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Diritti umani, informazione e comunicazione

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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 27/06/2012, 0:08

MIGRANTI. Un accordo segreto Italia-Libia per limitare i flussi

13 giugno 2012

La denuncia di Amnesty: si viola la Convenzione europea sui diritti umani

"Nonostante le rimostranze di Amnesty International e altri gruppi sulle violazioni dei diritti umani il 3 aprile del 2012 l’Italia ha firmato un nuovo accordo con la Libia per limitare il flusso dei migranti. I termini dell’accordo non sono stati resi noti. Un comunicato stampa si limitava a dare la notizia senza fornire ulteriori dettagli sulle misure decise o denunciare la terribile situazione di migranti e rifugiati nel Paese".

È un passaggio tratto dal rapporto "SOS Europe" sull'impatto dei controlli in materia d'immigrazione sui diritti umani presentato da Amnesty International .

Secondo Amnesty International l’intesa dà alle autorità italiane il diritto di respingere i migranti e rispedirli in Libia. Ma questi termini rappresentano una violazione della Convenzione europea sui diritti umani perché non contengono le tutele adeguate per chi fugge dalla sua patria: “L’Italia – si legge nel rapporto -, nella migliore delle ipotesi, ha ignorato la terribile situazione dei migranti. O, nella peggiore delle ipotesi, si è mostrata disponibile a passare sopra agli abusi dei diritti umani in nome del proprio tornaconto politico interno”.

Secondo l'Ong al momento è impossibile “una qualsiasi collaborazione con la Libia in materia di controllo dell’immigrazione, giacché nel paese mancano anche le minime garanzie nei confronti dei diritti e delle libertà fondamentali”.

È una tendenza dell'intera europa, secondo Amnesty: "il rafforzamento delle frontiere europee è chiaramente prevalente sul salvataggio delle vite umane. Nel tentativo di stroncare la cosiddetta immigrazione irregolare, i paesi europei hanno rafforzato misure di controllo delle frontiere oltre i loro confini, senza riguardo per i costi umani. Queste misure, di cui l'opinione pubblica non è informata, pongono le persone in serio pericolo" - ha dichiarato Nicolas Beger, direttore dell'Ufficio di Amnesty International presso le Istituzioni europee.

Nel 2011 almeno 1500 uomini, donne e bambini sono annegati nel Mediterraneo mentre cercavano di raggiungere l'Europa. Alcune di queste morti avrebbero potuto essere evitate. I soccorsi ritardati significano perdita di vite umane. In diverse occasioni, l'Italia ha respinto persone verso la Libia, paese in cui sono state poi arrestate e sottoposte a maltrattamenti. In un contesto nel quale trasparenza e controlli sono scarsi, le violazioni dei diritti umani lungo le coste e le frontiere europee finiscono spesso per rimanere impunite.

Il rapporto fa parte di una campagna di Amnesty International in difesa dei diritti di migranti, richiedenti asilo e rifugiati in Europa e lungo le sue frontiere. La campagna intende chiamare a rispondere del loro operato i governi che si rendono responsabili di violazioni dei diritti umani nel contesto dei controlli dell'immigrazione.

Migranti, richiedenti asilo e rifugiati si muovono verso l'Europa per una serie di ragioni. Alcuni fuggono dalla persecuzione e dalla guerra, altri da un destino di povertà cronica. Tutti cercano un futuro migliore e più sicuro. Troppo spesso, la realtà che incontrano è differente.

Secondo Amnesty l'Europa non sta promuovendo e rispettando i diritti dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati. L'ostilità nei loro confronti è diffusa e i maltrattamenti che subiscono rimangono spesso impuniti. Fino a quando queste persone resteranno invisibili, saranno vulnerabili alle violazioni dei diritti umani.

