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Il caso Campania.

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Re: Il caso Campania.

Messaggioda pierodm il 06/12/2008, 10:19

Vittorio - Ranvit
Su questa faccenda della "diversità" abbiamo già discusso in diverse occasioni.
Il "potere" non c'entra: in molte regioni e comuni la sinistra è stata al governo fin dai tempi di Peppone e don Camillo.
La diversità, in ogni caso, non riguarda tanto la beltà che splende nel visino e nella riposta coscienza di sindaci e assessori - facile dimostrare che di tanto o di poco esercitare un potere non è propriamente un'azione evangelica - ma riguarda il "popolo" della sinistra, quello che Pasolini - e magari anche De Gregori - chiamava il "popolo intelligente".
Chi appena conosce la nostra storia non ha bisogno di elucubrare tanto, per riconoscere la semplice verità di quest'immagine.
Ma, dato che siamo in un'epoca di frenetiche e svergognate riscritture della storia, possiamo anche andare a fondo della questione, se proprio dovesse servire - e io credo che a qualcosa servirebbe, dato che accertare la verità e farne un patrimonio comune serve sempre.

Quanto all'infantilismo, caro Vittorio, mi risulta assai infantile - cioè tipico dell'infanzia - aspirare ad essere "uguali", quindi tutt'altro che diversi, vale a dire a conformarsi alla massa, sentendosene parte: la famosa "popolarità" di Charlie Brown.
Quello a cui tu alludi è semmai il desiderio di sentirsi "diversi" tipico della gioventù, quando diversità significa il rifiuto dello status quo, dell'autorità, del conformismo.
Purtroppo, devo aggiungere che vedere tutto "uguale" e tutti "uguali", tutti ugualmente peccatori e mediocri, in una prospettiva fatalistica e massificata, è tipico invece dell'età matura: certamente un ottimo slogan elettorale, in un paese come il nostro, ormai sovraccarico di "over".
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Re: Il caso Campania.

Messaggioda Paolo65 il 06/12/2008, 10:35

DAL CORRIERE:
«Mi sparano contro dal Pd
Io cacicco? Anche Walter rischia»
Bassolino: con Veltroni rapporti guastati dal caso rifiuti Andarmene? No, sarebbe contro l'interesse generale
COMMENTO:
L'intera intervista dimostra che Bassolino ci sa fare ed anche oggi non spara a zero contro il PD.....ma certe frasi sanno di un avvertimento del tipo: "attenti se cade Sansone cadono pure tutti i filistei".
In sintesi, un bel messaggio in stile campano(non posso scrivere quello che dovrei!!)per Valter.
Da parte sua Valter non avendo avuto il coraggio di affrontarlo di petto quando si scatenò la bufera rifiuti,oggi paga dazio e ben gli sta.
Sempre peggio!

Paolo
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Re: Il caso Campania.

Messaggioda ranvit il 06/12/2008, 11:33

pierodm ha scritto:Vittorio - Ranvit
Su questa faccenda della "diversità" abbiamo già discusso in diverse occasioni.
Il "potere" non c'entra: in molte regioni e comuni la sinistra è stata al governo fin dai tempi di Peppone e don Camillo.
La diversità, in ogni caso, non riguarda tanto la beltà che splende nel visino e nella riposta coscienza di sindaci e assessori - facile dimostrare che di tanto o di poco esercitare un potere non è propriamente un'azione evangelica - ma riguarda il "popolo" della sinistra, quello che Pasolini - e magari anche De Gregori - chiamava il "popolo intelligente".
Chi appena conosce la nostra storia non ha bisogno di elucubrare tanto, per riconoscere la semplice verità di quest'immagine.
Ma, dato che siamo in un'epoca di frenetiche e svergognate riscritture della storia, possiamo anche andare a fondo della questione, se proprio dovesse servire - e io credo che a qualcosa servirebbe, dato che accertare la verità e farne un patrimonio comune serve sempre.

