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Pubblica Amministrazione

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

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Messaggioda trilogy il 28/10/2010, 12:01

(..)Il contenimento dei numeri del pubblico impiego, assicura il ministro, viene raggiunto "senza pregiudicare volume e qualità dei beni e servizi pubblici offerti: dato il numero totale dei dipendenti della pubblica amministrazione al 2007 pari a 3,57 milioni di unità, la riduzione prospettata (-8,4%) nel quinquennio implica un aumento medio di produttività annuo del 2% circa".(..)

classico giochino di parole da economista furbetto. Il quadro di riferimento viene dato per scontato, come una verità soprannaturale un dogma:
"senza pregiudicare volume e qualità dei beni e servizi pubblici offerti"

il suo capo, quando non può o non vuole replicare con degli elementi concreti a delle accuse specifiche, utilizza un giochino analogo: Dovete credermi, lo giuro sui miei figli

di conseguenza il risultato "inevitabile" è:
la riduzione prospettata (-8,4%) nel quinquennio implica un aumento medio di produttività annuo del 2% circa".

E se quelli rimasti continuano a lavorare al ritmo di prima, con le tecnologie di prima, le procedure di prima ecc...?
E' semplice: scende la qualità e la quantità dei beni e servizi pubblici offerti.



L'articolo completo:


LAVORO
Brunetta: "Riduzione di 300.000 occupati
nella Pubblica amministrazione"
La stima è del ministro della PA e si riferisce al 2008-2013. È "l'effetto delle misure in materia di blocco del turn-over, contratti di lavoro flessibile e collocamento a riposo". "Assenteismo ridotto del 35%"

ROMA - Nella pubblica amministrazione "per effetto delle misure in materia di blocco del turn-over, contratti di lavoro flessibile e collocamento a riposo, complessivamente tra il 2008 e il 2013 si può prevedere una riduzione dell'occupazione nel pubblico impiego di oltre 300 mila unità", pari ad un calo dell'8,4%. E' tra i dati portati dal ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, ad un anno dalla riforma, ad un convegno nel quale viene presentato anche il rapporto dell'Ocse sulla riforma della pubblica amministrazione in Italia. "Negli anni 2008 e 2009 - si legge nel documento presentato al convegno - il personale si è ridotto di circa 72 mila occupati scendendo a circa 3,5 milioni di unità".

Le misure di contrasto all'assenteismo "hanno comportato una riduzione media delle assenze per malattia pro capite dei dipendenti pubblici di circa il -35%", ha aggiunto Brunetta, per il quale "questo successo si traduce in 65 mila dipendenti in più ogni anno sul posto di lavoro, valore superiore a tutta la popolazione residente del comune di Viterbo. Anche in questo caso siamo riusciti a riallineare i valori tra settore pubblico e privato".

Il contenimento dei numeri del pubblico impiego, assicura il ministro, viene raggiunto "senza pregiudicare volume e qualità dei beni e servizi pubblici offerti: dato il numero totale dei dipendenti della pubblica amministrazione al 2007 pari a 3,57 milioni di unità, la riduzione prospettata (-8,4%) nel quinquennio implica un aumento medio di produttività annuo del 2% circa".
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Re: Pubblica Amministrazione

Messaggioda Iafran il 28/10/2010, 12:48

trilogy ha scritto:LAVORO
Brunetta: "Riduzione di 300.000 occupati
nella Pubblica amministrazione"

I bei tempi di una volta (quando le notizie eclatanti erano i posti di lavoro che avrebbero creato ... se vincevano le elezioni) non tornano più! :(
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Re: Pubblica Amministrazione

Messaggioda franz il 28/10/2010, 13:23

Iafran ha scritto:
trilogy ha scritto:LAVORO
Brunetta: "Riduzione di 300.000 occupati
nella Pubblica amministrazione"

I bei tempi di una volta (quando le notizie eclatanti erano i posti di lavoro che avrebbero creato ... se vincevano le elezioni) non tornano più! :(

