flaviomob ha scritto:Anch'io oggi pensavo all'ingresso nell'euro in relazione al declino italiano, rispetto alle posizioni di Prodi sulla regressione, nell'articolo inviato da Franz in un altro 'titolo' del forum (mi sto sforzando in ogni modo di non usare il termine inglese, 'thread', dato che credo che ne abbiamo parecchi, di termini, anche noi...). Siamo usciti per decenni da ogni crisi svalutando ed esportando... forse ci siamo assuefatti e non siamo capaci di cambiare...
L'ingresso nell'euro è in qualche modo collegato al rallentamento dello sviluppo italiano.
Dopo l'aggiustamento finanziario che aveva preceduto l'ingresso nella moneta unica servivano riforme ed investimenti per ridare competitività al sistema paese. Non è successo nulla di tutto ciò.
L'altro elemento è rappresentato dalle privatizzazioni, da cui ci si attendevano quattro risultati sostanziali:
- risorse finanziarie per ridurre il debito. Su questo obiettivo dei risultati sono stati sostanzialmente raggiunti;
- un ampliamento della partecipazione dei cittadini al mercato azionario. Un risultato sostanzialmente ottenuto;
- un incremento dell'efficienza e della produttività nelle aziende privatizzate. I risultati sono stati disomogenei anche perchè l'aumento di produttività era già iniziato prima delle privatizzazioni.
- maggiori investimenti dalle imprese privatizzate. I maggiori profitti, dove ci sono stati, sono andati in dividenti agli azionisti. La crescita degli investimenti attesa s'è vista poco.
flaviomob ha scritto:Gli indici, di benessere o di produttività, sono tutti opinabili però possono essere anche strumenti di osservazione e comparazione interessanti, tenendo conto che il PIL è spesso paradossale (l'alluvione del Veneto genera PIL, così come tante catastrofi) e la felicità, in quanto tale, non è misurabile. Gli indici possono avere qualche significato se permettono una comparazione con parametri omogenei (certo è difficile pensare che la felicità per un etiope sia comparabile con quella di un newyorchese) o un'osservazione significativa in un arco di tempo medio-lungo.
L'unica mia certezza è che qualunque indice si utilizzi, questo paese negli ultimi 10 anni è andato a pezzi... E' tristemente significativo che ne' il centrodestra ne' il centrosinistra abbiano offerto una soluzione valida al problema dei rifiuti in Campania, tanto per citare quello simbolicamente più forte.
Gl'indici sono tutti dei "riassunti" di una realtà più complessa. In questo prospettiva sono utili (se sono strutturati correttamente) per avere una fotografia senza esaminare migliaia di informazioni.
A livello europeo e internazionale oggi c'è una riflessione molto articolata sulla qualità di vari indicatori. Il problema ormai evidente è che molti di questi forniscono un risultato del tipo: "il paziente era ancora in vita 15 minuti prima di morire".
Che in Italia ci siano problemi seri è noto, ma probabilmente siamo il paese al mondo più difficile da esaminare e comparare. I motivi sono tanti: c'è un sommerso enorme che falsa un po’ tutti i dati; c'è una forte divergenza tra nord, centro e sud, e attorno alle medie paese si verificano scostamenti molto grandi; c’è quella cultura, che con un certo disprezzo, viene definita "arte di arrangiarsi" che modifica processi e procedure formali e rende spesso difficile comprendere ad un osservatore esterno come funziona in concreto il paese.
E’ una competenza che il paese ha sviluppato nel corso dei secoli e che rappresenta un punto di forza che non va perso, ma che non può e non deve supplire perennemente alla totale incapacità di far funzionare le cose in modo ordinario.
ciao
Trilogy