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Sulla rivolta libica il rischio di una pietra tombale

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

Re: Sulla rivolta libica il rischio di una pietra tombale

Messaggioda flaviomob il 21/03/2011, 2:18

Due differenti punti di vista della situazione libica:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/03 ... asa/98796/

Il Fatto Quotidiano

MONDO | di Eleonora Bianchini 19 marzo 2011

Crisi libica, la testimonianza: “Gheddafi
ha ordinato rastrellamenti casa per casa”

Parla Omar, professionista libica fuggito dal suo paese giovedì scorso. In Italia è arrivato dal Cairo. A ilfattoquotidiano.it racconta l'orrore della repressione ordinata dal rais e che non risparmia nemmeno donne e bambini “Nonostante i bombardamenti, Gheddafi non prenderà mai Bengasi. Lui è un uomo finito”. Omar (nome di fantasia) è un libero professionista libico. In Italia ci è arrivato giovedì. E’ partito dal Cairo dopo l’inizio dei bombardamenti a Ajdabiyah, città a 160 chilometri da Bengasi. “Siamo partiti in 14 su minibus privati diretti verso il confine egiziano che oggi, con tutta probabilità, è chiuso. Alcuni di noi, tra cui anche donne e bambini, sono rimasti in Egitto, altri sono venuti in Italia o si sono diretti a Beirut. Le milizie non controllavano la frontiera e gli egiziani hanno aiutato i profughi libici facilitando le pratiche burocratiche dei passaporti. C’erano molti volontari disposti a darci una mano”.

Omar era in Libia sin dall’inizio della rivoluzione, ma due giorni fa ha deciso di partire prima che la situazione degenerasse anche a Bengasi, come è accaduto nelle ultime ore. Spiega che l’informazione dei media occidentali è stata carente, che non hanno fornito una copertura esauriente di quanto accadeva a Tripoli. “I giornalisti hanno fatto un uso massiccio delle notizie diramate da Jana, l’agenzia governativa. Certo, è stata data voce anche a denunce e al massacro dei civili, ma le fonti più attendibili erano le forze di opposizione. Non sono d’accordo con chi li chiama ribelli o insorti. Sono soltanto oppositori del regime”. Gheddafi, che Omar definisce “un pazzo visionario, un megalomane che vuole spargere sangue per entrare nella storia”, ha sottoposto il suo popolo a violenze e repressioni durissime. “Da est a ovest del paese ci sono stati rastrellamenti sistematici casa per casa. I primi sono stati a Tripoli dopo il 17 febbraio, giorno della manifestazione ufficiale a Bengasi contro il governo. La Cirenaica è sempre stata contro la dittatura, e per quello è la regione meno sviluppata, senza infrastrutture. Hanno preso tanti giovani, soprattutto attivisti politici. Molti sono spariti, i corpi occultati, e chi è tornato a casa ha dovuto firmare dichiarazioni di fedeltà al regime”.

Gheddafi, che ha definito i suoi concittadini “topi, ratti da stanare”, ha fatto ampio uso di mercenari provenienti principalmente da Niger, Ciad, Algeria, Mauriotania, Gabon e Ghana integrati anche nell’esercito e addestrati per sparare ad altezza d’uomo. “Erano pronti da dieci anni a intervenire”, prosegue Omar. “Gheddafi aveva intessuto rapporti politico-commerciali con i paesi dell’Africa subsahariana da cui ha ingaggiato migliaia di uomini per la sua incolumità. E, oltre a loro, in queste ore ha attaccato Bengasi: un amico mi ha riferito che la sua casa è stata colpita, che i morti nell’ospedale sono oltre 50 e i feriti centinaia. Stamattina hanno bombardato la Croce Rossa e lo stadio, le comunicazioni via cellulare sono possibili soltanto attraverso il satellitare o la connessione a internet via parabola. A Misurata hanno tagliato anche l’acqua e la luce da giorni. Molti civili hanno le case dotate di scantinati che utilizzano come rifugi durante i bombardamenti”.