Beh, teoricamente se i servizi di questi 300'000 sono utili e insostituibili, e non piu' offerti dallo stato, allora saranno offerti dai privati e quindi il saldo dei posti di lavoro non cambierà. Anzi, diminuiscono le spese dello stato (300'000 persone alla media di 33'000 euro lordi fanno quasi 10 miliardi di euro) ed aumenta il gettito fiscale, perché le attività economiche private sostitutive pagheranno le imposte (IVA etc). Se invece il loro lavoro era inutile, oppure risparmiabile per altri aumenti di produttività, non sarà sostituito e quindi l'unico risparmio sarà dato dai 10 miliardi. Non è comunque poco. Quei 300'000 in questo caso dovranno industriarsi a trovare qualche cosa di utile da fare. Cosa che se ci riusciranno, sarà comunque un vantaggio per la nazione. Vuoi mettere avere 300'000 persone che passano da un lavoro inutile ad un lavoro utile?
Quindi comunqua vada, lo stato italiano ha troppi dipendenti e se li riduce è un vantaggio per tutti.
Anche per i 300'000 di cui parliamo, perché si sentiranno finalmente utili.

Franz
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Re: Pubblica Amministrazione

Messaggioda trilogy il 28/10/2010, 16:02

Per fortuna ci sono nuovi posti di lavoro all'Università.... :?
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Cercansi docenti a contratto Salario: 1 euro al mese. Lordo
Le università d'Italia cercano professori con contratti a progetto. Con un particolare: i candidati devono essere professionisti esterni alle facoltà e riceveranno uno stipendio simbolico
di GIULIA CERINO

"PER OVVIARE ai tagli e pagare le supplenze". Non si tratta di uno scherzo. Anzi. Quella contenuta nel decreto ministeriale del luglio 2008 "Criteri e modalità per il conferimento da parte degli Atenei di incarichi di insegnamento gratuiti e retribuiti" 1, è una disposizione seria. Pensata nel 2008, apposta per ovviare ai tagli già calendarizzati a due anni dopo, la legge prevede che le università, in totale autonomia, possano scegliere di coprire i "buchi" del sistema universitario italiano (posti vacanti, tagli ai corsi di laurea e al personale, sciopero dei ricercatori), assegnando per contratto "consulenze" a professionisti del lavoro, chiamati a tenere corsi "specializzati". Così, ad insegnare in quei corsi di laurea che sono stati cancellati tra il 2009 e il 2010 dalla riforma Gelmini sull'università e per ovviare ai tagli all'istruzione, che non permettono di pagare i supplenti precari, le Facoltà d'Italia assumono con contratti simbolici di un euro.

Bandi aperti in tutte le facoltà. La quota massima di docenti esterni prevista dal decreto è pari al 23 per cento del totale dei professori ordinari di ogni facoltà. Così, nell'Ateneo di Pisa, 15 insegnamenti di Lettere e Filosofia sono stati nuovamente emanati il primo settembre solo grazie a delle assunzioni a costo zero. Lo stesso è avvenuto per Scienze del Turismo, il Polo dei sistemi logistici e l'Accademia Navale di Livorno. Per un totale di 170 professori esterni su 224 di ruolo all'università di Pisa. Ma alla lista si aggiungono molti altri Atenei d'Italia che, contro i tagli, hanno aperto nuovi bandi per i posti di docenti con incarico gratuito: La Sapienza, Tor Vergata, L'Università di Bologna, quella di Milano, quella di Torino e anche quella di Cagliari. Qui il bando chiuderà il 3 novembre. Ecco perché c'è già un gran fermento.

Precari vs professionisti. Nonostante il decreto preveda che "l'attività svolta non dà luogo a diritti in ordine all'accesso nei ruoli delle università", le docenze fanno curriculum. E collezionarne a più non posso conviene, soprattutto ai precari. Che urlano allo scandalo ma che, pur di lavorare, ottenere titoli e 'fare punteggio', sono disposti a stringere i denti e insegnare gratis. In aperta competizione con i professionisti, che, rispetto ai docenti precari e ai ricercatori semplici hanno una marcia in più: "Per molti di loro - spiega Aldo Maria Morace, preside della facoltà di Lettere all'Università di Sassari e professore di Letteratura italiana - 300 euro in più o in meno non fanno la differenza. Così, si è scelto di dare 1 euro a titolo simbolico e per l'assicurazione".

