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Se il rigore tedesco segnerà la ripresa, Keynes è superato

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Se il rigore tedesco segnerà la ripresa, Keynes è superato

Messaggioda franz il 19/06/2010, 7:52

«Se il rigore tedesco segnerà la ripresa vuol dire che Keynes è superato»

di Giuseppe Chiellino

«Se il risanamento dei conti pubblici si dimostrerà la via maestra per la ripresa e una crescita rapida, allora potremo anche seppellire Keynes una volta per tutte. Se al contrario i mercati finanziari e i loro portabandiera politici si riveleranno degli "asini matricolati" come pensava Keynes, allora bisognerà prendere di petto la sfida, che rappresenta per il buon governo, il potere finanziario».

È questo «l'importantissimo esperimento, per capire quale delle due storie sia vera» nel quale l'economia globalizzata e i governi si stanno imbarcando secondo Robert Skidelsky, professore emerito di economia politica all'università di Warwick, di cui Il Sole 24 Ore in edicola sabato pubblica una riflessione sull'influenza che i mercati finanziari esercitano sui governi. Il dibattito tra economisti, rilanciato dal Sole 24 Ore sul web e sulla versione cartacea, divide le opinioni. Il confronto è soprattutto tra coloro che ritengono che i tagli alla spesa pubblica messi in atto dai governi europei nelle ultime settimane siano indispensabili per riconquistare la fiducia dei mercati e quindi per rilanciare gli investimenti e la crescita e chi, al contrario, ritiene - come Keynes - che qualsiasi taglio della spesa si traduca nell'impoverimento della società. Il "parodosso della parsimonia".

Con questi ultimi si schiera senza esitazioni Giovanni Mazzetti, uno dei 100 firmatari della Lettera degli economisti e professore associato di economia politica all'università della Calabria. «Credo che le prospettive future siano molto peggiori del "double-dip"» afferma ponedosi su posizioni ancora più estreme e pessimistiche di quelle espresse nella lettera sottoscritta insieme a un centinaio di altri colleghi. «Considero i tagli di spesa non come causa dei problemi futuri - afferma Mazzetti - ma solo come sintomo di una situazione ormai indirizzata verso la catastrofe. L'attività produttiva è sostenuta dalla spesa pubblica e questa si può tagliare solo se c'è la certezza che subentrerà la spesa privata. Ma chi, oggi, può essere certo di ciò? Come in una giaculatoria, si fa appello alla crescita per superare la crisi e risolvere i problemi dei bilanci pubblici. Ma la crescita non si ottiene con pratiche divinatorie: dipende dalla spesa. Keynes lo aveva detto già 80 anni fa : "La spesa di un individuo è il reddito di un altro individuo". Senza spesa non c'è la creazione del lavoro che manca o la riproduzione del lavoro che c'è già».

Di opinione completamente opposta è Francesco Daveri economista de LaVoce.info, professore ordinario di politica economica all'Università di Parma e docente al master della Sda Bocconi. «Non sono così pessimista. La lettera dei 100 economisti contiene elementi keynesiani fuori luogo. Per esempio non tiene conto che alcuni paesi hanno rapporti debito/pil superiori al 100 per cento. Gli aggiustamenti delle finanze pubbliche andavano fatti. La Germania avrebbe potuto evitare i tagli in questa fase, in contemporanea con gli altri paesi. Il problema è che Angela Merkel, con la coalizione che si è spostata a destra, ha dovuto cedere al tema tradizionale del rigorismo a cui il suo elettorato è molto sensibile, e ha in qualche modo rinunciato all'eredità europeista del suo padre politico, Helmut Kohl».