Nelle ultime settimane i media parlavano di gruppi a sostegno di Gheddafi che erano disposti a difenderlo anche con le armi. “E’ tutto fasullo, nessuno lo vuole più alla guida guida del paese. Sono gli uomini dei suoi apparati quelli che avete visto sui giornali vestiti in abiti civili, gli orfani indottrinati dal regime”. Omar è convinto che con l’intervento internazionale queste siano le ultime ore per il leader che, tuttavia, non è intenzionato ad arrendersi. Il popolo libico è però deluso dal tardivo intervento occidentale, che avrebbe dovuto attaccare già la settimana scorsa, e al temporeggiamento di Berlusconi. “Non c’è odio nei confronti degli italiani, anzi. Ma avremmo preferito parole più nette sin dall’indizio al posto dell’intenzione dichiarata di non interferire, che si è tramutata in indifferenza. Spero che lo prendano vivo, deve essere processato. Troppo comodo se muore”. Il ringraziamento di Omar va ai popoli maghrebini di Tunisia ed Egitto, i primi a insorgere: “Se Ben Ali e Mubarak fossero ancora al potere – conclude Omar – in Libia non sarebbe successo nulla. Tutti volevamo che Gheddafi se ne andasse eppure, in mancanza di alternativa, speravamo che suo figlio Saif Al-Islam ci facesse transitare verso la democrazia. Ma si è rivelato peggiore del padre, meglio averlo saputo prima”.


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(segue)


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Re: Sulla rivolta libica il rischio di una pietra tombale

Messaggioda flaviomob il 21/03/2011, 2:19

(secondo punto di vista)



Il trucco libico

http://kelebeklerblog.com/2011/03/20/il-trucco-libico/
Posted on 03/20/2011 by Miguel Martinez

Se ho capito bene, le cose stanno così.

In Libia, c’è un governo.

A me, questo governo non ha mai fatto particolare simpatia, perché conosco storie non belle di migranti che sono passati per quel paese, e perché comunque un governo dopo quarant’anni al potere inizia sempre ad andare a male. Inoltre, da traduttore, ho spesso a che fare con chi lavora in Libia, e ho raccolto molte lamentele sulla natura piuttosto capricciosa e imprevedibile dell’amministrazione.

Ma queste mie considerazioni emotive non c’entrano con quelle del diritto. Il governo della Libia è indubbiamente legittimo nel senso più freddo, cioè può emettere passaporti riconosciuti in altri paesi, e l’uomo più in vista del paese – che curiosamente non riveste alcun incarico governativo – viene ricevuto con sorrisi e strette di mano da altri capi di stato. Tra cui non solo Silvio Berlusconi, ma anche Obama e Sarkozy.

In particolare, il nostro paese è vincolato al governo della Libia da un “Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista” firmato “dall’onorevole Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi e dal leader della Rivoluzione, Muammar El Gheddafi”.

Tale trattato garantisce

“il rispetto dell’uguaglianza sovrana degli Stati; l’impegno a non ricorrere alla minaccia o all’impiego della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica della controparte o a qualunque altra forma incompatibile con la Carta delle Nazioni Unite; l’impegno alla non ingerenza negli affari interni e, nel rispetto dei princìpi della legalità internazionale, a non usare né concedere l’uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile nei confronti della controparte; l’impegno alla soluzione pacifica delle controversie.”

Un trattato che nel giro di qualche ora, ha fatto la stessa fine che fece nel 1915 il trattato che vincolava l’Italia a non pugnalare alla spalle l’Austria. Per motivi espressi con disarmante sincerità da Italo Bocchino.

Il legittimo governo libico è stato oggetto di una vasta ribellione armata. Su questa ribellione, si è detto di tutto – “è al-Qaida”, “no, sono i giovani cinguettatori di Twitter”, “no, sono i fedeli della vecchia monarchia”.

Non solo io ignoro chi siano i ribelli; lo ignorano anche tutti gli editorialisti che pure li esaltano. Due ipotesi sembrano comunque abbastanza ragionevoli. Ciò che i ribelli appartengano ad alcuni clan tradizionali esclusi dalle rendite petrolifere; e che esprimano il fortissimo risentimento di gran parte della popolazione contro l’immigrazione dall’Africa Nera, tanto che la rivolta è stata accompagnata da alcuni sanguinosi massacri di migranti.

La ribellione ha però incontrato, a quanto pare, l’ostilità della maggioranza del paese e certamente delle sue forze armate, e nel giro di alcuni giorni ha subito alcune decisive sconfitte.

Tutto questo è avvenuto in concomitanza con due sommosse nel mondo arabo – quella dello Yemen e quella del Bahrein.

In un giorno, i cecchini dell’esercito yemenita hanno ucciso 72 manifestanti (non sappiamo quanto rappresentativi della società yemenita nel suo complesso), mentre nel Bahrein è intervenuto direttamente l’esercito saudita per sopprimere una rivolta promossa dalla schiacciante maggioranza della popolazione. Anche gli Emirati Arabi, che partecipano alla coalizione anti-Gheddafi, hanno contribuito alla repressione della rivolta in Bahrein con “almeno 500 poliziotti“.