"E' l'unico modo per tenere aperti alcuni corsi". Gli studenti invece ringraziano, a modo loro. Perché "assumere docenti-professionisti che lavorano gratis - continua Morace - è l'unico modo per mantenere aperti quei corsi che non esistono più ma che centinaia di studenti vorrebbero seguire perché previsti dai loro piani di studio o per ovviare all'assenza di ricercatori, ora in sciopero. Questo perché, a causa dei tagli, qui in Sardegna come altrove, non siamo più in grado di pagare le supplenze". A Cagliari infatti, l'anno scorso, ha chiuso un corso "metodi e tecniche per il servizio sociale" e per riaprirlo, l'Università di Sassari ha dovuto 'assumerè a titolo gratuito degli assistenti sociali. La stessa cosa è avvenuta anche per altri corsi di laure. Il primo, datato 29 settembre 2010, riguarda gli insegnamenti vacanti di "Tecnologie per l'istruzione", il secondo, del 7 ottobre, fa riferimento alle materie di "Informatica umanistica" e "Archeologia medievale". Per tutti questi corsi, Cagliari ha aperto un bando di concorso. Lo stipendio dei vincitori: 1 euro lordo.

"Siamo come la Slovacchia". Ma quella contenuta nel decreto del 2008 non è la soluzione giusta. "A lungo andare - conclude Morace - tutto questo peserà sulle spalle dei docenti e ricercatori precari d'Italia. Quello che sta succedendo in tutte le università della Penisola è un sintomo. Il vero problema è che siamo gli ultimi in Europa con la Slovacchia. Investiamo solo lo 0,82 del Pil in istruzione di contro a una media europea dell'1 e 80. Questo è quello di cui dovrebbero parlare i ministri".
(28 ottobre 2010)
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Re: Pubblica Amministrazione

Messaggioda Iafran il 28/10/2010, 16:07

franz ha scritto:Quindi comunqua vada, lo stato italiano ha troppi dipendenti e se li riduce è un vantaggio per tutti.
Anche per i 300'000 di cui parliamo, perché si sentiranno finalmente utili.

Guarda che in questo discorso ci sono tanti precari e probabilmente c'è anche l'istruzione e la ricerca, che in termini economici la loro rendita è nel tempo medio-lungo (e non è, poi, tanto facile da contabilizzare).
Il "capo" (e il "capetto", di riflesso) sono seguaci del "molto e subito" ("maledetto" lo aggiungerebbe chi ha un'etica, per loro è solo "benedetto" ... da tutti quelli che "incensano" dentro e fuori le chiese)
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Re: Pubblica Amministrazione

Messaggioda Iafran il 28/10/2010, 16:21

trilogy ha scritto:Cercansi docenti a contratto Salario: 1 euro al mese. Lordo
Le università d'Italia cercano professori con contratti a progetto. Con un particolare: i candidati devono essere professionisti esterni alle facoltà e riceveranno uno stipendio simbolico
di GIULIA CERINO

Se questa pratica si estendesse a tutto il pubblico impiego, sai che risparmio per i conti dello Stato. Per fortuna che ci sono loro, i nostri parlamentari, governanti e ministeriali che provvedono a controbilanciare i guadagni, altrimenti i forzieri dello Stato scoppierebbero. :evil:
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Re: Pubblica Amministrazione

Messaggioda franz il 28/10/2010, 16:37

Iafran ha scritto:Guarda che in questo discorso ci sono tanti precari e probabilmente c'è anche l'istruzione e la ricerca, che in termini economici la loro rendita è nel tempo medio-lungo (e non è, poi, tanto facile da contabilizzare).

Importante è ridurre quelli che vanno ridotti, non gli altri. Ed aumentare quelli che servono, nel caso.
Ma non ditemi che in Italia ci sono pochi funzionari pubblici, per favore.
Per quanto riguarda l'istruzione ad esempio, i vari dati comparativi OCSE mostrano che tra docenti e non docenti (personale di segreteria) siamo molto sopra la media, con risultati (vedi PISA) assai scarsi.
I dipendenti della scuola sono 1.129.863 (dati 2008 della ragioneria generlae dello stato) + 119.870 per l'Università (e non ne abbiamo nemmeno una nelle prime 100 al mondo e 50 d'europa). Gli studenti dovrebbero essere circa 8 milioni il che fa un rapporto docente studente veramente abnorme. Io credo che si possa razionalizzare e migliorare. Purtroppo la situazione attuale è frutto di decenni di malgoverno DC, che assumeva docenti a migliaia come frutto di politiche clientelari, per poi mandali in pensione dopo 15, 6 mesi ed un giorno. Quando la pacchia dei prepensionamenti è finita e c'è stato il crollo delle nascite, la scuola è rimasta con troppo personale rispetto agli allievi e l'eccesso di spesa del personale (pur malpagato rispetto all'estero) ha bloccato la spesa didattica (strutture, laboratori, computer, libri). Ditemi voi in quale paese del mondo per insegnare ad 8 milioni di studenti .... me diciamo anche 10, anche 15, abbiamo 1'250'000 addetti tra personale docente e non.

