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Mediazione di Bersani sull'articolo 18

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Re: Mediazione di Bersani sull'articolo 18

Messaggioda flaviomob il 05/04/2012, 16:57

Reddito di cittadinanza, il modello sociale europeo che l’Italia ignora

- di Giovanni Perazzoli – MicroMega -

La trasmissione sullo stato sociale di Michele Santoro è stata un’altra occasione persa per parlare dello stato sociale.

Per me che vivo in Olanda appare assolutamente incomprensibile che non si ponga in Italia alcuna attenzione ai sussidi di disoccupazione europei.

I giornali parlano di un “modello tedesco” che è frutto più di fantasia che di realtà. Tanto più, allora, perché non informare l’opinione pubblica italiana che in Germania (come in tutta Europa) non sono, attenzione, coloro che sono stati licenziati ad avere dallo stato l’affitto dell’alloggio e un sussidio illimitato, ma tutte le persone maggiorenni disoccupate, indipendentemente dal fatto che abbiamo o meno mai lavorato? Il sussidio termina, in mancanza di un’occupazione, con la pensione. Non è assolutamente vero quello che scrivono i giornali italiani che sia a tempo determinato. Confondono per ignoranza o in modo intenzionale l’indennità di disoccupazione e il sussidio di disoccupazione.

Come si fa a ignorare in Italia un aspetto così importante della vita di ogni cittadino europeo? Non me ne capacito. In Italia non si sa neanche che chi in Europa (Francia, Germania, Gran Bretagna e non solo Danimarca, Svezia…) non guadagna abbastanza ottiene un’integrazione del reddito, e anche chi lavora part time ottiene un’integrazione del reddito. Poi si scopre che in Italia il reddito medio è da miseria. E tutti si sorprendono. Ma veramente in Italia si ignora l’abc dello stato sociale? Mi pare strano da credere.

L’esistenza di quello che di fatto è un reddito di cittadinanza in Europa spiega molte cose che in Italia vengono riproposte, lasciatemi dire, in modo del tutto assurdo. Spiega la flessibilità europea (peraltro di gran lunga minore che in Italia), spiega l’assenza di lavoro nero, spiega l’assenza delle massicce raccomandazioni, spiega anche il fatto che le persone competenti occupino in genere il posto che compete loro (mentre così non è in Italia). Non capisco perché nonostante l’Europa raccomandi dal lontano 1992 all’Italia di introdurre un reddito di cittadinanza questo non succede neanche con la crisi. E soprattutto è incomprensibile che a sinistra nessuno ne parli chiaramente. A chi giova? Evidentemente a qualcuno gioverà.

Certo non giova agli operai che si danno fuoco, alle famiglie che resteranno senza un reddito, e senza una casa di cui Santoro mostra ogni volta il dramma. Ma senza mostrare le soluzioni che in altri paesi hanno adottato da decenni, la denuncia mi pare parziale e anche un po’ ambigua. Non mi pare che sia uno scoop scoprire quello che per diversi milioni di persone è assolutamente normale. La Francia è stata l’ultimo paese in Europa ad adottare una forma di sussidio che di fatto è un reddito di cittadinanza ben venti anni fa. La rivista “Esprit” dedicò un numero speciale all’evento. Possibile che in Italia nessuno ne sappia nulla?

Le persone giudicano per paragoni e confronti. Se il confronto con gli altri paesi viene loro negato non ci si può lamentare che non cambi nulla. La primavera araba è iniziata con la possibilità di guardare con la televisione e con internet fuori del recinto nazionale. Lo stesso avvenne nei paesi dell’Est.

Forse non si vuole la democrazia europea e si guarda ad altro? In ogni caso, per scegliere bisognerebbe conoscere. Sapere che un’altra società non solo è possibile, ma già esiste da diversi decenni, impegnerebbe diversamente le forze politiche, e i sindacati. Questo sarebbe “rivoluzionario”, e sarebbe europeo. L’unico che in Italia sta ponendo con coerenza il problema del reddito di cittadinanza sul modello europeo è Maurizio Landini; temo però sia un outsider, una scheggia impazzita del sistema.

