_n.jpg


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 10/04/2013, 10:16

Quattro uomini sono stati messi a morte in Iraq il 2 aprile. Due uomini, di cui uno cittadino saudita, potrebbero essere messi a morte in qualsiasi momento.

Quattro cittadini iracheni sono stati messi a morte il ​​2 aprile: Manaf 'Abdulrahim' Abdulhamid 'Issa al-Rawi, Mohammad Nouri Matar Yassin, Ibrahim' Abdulqader 'Ali' Antik e Obaid Mohammad Tawfiq Jaber'. Altri due uomini, 'Safa Ahmad' Abul'aziz 'Abdullah e un cittadino saudita, Abdullah' Azzam Saleh al-Qahtani Musfer, potrebbero essere messi a morte in qualsiasi momento. I sei uomini erano stati condannati a morte dalla Corte penale centrale a Baghdad, il 16 marzo 2011. Le sentenze sono state confermate e inviate per la ratifica da parte della presidenza irachena.

L'accusa nei loro confronti era di aver partecipato a una rapina armata in un negozio, a Baghdad nel 2009, durante la quale sono stati uccisi i due proprietari. I sei uomini hanno inizialmente "confessato" di appartenere ad Al-Qaeda e di aver rapinato per finanziare l'organizzazione. In seguito hanno ritrattato le loro "confessioni", sostenendo di essere stati sottoposti a tortura e altri maltrattamenti.

Il 26 febbraio 2013 Abdullah 'Azzam Saleh al-Qahtani Musfer ha informato uno dei suoi avvocati di aver subito torture mentre era in detenzione preventiva. Ha raccontato di aver essere stato duramente pestato, colpito ai genitali, bruciato con le sigarette e quasi soffocato con un sacchetto di plastica. Nell'emettere il verdetto, il giudice ha ammesso le "confessioni" degli imputati come prove, nonostante le accuse di tortura e coercizione durante la custodia cautelare. Prima della condanna di Abdullah 'Azzam Saleh al-Qahtani Musfer, l'emittente al-Fayha ha trasmesso una sua intervista in cui "confessava" l'affiliazione a un gruppo armato e di aver commesso altri crimini, in violazioni del suo diritto e degli altri cinque imputati a un processo equo.

Per firmare l'appello:

http://www.amnesty.it/iraq_rischio_esecuzione_imminente


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 10/04/2013, 10:20

Rapporto di Amnesty International sulla pena di morte nel 2012: nonostante i passi indietro, un mondo senza pena capitale è più vicino
CS037 - 10/04/2013


Nonostante alcuni deludenti passi indietro, la tendenza globale verso l’abolizione della pena di morte è proseguita: è quanto ha dichiarato oggi Amnesty International rendendo noto il suo rapporto su pena di morte ed esecuzioni nel 2012.

Lo scorso anno ha visto la ripresa delle esecuzioni in paesi che da tempo non facevano ricorso alla pena di morte, come Gambia, Giappone, India e Pakistan, ma anche un’allarmante aumento in Iraq.

L’uso della pena di morte continua, tuttavia, a essere ristretto a un gruppo isolato di paesi e passi avanti verso la sua abolizione sono stati registrati in tutte le regioni del mondo.

Nel 2012 ci sono state esecuzioni solo in 21 paesi: lo stesso numero del 2011, ma in calo rispetto a un decennio prima (28 paesi nel 2003).

Amnesty International è venuta a conoscenza di 682 esecuzioni, due in più rispetto al 2011, e di almeno 1722 sentenze capitali in 58 paesi, rispetto alle 1923 in 63 paesi dell’anno precedente.

Questi numeri, tuttavia, non includono le migliaia di esecuzioni che Amnesty International ritiene abbiano avuto luogo in Cina, dove i dati sulla pena di morte sono mantenuti segreti.

“I passi indietro che abbiamo visto in alcuni paesi sono stati deludenti, ma non hanno invertito la tendenza mondiale contro il ricorso alla pena di morte. In molte parti del mondo le esecuzioni stanno diventando un ricordo del passato” - ha affermato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International. “Nel mondo solo un paese su 10 continua a usare la pena di morte. I loro leader dovrebbero chiedersi perché applicano ancora una pena crudele e disumana che il resto del mondo sta abbandonando”.

I primi cinque paesi in cui, nel 2012, sono avvenute esecuzioni sono, nell’ordine, Cina, Iran, Iraq, Arabia Saudita e Stati Uniti, seguiti dallo Yemen.

I metodi di esecuzione hanno compreso l’impiccagione, la decapitazione, la fucilazione e l’iniezione letale. In Arabia Saudita il corpo di un uomo decapitato è stato successivamente crocifisso.

I crimini per i quali nel 2012 sono state eseguite condanne a morte hanno incluso anche reati non violenti legati alla droga e di natura economica, ma anche l’apostasia, la blasfemia e l’adulterio, che non dovrebbero assolutamente essere considerati reati.