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Re: Pubblica Amministrazione

Messaggioda trilogy il 03/11/2010, 15:31

02/11/2010 di Carlo Mochi Sismondi

300.000 impiegati pubblici in meno: troppi o troppo pochi? È questione di "bene comune".

Stiamo ovviamente parlando dei trecentomila dipendenti in meno (-8,4%) che lavoreranno nelle amministrazioni pubbliche nel 2013, secondo le dichiarazioni fatte da Brunetta qualche giorno fa. Si tratta, come subito precisato, non di licenziamenti, ma di blocco del turnover, di regolamentazione dei contratti atipici, di pensionamenti: ma comunque è una bella cifra seppure frutto di cinque anni di provvedimenti. È troppo grande o troppo piccola questa riduzione? Gli statali sono troppi o troppo pochi?

È chiaro che alla mia domanda è impossibile rispondere, nonostante ahimè molti ci abbiano provato con reazioni non molto meditate in un senso o nell’altro, senza rispondere prima alla domanda su quale sia la PA che vogliamo. Comincerò quindi da questa risposta, a rischio di essere noioso, poi prometto di tornare alla domanda iniziale.
Io credo fermamente che l’amministrazione pubblica di un Paese democratico vada considerata come un “bene comune” e da questa convinzione farò discendere alcune conseguenze spero non banali.

Per sostenere che la PA di un Paese è un “bene comune” è necessario definire insieme questo concetto che avevamo già accennato in un precedente editoriale. Nella tradizione giuridica anglosassone vengono definiti “commons”- beni comuni - quei beni che sono proprietà di una comunità e dei quali la comunità può disporre. La nozione di “beni comuni” identifica, perciò, tutti quei beni materiali e immateriali: l’ambiente, le foreste, il mare come ecosistema e come territorio di pesca, le acque interne, le infrastrutture e i servizi di pubblica utilità, ma anche immateriali: la fiducia sociale, la solidarietà, la sicurezza, la conoscenza che costituiscono un patrimonio collettivo di una comunità e il cui uso deve essere regolato per impedire che queste risorse comuni siano preda di soggetti o organizzazioni singole che, attraverso un uso indiscriminato ne producano nel tempo l’impoverimento. Alla fine degli anni sessanta uno studioso, Garret Hardin, in un famoso articolo intitolato “La tragedia dei beni comuni” propose la tesi secondo la quale questi beni sarebbero destinati all’esaurimento perché preda sempre e comunque degli egoismi individuali; un più equilibrato e moderno studio che a partire dagli anni ’90 si è svolto soprattutto negli Stati Uniti (Elinor Ostrom ne è stata paladina) propone invece una tesi opposta. I beni comuni possono essere beni “sostenibili” ed essere un risorsa fondamentale per le comunità e le nazioni a patto che le comunità coinvolte nel loro utilizzo definiscano e condividano regole per la loro “sostenibilità” e cioè garantiscano la possibilità della rigenerazione naturale o sociale dei beni comuni stessi.

Come vedete questa metafora è feconda per la PA e ci pone subito alcuni principi che sono punti cardinali del nostro ragionamento:

° la PA per essere bene comune deve essere svincolata da interessi di parte…

° …nello stesso momento per poter essere “sostenibile”, e quindi perché non si estingua nei conflitti, deve essere regolata…

° …e tali regole devono essere ampiamente condivise e non dettate da una o l’altra parte politica,

° infine, last but not least, la PA e i suoi dipendenti non possono essere giudicati o valutati se non sulla base dell’effettiva disponibilità che di essa hanno i membri della comunità, quindi, in altre parole, sulla base dell’incremento della qualità e della quantità della “restituzione di valore” che la PA è tenuta a garantire ai cittadini contribuenti secondo quello che è il primo principio del patto sociale.