Ichino ha detto in trasmissione che l’indennità di disoccupazione che vorrebbe introdurre il governo Monti è di qualche mese più lunga dell’indennità di disoccupazione tedesca (12 o 18 mesi). Ma non ha spiegato bene (anche perché nessuno glielo ha chiesto) che dopo l’indennità di disoccupazione in Germania (e in tutta Europa) c’è un altro sussidio, meno “ricco”, per modo dire, ma che è illimitato (ovvero limitato solo dalla pensione e, ovviamente, da una nuova eventuale occupazione) e che copre anche l’affitto dell’alloggio. Vi pare poca cosa? Vi sembra un dettaglio trascurabile? Una donna sola e disoccupata con figli ha in Germania dallo stato più di 1800 euro mensili. Non mi fermo qui sulle cifre e sulla tipologia dei benefici che hanno le persone che non lavorano nei paesi europei e in particolare in Germania: l’ho fatto nel numero in uscita su MicroMega.

Io mi chiedo sgomento: come è possibile dedicare un’intera trasmissione sullo stato sociale, far iniziare la Fornero con la sua proposta di riforma degli “ammortizzatori sociali”, e non parlare dei sussidi di disoccupazione che esistono in Europa? Possibile che nessuno ritenga importante ricordare che è dal 1992 che l’Europa raccomanda all’Italia di adottare il reddito di cittadinanza? Possibile che nessuno abbia notato che anche nella famosa lettera della Bce (sic!) si rinnova al governo italiano l’invito a introdurre i sussidi di disoccupazione sul modello europeo e che la stessa cosa viene ripetuta nelle famose domande di chiarimento dell’Europa?
Una breve ricerca su internet: ecco una parte del testo della raccomandazione 92/441 CEE pubblicato anche sulla Gazzetta ufficiale. Leggo:

Ogni lavoratore della Comunità europea ha diritto ad una protezione sociale adeguata e deve beneficiare, a prescindere dal regime e dalla dimensione dell’impresa in cui lavora, di prestazioni di sicurezza sociale ad un livello sufficiente.

Le persone escluse dal mercato del lavoro, o perché non hanno potuto accedervi o perché non hanno potuto reinserirvisi, e che sono prive di mezzi di sostentamento devono poter beneficiare di prestazioni e di risorse sufficienti adeguate alla loro situazione personale.

Poi leggo:

(12) … il Parlamento europeo, nella sua risoluzione concernente la lotta contro la povertà nella Comunità europea (5), ha auspicato l’introduzione in tutti gli Stati membri di un reddito minimo garantito, inteso quale fattore d’inserimento nella società dei cittadini più poveri;

O anche

il Comitato economico e sociale, nel suo parere del 12 luglio 1989 in merito alla povertà (6), ha anch’esso raccomandato l’introduzione di un minimo sociale, concepito ad un tempo come rete di sicurezza per i poveri e strumento del loro reinserimento sociale

E dunque l’Europa raccomanda a tutti gli stati membri:

di riconoscere, nell’ambito d’un dispositivo globale e coerente di lotta all’emarginazione sociale, il diritto fondamentale della persona a risorse e a prestazioni sufficienti per vivere conformemente alla dignità umana e di adeguare di conseguenza, se e per quanto occorra, i propri sistemi di protezione sociale ai principi e agli orientamenti esposti in appresso.

E questo significa che al reddito minimo garantito si può avere accesso
senza limiti di durata, purché il titolare resti in possesso dei requisiti prescritti e nell’intesa che, in concreto, il diritto può essere previsto per periodi limitati, ma rinnovabili (eur-lex.europa.eu)

In tutti i Paesi dell’Europa questo è realtà. Non in Italia, in Grecia e in Ungheria.

Possibile che nessuno abbia capito che quello che manca in Italia è quella sicurezza economica che viene dalla rete dei sussidi che permette alle persone di cambiare lavoro con relativa tranquillità soprattutto da giovani? Un mio giovane amico olandese ha fatto un’infinità di mestieri; è stato, tra le altre cose, maestro di sci, ha aperto una scuola di windsurf, ha aperto un Hotel, poi lo ha chiuso e aperto una ditta di costruzioni. È questo che si chiama “flessibilità”, non la macelleria sociale che hanno in mente in Italia destra e sinistra.

Possibile che non si capisca il significato di apertura del mercato e della protezione sociale? Non significa licenziare in massa la gente, significa fare in modo che i giovani possano sperimentare le loro possibilità e le loro idee in un mercato aperto e non controllato dalla corporazioni e dalle varie rendite (vera potenza italiana). È per questo che l’Europa chiede le liberalizzazioni, non certo per perseguitare i tassisti (una delle cose, non so se più ridicole o drammatiche, è stata la farsa sui tassisti, come se da loro dipendesse lo spread. Magari si voleva solo alzare un gran polverone e mandare tutto il resto in caciara?).