La Merkel dunque ha tradito l'europeismo di Kohl? «Non sarei così drastico. È difficile oggi chiedere di più alla Germania. Kohl era più disponibile alle richieste dei partner europei perché lui stesso aveva qualcosa da chiedere, impegnato com'era nella riunificazione. Oggi non è così e la Merkel può permettersi di indicare la strada al resto dell'euro zona: il recupero di competitività verso il resto del mondo perchè è lì fuori che c'è il mercato, lì c'è il futuro. In questo la Germania dimostra di essere lungimirante.

Per il resto d'Europa, secondo Daveri, rinviare gli aggiustamenti di bilancio «significherebbe fare una politica dello struzzo». Inoltre, gli effetti di questa 'exit strategy', in presenza di una politica monetaria espansiva e del deprezzamento dell'euro, secondo l'economista «non saranno così negativi come temono alcuni. Inoltre - aggiunge - non abbiamo alcuna certezza che tra un anno o due la situazione dell'economia sarà migliore tanto da permettere un risanamento più agevole delle finanze pubbliche. I tagli fatti oggi, invece, possono consentire alla zona euro di riconquistare la fiducia dei mercati finanziari. È vero che la ripresa in questa fase passa soprattutto dall'export, ma il recupero di fiducia attraverso una gestione più ordinata dei bilanci pubblici crea senza dubbio un clima favorevole agli investimenti».

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L'austerità contagiosa è un errore

Messaggioda franz il 19/06/2010, 7:55

L'austerità contagiosa è un errore

di Paul Krugman

Negli articoli sulla crisi di debito pubblico in Europa spesso viene usata la parola «contagio», in riferimento ai timori che il panico finanziario che sta mettendo a dura prova una nazione possa estendersi ad altre, mettendo a rischio la loro stabilità economica e politica.


Ma in questi giorni c'è anche un altro contagio che gira, un'epidemia di teorie infondate che si diffonde da un Paese all'altro e induce le autorità nazionali di ogni parte del mondo a invocare assurde misure di austerità nel pieno di una recessione.

Il virus si è esteso alla Gran Bretagna, dove il primo ministro David Cameron recentemente ha annunciato drastici tagli ai programmi pubblici, con l'obbiettivo di ridurre la spesa pubblica del 20 per cento. Alle obiezioni che misure del genere distruggerebbero ogni speranza di una piena ripresa, Cameron, sostenuto dalla nuova coalizione di governo tra liberali e conservatori, ha citato il caso del Canada, che negli anni 90 applicò tagli di analoga entità. Secondo l'opinione corrente, quei tagli contribuirono a trasformare il forte deficit del paese nordamericano in surplus, favorendo al contempo la crescita.

Ma la storia purtroppo non è così semplice. Come ha evidenziato Marshall Auerback del Roosevelt Institute, il Canada riuscì a compensare gli effetti negativi dell'austerità di bilancio con un incremento delle esportazioni verso gli Stati Uniti, che negli anni 90 erano in pieno boom. Ma Auerback non dice che questo boom dell'export consentì anche una svalutazione della moneta canadese rispetto a quella del principale partner commerciale, gli Stati Uniti appunto. Come illustra il grafico, quella svalutazione consentì al Canada di imporre l'austerità di bilancio senza subire una contrazione dell'economia.

La lezione per politici e funzionari delle principali economie mondiali è che anche loro, come fecero i loro colleghi canadesi, devono ridurre la spesa pubblica senza far precipitare l'economia in una nuova depressione: tutto quello che devono fare è svalutare le loro monete rispetto a… No, aspettate, è impossibile.

Vale la pena notare anche che (a differenza di oggi) le banche centrali di tutto il mondo negli anni 90 non erano incastrate in una trappola di liquidità, e questo permise alla banca del Canada di compensare i tagli alla spesa pubblica con una politica monetaria più espansiva, come dimostra il grafico.

