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Il cancro dei derivati

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Il cancro dei derivati

Messaggioda flaviomob il 11/06/2011, 14:08

I derivati valgono 10 economie mondiali. E la regolamentazione resta lontana

601 mila miliardi di dollari, 10 volte il Pil globale. A tanto ammonta il controvalore degli strumenti finanziari derivati scambiati nel Pianeta. A rivelarlo la Banca dei regolamenti internazionale nel suo bollettino trimestrale. Il segretario al Tesoro Usa Timothy Geithner invoca regole globali, un traguardo tuttora lontano

Nella gestione del mercato dei derivati occorre implementare norme più severe evitando di seguire “il tragico esempio” di una regolamentazione soft di scuola britannica. Il segretario al tesoro degli Stati Uniti Timothy Geithner non ha certo usato mezze parole per esprimere quello che evidentemente è un concetto che gli sta profondamente a cuore. Responsabile forse numero uno della crisi finanziaria – o per meglio dire della sua diffusione dalla California all’Islanda fino ai mercati emergenti e all’Europa continentale – la finanza strutturata continua a destare i peggiori timori agli occhi degli analisti. E sì, perché alla luce dei dati odierni non traspare soltanto come la crisi mondiale non sia affatto in remissione. Ma anche come i suoi catalizzatori principali godano tuttora di ottima salute. Grazie anche alla possibilità di alimentare milioni di transazioni nella più assoluta indipendenza.

Le informazioni le ha fornite puntualmente la Banca dei regolamenti internazionali del Comitato di Basilea pubblicando l’ormai consueto bollettino trimestrale. E ribadendo, ancora una volta l’ottimo stato di salute del settore. “Il valore nozionale dello stock in essere di derivati negoziati fuori borsa (over-the-counter, OTC) è salito del 3% nella seconda metà del 2010, portandosi a 601 trilioni di dollari a fine dicembre – si legge nel rapporto. L’incremento è in larga parte conseguenza diretta dell’apprezzamento delle principali valute nei confronti del dollaro USA, divisa di segnalazione delle statistiche”. Uscendo dal gergo finanziario: l’ammontare totale dei titoli derivati circolanti nel mondo e misurato nel secondo semestre dell’anno scorso è pari a un controvalore teorico di 600 mila miliardi di dollari. L’aumento è leggermente sovrastimato, perché la quantità è misurata in dollari e la valuta Usa, nel periodo di osservazione, si è leggermente deprezzata rispetto alle altre. Ma la sostanza non cambia. Questa montagna di ricchezza virtuale – e tale resta visto che al mondo non esiste un ammontare equivalente di capitali in grado di liquidarla – continua a mantenersi costantemente abnorme. E di certo non è una bella notizia.

Quella dei 600 mila miliardi si è imposta da tempo come la soglia critica del settore. Nel dicembre del 1998, quando la Bis realizzò la prima rilevazione, il controvalore degli strumenti derivati scambiati fuori dalla borse si attestava a quota 81 mila miliardi, equivalenti al 125% circa del Pil mondiale misurato oggi. Basterebbe questo confronto per capire il significato della pantagruelica esplosione del settore nel corso dell’ultimo decennio. Alla fine del 2001 il loro valore complessivo aveva superato i 111 mila miliardi, 3 anni più tardi l’ammontare era quasi quadruplicato. L’anno successivo l’incremento sarebbe stato di 181 mila miliardi, un record. La crisi ha successivamente prodotto un’altalena, ma le variazioni non sono state più così significative. Oggi, spiega la Bis, il settore sfonda nuovamente la soglia dei 600 trilioni (o bilioni, a seconda delle scuole di pensiero sulla traduzione corretta del termine “trillion”) avvicinandosi alla quota record del 2009 (614). La differenza rispetto ad allora è pari a 13 mila miliardi. Una cifra apparentemente enorme, equivalente a poco meno del Pil dell’Unione europea. Ma anche una sostanziale bazzecola per un mercato equivalente a 10 prodotti interni lordi mondiali.