Liberalizzare significa aprire l’accesso alle professioni senza doversi fare un tessera di partito, pagare tangenti, essere parte di un sistema di potere, di una lobby famigliare, politica, religiosa ecc. Significa che in Italia uno che vuole fare il giornalista o il notaio non debba essere figlio di un giornalista o di un notaio, significa che se vuole aprire un negozio si viene aiutati (come avviene in tutta Europa) e non ostacolati. È così difficile da capire? Aprire il mercato significa andare un po’ a vedere come si fa carriera nella televisione di stato, alla Rai. Significa andare a vedere quanti sono i figli di papà dentro le università. Magari dei papà “riformisti”. Ma veramente nessuno capisce che una cosa è la precarietà con la certezza del reddito e dell’alloggio, e un’altra è la precarietà con il niente?

Ho capito che il reddito minimo garantito è come un punto archimedeo: sembra piccolo, ma in realtà è il punto d’appoggio di due concezioni della società completamente diverse.

Fonte: MicroMega

http://ilupidieinstein.blogspot.it/2012 ... dello.html



Tratto da: Reddito di cittadinanza, il modello sociale europeo che l’Italia ignora | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2012/ ... z1rB6aRnoE


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Reazioni

Messaggioda franz il 06/04/2012, 9:08

Particolare attenzione va data alla reazione della CGIL.
1) Mantiene lo sciopero, come mezzo di pressione sul parlamento (male, è uno sciopero politico)
2) Buona la dichiarazione (TG3) in risposta a quanto detto da Monti sui "casi estremi e improbabili" di reintegro per motivo economico palesemente illeggittimo: "mi auguro che saranno rarissimi i casi di aziende che proveranno a licenziare con motivi economici palesemente insussistenti".
3) Scarsa la dichiarazione "la riforma non crea lavoro" perché frutto di una mentalità antica. Il lavoro lo creano le imprese. Un mercato fluido e non rigido amplifica queste possibilità, quindi anche la riformadel mercato del lavoro concorrerà all'obbiettivo "piu' lavoro". Non avremo mai la controprova scientifica per quantificare quel segno piu' rispetto ad altre ipotesi che non sono state attuate e quindi la polemica è inutile e fa solo perdere tempo.
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Re: Mediazione di Bersani sull'articolo 18

Messaggioda soloo42001 il 06/04/2012, 9:55

1) Mantiene lo sciopero, come mezzo di pressione sul parlamento (male, è uno sciopero politico)



Reazione tanto inevitabile quanto opportuna, invece.

Prova a vedere le dichiarazioni di Marcegaglia.
La sintesi: "se non possiamo licenziare allora non facciamo alcuna riforma".
Persino Monti si e` sentito in dovere di metterla a tacere.

Purtroppo, spinti da Marcegaglia, i PdL faranno il casino in Parlamento pur di ottenere i licenziamenti facili.
Ragione per cui alla CGIL, unico vero sindacato, non rimane che rispondere in conseguenza.

E` cosi` che si difendono gli interessi dei rappresentati.
Non accettando aprioristicamente le richieste avversarie, come fanno CISL e UIL.

Terza legge della dinamica.
Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
Vale pure in politica.

Come dicevo qualche giorno fa, occorre un minimo di cultura scientifica per poter fare politica.

Ciao.


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Re: Mediazione di Bersani sull'articolo 18

Messaggioda Robyn il 06/04/2012, 10:08

La riforma dell'art 18 così com'è con il ripristino della reintegrazione ovunque può valere solo per i vecchi assunti.Infatti il rischio è per i giovani,il lavoro nero,l'aumento della flessibilità in ingresso con formule precarie,oppure togliendo un limite alla reiterazione dei contratti a termine,la disoccupazione.I nuovi assunti a questo punto vanno senza l'art 18.In caso contrario ai giovani non rimane che andare via dall'Italia.Inutile le parole di chi cerca di dire che con quella riforma si fà il bene dei lavoratori ciao robyn
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Re: Mediazione di Bersani sull'articolo 18

Messaggioda soloo42001 il 06/04/2012, 10:47

E quindi?

Perche` una democrazia funzioni e` necessario il pieno rispetto della legalita`.

Se si evade, lavora in nero, ruba, non funziona nulla.

La riforma prevede precise condizioni (per me troppo poco onerose) in cui si deve usare il lavoro precario.
Al di fuori deve esserci il "contratto prevalente", come dice Fornero.

Sta alla Comunita`, ovvero lo Stato, fare in modo che i furbi rispettino e non aggirino le norme.