Quanto all'infantilismo, caro Vittorio, mi risulta assai infantile - cioè tipico dell'infanzia - aspirare ad essere "uguali", quindi tutt'altro che diversi, vale a dire a conformarsi alla massa, sentendosene parte: la famosa "popolarità" di Charlie Brown.
Quello a cui tu alludi è semmai il desiderio di sentirsi "diversi" tipico della gioventù, quando diversità significa il rifiuto dello status quo, dell'autorità, del conformismo.
Purtroppo, devo aggiungere che vedere tutto "uguale" e tutti "uguali", tutti ugualmente peccatori e mediocri, in una prospettiva fatalistica e massificata, è tipico invece dell'età matura: certamente un ottimo slogan elettorale, in un paese come il nostro, ormai sovraccarico di "over".


E' vero che anche con il potere c'è chi resta onesto. Ma le ecccezioni non fanno regola.
L'onestà e l'eticità non sono il patrimonio esclusivo di una sinistra di tempo fa....quando eri giovane...ma semmai quello di tante persone di qualsiasi fede politica e religiosa.
E' questo quello che contesto.
Credere come hanno fatto in tanti che essere di sinistra sia (o piu' correttamente sia stato...) sinonimo di onestà ed eticità era infantilismo puro, bellissimo quando si è ragazzi, grave patologicamente grave, quando si è adulti!

Ho contestato il sentirsi "diversi" a suo tempo, quando ne parlo' Berlinguer, non perchè desidero "tutti uguali" nel senso volgare e plebeo del termine, ma perchè è una grave forma di arroganza non supportata da alcun elemento.

Posso aggiungere che tutti i movimenti, di qualsiasi genere e specie, all'inizio del proprio agire sono animati da slanci di grande generosità, eticità, altruismo etc.
I problemi vengono sempre dopo.
Cosi' è stato per il cristianesimo, all'inizio i fedeli si facevano sbranare dalle belve per non abiurare la propria fede. Poi sono diventati a loro volta carnefici e depositari dei piu' atroci vizi e crudeltà (medioevo, colonialismo).
Cosi' è stato per i mussulmani, per i rivoluzionari francesi, per i comunisti sovietici...etc

Ma, indipendentemente da te e me, resta il grave problema morale della politica italiana che coinvolge tutti e non se ne vede soluzione. E che per la sinistra è ancora piu' grave! Gli elettori accettano che un malandrino faccia il malandrino....è normale. Ma non accettano che un "predicatore della diversità" sia poi un malandrino!

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Il caso Campania.

Messaggioda ranvit il 06/12/2008, 11:37

Paolo65 ha scritto:DAL CORRIERE:
«Mi sparano contro dal Pd
Io cacicco? Anche Walter rischia»
Bassolino: con Veltroni rapporti guastati dal caso rifiuti Andarmene? No, sarebbe contro l'interesse generale
COMMENTO:
L'intera intervista dimostra che Bassolino ci sa fare ed anche oggi non spara a zero contro il PD.....ma certe frasi sanno di un avvertimento del tipo: "attenti se cade Sansone cadono pure tutti i filistei".
In sintesi, un bel messaggio in stile campano(non posso scrivere quello che dovrei!!)per Valter.
Da parte sua Valter non avendo avuto il coraggio di affrontarlo di petto quando si scatenò la bufera rifiuti,oggi paga dazio e ben gli sta.
Sempre peggio!

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In Campania sono già caduti tutti i filistei!
Alle prossime elezioni amministrative molti elettori del centrosinistra, nella migliore delle occasioni (come farà il sottoscritto) non voteranno. Altri, tanti altri, voteranno per il centrodestra (che qui pure è messo male...) !

Bassolino e la Iervolino saranno travolti dagli elettori!