Abbiamo quindi, tramite il ricorso al concetto di commons, introdotto un orientamento nel nostro percorso: la nostra stella polare, nel prendere le misure alla PA, sarà data dal “bene comune” e i nostri punti cardinali, su cui ci orienteremo, saranno tre presupposti deontologici che appartengono alla amministrazione pubblica e che vanno contemperati: la sua autonomia da interessi di parte (per altro garantita al massimo livello dalla Costituzione), la sua responsabilità di fronte ai cittadini (ma anche ai loro rappresentanti politici… e qui la cosa non è banale) , la sua trasparenza e accountability.
Diremo, quindi, che la PA che vogliamo è caratterizzata da “autonomia, responsabilità, trasparenza”. Si tratta per altro di principi costituzionalmente garantiti e come tali “non a disposizione” di una o l’altra parte politica.
Su questa base torniamo alla nostra domanda iniziale: è una cosa buona o cattiva per il Paese che la PA dimagrisca in modo così significativo?

Mi lascia molto freddo la preoccupazione che misure del genere accrescano la disoccupazione, non perché sottovaluti il tragico problema della mancanza di posti di lavoro e, soprattutto, della scarsa percentuale degli occupati in Italia, ma perché credo che non sia compito dell’amministrazione pubblica quello di creare lavoro purché sia. La mia risposta quindi nascerà solo dalle considerazioni precedenti.

Su questa base, a mio parere, è un bene se la PA si riduce, e quindi costa meno (contribuendo così alla tenuta dei conti pubblici), SE e solo SE non si riduce il suo valore di “bene comune” del Paese, quindi…

- SE questa riduzione non pregiudica il suo orientamento all’interesse della comunità nazionale, e quindi non riduce la quantità e la qualità dei servizi forniti ai cittadini ed alle imprese. E’ ovvio che perché questo succeda deve aumentare e non di poco la produttività, con tutto quello che ne consegue anche in termini di investimenti organizzativi e tecnologici;
- SE attraverso il blocco del turnover non penalizziamo i giovani e non peggioriamo il già drammatico invecchiamento della forza lavoro pubblica (con quasi 48 anni di media siamo la PA più vecchia del mondo!) riducendone di fatto il suo valore;
- SE nella scelta della riduzione ci muoviamo nel solo interesse pubblico, quindi senza interessi di parti o di lobby;
- SE con questa riduzione e con il blocco delle assunzioni non impoveriamo alcuni asset di competenze fondamentali per una PA che voglia attuare il “governo con la rete”: penso ai project manager, ai negoziatori, agli esperti di relazioni pubbliche, ai tecnici e ai teorici dell’innovazione: ma anzi se utilizziamo questa riorganizzazione per avere le competenze che ci servono (“meno uscieri, più ingegneri” aveva detto il precedente Ministro Nicolais beccandosi bordate di fuoco anche “amico”);
- SE siamo capaci di discriminare e di giudicare dove e come ridurre e, quindi, non attuiamo tagli ciechi anche qui, ma diminuiamo la forza lavoro dove è in eccesso e la rimbocchiamo, almeno in parte, dove è carente;
- SE siamo capaci di impiegare bene le risorse che ci sono e, quindi, di “muoverle” lì dove ci servono con una mobilità agile e flessibile.

A voi il giudizio se stiamo rispettando queste condizioni.
http://saperi.forumpa.it/story/50970/30 ... 2010-11-02
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Re: Pubblica Amministrazione

Messaggioda franz il 03/11/2010, 17:47

Su questa base, a mio parere, è un bene se la PA si riduce, e quindi costa meno (contribuendo così alla tenuta dei conti pubblici), SE e solo SE non si riduce il suo valore di “bene comune” del Paese, quindi…

- SE questa riduzione non pregiudica il suo orientamento all’interesse della comunità nazionale, e quindi non riduce la quantità e la qualità dei servizi forniti ai cittadini ed alle imprese. E’ ovvio che perché questo succeda deve aumentare e non di poco la produttività, con tutto quello che ne consegue anche in termini di investimenti organizzativi e tecnologici;
- SE attraverso il blocco del turnover non penalizziamo i giovani e non peggioriamo il già drammatico invecchiamento della forza lavoro pubblica (con quasi 48 anni di media siamo la PA più vecchia del mondo!) riducendone di fatto il suo valore;
- SE nella scelta della riduzione ci muoviamo nel solo interesse pubblico, quindi senza interessi di parti o di lobby;
- SE con questa riduzione e con il blocco delle assunzioni non impoveriamo alcuni asset di competenze fondamentali per una PA che voglia attuare il “governo con la rete”: penso ai project manager, ai negoziatori, agli esperti di relazioni pubbliche, ai tecnici e ai teorici dell’innovazione: ma anzi se utilizziamo questa riorganizzazione per avere le competenze che ci servono (“meno uscieri, più ingegneri” aveva detto il precedente Ministro Nicolais beccandosi bordate di fuoco anche “amico”);
- SE siamo capaci di discriminare e di giudicare dove e come ridurre e, quindi, non attuiamo tagli ciechi anche qui, ma diminuiamo la forza lavoro dove è in eccesso e la rimbocchiamo, almeno in parte, dove è carente;
- SE siamo capaci di impiegare bene le risorse che ci sono e, quindi, di “muoverle” lì dove ci servono con una mobilità agile e flessibile.