Mentre cadevano le ultime fortezze dei ribelli libici, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione 1973, che esige dalla Libia il cessate il fuoco e la fine di “attacchi contro i civili”.

E qui, se ho capito, sta tutto il trucco.

In Libia, lo scontro non è infatti – come invece in Tunisia, Yemen, Bahrein o Egitto – tra le forze armate da una parte, e masse di manifestanti pacifici dall’altra. In Libia, i ribelli hanno armi, carri armati e persino un caccia (che hanno esibito tra l’altro subito dopo l’imposizione della No Fly Zone).

Ma non appartenendo a un esercito regolare, potrebbero essere definiti in effetti dei “civili“. Anche quando vengono addestrati da truppe straniere. Nei lanci di agenzia ripresi da Repubblica, ad esempio, leggiamo stamattina:

“11:49
Stampa Gb: Forze speciali inglesi a fianco dei ribelli da settimane

Centinaia di soldati delle forze speciali britanniche Sas sarebbero in azione da almeno tre settimane in Libia al fianco dei gruppi ribelli, afferma oggi il quotidiano Sunday Mirror. Due unità di forze speciali soprannominate “Smash” per la loro capacità distruttiva, avrebbero dato la caccia ai sistemi di lancio di missili terra aria di Muammar Gheddafi (i Sam 5 di fabbricazione russa) in grado di colpire bersagli attraverso il Mediterraneo con una gittata di quasi 400 chilometri. Affiancate da personale sanitario, ingegneri e segnalatori, le Sas hanno creato posizioni sul terreno in modo da venire in aiuto in caso in cui jet della coalizione fossero stati abbattuti durante i raid.”

La risoluzione dell’ONU evita di citare o definire l’avversario armato dell’esercito libico, e non dice nulla su come l’esercito libico debba comportarsi nei riguardi di combattenti nemici.

L’omissione è talmente evidente, che possiamo immaginare che i suoi autori abbiano voluto una fatale ambiguità.

Se “civile” vuol dire chi non porta armi, allora si potrebbe chiedere all’esercito – e anche alla parte avversa – di lasciare in pace i civili.

Ma se “civile” vuol dire combattente, nemico dell’esercito governativo…

se l’esercito libico cessa di combattere con le armi questo particolare tipo di “civili”, sarà costretto a subirne passivamente gli attacchi armati; cioè è destinato alla sconfitta militare.

Cosa che nessun esercito potrebbe accettare.

Ma se l’esercito continua a combattere, verrà accusato di violazione della risoluzione. E quindi verrà annientato ugualmente, ma dall’estero.

Non c’è via di uscita.

E così leggiamo tra i lanci di agenzia di Repubblica di stamattina qualcosa che non appare affatto nel testo della risoluzione, ma che sospettiamo fosse nella mente dei suoi autori:

09:03
Il generale Clark: “Tutto lecito per difendere i civili”

“La risoluzione dell’Onu è nettissima riguardo all‘obiettivo finale: sbarazzare la Libia del dittatore Muhammar Gheddafi. Per questo il Consiglio di sicurezza ha autorizzato il ricorso a ogni mezzo, salvo l’occupazione militare del Paese. In breve tutto è lecito, o quasi”.

Lo dice a Repubblica il generale Wesley Clark, ex comandante supremo delle forze Nato durante la guerra del Kosovo.”

Comunque, la risoluzione semplicemente impone il divieto di voli sul territorio libico, impone un embargo sulle armi e congela i beni di alcuni esponenti del governo libico.

Il governo libico dichiara subito di accettare in pieno la risoluzione e chiede l’invio di osservatori, e infatti non ci risultano voli libici, militari o non, dopo la sua approvazione.

Alcune ore dopo l’approvazione, Sarkozy convoca a Parigi un vertice cui partecipa anche Silvio Berlusconi. Il quale, prima di partire, ha promesso a quanto pare al proprio consiglio dei ministri di non lanciare l’Italia in avventure pericolose, tali da attirare su questo paese centinaia di migliaia di profughi o qualche missile.

Parola d’imprenditore…

Il vertice finisce verso le 15. A questo punto, uno si immagina una delegazione che vada in Libia, spieghi in modo chiaro le richieste, risolva in maniera diplomatica i conflitti, apra le vie agli aiuti umanitari. Dando ovviamente qualche giorno di tempo per permettere a un esercito non certamente prussiano di coordinarsi e di capire cosa deve fare.

No.