Fin qui la sbornia delle cifre. Salutare, vista la sua utilità per capire la portata del fenomeno. Ma in realtà, per comprendere il significato del rapporto Bis e delle preoccupazioni di Geithner, occorre concentrarsi su un’altra espressione ricorrente: over-the-counter, OTC, letteralmente “dietro al bancone”, o per rendere meglio l’idea “sottobanco”, dove l’espressione non implica operazioni illegali quanto in realtà transazioni invisibili ai più. La stragrande maggioranza degli scambi del settore avviene al di fuori delle piazze ufficiali, il che significa sfuggire al controllo degli organi di vigilanza. Una Consob o una Fsa mondiale dei derivati ancora non esiste anche se la scadenza ipotetica per una sua costituzione si avvicina sempre più. In risposta alla crisi finanziaria, il G20 aveva fissato per il 2012 il termine necessario per la realizzazione di un organismo di vigilanza globale sul mercato: una specie di clearing house globale, ovvero una stanza di compensazione, caratterizzata dalla presenza di intermediari in grado di fare da garanti sulla riuscita delle operazioni offrendo implicitamente trasparenza a un mercato ad oggi ancora largamente nell’ombra. Ma la differenti vedute tra le due sponde dell’Atlantico e la resistenza delle lobbies bancarie (il 96% delle transazioni è compiuto oggi da cinque banche Usa – JP Morgan, Citibank, Bank of America, Goldman Sachs ed Hsbc – che alla fine del 2010 hanno messo in cassa profitti per più di 19 miliardi) rende questa ipotesi molto labile.

Insomma, il mercato ha ancora ottime probabilità di restare nell’ombra dando spazio a libere transazioni dei suoi titoli strutturati. Derivati scambiati pericolosamente come i contratti futures sulle materie prime che fanno esplodere il prezzo del petrolio o scatenano emergenze umanitarie quando prendono di mira le commodities alimentari. Oppure le obbligazioni “collaterali”, le stesse che hanno permesso al mercato immobiliare di trascinare sul fondo una pletora di investitori che avevano scommesso sui subprime, o i famigerati Interest rate swaps, gli strumenti pensati per proteggere dai rischi di un’impennata dei tassi di interesse che hanno messo in crisi migliaia di municipalità in Italia, Usa e Germania e che divengono adesso sempre più “strategici” di fronte alla crescente attenzione per le politiche monetarie globali che si basano, ovviamente, proprio sulla gestione del costo del denaro. Infine, gli immancabili Cds, quei Credit default swaps che proteggono sì dal rischio bancarotta dei debitori ma lanciano anche pericolosi segnali di mercato spingendo verso l’alto la paura e i tassi di interesse sulle obbligazioni a danno, Grecia docet, delle stesse esposizioni debitorie. Pur rappresentando ancora una fetta ridotta del mercato, i Cds sulle obbligazioni sovrane sono cresciuti del 6% nell’ultimo semestre preso in esame dalla Bis. Confermando una tendenza alla crescita evidenziatasi in modo ancor più netto durante la prima metà del 2010, quando il loro controvalore aveva subito un incremento del 26%.

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Re: Il cancro dei derivati

Messaggioda franz il 11/06/2011, 21:08

Questo è il classico articolo che si trova identico in centinaia di siti e blog.
Frutto dell'ormai tipico utilizzo del copia ed incolla selvaggio.
Non si sa chi lo abbia scritto per primo ma noto che solo qui il titolo parla di "cancro dei derivati".
Dimostrando che chi ha scelto questo titolo non ha capito molto di cosa sono e cosa servono i derivati.
Che possano essere fuori controllo è una cosa.
Che siano un cancro è molto opinabile.
Se sono cosi' usati un motivo esiste.
Se ne puo' discutere, per cercare di capire, o mettere la testa sotto la sabbia e parlare i cancro, riesumando atteggiamntio da santa inquisizione, chia piacciono al popolino, secoli fa come oggi.