Vittorio
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Cofferati: Tra la nostra gente sale la rabbia

Messaggioda franz il 06/12/2008, 12:40

Cofferati: "Liti e inchieste mettono in gioco la credibilità del partito
Sarebbe opportuno non condizionare altri alle proprie legittime esigenze di difesa"

"Tra la nostra gente sale la rabbia
chi è inquisito si faccia da parte"

di LUCIANO NIGRO

BOLOGNA - "Chi è coinvolto in indagini delicate, farebbe bene a valutare l'opportunità delle proprie scelte. Se toccasse a me, mi farei da parte". E' allarmato Sergio Cofferati per l'affiorare di una questione morale anche nel Pd ("Cinque o sei casi rilevanti sono una faccenda seria"), per le risse interne ("Siamo al livello di guardia, la nostra gente prima ci guardava litigare con fastidio, ora ci dice "basta" e se non l'ascoltiamo rischiamo grosso"), per l'avanzare di proposte di alleanze con il Carroccio ("Scherziamo, con la Lega?"). Il sindaco che ha rinunciato a ricandidarsi per la famiglia, parla del suo partito da battitore libero di lusso.

Sindaco Cofferati, da Firenze alla Campania, passando per l'Abruzzo, le inchieste giudiziarie scuotono il Pd.
"Sono casi diversissimi tra loro e le specificità non vanno sottovalutate. Ma è giusto domandarsi quale quadro compongono queste tessere, perché l'opinione pubblica se lo chiede".

Appunto. Quanto è grave la questione morale nel suo partito?
"Quando i casi sono più d'uno, e di rilievo, è bene riflettere, verificare se c'è un clima che può far venire meno il necessario rigore e farvi fronte".

In che modo?
"Recuperando i valori costitutivi, puntando sul rispetto rigoroso delle regole e praticando la trasparenza".

Nessuna sanzione? Non sarebbe ora di sospendere qualcuno?
"All'azione preventiva del partito che difende se stesso, preferisco l'assunzione di responsabilità dei singoli".

Si deve dimettere Bassolino?
"Non voglio giudicare i singoli casi".

E il sindaco Iervolino?
"Rosa non è neppure indagata".

Un indagato può correre per le primarie come avviene a Firenze?

"Sono fedele al principio che chiunque è innocente fino a prova contraria. Però entrano in gioco anche valutazioni di opportunità. Non lo dico per altri, ma se fossi io farei un passo a lato. Per difendersi meglio e non condizionare altri alle proprie esigenze di difesa".

Anche al netto degli scandali, il Pd sembra una nave allo sbando con la ciurma perennemente azzuffata. Serve un nuovo capitano?
"Ci mancherebbe. In una situazione così difficile, con una crisi di questa portata e le elezioni alle porte, è indispensabile che il gruppo dirigente faccia uno sforzo straordinario per ritrovare la coesione che serve ad affrontare l'emergenza".

Già sentito. Ma a parte rari momenti di tregua, dal Piemonte alla Sardegna, è rissa permanente.
"Non è un appello di rito, il mio. Ne va della nostra credibilità. Perciò bisogna voltare pagina con certi comportamenti, in modo visibile. A tutti i livelli".

A chi parla? A D'Alema e ai suoi Red?
"Non è da lì che partono le polemiche. Parisi non è iscritto a Red".

Per Parisi Veltroni dovrebbe fare le valigie.

"Sarebbe un disastro. Veltroni l'abbiamo chiamato in una fase drammatica, faceva il sindaco di Roma. E' stato eletto da una consultazione vastissima, chiamato in stato di necessità per la crisi del governo di centrosinistra. Ha avuto il mandato di guidare il partito alle elezioni nella condizione peggiore. E si è detto: quale che sia il risultato, costruirà il Pd".

Nessuno può mettere in discussione il capo?

"Per questo ci sono i congressi. Io, è noto, l'avrei fatto subito dopo il voto. Ora è fissato per l'anno prossimo. Quella è l'occasione. E io sosterrò la riconferma di Veltroni perché per formare un nuovo gruppo dirigente ci vuole tempo".