(Vita.it)


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Pena di morte all'italiana, con contorno di tortura

Messaggioda flaviomob il 02/07/2012, 21:59

L'estate dei detenuti
un inferno che nessuno vede


ELEONORA MARTINI
02.07.2012

il Guardian, pubblicando un lavoro di data journalism, faceva il punto sulle carceri italiane: «Come sono morti mille prigionieri in 10 anni?». Il 56% è a causa dei suicidi il 22% di malattia


Poco più di un mese fa il Guardian, pubblicando un lavoro di data journalism, faceva il punto sulle carceri italiane: «Come sono morti mille prigionieri in 10 anni?». «Ci sono importanti indicatori - scrive il quotidiano Gb - della protezione e della cura che un Paese riserva ai propri detenuti, tra cui il numero e le cause di decessi in cella». Nelle nostre prigioni, «il 56% dei circa mille morti tra gennaio 2002 e maggio 2012 è a causa di suicidio, il 22% per malattia». Il resto per droga, omicidio o circostanze da chiarire.
Ma il giornale inglese dovrà tornare sull'argomento perché è in estate che le carceri italiane possono far impazzire qualsiasi analisi statistica. Quando le celle diventano roventi e la tortura diventa disumana per quei corpi ammassati oltre ogni limite legale, e se può succedere - come in questi giorni - che manca perfino l'acqua, allora la differenza tra morte cercata e morte provocata diventa assai vaga.
I sindacati di polizia penitenziaria lanciano il grido d'allarme, e il Dap ammette: «In molti istituti manca l'acqua, perché non è stata completata l'attuazione del regolamento del 2000, che prevedeva l'adeguamento delle strutture. Rete idrica e elettrica sono ottimali, ma se viene triplicato il numero dei detenuti si va in black-out». Rubinetti a secco da una settimana a Taranto dove, avvertono gli agenti, «la rivolta è dietro l'angolo». Idem a Sassari, dove «la mancanza dell'acqua corrente dovrebbe indurre l'immediata chiusura della struttura che è ormai al collasso», e invece a giorni vi dovrebbero essere trasferiti altri cento detenuti in 41 bis. E l'elenco degli istituti con «grave carenza idrica» potrebbe continuare a lungo.
Anche a Teramo manca l'acqua, in cella come in città. Non sappiamo però il motivo che ha spinto al suicidio due detenuti nelle ultime 24 ore. Ieri T.L., una donna etiope di 55 anni si è impiccata; il giorno prima stessa sorte è toccata a un uomo di 44 anni. A fine aprile nello stesso carcere si era tolto la vita un giovane tossicodipendente di 34 anni. Secondo l'osservatorio di «Ristretti orizzonti», salgono così a 28 i suicidi di detenuti dall'inizio dell'anno; 83 morti, in totale. A Viterbo ieri, un altro recluso di 56 anni ha tentato di morire: è grave.
E in questo assolato sabato di fine giugno, dal parlamento arrivano solo flebili voci. Dal governo silenzio assoluto.

(il manifesto)


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Diaz

Messaggioda flaviomob il 06/07/2012, 10:57

Sentenza della Corte di Cassazione per i fatti della scuola Diaz: importante ma incompleta e tardiva secondo Amnesty International

CS81: 05/07/2012

Quella emessa oggi dalla Corte di Cassazione su quanto accaduto alla scuola Diaz di Genova nel luglio 2001 è, per Amnesty International, una sentenza importante, che finalmente e definitivamente, anche se molto tardi, riconosce che agenti e funzionari dello stato si resero colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani di persone che avrebbero dovuto proteggere.

Tuttavia, Amnesty International ricorda che i fallimenti e le omissioni dello stato nel rendere pienamente giustizia alle vittime delle violenze del G8 di Genova sono di tale entità che queste condanne lasciano comunque l'amaro in bocca: arrivano tardi, con pene che non riflettono la gravità dei crimini accertati - e che in buona parte non verranno eseguite a causa della prescrizione - e a seguito di attività investigative difficili ed ostacolate da agenti e dirigenti di polizia che avrebbero dovuto sentire il dovere di contribuire all'accertamento di fatti tanto gravi. Soprattutto, queste condanne coinvolgono un numero molto piccolo di coloro che parteciparono alle violenze ed alle attività criminali volte a nascondere i reati compiuti.

Per Amnesty International, la conclusione di questo difficile processo non può rappresentare la fine del tentativo di dare piena giustizia alle vittime del G8 di Genova. Terminata la fase degli accertamenti delle responsabilità individuali, resta infatti tutta da fare un'analisi che porti a conclusioni condivise su cosa non funzionò a Genova nel 2001 a livello di sistema e su come fare in modo che ciò non si ripeta più.