Due ore dopo la fine del vertice e poche ore dopo l’approvazione della risoluzione 1973, gli attaccanti dichiarano che la Libia “non ha rispettato” le loro istruzioni: in cosa consista tale violazione, non ci è dato sapere; comunque a partire dalle 17.40, scaricano sulla Libia un intero arsenale.

Tra cui anche 110 missili Tomahawk, prodotti dalla Raytheon Company: ricordiamo che Obama ha nominato ben tre dirigenti della Raytheon a funzioni chiavi dell’amministrazione degli Stati Uniti, tra cui il signor William Lynn, che passa direttamente dallla gestione della lobby ufficiale a Washington della Raytheon, al posto di vicesegretario alla Difesa con il potere di decidere le spese che farà il Pentagono.

Un solo missile Tomahawk costa 1,5 milioni di dollari, comprensive di ammortamento delle spese di ricerca.

Moltipicato per 110 farebbe 116 milioni di Euro. All’incirca quello che costano allo Stato italiano 15.000 alunni del sistema scolastico pubblico per un anno (dati Ocse 2008, citati in Mila Spicola, La scuola s’è rotta. Lettere di una professoressa, Einaudi, p. 172).

Io non so per quale motivo Francia, Inghilterra e Stati Uniti (l’Italia non conta) abbiano deciso di attaccare la Libia.Non so per quale motivo, fino a qualche mese fa accoglievano Gheddafi con tutto il suo pittoresco seguito e oggi lo vogliono morto.

Il petrolio ovviamente c’entra; ma era necessaria proprio una guerra? Si sarebbe speso infinitamente di meno per corrompere quattro politici, o per pagare il medico di Gheddafi a mettergli il veleno in una bevanda.

Le continue guerre americane, quasi sempre contro nazioni indifese, vengono in genere spiegate con considerazioni geopolitiche: vogliono, ad esempio, il petrolio iracheno o quello libico, prima che cada in mano ai cinesi.

Credo che l’ipotesi sia perfettamente ragionevole, ma non escluda un’altra – cioè che il sistema socio-economico statunitense abbia bisogno delle guerre in sé, perché finanziano il sistema militare-industriale, perché danno un senso alla vita di milioni di persone, dal clandestino messicano che vende panini ai muratori della base militare nel deserto dello Utah, all’insegnante di arabo sovvenzionato dal Pentagono per formare persone che si occupino della “sicurezza nazionale”.

Può darsi che gli Stati Uniti riusciranno a scippare il petrolio libico ai concorrenti; ma sappiamo con certezza che la Raytheon è riuscita a guadagnare 116 milioni di Euro in un pomeriggio con questa storia.


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Re: Sulla rivolta libica il rischio di una pietra tombale

Messaggioda ranvit il 21/03/2011, 10:30

Tutto abbastanza realistico (entrambi i punti di vista).
Ma, cosi' va il mondo.
Diciamo che questa volta Gheddafi ha veramente esagerato sia contro il suo popolo che contro il mondo intero. Avrebbe dovuto saperlo; gli è stato concesso di tutto in questi 40 anni di potere; poteva accontentarsi e ritirarsi godendosi "la pensione" ricchissima di ex dittatore. Invece no. Come Saddam Hussein.
Yemen e Barhein? Se esagereranno anche loro, in qualche modo, saranno eliminati.

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Sulla rivolta libica il rischio di una pietra tombale

Messaggioda lucameni il 21/03/2011, 14:55

Anche le fonti hanno il loro peso.
Se andiamo ad approfondire chi sono Martinez e Fulvio Grimaldi, chi hanno sostenuto, con chi sono in contatto, magari potrebbero nascere considerazioni non strepitose per quanto propagandano.
L'importante è sapere sia di cosa si parla sia conoscere chi parla (e scrive).
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
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Re: Sulla rivolta libica il rischio di una pietra tombale

Messaggioda flaviomob il 22/03/2011, 13:48

Bombe intelligenti...


