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Cosa ne pensano i precari dell'art. 18

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Re: Cosa ne pensano i precari dell'art. 18

Messaggioda ranvit il 01/01/2012, 21:07

Stefano.... a parte il fatto che i lavoratori temporanei SONO lavoratori, ti sei dimenticato dei lavoratori delle imprese con meno di 15 dipendenti che sono anche piu' di quelli privilegiati?

Certo che un'Azienda puo' licenziare quando....sta per fallire. Ma deve comunque passare da un accordo con i sindacati....che pur non essendo azionisti dell'impresa vogliono entrare nel merito del piano industriale, decidendo investimenti (senza cacciare una lira), localizzazione etc etc....non avendone neanche competenza
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Re: Cosa ne pensano i precari dell'art. 18

Messaggioda Stefano'62 il 01/01/2012, 23:48

Sul fatto che spesso il lavoro dei sindacati è improprio e inefficiente per non dire di peggio,sono d'accordissimo.
Come sono d'accordo sul fatto che l'articolo 18 sia una coperta un pò striminzita (però non definirei "privilegiati" alcuni solo perchè altri più poveracci di loro stanno fuori da quella coperta).

Il punto è che tutta sta smania di gettare la coperta vecchia prima che se ne sia fatta una nuova più grande e più calda,mi fa pensare che la vera intenzione non sia gettare le basi dell'uguaglianza al caldo,ma di quella al freddo.
Prima vediamola dunque questa nuova coperta,poi forse getteremo la vecchia.
Sai com'è....non fidarsi è meglio.
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Re: Cosa ne pensano i precari dell'art. 18

Messaggioda franz il 02/01/2012, 9:47

Stefano'62 ha scritto:
franz ha scritto:Se un'azienda cinese vende un prodotto ad 1/3 del prezzo di un prodotto italiano non è concorrenza sleale.

Dipende !!
dal motivo oggettivo per cui quell'azienda è più competitiva.
Può essere che sia perchè lavora meglio,e questo è il meccanismo che permette al mercato libero di migliorare le condizioni di vita di tutti,fornendo beni e servizi a prezzi adeguati.
Oppure può essere che sia perchè in quel posto non esistono diritti adeguati,oppure perchè non sono stati rispettati.

Sul piano del diritto internazionale (gli accordi sul libero commercio) le cose non stanno come dici e come scrivevo poso sopra l'Europa non puo' avere regole piu' restrittive: sarebbero vietate dagli accordi. Quindi quello che tu, io altri, riteniamo giusto, non conta. Contano gli accordi.
In ogni caso se un prodotto costa 1/3 (ok, evidente esagerazione) dipende principalmente dal livello salariale, dal costo fiscale e contributivo e dal costo delle materie prime che la nazione ha già sul suo territorio e non deve importare. Parlando di "diritti adeguati" dovremmo specificare quali (le pensioni di anzianità? le ferie? in numero di ore di lavoro?) e stabilire chi deve decidere quale è lo standard adeguato. Noi? E chi siamo noi 330 milioni di europei di fronte ai 7 miliardi di persone per stabilire cosa è giusto? E' evidente che i popoli in via di sviluppo lavorano sodo (molte ore, molti giorni) per paghe che rispetto alle nostre sono basse (ma il calcolo andrebbe fatto rispetto al loro potere d'acquisto) e noi europei, soprattutto italiani, ci siamo dimenticati che questo è il modo principale per crescere, quando si è poveri. Ed è anche il modo per non tornare ad esserlo, se la produttività non cresce.
Questo ci piace meno (perché l'idea di lavorare sempre meno ci attrae) ma dobbiamo farcene una ragione.
Tu blocca il commercio internazionale di quei paesi e saremo sommersi da ondate di milioni di profughi economici, che verranno a lavorare da noi per un tozzo di pane. Comunque vada la loro concorrenza si farà sentire. Personalmente preferisco vederli crescere a casa loro (oggi al ritmo del 9% all'anno).

PS: l'art 18 tutela circa 8 milioni di lavoratori su 24 che ne abbiamo. Quindi 1 su 3.
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Re: Cosa ne pensano i precari dell'art. 18

Messaggioda ranvit il 02/01/2012, 9:51

Il punto è che tutta sta smania di gettare la coperta vecchia prima che se ne sia fatta una nuova più grande e più calda,mi fa pensare che la vera intenzione non sia gettare le basi dell'uguaglianza al caldo,ma di quella al freddo.
Prima vediamola dunque questa nuova coperta,poi forse getteremo la vecchia.