E se fosse Bersani il successore di Veltroni?
"Al congresso si discuterà di uomini e programmi. Sono amico di Bersani, sta facendo bene, è uno dei più stimati e tutti i giorni mette i mattoni dove vanno messi, ma per realizzare un partito nuovo c'è bisogno di Veltroni".

Se il segretario si ritira, lei si mette in gioco?
"Non c'è motivo perché si ritiri. Io sono a disposizione di un lavoro collegiale, ma con i limiti che ho già detto".

Magari farà il leader del Pd del Nord.

"Il partito del nord è sbagliato, uno snaturamento del Pd. Si farà un coordinamento, come proposi in tempi non sospetti, e sarà affidato ai segretari regionali. Mi colpisce, però, la disinvoltura con cui si parla di Pd del Nord e di alleanze con la Lega".

Ce l'ha con Chiamparino?
"Non condivido l'opinione chi immagina non convergenze su singoli temi, ma un'alleanza con chi è così distante da noi sullo Stato, la sicurezza, la solidarietà, l'accoglienza degli stranieri. Invece di inseguire il Carroccio, il nostro banco di prova al nord deve essere una proposta per fronteggiare la crisi e gli effetti che avrà sul lavoro e sulle aziende".
(6 dicembre 2008)
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Re: Il caso Campania.

Messaggioda Manuela il 06/12/2008, 17:47

A Piero, con cui mi sono trovata molto d'accordo quando si parlava di partito federale, vorrei dire che mi dispiace che sprechi tempo a rimpiangere un'ipotetica "età dell'oro" quando eravamo tutti più giovani, più onesti e diversi, che, come tutte le età dell'oro, forse non è mai esistita.
Tu dici: "
pierodm ha scritto:E' fallito il partito "leggero", con tutti i suoi postulati... E' fallita questa versione del bipolarismo, e dei governatorati regionali fondati sull'esaltazione maggioritaria...
E' fallita l'idea del partito de-ideologizzato, che si è immediatamente rivelata quella del partito polverizzato, caotico e occupato interamente alla rincorsa elettorale.

Non so cosa intendi per "partito leggero". A me sembra che il PD leggero non sia proprio, al contrario: è nato con le stesse forme dei partiti da cui si è formato, strutture pesantissime, ridondanti e completamente rivolte all'autoconservazione. Questa struttura, che in passato aveva il compito di veicolare un'ideologia - erano i tempi del mondo diviso in due - oggi costituisce una struttura parallela all'amministrazione, capace di condizionarla e di togliere dalle mani dei cittadini (i veri "datori di lavori" degli amministratori) la scelta degli amministratori e la possibilità di sanzionarne gli errori. Questa struttura parallela crea un sistema di potere chiuso e clientelare, che si autoalimenta e si autoconserva. Infatti non prevede il ricambio, ma la cooptazione, non prevede meritocrazia, ma clientela, né è prevista la contendibilità delle cariche. E per questo, a lungo andare, non può che alimentare la corruzione, non importa se in senso penale o solamente morale. Certo, ci sono persone più o meno oneste, e ci sono amministrazioni più o meno capaci. Ma la struttura di potere, poiché si deve autoconservare, è simile, e invitabilmente clientelare (anche, e forse più, laddove la sinistra è al potere da molti decenni).
Concludendo, sono d'accordo con chi teorizza che la corruzione è connaturata al potere. Allora occorre un'azione correttiva rispetto al sistema di acquisizione, di mantenimento, di sanzionamento del potere stesso. Occorre immaginare un sistema che restituisca ai cittadini (non agli iscritti, o peggio ai funzionari, di partito) la funzione di delega e ritiro del potere, in modo che chi lo detiene debba rispondere dell'uso che ne fa.
Occorerrebbe, dunque, fare una riflessione molto seria, partendo da una domanda: un partito, a cosa serve? Un partito, per fare che cosa?