Scritto da InfoPal Martedi 22 Marzo 2011 09:33
http://www.megachip.info/tematiche/guer ... niche.html
Gaza - Ma'an, Pal-Info, InfoPal. 18 feriti, tra cui 8 bambini e 7 donne: e
l'ultimo aggiornamento del tragico bilancio proveniente dalla Striscia di Gaza.
Ieri sera e tornato il terrore tra la popolazione palestinese assediata.
L'aviazione israeliana e stata impegnata fino a tarda notte a bombardare
numerose aree di Gaza, principalmente a Gaza City e nel nord.
F-16 israeliani hanno bombardato la postazione della polizia intitolata al
leader di Hamas assassinato da Israele, 'Abdel 'Aziz ar-Rantisi, ubicata
nell'area di at-Tuwam, a nord-ovest di Gaza City.
E' stata colpita anche la clinica medica "Hijaz", struttura ospedaliera gia
distrutta nel corso della vasta guerra israeliana su Gaza, tra il 2008 e il
2009, "Piombo Fuso", e in seguito ricostruita. Fonti medico-ospedaliere hanno
confermato il bombardamento della clinica e gli ingenti danni riportati dalle
strutture nei reparti.
La clinica "Hijaz" fornisce assistenza in diversi settori medici a circa 10mila
cittadini palestinesi.
Molto grave il bombardamento sferrato da Israele ad est del quartiere di
ash-Shuja'yah, a Gaza City. Qui un garage per le riparazioni di autovetture e
andato totalmente in fiamme. Al suo interno vi erano ammassati pneumatici e i
due missili qui lanciati dall'aviazione israeliana hanno anche colpito una zona
deserta sul retro del cimitero "Khaza'ah". Nessun ferito.
Nella catena di bombardamenti israeliani anche una fabbrica di blocchi di
cemento e stata colpita a nord della Striscia di Gaza. Per l'esattezza di tratta
di un cantiere situato a Jabal ar-Ra'is (Jabaliya est).
Altri missili sono stati lanciati dagli aerei da guerra israeliana contro Gaza
City: nel quartiere di az-Zaytun e stata distrutta una fabbrica metallurgica di
proprieta della famiglia ad-Daya. Anche qui, non si sono riportati feriti.
Nel quartiere di at-Tuffaha, ad est di Gaza City, una fabbrica di plastica
presso "Jabal as-Surani", nella zona di Sha'ef, e stata bombardata.
A sud della Striscia di Gaza e stata colpita l'area della moschea "'Ebad
Rahman", a est di Khan Younes. I due missili qui lanciati hanno fatto temere il
peggio perche Khan Younes e una delle zone maggiormente popolate in tutta la
Striscia di Gaza. Le abitazioni adiacenti alla moschea, tra cui quella della
famiglia an-Najjar, sono state fatte evacuare. Via Jalal, altra arteria stradale
particolarmente trafficata, non e tata risparmiata dall'aviazione israeliana.
Adham Abu Salmiyah, portavoce dei servizi medici locali ha fatto sapere che sui
18 feriti finora accertati, 8 sono bambini e 7 donne. Dieci sono stati condotti
d'urgenza presso l'ospedale di Gaza, "ash-Shifa" e il resto presso quello di
Kamal 'Adwan, a nord. Non ci sarebbero casi critici.
Era intervenuto in pubblico gia in seguito alla catena di attacchi e
controffensive nel fine settimana scorso, e nelle ultime ore, il portavoce delle
brigate al-Qassam, Abu 'Obeidah, ha proposto nuovamente una tregua a Israele,
ribadita questa volta in forma scritta.
"Qualora Israele decidesse di fermare gli attacchi contro la Striscia di Gaza,
anche la resistenza si fermera nel lancio di colpi di mortaio verso. In caso
contrario, non avremo altra scelta se non rispondere".
Per ulteriori informazioni:
http://www.maannews.net/eng/ViewDetails.aspx?ID=371003
http://www.palestine-info


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Re: Sulla rivolta libica il rischio di una pietra tombale

Messaggioda Iafran il 07/04/2011, 9:05

http://affaritaliani.libero.it/ultimiss ... 0411080254

Libia/ Appello Onu per un cessate il fuoco a Misurata
Giovedi, 7 Aprile 2011 - 08:02

Le Nazioni Unite hanno lanciato un appello per far cessare i combattimenti nella città libica di Misurata e garantire così l'assistenza ai feriti e alla popolazione stremata da settimane di assedio. "La situazione sul campo è critica per molte persone che hanno bisogno di cibo, acqua potabile e aiuti medici - ha detto il Segretario generale aggiunto dell'Onu per gli Affari umanitari, Valerie Amos - la possibilità di lasciare la città è diventata ormai una questione di vita o di morte. Abbiamo bisogno di una tregua temporanea per consentire alle persone di mettersi al riparo (...) e portare alle persone quello di cui hanno disperatamente bisogno."
- - -

Tutto perché il "premier" ama il proprio popolo di un "amore da morire".
Intanto la NATO, ieri, ha bloccato un natante che portava cibo e armi ai cittadini di Misurata, i nuovi martiri per la libertà.
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