Surplus canadese
In primavera, il ministro dell'Economia canadese James Flaherty ha comunicato che per l'esercizio finanziario 2011 è previsto un deficit di 54 miliardi di dollari americani, e ha reso noto un piano di spesa che punta a ridurlo a 2 miliardi entro il 2015. L'annuncio ha fatto sensazione considerando che il Paese nordamericano viene da decenni di bilancio in attivo.
Nei 25 anni dopo la seconda guerra mondiale, l'economia canadese crebbe rapidamente, consentendo una crescita della spesa pubblica in favore di infrastrutture e programmi di welfare. Negli anni 70 questa espansione economica cominciò a traballare per effetto della stagnazione degli Stati Uniti e delle altre grandi potenze economiche occidentali, con cui il Canada aveva forti legami economici. Nel 1980, il Fondo monetario internazionale indicò che il Canada aveva un debito pubblico fra i più alti (in rapporto al Pil) fra le nazioni industrializzate.
Il Governo di Ottawa affrontò il problema con una politica di stimoli interni, concentrandosi su riforme strutturali come accordi di libero scambio e modifiche alle norme tributare. Queste riforme però si dimostrarono poco efficaci. Al momento delle elezioni del 1993 il debito pubblico canadese era arrivato al 67 per cento del Pil. Gli elettori votarono il Partito liberale, con Jean Chrétien come primo ministro, con la promessa di ridurre il disavanzo federale al 3 per cento del Pil nell'arco di tre anni.
Il nuovo Governo applicò misure per tagliare la spesa, tra cui restrizioni sui trasferimenti dal Governo federale alle province. Nel 1998, il Canada era riuscito a eliminare un deficit da 42 miliardi di dollari e dal 1998 al 2009 ha registrato eccedenze di bilancio.

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Re: Se il rigore tedesco segnerà la ripresa, Keynes è superato

Messaggioda franz il 21/06/2010, 9:59

Una interessante disamina del rigore tedesco e della lettera dei 100 economisti (che lo contesta).

L'economia politica de "gli economisti"
http://www.noisefromamerika.org/index.php/articoli/1888

di alberto bisin e michele boldrin, 21 Giugno 2010

L'aperitivo:
Sulla lunga lettera firmata da 100 professori italiani, pubblicata dal Sole 24Ore e pubblicizzata da svariati altri giornali. Propone una interpretazione della crisi e una serie di proposte di politica economica. Ne discutiamo.

Executive summary

Per quelli che, ragionevolmente, non han tempo da buttar via leggendo un pistolotto lungo lungo.

Dal tardo 2008 un mito si aggira per il mondo: che quella serie di eventi che chiamiamo “crisi” sia stata il frutto puro, duro e nocivo dei mercati lasciati a se stessi e della concorrenza economica esercitata in totale libertà, senza regolatore, senza governi, senza banche centrali, senza (dis)incentivi fiscali, insomma senza lo "stato" nelle sue molteplici articolazioni.

Il fatto che la crisi economica abbia rappresentato una manifestazione della crisi dell'economia di mercato e sia dovuta alle profonde contraddizioni della medesima (economia di mercato) è ormai considerata verità auto-evidente.

In realtà è una balla. Ma è una balla che piace a molti perché li assolve d’ogni responsabilità. Ovviamente è una balla particolarmente gradita ai politici perché, oltre ad assolverli, chiede loro d’assumere nelle proprie mani ancora piu poteri, reddito e vite umane di quanto già non facciano. Non a caso questa storiella la raccontano, con identiche parole, Sarkozy e Zapatero, Tremonti e Bersani, Obama e Putin. Che la realtà sia ben diversa l'abbiamo documentato, sia noi che svariati altri, così tante volte che non è nemmeno il caso di ripetersi. Il mito tale è: comodo ai politici, falso nei fatti, dannoso all'umanità che vive nell'illusione che esso crea.