Amnesty International continuerà a chiedere alle istituzioni italiane di:

· condannare pubblicamente le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia 11 anni fa e fornire scuse alle vittime;

· impegnarsi ad assicurare che violazioni quali quelle accadute a Genova nel 2001 non si verifichino di nuovo attraverso l'attuazione di misure concrete per garantire l'accertamento delle responsabilità per tutte le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia;

· introdurre nel codice penale il reato di tortura e adottare una definizione di tortura che includa tutte le caratteristiche descritte nell'articolo 1 della Convenzione Onu contro la tortura;

· creare un'Istituzione nazionale sui diritti umani in linea coi "Principi riguardanti lo statuto delle istituzioni nazionali" (Principi di Parigi);

· ratificare il Protocollo opzionale alla Convenzione Onu contro la tortura e istituire un meccanismo indipendente nazionale per prevenire torture e maltrattamenti;

· condurre una revisione approfondita delle disposizioni in vigore nelle operazioni di ordine pubblico, incluse quelle in materia di addestramento e dispiegamento delle forze di polizia impiegate nelle manifestazioni, di uso della forza e delle armi da fuoco e che tenga conto della necessità di introdurre elementi di identificazione individuale degli appartenenti alle forze di polizia nelle operazioni di ordine pubblico.

(Amnesty)


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda ranvit il 06/07/2012, 12:33

Ogni tanto, come in questo caso, sono d'accordo con Amnesty!
Fu una cosa intollerabile quanto accadde...è una cosa intollerabile la lievità della sentenza!
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 06/07/2012, 23:38

Matteo Bordone citato da Giulio Cavalli:

"Un italiano che pesta a sangue una persona inerme è prima una persona, e poi un italiano. Un agente di polizia che pesta a sangue una persona inerme, e lo fa in servizio, è prima un pezzo dello Stato, e poi una persona. E allora la sua colpa è tre volte più grave. Perché mi rappresenta, e quello che fa lo fa per mio conto; perché a lui sono stati delegati dei poteri legati alla forza e alla violenza che i comuni cittadini non possono giustamente esercitare; perché cercando di prendersi gioco delle indagini e dello Stato dall’interno lo ferisce, lo indebolisce nelle sue fondamenta.

Ma quella di oggi è una buona notizia. Per prima cosa perché la giustizia ha dimostrato di saper essere più moderna e democratica di quella di venti anni fa, e lo Stato è venuto prima della Ragione di Stato. E poi perché così i disfattisti che dicevano che non sarebbe mai successo nulla hanno avuto torto. E quando hanno torto i disfattisti, quelli che tanto non cambia mai niente, ad avere ragione è quell’idea di progresso che in questo paese fatica così tanto ad attecchire.

La responsabilità è individuale. Dei poliziotti criminali sono feccia, e forse i primi a volerli fuori dalla polizia dovrebbero essere i poliziotti onesti".


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 19/07/2012, 13:36

http://www.amnesty.it/cina-chen-zhenping

Chen Zhenping, praticante del Falun Gong, è stata arrestata a luglio 2008 senza un mandato nella sua casa di Zhengzhou, nella provincia di Henan, per "ricorso a un'organizzazione eretica al fine di sovversione". Sta scontando una condanna a otto anni di carcere. I ripetuti tentativi del suo avvocato di incontrarla sono stati vani. La sua famiglia non la vede dal marzo 2009. È sottoposta a percosse, le viene forzatamente iniettata droga e le vengono inferte scosse elettriche su parti sensibili del corpo.

Scrivi al presidente Hu Jintao e chiedi il rilascio immediato e incondizionato di Chen Zhenping, detenuta solo a causa del suo credo religioso.


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 05/08/2012, 22:42

Sì, di Pistorius tratto qui, come si parla dei diritti umani, appunto...
Ancora una volta, l'ottimo Franco.

http://blog.vita.it/francamente/2012/08 ... -da-oscar/


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Impunità israeliana

Messaggioda flaviomob il 29/08/2012, 19:23

da Amnesty:


Amnesty International ha espresso la sua condanna per il verdetto emesso il 28 agosto dalla corte distrettuale di Haifa, secondo il quale il governo israeliano non ha alcuna responsabilità per la morte di Rachel Corrie, l'attivista statunitense uccisa il 16 marzo 2003 mentre cercava di impedire la distruzione di una casa palestinese, nel sud di Gaza.

Secondo il giudice Oded Gershon, Israele non è responsabile dei "danni causati", perché il bulldozer Caterpillar D9 che schiacciò Rachel Corrie era impegnato in un combattimento.