Questo è ragionevole....ma per farlo bisogna affrontare il problema senza pregiudizi ideologici ed è quello che propone Ichino quando dice:
- contratto unico per tutti (e quindi fine del precariato)
- solo per i nuovi assunti
- trovare le risorse per accompagnare i primi tre anni di disoccupazione e successivamente per il salario minimo di disoccupazione- etc
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Re: Cosa ne pensano i precari dell'art. 18

Messaggioda Stefano'62 il 02/01/2012, 11:59

franz ha scritto:In ogni caso se un prodotto costa 1/3 (ok, evidente esagerazione) dipende principalmente dal livello salariale, dal costo fiscale e contributivo e dal costo delle materie prime che la nazione ha già sul suo territorio e non deve importare. Parlando di "diritti adeguati" dovremmo specificare quali (le pensioni di anzianità? le ferie? in numero di ore di lavoro?) e stabilire chi deve decidere quale è lo standard adeguato.

Il discorso delle differenze (quelle fisiologiche) tra le varie realtà produttive è pacifico.
Ma io mi riferivo ad un controllo sulle merci prodotte in palese contraddizione con diritti già scritti e sottoscritti a livello mondiale,come la Carta dei Diritti dell'uomo e le più scontate leggi a tutela dei bambini.
Non sarebbe difficile e nemmeno indebita ingerenza e nemmeno protezionismo,a puro titolo di esempio,inserire un bella norma comunitaria che vieti espressamente l'ingresso a merci che non possano dimostrare di non essere state prodotte da bambini sfruttati nelle filippine o in thainlandia o in messico (o a Bari),da aziende locali o meno,e istituire controlli in tal senso.

@ vittorio
Sono d'accordo,nessun pregiudizio,dico solo occhio ai furbastri.
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Re: Cosa ne pensano i precari dell'art. 18

Messaggioda franz il 02/01/2012, 12:25

Stefano'62 ha scritto:Ma io mi riferivo ad un controllo sulle merci prodotte in palese contraddizione con diritti già scritti e sottoscritti a livello mondiale,come la Carta dei Diritti dell'uomo e le più scontate leggi a tutela dei bambini.

Tra quelle merci nel caso è ben difficile trovare i computer dell'esempio che facevamo e tutto l'HI-Tech.
Prendiamo per esempio la Cina. Ecco cosa esporta principalmente: electrical and other machinery, including data processing equipment, apparel, textiles, iron and steel, optical and medical equipment. Ecco, forse puoi avere ragione su tessuti e abbigliamento ma non dove la produzione richiede un elevato contenuto tecnico, ignegneri, persone che hanno studiato, conoscono i loro diritti e sanno come rivendicarli. C'è comunque sempre l'opzione della scelta etica del consumatore, quando viene a sapere che una scarpa o un pallone da calcio è fatta da bambini sottopagati e schiavizzati. Cose che mi pare sia successa a Nike. Non serve quindi alcuna regolamentazione internazionalee perché occorre prima essere a conoscenza della violazione e quando questo accade ci pensano i consumatori a boicottare il prodotto, con una velocità che supera quella delle organizzazioni internazionali.
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Re: Cosa ne pensano i precari dell'art. 18

Messaggioda Robyn il 02/01/2012, 23:57

La riforma per i nuovi assunti sulla flexsecurity danese si può fare.Per regolare il recesso da parte datoriale si può ricorrere alla stessa procedura seguita per gli esuberi che attualmente è per cinque dipendenti estendendola anche al caso di un solo dipendente.Si convocano le parti e si apre un periodo di trattativa di una certa durata che ha come scopo il reimpiego nella stessa azienda.Finito questo periodo ed in caso la trattativa non abbia dato come esisto il reimpiego l'azienda può dare il recesso al dipendente.Pero dal momento che si è trattato di esubero e quindi di crisi temporanea o ristrutturazione aziendale per un periodo di tempo non si può assumere nessuno altrimenti la crisi temporanea si configurerebbe solo come una semplice scusa.Si può estendere questa procedura anche alle piccole aziende eliminando il dualismo ciao robyn
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