Se partiamo dal presupposto che il contesto puo` essere quello dell'illegalita` mafiosa,
o quello degli imprenditori scorretti, allora non c'e` riforma che tenga.
Tanto vale andare a casa tutti e armarsi come nel Far West.

Ciao.


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Re: Mediazione di Bersani sull'articolo 18

Messaggioda flaviomob il 06/04/2012, 11:52

La riforma aumenta il tempo di "latenza" tra un contratto a tempo determinato e il successivo. Otterrà solamente che chi lavora a tempo determinato venga lasciato a casa più a lungo (2-3 mesi se non ricordo male) alla scadenza del contratto, per poi ottenere un nuovo contratto ancora a tempo determinato.

Oggi i call center cosa fanno: ti fanno lavorare 2 anni poi ti lasciano a casa e prendono uno nuovo che non ha mai lavorato lì. Con questa riforma lo faranno per 3 anni e poi altro giro, altra corsa.

* * * * * *

Non siamo di fronte a un governo tecnico, ma a un governo politico che sta facendo scelte che rispondono alla lettera inviata ad agosto dalla Banca centrale europea, che continua a dire che per uscire da questa crisi bisogna tagliare lo Stato sociale, rendere più facili i licenziamenti e ridurre la contrattazione. Siamo quindi in presenza di un disegno preciso, lucido da parte del governo Monti, di riforme strutturali sbagliate.

Innanzitutto questa riforma non riduce la precarietà. Non è vero che darà un lavoro stabile ai giovani. Restano i 46 tipi di contratti che c’erano prima. Anzi, il governo ha appena recepito una direttiva europea sul lavoro interinale che peggiora le condizioni perché supera causali e tetti e prevede la possibilità di sottopagare i lavoratori svantaggiati.

Il Governo ha messo circa due miliardi all'anno sugli ammortizzatori, ma questi non saranno universali, perché non c’è la cassa integrazione nelle aziende con meno di 15 dipendenti e perché la nuova indennità di disoccupazione, l’Aspi, che tra l’altro sostituisce l’indennità di mobilità peggiorandola, mantiene una soglia di accesso alta, con 52 settimane di lavoro in due anni. Questo significa che molti precari che perdono il lavoro resteranno senza tutele.
Poi c'è anche la "Mini Aspi", che appunto è mini. E anche qui, comunque, c’è una soglia di accesso mentre sarebbe stato necessario estendere a tutti i lavoratori l’indennità e prevedere un reddito di inserimento.

È stato svuotato il senso e il contenuto dell’articolo 18. Oggi il licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo dà diritto al reintegro nel posto di lavoro. Con la proposta del governo, che spacchetta i motivi del licenziamento, il risultato è che in molti casi non c’è più il reintegro ma un risarcimento economico. Per quanto riguarda il reintegro per i licenziamenti economici illegittimi, si tratta di un miraggio. Basta leggere il disegno di legge e ascoltare quanto dice lo stesso presidente del Consiglio che ha appunto spiegato che il reintegro sui licenziamenti per motivi economici sarà l’eccezione — “in casi estremi ed improbabili”, afferma— mentre la regola sarà l’indennizzo. Non lo dico io. Lo dice Monti e lo ha detto anche il ministro Fornero

In queste settimane i lavoratori si sono mobilitati e hanno scioperato perché l’articolo 18 non venisse modificato. Invece è stato smantellato. Per questo bisogna continuare la lotta, per cambiare la legge in Parlamento.

Non è vero che in Italia le imprese investono meno perché c’è l’articolo 18. Da questa riforma non verrà fuori un posto di lavoro che sia uno. Prima della crisi, quando l’occupazione aumentava, l’articolo 18 c’era. In ogni caso i posti di lavoro si creano con un piano di investimenti pubblici e privati e recuperando soldi sull’evasione fiscale, la corruzione e distribuendo meglio la ricchezza.

Maurizio Landini


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Re: Mediazione di Bersani sull'articolo 18

Messaggioda franz il 06/04/2012, 12:08

flaviomob ha scritto:La riforma aumenta il tempo di "latenza" tra un contratto a tempo determinato e il successivo. Otterrà solamente che chi lavora a tempo determinato venga lasciato a casa più a lungo (2-3 mesi se non ricordo male) alla scadenza del contratto, per poi ottenere un nuovo contratto ancora a tempo determinato.