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Re: Il cancro dei derivati

Messaggioda flaviomob il 04/07/2011, 23:02

La fonte dell'articolo è chiaramente indicata in fondo (Il Fatto Quotidiano).
Se sia stato copiato e incollato in altri blog francamente non mi interessa.
Il titolo dell'articolo è quello riportato in testa, altra cosa è il titolo di questo argomento sul forum. Basta vedere quale indebitamento hanno generato a centinaia di comuni italiani per giustificarne la definizione: un cancro per l'economia, per il lavoro, per la democrazia.


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Re: Il cancro dei derivati

Messaggioda trilogy il 05/07/2011, 13:26

flaviomob ha scritto: (Il Fatto)I derivati valgono 10 economie mondiali. E la regolamentazione resta lontana

601 mila miliardi di dollari, 10 volte il Pil globale. A tanto ammonta il controvalore degli strumenti finanziari derivati scambiati nel Pianeta. A rivelarlo la Banca dei regolamenti internazionale nel suo bollettino trimestrale. Il segretario al Tesoro Usa Timothy Geithner invoca regole globali, un traguardo tuttora lontano


I derivati sono strumenti finanziari che "derivano" il loro prezzo dalle variazioni di prezzo di un altro bene, il cosiddetto "sottostante" 601 miliardi sono "il valore nozionale", cioè il valore dei beni sui cui sono costruiti i derivati. Ad esempio se utilizzo l'indice della borsa italiana che vale +/- 20.000 punti, il valore del "futures", che è un derivato, si ottiene moltiplicando 20000x5 che è il valore di 1 punto dell'indice = 100.000 euro valore di ogni contratto future. Sull'indice però ci sono altri tipi di contratti derivati come le opzioni. Poi l'indice è composto da 40 titoli ogni titolo ha un suo contratto derivato: future e opzioni con scadenze temporali differenti. Ecco che sommando tutti questi derivati sullo stesso bene ottengo delle cifre enormi.

flaviomob ha scritto: (Il Fatto) Questa montagna di ricchezza virtuale – e tale resta visto che al mondo non esiste un ammontare equivalente di capitali in grado di liquidarla – continua a mantenersi costantemente abnorme. E di certo non è una bella notizia.


Prendiamo le assicurazioni auto. Diciamo che pago 1000 euro all'anno. Questa polizza mi copre il furto, la responsabilità civile, gli atti di vandalismo ecc. con un massimale di 1 milione di euro. Se moltiplico il milione di euro per tutte le auto assicurate in circolazione in Italia, ottengo una cifra enorme che nessuna compagnia di assicurazione sarebbe in grado di rimborsare.



flaviomob ha scritto: (Il Fatto)Fin qui la sbornia delle cifre. Salutare, vista la sua utilità per capire la portata del fenomeno. Ma in realtà, per comprendere il significato del rapporto Bis e delle preoccupazioni di Geithner, occorre concentrarsi su un’altra espressione ricorrente: over-the-counter, OTC, letteralmente “dietro al bancone”, o per rendere meglio l’idea “sottobanco”, dove l’espressione non implica operazioni illegali quanto in realtà transazioni invisibili ai più. La stragrande maggioranza degli scambi del settore avviene al di fuori delle piazze ufficiali, il che significa sfuggire al controllo degli organi di vigilanza. Una Consob o una Fsa mondiale dei derivati ancora non esiste anche se la scadenza ipotetica per una sua costituzione si avvicina sempre più. In risposta alla crisi finanziaria, il G20 aveva fissato per il 2012 il termine necessario per la realizzazione di un organismo di vigilanza globale sul mercato: una specie di clearing house globale, ovvero una stanza di compensazione, caratterizzata dalla presenza di intermediari in grado di fare da garanti sulla riuscita delle operazioni offrendo implicitamente trasparenza a un mercato ad oggi ancora largamente nell’ombra. Ma la differenti vedute tra le due sponde dell’Atlantico e la resistenza delle lobbies bancarie (il 96% delle transazioni è compiuto oggi da cinque banche Usa – JP Morgan, Citibank, Bank of America, Goldman Sachs ed Hsbc – che alla fine del 2010 hanno messo in cassa profitti per più di 19 miliardi) rende questa ipotesi molto labile.