P.S. Devo riconoscere a Vittorio che, della Bassolineide, parlava in tempi non sospetti, quando un po' tutti noi facevamo fatica a credergli.
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Re: Il caso Campania. E non solo

Messaggioda annalu il 06/12/2008, 18:15

ranvit ha scritto: E' vero che anche con il potere c'è chi resta onesto. Ma le ecccezioni non fanno regola.
L'onestà e l'eticità non sono il patrimonio esclusivo di una sinistra di tempo fa....quando eri giovane...ma semmai quello di tante persone di qualsiasi fede politica e religiosa.
E' questo quello che contesto.
Credere come hanno fatto in tanti che essere di sinistra sia (o piu' correttamente sia stato...) sinonimo di onestà ed eticità era infantilismo puro, bellissimo quando si è ragazzi, grave patologicamente grave, quando si è adulti!

Ho contestato il sentirsi "diversi" a suo tempo, quando ne parlo' Berlinguer, non perchè desidero "tutti uguali" nel senso volgare e plebeo del termine, ma perchè è una grave forma di arroganza non supportata da alcun elemento.

Posso aggiungere che tutti i movimenti, di qualsiasi genere e specie, all'inizio del proprio agire sono animati da slanci di grande generosità, eticità, altruismo etc.
I problemi vengono sempre dopo.
Cosi' è stato per il cristianesimo, all'inizio i fedeli si facevano sbranare dalle belve per non abiurare la propria fede. Poi sono diventati a loro volta carnefici e depositari dei piu' atroci vizi e crudeltà (medioevo, colonialismo).
Cosi' è stato per i mussulmani, per i rivoluzionari francesi, per i comunisti sovietici...etc

Ma, indipendentemente da te e me, resta il grave problema morale della politica italiana che coinvolge tutti e non se ne vede soluzione. E che per la sinistra è ancora piu' grave! Gli elettori accettano che un malandrino faccia il malandrino....è normale. Ma non accettano che un "predicatore della diversità" sia poi un malandrino!

Vittorio


Vittorio, in parte sono d'accordo con te: l'illusione che a sinistra (e magari solo a sinistra) ci siano gli onesti, è un atto di presunzione, ed è purtroppo anche un fattore che finisce col proteggere i disonesti che sono tra noi.

La "leggenda" dell'onestà delle persone di sinistra è nata in un diverso periodo storico, quando "essere di sinistra" significava essere antifascisti in un regime fascista, e essere antifascisti non portava vantaggi, ma solo perdite: del lavoro, della libertà ... e anche di peggio.
Usciti dalla Resistenza, i veri antifascisti sono apparsi come eroi, disinteressati ed onesti, e forse così sono anche rimasti, ma solo per un breve periodo.

Sino agli anni '50, se non di più, i parlamentari dei partiti di sinistra, più di tutti quelli del PCI, contribuivano con circa la metà del loro stipendio al sostentamento del partito, sia perché il partito aveva bisogno di finanziamenti, sia per non creare troppe disparità interne tra i parlamentari (ben pagati, anche se molto meno di ora) ed i funzionari politici pagati pochissimo.
Ovvio che in queste condizioni solo un buon livello di idealismo poteva portare a scegliere di fare politica, dato che certo non ci si poteva arricchire.

Poi però è rapidamente cambiato tutto.
Si è cominciato a pensare che i parlamentari di sinistra "non dovessero sfigurare" rispetto a quelli degli altri partiti. Poi è arrivato il finanziamento pubblico ... ma soprattutto una cosa è cambiata: si è smesso di considerare l'onestà come una virtù primaria; la furbizia è stata prima tollerata, poi addirittura giudicata un valore, sino ad arrivare al punto in cui siamo.

Ricordiamoci, tra l'altro, che tra gli antifascisti che si sono sacrificati non c'erano solo le persone di sinistra (nel senso più ampio del termine, ovviamente) ma per esempio anche molti futuri democristiani.
Per fare un solo nome, non credo proprio che qualcuno possa sospettare De Gasperi di essersi arricchito con la politica!!!