"Trascorsi oltre nove anni dalla morte di Corrie, le autorità israeliane devono ancora rispettare la promessa di svolgere un'indagine 'approfondita, credibile e trasparente'. Al contrario, il tribunale di Haifa ha confermato le conclusioni dell'inadeguata indagine interna dell'epoca, emettendo una sentenza che tiene ancora una volta l'esercito israeliano al riparo dalla giustizia" - ha dichiarato Amnesty International.

"Quando venne uccisa, Rachel Corrie era chiaramente identificabile come civile, indossava una pettorina arancio fluorescente. Insieme ad altri attivisti non violenti, stava manifestando pacificamente da ore contro la demolizione delle case dei palestinesi quando il bulldozer israeliano passò sopra di lei".

Come già emerso in occasione delle inchieste interne riguardanti l'operazione Piombo fuso lanciata dalle forze israeliane contro Gaza il 27 dicembre 2008, le indagini militari sono prive di indipendenza, imparzialità, trasparenza, adeguate competenze e sufficienti poteri d'inchiesta.

In occasione del verdetto, Amnesty International ha denunciato ancora una volta la politica israeliana di demolire le abitazioni e altre strutture civili nei Territori palestinesi occupati, una pratica pressoché costante nella Cisgiordania occupata. Nel 2011, oltre 600 demolizioni hanno causato lo sgombero forzato di almeno 1100 persone. Nei primi sette mesi del 2012, le autorità israeliane hanno demolito 327 strutture, rendendo sfollate 575 persone.


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La grande muraglia 2.0

Messaggioda flaviomob il 03/09/2012, 19:58

Censura 2.0: il salto di qualità della censura in Cina
di Voices from the Blogs

Abbiamo già parlato della censura “tradizionale” (la censura 1.0) che lascia tracce evidenti del suo intervento: chiusura di siti o account, blocco dei social network o delle ricerche sui motori di ricerca. Ma c’è questa censura che “si vede” e una molto più sottile e difficile da intercettare, quella forse più pericolosa: la Censura 2.0, il vero e proprio salto di qualità del controllo delle opinioni in rete. Questo tipo di censura è stata identificata e ed è risultata visibile solo grazie a tecniche di sentiment analysis applicate a milioni di post cinesi nel corso del 2011. E i risultati sono sorprendenti.

Mentre la Birmania annuncia la fine della censura sui media, ”The Great Firewall of China“, così si chiama il progetto che opera la censura in Cina, tiene duro e si evolve. Dopo aver chiuso la divisione cinese dell’azienda nel 2010 per problemi legati proprio alla censura, a gennaio 2012 Google annuncia che avvertirà gli utenti, con un messaggio automatico, su possibili blocchi al proprio motore di ricerca attuati dal governo cinese a seguito di ricerche su parole sensibili. Non mancano i siti web chiusi per decisione governativa con gli immancabili Jingjing e Chacha, i poliziotti-cartoon che invitano a “comportarsi bene” (volete sapere ad esempio se il vostro sito è accessibile dalla Cina? Andate a verificarlo qui! [N.B. come ha sottolineato un lettore, questo test non è esaustivo]).

Ma questa censura diretta ed evidente sembra essere solo un aspetto della limitazione di libertà di espressione: l’interesse principale del governo cinese sembra essere ben altro. Lo dimostra una ricerca condotta da Gary King, direttore dell’IQSS (Harvard University) e autore delle tecniche di analisi utilizzate da Voices from the Blogs in Italia. Contrariamente a quanto avviene in occidente, dove gli utenti di social media e motori di ricerca si concentrano su poche piattaforme (Facebook è bloccato, ma esiste RenRen, Sina Weibo sostituisce Twitter, e così via) in Cina esistono centinaia di architetture e piattaforme di blogging e social network (blog.sina, hi.baidu, voc, bbs.m4, tianya, ecc.) e per questo, il governo cinese impiega un numero di poliziotti della rete che oscilla tra le 20 mila e le 50 mila unità.