Questo è un problema reale. Ma non è solo una questione di mercato regolamentato. La famiglia dei derivati è vastissima e ne nascono di nuovi ogni giorno. Ci sono prodotti scambiati nelle borse regolamentate che hanno caratteristiche standardizzate (es: il future e opzioni sull'indice italiano) e prodotti "esotici" scambiati tra due controparti (es: due banche, una banca e un hedge fund ecc.). Il derivato non è altro che un contratto in cui due parti prendono degli impegni reciproci. Se il contratto è standard lo posso scambiare in borsa, se il contratto ha caratteristiche particolari non si può. E' come comprare un vestito al grande magazzino (borsa) o acquistarlo da un sarto che lo fa su misura.(fuori borsa)



flaviomob ha scritto: (Il Fatto)Oppure le obbligazioni “collaterali”, le stesse che hanno permesso al mercato immobiliare di trascinare sul fondo una pletora di investitori che avevano scommesso sui subprime, o i famigerati Interest rate swaps, gli strumenti pensati per proteggere dai rischi di un’impennata dei tassi di interesse che hanno messo in crisi migliaia di municipalità in Italia, Usa e Germania e che divengono adesso sempre più “strategici” di fronte alla crescente attenzione per le politiche monetarie globali che si basano, ovviamente, proprio sulla gestione del costo del denaro.


Se c'è una pletora d'investitori che hanno "scommesso" sui subprime cavoli loro. E' vero molti prodotti erano un truffa, dove avevi il 90% di probabilità di perdere, ma nulla di differente da tante lotterie organizzate dallo Stato italiano. Se i cittadini chiedessero il rimborso per i miliardi di euro persi annualmente con le macchinette o i gratta e vinci lo Stato andrebbe fallito in 24 ore. Nei prodotti finanziari dove c'è un problema di truffa è una questione della magistratura.

flaviomob ha scritto: (Il Fatto)Infine, gli immancabili Cds, quei Credit default swaps che proteggono sì dal rischio bancarotta dei debitori ma lanciano anche pericolosi segnali di mercato spingendo verso l’alto la paura e i tassi di interesse sulle obbligazioni a danno, Grecia docet, delle stesse esposizioni debitorie. Pur rappresentando ancora una fetta ridotta del mercato, i Cds sulle obbligazioni sovrane sono cresciuti del 6% nell’ultimo semestre preso in esame dalla Bis. Confermando una tendenza alla crescita evidenziatasi in modo ancor più netto durante la prima metà del 2010, quando il loro controvalore aveva subito un incremento del 26%.


E' vero sui cds c'è poca trasparenza, ma non assolviamo la Grecia, se i loro bilanci non si fossero rivelati falsi, la speculazione sui cds avrebbe potuto fare poco.
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Re: Il cancro dei derivati

Messaggioda flaviomob il 05/07/2011, 20:55

Un momento: sei sicuro che chi ha in mano i derivati sia stato correttamente avvertito che sta giocando alla roulette o al bingo? E se lo fanno comuni ed enti pubblici indebitati, che diritto hanno di utilizzare in tal modo soldi nostri e di generare una spirale di debiti sempre più mostruosa? Inoltre l'articolo parlava chiaramente di esigenze di regolamentazione, trasparenze e controllo che sono state disattese perché non si vuole che vi sia un autentico contenimento di questi strumenti a dir poco perversi. Certo, se qualche ricco signore consapevolmente vuole rischiare il proprio patrimonio, faccia pure. Ma da qui a determinare la sopravvivenza di interi istituti bancari, imprese, enti pubblici e addirittura bilanci statali... no, non è accettabile. Punto.