Perfettamente d'accordo su tutta la linea con l'impostazione di questo articolo, con tutti i SE.
A mio avviso un riduzione del personale fatta con tagli lineari è una stupidata pazzesca.
Ci sono enti che possono scendere del 30%, altri che forse dovrebbero aumentare, assumendo giovani.
Altro errore madornale è il blocco del turnover.
Ma quando si ricorre al blocco del turnover è perché i sindacati accettano questa come unica soluzione possibile.
Sul piano razionale un imprenditore che dovesse licenziare il 10% della propria forza lavoro dovrebbe esaminare caso per caso chi licenziare. Non semplicemente bloccare le assunzioni ed aspettare che chi va in pensione lo faccia.
In questo modo anno dopo anno aumenta l'età media del personale. Quindi il blocco del turnover è dovuto alle richieste sindacali e politiche, non alle necessità di una PC che sia "bene comune".

Franz
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Re: Pubblica Amministrazione

Messaggioda trilogy il 25/08/2011, 9:10

'INCHIESTA - LA SPESA PUBBLICA
Quei super dirigenti statali pagati con un doppio stipendio
Lo scandalo dei «fuori ruolo». Solo i magistrati sono trecento


Il governatore Formigoni dice che i cittadini chiedono un segnale: vendere le Poste, la Rai, il patrimonio immobiliare. L'esperienza ha purtroppo insegnato che finora vendere significa svendere, o meglio, profitti privati e perdite pubbliche. Il ministro è sempre lo stesso, quello della cartolarizzazione più grande del mondo, ovvero la vendita degli immobili degli enti previdenziali, attraverso società di diritto lussemburghese, Scip 1, 2 e 3. Un fallimento pagato da noi e che qualcuno ha definito «romanzo criminale». Forse il cittadino avrebbe maggiore fiducia se a vendere fosse una nuova generazione politica. Certo è che il primo segnale che il cittadino, quello che deve continuare a tirarsi il collo, oggi chiede, è di farla finita almeno con privilegi che gridano vendetta e che si continua ad escludere dalla cura dimagrante.


Era l'inizio di dicembre 2010, era appena stata varata una manovra di correzione dei conti pubblici con i soliti tagli lineari, quando invitammo, senza essere degnati di cortese risposta, la presidenza del Consiglio e il ministro Tremonti a provvedere all'eliminazione di una norma che non ci risulta applicata in nessun altro paese civile: l'incasso di uno stipendio per un mestiere che non fai
( http://www.report.rai.it ). Quando un dipendente pubblico viene chiamato a svolgere un incarico presso un ministero, una commissione parlamentare, un'authority o un organismo internazionale, va in «fuori ruolo». Trattandosi di incarico temporaneo, conserva ovviamente il posto, l'anomalia è che conserva anche lo stipendio, a cui si aggiunge l'indennità per il nuovo incarico. In sostanza due stipendi per un periodo di tempo spesso illimitato. Nel 1994 il Csm lanciava l'allarme, segnalando «il numero crescente dei magistrati collocati fuori ruolo, la durata inaccettabile di alcune situazioni, alcune superano il ventennio, quando non il trentennio... la reiterazione degli incarichi... con la creazione di vere e proprie carriere parallele».


Domanda: è ammissibile che un soggetto che non lavora per un'amministrazione, ma lavora per un'altra, venga pagato anche dall'amministrazione per la quale non lavora?Sono bravi dirigenti dello Stato, sicuramente i migliori, visto che sono sempre gli stessi a passare cronicamente da un fuori ruolo ad un altro, lasciando sguarnito il posto d'origine perché non possono essere sostituiti, e i loro colleghi che restano in servizio si devono far carico anche del loro lavoro. E poi c'è il danno, il magistrato fuori ruolo percepisce anche l'indennità di malattia, mentre quelli in servizio la perdono. Per arrivare alla beffa, e cioè possono essere promossi, ovvero avanzare di carriera mentre sono fuori ruolo. Ad esempio Antonio Catricalà è fuori ruolo dal Consiglio di Stato da sempre, è stato capo gabinetto di vari ministri di schieramenti opposti, poi all'Agcom, fino al 2005 segretario della presidenza del Consiglio con Berlusconi, quindi nominato presidente dell'Antitrust. Non ricopre la carica in Consiglio di Stato, ma ciononostante nel 2006 da consigliere diventa presidente di sezione, e senza ricoprire quel ruolo incassa uno stipendio di 9.000 euro netti al mese che si aggiungono ai 528.492,67 annui dell'Antitrust.