Da questo “mito fondazionale” seguono una svariata quanto sgangherata serie di proposizioni. Eccone alcune:

* che dalla crisi si possa uscire solamente con molto più stato e, soprattutto, con molta più spesa pubblica;
* che la crescita economica venga da un continuo aumento della domanda pubblica, quindi della spesa;
* che detta spesa si possa finanziare con ripetute emissioni di debito pubblico perché questo nel lungo periodo si “autofinanzia”;
* che il rifiuto degli investitori di continuare ad acquistare debito (pubblico, ma anche privato) alle medesime condizioni del passato sia dovuto alla “cattiva speculazione” o a qualche fallimento del mercato e non a motivazioni economiche legittime e ad azioni di politica economica;
* che l'instabilità finanziaria si risolva a colpi di proibizioni, chiusura dei mercati, emissione di moneta a go-go da parte delle banche centrali, restrizioni al commercio con l'estero, eccetera;
* che, infine, l'Europa tutta ricomincerebbe a crescere ed uscirebbe dalla crisi se solo la Germania si indebitasse di più e l'Europa, nel suo complesso, si "ri-statalizzasse". Insomma, un po' di "socialismo vecchio stile condito da tanta spesa pubblica" è la miglior medicina disponibile.

Boiate.

Boiate pazzesche che però, in Italia, ricevono il supporto di tutto un sottobosco di economisti prodighi di argomentazioni non sostanziate e di una retorica alquanto barricadera, sbugiardata da tutti tranne che dall'accademia italiana. La prima reazione è stata di non curarsi di loro, ma poi non ci siamo riusciti. Dopotutto sono 100 (cento), hanno scritto una "Lettera degli economisti", con adesioni da "Università ed Enti di ricerca nazionali ed esteri" e la stampa nazionale ha dato loro grande rilievo. Insomma, c'è il rischio che chi sta in Italia si convinca che l'unica scelta possibile sia quella fra le politiche di Giulio Tremonti e quelle dei 100 economisti. Non è così ed è il caso di dirlo.

E poi ci divertiamo da sempre a sbertucciare Quelli che...

Quindi, se v'incuriosisce sapere perché sono boiate, leggetevi il pistolotto completo, dove procediamo ad una disamina il più accurata possibile del testo in questione. Altrimenti, non vi resta che fidarvi.


Segue su http://www.noisefromamerika.org/index.php/articoli/1888
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Re: Se il rigore tedesco segnerà la ripresa, Keynes è superato

Messaggioda trilogy il 21/06/2010, 16:00

Sul tema la discussione in Europa mi sembra molto accesa (questo va bene) e piuttosto complessa (questo crea qualche problema ai comuni mortali).

vi segnalo alcune cose recentissime (in inglese)

http://www.euroframe.org/fileadmin/user ... ntVeld.pdf

http://www.cpb.nl/nl/activ/euroframe_11 ... ne2010.pdf

http://www.ecb.int/pub/pdf/scpops/ecbocp112.pdf

due osservazioni flash
1. la Germania ha fatto una manovra di risanamento da 80 miliardi, ma ci sono 13 miliardi di investimenti in educazione e Ricerca e Sviluppo. Tagliare e basta non è sufficiente, la riqualificazione della spesa è importante
2. Accanto al risanamento finanziario servono alcune riforme strutturali, questo emerge da diversi modelli di analisi. Anche qua i tagli da soli servono a poco.
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Re: Se il rigore tedesco segnerà la ripresa, Keynes è superato

Messaggioda franz il 13/08/2010, 18:44

Tanto per non lasciare le storia in sospeso .....
Si parlava di rigore tendesco rispetto alle politiche di spesa pubblica.
Questi dati sembrano dare ragione ad angela.

Ciao,
Franz


Pil di Eurolandia oltre le attese
E la Germania prende il volo
Nel secondo trimestre il Pil aumenta dell'1%, più 1,7% sull'anno. La previsione era dello 0,7%. Berlino in crescita del 2,2%

BRUXELLES - In crescita il Pil nell'Eurozona nel II trimestre 2010: secondo la stima flash dell'Eurostat la crescita si è attestata all'1%, contro la previsione degli economisti allo 0,7%. Su base annua la crescita è stata dell'1,7%. In Italia è stabile a +0,4%.