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Re: Il cancro dei derivati

Messaggioda trilogy il 05/07/2011, 23:50

flaviomob ha scritto:Un momento: sei sicuro che chi ha in mano i derivati sia stato correttamente avvertito che sta giocando alla roulette o al bingo?


Dipende. La Legge prevede che se un privato apre un conto derivati venga informato. Le banche ti fanno un interrogatorio sulle tue conoscenze finanziarie, ti fanno firmare una montagna di documenti, devono verificare giornalmente che tu disponga dei margini di garanzia finanziaria, se questi vengono a mancare vieni espulso dal mercato.
Per quanto riguarda i professionisti che operano in derivati si presume che abbiamo le competenze per gestire certi prodotti.

flaviomob ha scritto:E se lo fanno comuni ed enti pubblici indebitati, che diritto hanno di utilizzare in tal modo soldi nostri e di generare una spirale di debiti sempre più mostruosa?


infatti non hanno nessun diritto. Ci sono due casi negli enti pubblici: quelli in buona fede e quelli che non lo sono.
1. quelli in buona fede sono amministratori locali che hanno utilizzato prodotti derivati per coprire il debito contratto dai rischi di fluttuazioni dei tassi d’interesse e magari le banche gli hanno venduto prodotti che hanno fatto l’esatto contrario.
2.Poi ci sono quelli che li hanno utilizzati per anticipare entrate future a costi altissimi, scaricando il debito su quelli che verranno dopo. Questi vanno messi in galera punto.

flaviomob ha scritto:Inoltre l'articolo parlava chiaramente di esigenze di regolamentazione, trasparenze e controllo che sono state disattese perché non si vuole che vi sia un autentico contenimento di questi strumenti a dir poco perversi. Certo, se qualche ricco signore consapevolmente vuole rischiare il proprio patrimonio, faccia pure. Ma da qui a determinare la sopravvivenza di interi istituti bancari, imprese, enti pubblici e addirittura bilanci statali... no, non è accettabile. Punto.


Noi in Italia abbiamo la mania di regolamentare tutto. Il risultato è che non funziona più nulla e siamo diventati un popolo di adolescenti, c'è sempre qualcuno o qualche cosa che ci dice cosa dobbiamo fare.
Poi si può regolamentare in diversi modi. Ad esempio differenziando le attività degli istituti finanziari. Se fai raccolta del risparmio e credito, non puoi fare trading in proprio, o lo puoi fare rispettando parametri di solvibilità molto rigidi. Se fai trading, devi rispettare altre regole e ogni intervento pubblico di salvataggio è vietato per legge.

ciao trilogy
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Re: Il cancro dei derivati

Messaggioda flaviomob il 06/07/2011, 7:55

Beh è abbastanza scontato che la regolamentazione dev'essere globale, non può limitarsi a un singolo stato, altrimenti è inefficace.

Prendiamo le assicurazioni auto. Diciamo che pago 1000 euro all'anno. Questa polizza mi copre il furto, la responsabilità civile, gli atti di vandalismo ecc. con un massimale di 1 milione di euro. Se moltiplico il milione di euro per tutte le auto assicurate in circolazione in Italia, ottengo una cifra enorme che nessuna compagnia di assicurazione sarebbe in grado di rimborsare.


Tutte le auto assicurate in Italia: significa avere un insieme in cui, per le leggi della probabilità, solo una piccola percentuale sarà soggetta a furto, rc o altri rami di rischio assicurati. Così, le assicurazioni stanno in piedi. Inoltre chi paga la polizza è il proprietario dell'auto stessa, non uno sconosciuto che "scommette" sugli incidenti che farà tizio o caio.
Con i derivati, chi mi garantisce, ad esempio, che non vi siano tantissime "polizze" su una stessa auto, magari già un po' scassata. Nel caso si verifichi il furto, sempre per assurdo, di un'auto singola che è stata assicurata mille volte, l'esborso sarà mille volte superiore. Esasperando questa situazione ai livelli abnormi della finanza globalizzata, è chiaro che stiamo rischiando grosso...