Insomma, quello che sto cercando di dire è che l'onestà è solo in parte un valore individuale, la collettività ha una grande influenza sul livello di onestà media dei singoli, che abbiano o meno un potere, piccolo o grande che sia.
Perché l'onestà sia diffusa tra i governanti, l'onestà deve essere riconosciuta e premiata con la stima ed il riconoscimento che meritano.
Se questo "giudizio popolare" manca, se una persona colta con le mani nel sacco non si vergogna ma si vanta del proprio operato, se gli onesti vengono spesso giudicati degli ingenui, come pensare che non continuino a mantenersi onesti solo pochi "estremisti intransigenti", quando con un po' di disonesta ci si arricchisce, senza perdere la stima della gente?

Tonando a noi, penso che la "questione morale" debba essere posta al centro della nostra politica.
Il Pd è un partito sempre meno ideologico, e questo è un bene. Il Pd è riuscito a perdere alla grande le elezioni, e sta continuando a perdere consensi. Molti si stanno, più o meno malvolentieri, spostando verso Di Pietro.
E Di Pietro rappresenta un polo di attrazione per un unico motivo: lotta contro la corruzione.

Cerchiamo di far sì che la lotta alla corruzione sia la bandiera del Pd, la prima anche se non l'unica. Questo è tanto più necessario in questo momento di crisi, quando i soldi mancano e quindi appropriarsene indebitamente è particolarmente grave.
Si perderanno certo i voti di alcune clientele, ma si riguadagneranno i voti degli onesti. Ed è proprio di persone oneste che abbiamo bisogno. Oneste e competenti. Oneste e intelligenti: perché l'onestà è un valore che paga, paga al paese, ma anche ai singoli.

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Re: Il caso Campania. E non solo

Messaggioda guidoparietti il 06/12/2008, 19:58

annalu ha scritto:Sino agli anni '50, se non di più, i parlamentari dei partiti di sinistra, più di tutti quelli del PCI, contribuivano con circa la metà del loro stipendio al sostentamento del partito, sia perché il partito aveva bisogno di finanziamenti, sia per non creare troppe disparità interne tra i parlamentari (ben pagati, anche se molto meno di ora) ed i funzionari politici pagati pochissimo.
Ovvio che in queste condizioni solo un buon livello di idealismo poteva portare a scegliere di fare politica, dato che certo non ci si poteva arricchire.

La devoluzione obbligatoria di una quota sostanziale dello stipendio a favore del partito è rimasta in vigore fino a che ci sono stati i DS, poi con la creazione del partito democratico ci furuno problemi con i parlamentari della margherita e non mi ricordo più se si sono accordati su una percentuale minore oppure su una base volontaria. Ma comunque ancora adesso, ben oltre gli anni '50, una bella fetta dello stipendio di parlamentare si devolve al partito. Purtroppo, evidentemente, non basta questo a fare una buona politica.
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Re: Il caso Campania.

Messaggioda pinopic1 il 06/12/2008, 22:59

La diversità è evidente proprio da questo 3D. Ma avete visto mai sostenitori o simpatizzanti del PDL criticare i propri beniamini per questioni di moralità? Non parliamo poi di esponenti politici del PDL critici (sempre per questioni di moralità) con i vertici del partito,del governo o con amministratori facenti parte dello stesso?
"Un governo così grande da darti tutto quello che vuoi è anche abbastanza grande da toglierti tutto quello che hai" (Chiunque l'abbia detto per primo)
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Re: Il caso Campania.

