Così Roma ha accolto Fakhra,
giovane pachistana sfregiata con l’acido
Ma non è riuscita a salvarladi Elena Doni
Fakhra Younas era una danzatrice pachistana del quartiere a luci rosse di Karachi. Nel 2000 fu sfigurata con l’acido: denunciò l’ex marito, che si è sempre detto innocente ed è stato assolto. Fakhra ha ottenuto l’asilo politico in Italia e ha scritto un libro, Il volto cancellato, con la giornalista Elena Doni, ma il 17 marzo 2012, a 33 anni, si è buttata dal sesto piano del suo appartamento di Roma. Abbiamo chiesto a Elena Doni di ricordare chi era Fakhra, un racconto che viene pubblicato contemporaneamente in tre Paesi: in Italia sul blog La 27esima Ora del Corriere della Sera, in Pakistan sul quotidiano Dawn e in una versione più breve in America, sulla rivista Women Writers, Women Books.
Quando Fakhra era capricciosa, incostante, pigra o prepotente, per non arrabbiarmi dovevo pensare alle “divine” del primo Novecento europeo: cantanti o attrici celebrate dai poeti e adorate dal pubblico come mai più è accaduto in seguito in Italia. Perché invece, in Pakistan, Fakhra è stata una vera diva e il suo successo ha fatto sognare milioni di ragazze povere.
Poverissima è stata anche lei, da bambina: con i suoi fratellini affamati aspettava ogni sera con ansia il ritorno della madre (l’ho conosciuta, era una donna di grande dignità) che allora guadagnava qualche soldo vendendo il proprio corpo. Quando Fakhra, poco più che adolescente, cominciò a danzare, la vita cambiò per tutta la famiglia: gli uomini buttavano banconote ai suoi piedi e non aveva ancora vent’anni quando girò il primo film da protagonista. Ebbe ovviamente diversi amanti, un bambino bellissimo (Noman, che ora vive in Italia) e, come in tutte le favole, sposò poi un “principe”, in realtà, il figlio del governatore del Punjab, il quale immediatamente lo diseredò. Di conseguenza Fakhra e Bilal precipitarono nella povertà, lui anche nell’alcol e nella violenza. Fakhra fuggì nella casa della sorella, qui la raggiunse il marito, le versò in faccia l’acido che cancellò per sempre la sua bellezza e, appena fu dimessa dall’ospedale, la segregò per molti mesi in una lontana sua proprietà di campagna. Liberò Fakhra da questa prigionia Tehmina Durrani, che era stata in precedenza moglie del governatore, e la portò a Roma dove aveva amici influenti.
Fu così che Fakhra fu presentata all’allora sindaco Walter Veltroni, che la ricevette in Campidoglio, l’accompagnò nel suo studio, aprì il balcone che affaccia sul Foro Romano e, indicando la Roma moderna in lontananza, le disse: “Questa città non ti abbandonerà”.
Ha mantenuto Roma la sua promessa? Per parecchi anni avremmo potuto rispondere: sì, Roma non ha tradito Fakhra. Non solo attraverso strutture pubbliche, come la Sanità, la Onlus Smileagain, che aiuta le vittime di attacchi con l’acido e l’ha ospitata per diversi anni, il Comune che le ha permesso, quando Noman è cresciuto, di vivere insieme in un appartamentino, la Casa delle Donne, dove abitò all’arrivo dal Pakistan e, più di recente, la Onlus CO2 che qualche giorno fa l’ha ricordata in musica.
Quando Fakhra arrivò a Roma, la cosa più urgente fu trovare un chirurgo che la curasse. La prima persona contattata rinunciò dopo averla vista, la seconda fu il professor Valerio Cervelli, il quale decise che bisognava innanzitutto restituire a Fakhra la possibilità di alzare la testa: non aveva più il mento e le sue labbra erano attaccate al petto. Una missione impossibile, secondo altri dottori (com’era possibile anestetizzarla se non si poteva inserirle la cannula nella gola?), ma Cervelli ci riuscì (con l’intubazione endoscopica) e, dopo alcuni giorni, Fakhra fu in grado di sollevare la testa e guardare di nuovo al bel viso di suo figlio. Dopo ci sono state altre 38 operazioni, tutte fatte da Cervelli a Roma: non le hanno restituito la bellezza, ma il suo volto, sebbene sfregiato, era un volto “normale”.
Tutte queste persone che le hanno voluto bene hanno per anni scongiurato inutilmente Fakhra di imparare a leggere e scrivere, anche in vista di un possibile lavoro. Ma non ci fu verso. Accadde così che nel 2004 la Mondadori mi propose di scrivere per lei un libro sulla sua vita. Nacque così “Il volto cancellato”: Fakhra parlava e io scrivevo, integrando la sua narrazione con racconti sulle consuetudini pachistane, tanto diverse dalle nostre. Lei ricordava e io prendevo nota: così ho imparato a conoscere questa “diva” generosa e spendacciona, spiritosa e pigra, socievole e legatissima alle tradizioni del suo Paese.
Giorno dopo giorno ho imparato a conoscerla e a capire quanto era difficile per lei accettare le nostre regole e le nostre abitudini. Un giorno eravamo insieme in automobile sul Grande Raccordo Anulare che circonda Roma. Improvvisamente lei disse “Voglio prendere la patente e comprarmi una macchina”. Mi fermai e le indicai il grande cartellone verde che indicava le direzioni, con ROMA scritto in grande. “Cosa c’è scritto?” chiesi. E lei, imbronciata: “Sai bene che non voglio imparare a leggere”. Quel giorno abbiamo riso insieme: ma credo che la sua incapacità di fare del nostro anche il “suo” Paese sia stata una delle cause della disperazione di Fakhra. L’ultima volta che l’ho vista, un anno e mezzo fa, non era più la ragazza che avevo conosciuto. Era molto ingrassata, fumava erba in continuazione, si accompagnava a un pachistano che davvero non avrebbe potuto integrarsi nel piccolo mondo che era stato il suo negli ultimi sette anni.
Mi rimane di lei una graziosa collana di strani sassi lisci che mi regalò quando lavoravamo al libro. Non la porto più ma spesso la riguardo con malinconia mista a rabbia per non essere, in tanti, riusciti a salvarla, e mi chiedo: “Perché?”
http://27esimaora.corriere.it/articolo/ ... -salvarla/
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)