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Re: Il cancro dei derivati

Messaggioda trilogy il 06/07/2011, 16:36

flaviomob ha scritto:Tutte le auto assicurate in Italia: significa avere un insieme in cui, per le leggi della probabilità, solo una piccola percentuale sarà soggetta a furto, rc o altri rami di rischio assicurati. Così, le assicurazioni stanno in piedi. Inoltre chi paga la polizza è il proprietario dell'auto stessa, non uno sconosciuto che "scommette" sugli incidenti che farà tizio o caio.
Con i derivati, chi mi garantisce, ad esempio, che non vi siano tantissime "polizze" su una stessa auto, magari già un po' scassata. Nel caso si verifichi il furto, sempre per assurdo, di un'auto singola che è stata assicurata mille volte, l'esborso sarà mille volte superiore. Esasperando questa situazione ai livelli abnormi della finanza globalizzata, è chiaro che stiamo rischiando grosso...


E’ difficile fare un discorso generale sui “derivati” perché sono una categoria di prodotti vastissima con caratteristiche anche di rischiosità molto differenti a seconda dei prodotti. Sono nati secoli fa per ridurre i rischi futuri nel commercio di vari beni. Praticamente esistono derivati su tutto: azioni, obbligazioni, materie prime, agricoltura, cambi valutari, tassi d’interesse, metereolgia ecc. http://www.cmegroup.com/

Qualche giorno fa parlavamo di spread tra BTP italiano e BUND tedesco, anche sugli spread ci sono derivati. Oggi ad esempio c’è nervosismo per via del debito del Portogallo e si vede subito sul grafico degli spread:

- debito del Portogallo contro debito tedesco

http://www.bloomberg.com/apps/quote?tic ... RGER10:IND

- Anche noi non ce la passiamo bene, ma la tensione è decisamente minore:

http://www.bloomberg.com/apps/quote?tic ... AGER10:IND

Anche dai prezzi dei famigerati CDS ( Credit-Default Swaps )si vede che è una giornata di nervosismo:

http://www.cnbc.com/id/38451750

Però a proposito di CDS dobbiamo ricordarci che sono diventati “famosi” perché quanto ci fu il tracollo della Lehman Brothers, le società di rating, i politici, le autorità monetarie tranquillizzavano tutti, mentre i prezzi dei CDS segnalavano correttamente che era meglio stare molto alla larga dalle obbligazioni di Lehman.


Così il fatto che ci siano “tantissime polizze su una stessa auto”, può essere un fattore di aumento della rischiosità ma anche di riduzione della rischiosità, dipende.
Nel caso di futures e opzioni ne riduce la rischiosità perché per ogni operatore che compra un contratto (saldo + 1) c’è necessariamente un altro operatore che lo vende (saldo -1) .
Essendo in tanti sullo stesso bene la formazione dei prezzi è tendenzialmente più trasparente e quando si deve comprare o vendere è facile trovare la controparte per farlo. Se il mercato è poco partecipato i prezzi perdono trasparenza e può essere molto difficile uscire da quel mercato.
In altri casi è stato vero il contrario. I CDO (Collateralized debt obligations) hanno alimentato la bolla dei prezzi immobiliari americani, poi quando la bolla è scoppiata attraverso questo canale il collasso immobiliare si è trasferito al mercato finanziario. C’è stata una concentrazione di rischi sul mercato immobiliare che ha prodotto un terremoto. Tutti consideravano quel mercato liquido e quindi relativamente sicuro, ma con la crisi la liquidità si è completamente prosciugata e c'è stato il collasso Il crash ha raggiunto poi le dimensioni che abbiamo visto attraverso una serie di complicità e imbrogli a tutti i livelli.

Insomma non demonizzerei i derivati in quanto tali, spesso vengono attribuite a questo mercato responsabilità che non ha.
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Re: Il cancro dei derivati

Messaggioda flaviomob il 08/07/2011, 11:15

Nei prodotti finanziari dove c'è un problema di truffa è una questione della magistratura.


E' una questione di regole, appunto...


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