Messaggioda pierodm il 07/12/2008, 11:49

Pino mi ha tolto le parole di bocca: già tutto questo nostro parlare dimostra (ancora oggi) una notevolissima diversità, confermata dai titoli e da accenni di articoli citati, che involontariamente raccontano di una "base", di un "popolo" che non accetta, o ingoia a fatica non solo le malversazioni, ma anche la sola "sensazione" che ci siano comportamenti poco onesti.
La questione della diversità è dunque molto attuale, tutt'altro che un reperto del passato, ovvero di una mitica età dell'oro.
E' vero, d'altra parte, che nel nostro paese chiunque abbia un sia pur vago ideale, chiunque non si mostri cinico e indulgente verso i bari, sia definito una specie di di "anima bella", ossia qualcosa che sta a metà tra il ragazzino e il coglione - brevemente "un fesso".
Si tratta in realtà della sindrome che io chiamo "degli uomini di mondo".
Ne scrisse qualche settimana fa Michele Serra, ma rivendico di averlo detto due o tre giorni prima di lui, partecipando ad un dibattito radiofonico - si vive anche di queste piccole soddisfazioni.
Dunque chi sono gli "uomini di mondo"?
Sono per esempio quegli intellettuali - di destra ma non solo - che fanno mostra di non meravigliarsi mai di niente, e tanto meno di scandalizzarsi: due nomi fra tanti, Giuliano Ferrara e Angelo Mellone, quest'ultimo una new entry, giovane e simpatico giornalista vicino a Gianfranco Fini, che scrive sul Secolo e su altri quotidiani, compare sempre più spesso in RAI ed è ospite assiduo di una delle più seguite radio commerciali romane.
L'uomo di mondo è fazioso con garbo, idealista romantico e anticonformista per tutto ciò che non tocca la sostanza del potere.
L'uomo di mondo è come un condottiero rinascimentale, che comandava eserciti per il miglior offerente, disprezzandone le cafonate, e comunque conducendo battaglie fatte di evoluzioni, attacchi e ritirate senza grandi (e possibilmente nemmeno piccoli) spargimenti di sangue.
L'uomo di mondo è un dandy della cultura, capace di cancellare con una battuta la tragedia di una guerra mondiale e di far diventare un mito lo spogliarello di una ballerina.
L'uomo di mondo sorride, perfino con benevolenza, quando ascolta i discorsi "di sinistra": gente, forse brava gente, persa dietro alle illusioni, che si agita scompostamente, di animo semplice e "infantilmente" indignata che si rifiuta di crescere.
L'uomo di mondo rappresenta la sintesi di una mentalità tutta italiana, che nel cinismo e nel non credere mai veramente a nulla trova la massima espressione della "maturità", della grandezza, dell'identità politica. La degerazione salottiera del machiavellismo.

La sinistra in Italia, per anni, ha rappresentato l'unica alternativa a questo modo di essere: questa la "diversità".
Chi interpreta la questione come ricerca di una specie di "santità" è fuori strada. E in fondo c'entra poco anche la "moralità", che è solo una conseguenza della dismissione del cinismo come parametro di saggezza.
C'entra invece di più la questione di classe, laddove la sinistra - comunista e socialista - erano espressione della parte più consistente, più dura politicamente del "popolo", quella cioè che aveva a che fare con problemi e fenomeni difficilmente eludibili, e a loro modo chiari e inequivocabili: gli operai delle fabbriche e dei cantieri, e dio solo sa se ci sono stati anni, anzi decenni, nei quali questo significava davvero qualcosa, non solo in Italia, ma in tutto l'occidente industrializzato.
La diversità non nasce, e non si manifesta, in vaghe scaturigini mentali o spirituali, ma da una realtà nuda e cruda.
E' una diversità antropologica, direbbe Pasolini.
Questa realtà non esiste più - o meglio, non è più una realtà così centrale o così determinante - e si attenua anche la diversità che ne deriva: non è una questione di nomenklatura di partito, ma una questione di popolo.

Se a sinistra non si ricomincia - o non si comincia - a capire che la politica, tutta la politica, è una questione di popolo, non saranno le summer school né i ghost cabinet a salvarci - questione di popolo, di gente, di esseri umani, non di aziende, di privatizzazioni, di manipolazioni istituzionali, che vengono dopo, molto dopo, e riguardano semmai una fase di governo, e non la creazione di un partito.
Augh, ho detto ...
pierodm
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