Non solo Twitter, Facebook e Google in Cina. (Fonte Gary King, Harvard University)
L’analisi di King ha analizzato oltre 1.300 fonti diverse nel corso del 2011 per un totale di oltre 3,5 milioni di post ed è emerso che la linea di censura attuata dal governo cinese è molto più sottile di un semplice blocco e comunque non direttamente percepibile dai navigatori. Fortunatamente, anche 50.000 poliziotti sono ancora un numero insufficiente di risorse umane per poter tenere sotto controllo l’intera rete e quindi King e collaboratori hanno potuto analizzare la differenza tra i blog appena pubblicati e gli stessi blog a distanza di poche ore o giorni. Ne sono emersi alcuni fatti interessanti.


Corsa al sale nella regione di Zhejiang (foto: China Daily)
Primo, ciò che viene censurato non sono le critiche al governo o ai politici locali (ce ne sono al vetriolo) ma tutti i messaggi che invitano ad aggregarsi per manifestare. Non importa che la manifestazione sia politica o meno, indistintamente tutti i post sul tema vengono accuratamente riscritti nelle parti in cui si parla di auto-organizzarsi o riunirsi. Un esempio tra tutti: a seguito del disastro di Fukushima, nella regione dello Zhejiang, si era sparsa tra la popolazione la voce infondata che il sale iodato servisse a ridurre gli effetti delle radiazioni. Subito si è verificata la corsa al sale con il conseguente esaurimento delle scorte. Alcuni post che invitavano a manifestare in piazza contro questa mancanza di approvvigionamento sono stati sistematicamente riscritti dai funzionari della polizia cinese. Altri esempi sono le proteste nella Mongolia centrale per la salvaguardia dell’identità culturale o la rivolta di Zengcheng dei lavoratori immigrati.


La censura che c’è ma non si vede, e se non si vede in rete non c’è! Ce lo ricordando Chacha e Jingjing.
Secondo, la censura interviene in un arco temporale che va dalla stessa giornata a circa una settimana. Questo tipo di censura riguarda in modo sistematico circa il 13% dei post, indipendentemente dagli eventi considerati, a meno che non siano proteste organizzate dal governo stesso, nel qual caso non si opera censura. Alcuni temi scottanti sono lasciati volontariamente liberi o debolmente censurati (ad esempio il tema della politica del “figlio unico”) mentre la pornografia sembra essere uno dei settori più controllati dalla censura. Inoltre, mentre è possibile criticare politici e agenzie governative, non è possibile parlare di censura e nominare i “censori“.

Terzo, alcuni temi spariscono strategicamente dalla rete senza apparente motivo. E’ il caso dei post sul dissidente Ai Weiwei. Il governo cinese ha intensificato la censura di post relativi al caso a partire da cinque giorni prima dell’arresto avvenuto il 3 aprile 2012 senza che nei media (cinesi o occidentali) ci fosse particolare evidenza che qualcosa stesse per accadere. Nel lavoro di King si trovano altri esempi in cui con questa tecnica si riesce anche prevedere le “attenzioni” a breve termine del governo cinese.

In conclusione, la censura diretta, quella 1.0 come l’abbiamo definita, quella che chiude i siti o elimina i link, non ci dice più di quello che già non sappiamo. L’analisi dei target della censura 2.0, quella sottile e che non si vede, ma che lascia tracce, invece ci può dire molto più. Purtroppo non tutti hanno gli strumenti per vedere ciò che non si vede e, ahinoi!, si sa che al giorno d’oggi se una cosa non c’è su internet… questa spesso non esiste neppure!


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ENI e le violazioni dei diritti umani

Messaggioda flaviomob il 10/09/2012, 11:26

http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/8447/

Un voluminoso dossier di Human Rights Watch sulla strage di operai da parte della polizia kazaka nel dicembre 2011 e sulle violazioni dei diritti dei lavoratori da parte delle aziende petrolifere, tra cui l'Eni


...
Il rapporto, frutto di una meticolosa indagine sul campo condotta da diversi ispettori di HRW, mette a fuoco i sistematici comportamenti antisindacali e le continue violazioni dei diritti dei lavoratori da parte delle tre aziende e in particolare della Ersai Caspian controllata dall'ENI, che per molti mesi hanno rifiutato ogni trattativa con i sindacati che avevano presentato le richieste salariali dei lavoratori, giungendo a licenziare selettivamente gli operai sindacalmente più attivi, a minacciarli e in qualche caso anche a farli aggredire fisicamente, provocando così un crescente inasprimento delle tensioni sociali dal quale non poteva non derivare, prima o poi, uno sbocco violento.
...


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