Oggi i call center cosa fanno: ti fanno lavorare 2 anni poi ti lasciano a casa e prendono uno nuovo che non ha mai lavorato lì. Con questa riforma lo faranno per 3 anni e poi altro giro, altra corsa.

Premesso che i call center immagino siano una percentuale bassa rispetto ai 22 milioni di lavoratori, una soluzione esiste e consiste nel delocalizzare i call center ovunque nel mondo (oggi con la tecnologia VOIP non è un problema) tanto ci sono 60 milioni di italiani all'estero che possono essere impiegati per rispondere al telefono e tra loro alcune decine di migliaia che sanno bene l'italiano si trovano. Il problema è risolto.
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Re: Mediazione di Bersani sull'articolo 18

Messaggioda soloo42001 il 06/04/2012, 12:15

Premesso che i call center immagino siano una percentuale bassa rispetto ai 22 milioni di lavoratori, una soluzione esiste e consiste nel delocalizzare i call center ovunque nel mondo (oggi con la tecnologia VOIP non è un problema) tanto ci sono 60 milioni di italiani all'estero che possono essere impiegati per rispondere al telefono e tra loro alcune decine di migliaia che sanno bene l'italiano si trovano. Il problema è risolto.


Infatti.
A quel punto una bella disinfestazione delle 'zecche' che rimangono in Italia.
E siamo a posto.
Come ai tempi che i treni erano in orario.

Basta che lo facciano col voto di B&B, non col mio tramite il PD.

Ciao.

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Re: Mediazione di Bersani sull'articolo 18

Messaggioda Robyn il 06/04/2012, 13:39

A questo punto Emma Merceagaglia dal momento che non è più presidente di confindustria è meglio che non parli più.Se la riforma non funzionerà bisognerà cambiarla.La strada è comunque quella di rendere il meno possibile le norme interpretabili da parte del magistrato,dal momento che il reintegro per i motivi economici è un'assoluta eccezionalità.Quindi non servirebbe nessuna flessibilità in ingresso.La danimarca anche ha il reintegro ma è scarsamente applicato in particolare per il gmo.Quindi poniamo il voto di fiducia sul ddl lavoro.Al contempo bisogna lasciare stare la germania.La partecipazione dei lavoratori all'elaborazione delle scelte aziendali è già prevista in costituzione e lasciamo stare il termine compartecipazione.Pensare che il sindacato possa licenziare non è possibile perchè verrebbe meno la fiducia dei lavoratori nei suoi confronti e anche perchè potrebbe irrigidire l'uscita
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Re: Mediazione di Bersani sull'articolo 18

Messaggioda soloo42001 il 06/04/2012, 13:59

Pensare che il sindacato possa licenziare non è possibile perchè verrebbe meno la fiducia dei lavoratori nei suoi confronti e anche perchè potrebbe irrigidire l'uscita.


Ancora questo gergo da pseudo-ingegneri improvvisati.

IRRIGIDIMENTO.

Bah.

Rimane il fatto che in Germania la COGESTIONE funziona, senza che venga meno la fiducia dei lavoratori e senza "irrigidimenti".
Perche` il mercato e` REGOLATO, la discipina del licenziamento e` REGOLATA.
In modo EQUILIBRATO.

La RIGIDITA` e` l'ennesimo artifizio retorico atto a far passare l'idea dell'imprenditore vittima di meccanismi kafkiani che lo obbligano a fallire.
Di fatto pero` abbiamo milioni di disoccupati e cassintegrati, ma centinaia di migliaia di SUV e Yacht nuovi ogni anno... da sempre.

Detto questo.

Il "modello danese" ammesso che quello fornero vi sia anche solo lontanamente paragonabile, costringera` le aziende per ogni licenziamento alla conciliazione. In terreno esterno, coi sindacati.

La COGESTIONE, invece, prevede che le decisioni strategiche (licenziamenti compresi) e quelle puntuali siano CONDIVISE (cogestite) PRIMA con rappresentanze INTERNE all'azienda.

Si evita cosi` il doversi affidare al giudizio esterno di conciliatori che per nulla conoscono la realta` specifica.
Ma meglio ancora, si evita anche di spendere tempo ed energie per conciliare un conflitto aperto dall'azienda, semplicemente perche` COGESTENDO la decisione, di fatto il conflitto si riduce drasticamente.

Comunque.

Tnto la PdL fa saltare il banco.
Quindi il problema non si pone.
La riforma e` bella che morta, e a ucciderla e` stata Marcegaglia, come confermano anche le dichiarazioni da fuori di testa di ieri.

Ciao.


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