L’area Asia - Pacifico è stata teatro di alcune deludenti battute d’arresto: India, Giappone e Pakistan che hanno ripreso le esecuzioni dopo un lungo periodo.

A novembre, in India è stata eseguita la prima condanna a morte dal 2004, con l’impiccagione di Ajmal Kasab, uno degli uomini coinvolti negli attacchi di Mumbai nel 2008.

In Giappone, dopo 20 mesi senza esecuzioni, tre prigionieri nel braccio della morte sono stati impiccati a marzo, seguiti da un quarto alla fine dell’anno.

Ancora una volta, la Cina ha messo a morte più persone che il resto del mondo messo insieme, ma a causa della segretezza che circonda l’uso della pena di morte nel paese, non è stato possibile ottenere dati certi.

Nella stessa regione, però, vi sono stati anche sviluppi positivi. Il Vietnam non ha eseguito alcuna condanna, mentre Singapore ha osservato una moratoria sulla pena di morte e la Mongolia ha ratificato un importante trattato internazionale che impegna il paese all’abolizione.

L’area dell’Oceano Pacifico ha continuato a essere una zona virtualmente libera dalla pena di morte.

Nonostante gli sviluppi positivi in Medio Oriente e Africa del Nord, l’uso della pena capitale è rimasto ancora motivo di grande preoccupazione.

Arabia Saudita, Iran, Iraq e Yemen hanno mantenuto alti livelli di esecuzione: il 99 per cento delle condanne a morte eseguite nella regione ha avuto luogo in questi quattro paesi.

In particolare, vi è stata una crescita allarmante delle esecuzioni in Iraq, dove sono state messe a morte almeno 129 persone, quasi il doppio rispetto alle 68 del 2011.

L’Iran ancora una volta si è collocato dopo la Cina per numero esecuzioni. Le autorità hanno ufficialmente reso note 314 esecuzioni, ma il numero reale è di certo molto più alto.

Il conflitto in Siria ha reso impossibile determinare se nel paese vi siano state esecuzioni.

Nelle Americhe, gli Stati Uniti sono rimasti l’unico paese a compiere esecuzioni: le esecuzioni registrate nel 2012, 43, sono state le stesse del 2011, ma sono avvenute in nove stati degli Usa anziché in 13. Ad aprile il Connecticut è divenuto il 17esimo stato abolizionista, mentre a novembre un referendum sull’abolizione in California non è passato per poco.

I paesi dei Caraibi di madrelingua inglese sono rimasti senza esecuzioni, anche se in tre dei 12 paesi dell’area sono state emesse 12 condanne a morte.

Nell’Africa subsahariana ci sono stati ulteriori progressi. Il Benin ha fatto passi avanti sul piano legislativo per abolire la pena di morte dalla sua legislazione. Il governo del Ghana ha accolto la raccomandazione di abolire la pena di morte dalla nuova Costituzione. In Sierra Leone non ci sono più prigionieri nel braccio della morte.

Tuttavia, le condanne a morte in questa regione sono cresciute notevolmente dal 2011 al 2012, a causa degli alti numeri registrati in Sudan e Gambia. In quest’ultimo paese, dopo quasi 30 anni, sono state messe a morte nove persone. A seguito delle proteste internazionali, il presidente Yahya Jammeh ha annunciato una moratoria “condizionata” sulle esecuzioni che sarà “automaticamente rimossa” se i tassi di crimine aumenteranno. In Sudan ci sono state almeno 19 esecuzioni e 199 condanne a morte.

La Bielorussia ha continuato a essere l’unico paese nella regione Europa - Asia centrale a eseguire condanne a morte. Lo ha fatto in forma segreta, mettendo a morte almeno tre persone.

La Lettonia è stato il 97esimo paese del mondo a divenire abolizionista per tutti i reati, dopo aver rimosso dalla sua legislazione l’ultimo crimine punibile con la pena capitale.

Un argomento frequentemente usato dai sostenitori della pena di morte è che questa agisce come deterrente contro il crimine. Tuttavia, un’importante ricerca pubblicata negli Usa nel 2012 ha concluso che l’argomento della deterrenza non può essere usato per giustificare la pena di morte.

“I governi che usano ancora la pena di morte non hanno più scuse. Non c’è più alcuna prova che indichi che la pena di morte abbia un potere deterrente speciale contro il crimine” - ha affermato Shetty.

“La vera ragione per l’uso della pena di morte può spesso essere trovata altrove. Nel 2012, abbiamo ancora una volta assistito con grande preoccupazione all’uso della pena di morte per quelli che sono sembrati essere scopi politici, o come misura populista o come strumento di repressione” – ha concluso Shetty.

Amnesty International si oppone alla pena di morte in tutti i casi, senza eccezioni, indipendentemente da: natura o circostanze del crimine, colpevolezza, innocenza o altre caratteristiche dell’individuo, metodo usato dallo stato per compiere esecuzioni. La pena di morte nega il diritto alla vita ed è la pena più crudele, disumana e degradante.

http://www.amnesty.it/rapporto-pena-di- ... icino?p=SN


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