A fare carriera senza ricoprire la carica è anche Salvatore Sechi, distaccato alla presidenza del Consiglio con un'indennità di 232.413,18, e Franco Frattini, nominato presidente di sezione del Consiglio di Stato il 7 ottobre del 2009 mentre è ministro della Repubblica (che però risulta in aspettativa per mandato parlamentare). Consigliere di Stato è anche Donato Marra: percepisce 189.926,38, più un'indennità di funzione di 352.513,23 perché è alla presidenza della Repubblica. Il dottor Paolo Maria Napolitano oltre allo stipendio di consigliere di Stato in fuori ruolo, prende 440.410,49 come giudice della Corte costituzionale. Anche Lamberto Cardia, magistrato della Corte dei conti fuori ruolo, è stato 13 anni alla Consob, ma il 16 ottobre del 2002 è stato nominato presidente di sezione, «durante il periodo in cui è stato collocato fuori ruolo», specifica l'ufficio stampa della Corte dei conti, «ha percepito il trattamento economico di magistrato, avendo l'emolumento di 430.000 euro corrisposto dalla Consob, natura di indennità».


Tra Consiglio di Stato, Tar, Corte dei conti, Avvocatura dello Stato e magistratura ordinaria, sono fuori ruolo circa 300 magistrati che mantengono il loro trattamento economico percependo un'indennità di funzione che a volte supera lo stipendio. Il commissario dell'Agcom Nicola D'Angelo ha sentito la necessità di rinunciare all'assegno e mettersi in aspettativa. Dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni riceve un'indennità di 440.410,49 annui, dall'agosto del 2010, dopo la manovra che tagliava gli insegnanti di sostegno nelle scuole per i disabili e gli stipendi dei dirigenti pubblici del 10%, ha rinunciato ai 7.000 euro al mese che prendeva da consigliere del Tar fuori ruolo. Una scelta personale, visto che non ci ha pensato Tremonti. D'Angelo dice di essere l'unico a porsi un problema etico, in effetti gli altri, ad esempio Alessandro Botto, consigliere di Stato fuori ruolo e componente dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, con doppio stipendio, ha dichiarato di non sapere che si potesse rinunciare al doppio assegno. La giustificazione è che lo stipendio da magistrato serve ad integrare quello per la carica da dirigente perché non abbastanza remunerata.


È proprio vero che all'ingordigia non c'è fine: il presidente della Consob spagnola prende 162.000 euro l'anno, quello delle telecomunicazioni 146.000, non un euro in più, e nessun magistrato prestato ad altre funzioni mantiene il posto e tantomeno lo stipendio. Le nostre associazioni dei magistrati hanno chiesto più volte di limitare l'uso dei magistrati fuori ruolo ai casi strettamente necessari, perché si può creare una pericolosa commistione tra ordine giudiziario e potere politico, oltre a quello di sottrarre centinaia di magistrati al lavoro di giudici per svolgere il quale sono stati selezionati e vengono pagati. Ma sicuramente alla politica che sceglie, dai capi gabinetto ai membri delle Authority, fa sempre comodo «valorizzare» i magistrati, sia penali che amministrativi, perché in atti dove si deve forzare un po' la mano, possono dare utili consigli. Allora, visto che in questi giorni ai cittadini verranno imposte lacrime e sangue, cominciamo ad eliminare elargizioni e benefici il cui accumulo rende impossibile perfino la quantificazione. Non sono questi i numeri che porteranno al pareggio di bilancio, ma certamente hanno contribuito a far sballare i conti e alla formazione di una cultura arraffona e irresponsabile. Una classe politica che non sa essere «giusta» incattivisce i suoi cittadini, e alla fine verrà condannata dalla storia.

Milena Gabanelli e Bernardo Iovene
25 agosto 2011 08:47
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