La locomotiva tedesca archivia un secondo trimestre d'oro. Il pil è cresciuto del 2,2% rispetto al trimestre precedente. Si tratta del maggiore balzo dalla riunificazione del paese. Su base annuale la crescita è pari al 3,7%. Rivisto al rialzo anche il pil del primo trimestre: la variazione congiunturale sale da +0,2% a +0,5%, quella annuale da +1,6% a +2,0%.

Crescita record. La performance economica del secondo trimestre è stata determinata dagli impulsi positivi sia del mercato interno sia di quello estero, spiega l'ufficio statistico federale. "Non c'è mai stata una crescita così forte nella Germania riunificata" sottolinea l'ufficio federale. In particolare, a favorire la crescita sono state la spesa per investimenti e le esportazioni nette. Un contributo positivo è giunto anche dai consumi privati e dalla spesa pubblica. Dopo i numeri della Germania è probabile che il pil del secondo trimestre dell'eurozona, che sarà diffuso oggi, possa risultare superiore all'intervallo di 0,5%/0,8%.

(13 agosto 2010) www.repubblica.it
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Re: Se il rigore tedesco segnerà la ripresa, Keynes è superato

Messaggioda pianogrande il 13/08/2010, 21:38

Sicuramente c'è un errore di calcolo.
"Angela" dovrebbe essere informata che l'Italia va meglio degli altri paesi e venire da noi a farsi insegnare l'economia da Minzolini & C.
Fotti il sistema. Studia.
pianogrande
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Re: Se il rigore tedesco segnerà la ripresa, Keynes è superato

Messaggioda franz il 13/08/2010, 21:53

pianogrande ha scritto:Sicuramente c'è un errore di calcolo.
"Angela" dovrebbe essere informata che l'Italia va meglio degli altri paesi e venire da noi a farsi insegnare l'economia da Minzolini & C.

Già :-) o forse ora è Angela che fa "cucu" ... a Berlusconi.

Franz
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Re: Se il rigore tedesco segnerà la ripresa, Keynes è superato

Messaggioda franz il 18/08/2010, 18:44

Il pil dell'area Ocse sale dello 0,7% nel secondo trimestre. Corrono Germania e Gran Bretagna, Italia in coda

di Stefano Natoli
Questo articolo è stato pubblicato il 18 agosto 2010 alle ore 13:51.

Il prodotto interno lordo dell'area Ocse è cresciuto dello 0,7% nel secondo trimestre dell'anno rispetto ai tre mesi precedenti, confermando il ritmo di espansione già registrato tra gennaio e marzo rispetto al quarto trimestre 2009. Secondo i dati Ocse, il pil è cresciuto dell'1% sia nell'eurozona sia nella Ue grazie al balzo del 2,2% messo a segno dalla Germania (miglior performance dalla riunificazione). L'economia è inoltre cresciuta dell'1,1% nel Regno Unito (da +0,3% nel trimestre precedente), dello 0,6% in Francia (da +0,2%), e dello 0,4% in Italia (invariato rispetto alla prima frazione dell'anno).

La crescita del pil ha fatto invece segnare una frenata in Giappone (a 0,1% da 1,1%) e negli Usa (a 0,6% da 0,9%). Facendo un raffronto su base annua, il pil dell'area - che comprende 32 paesi a economia avanzata in tutto il mondo - é cresciuto del 2,8% dal 2,4% calcolato alla fine del primo trimestre.Su base tendenziale la miglior performance é stata messa a segno - ancora una volta - dalla Germania (+3,7%). La crescita più lenta é stata invece registrata dall'Italia (+1,1%).

Le associazioni dei consumatori esprimono la loro preoccupazione. «La situazione e le prospettive del nostro Paese non sono affatto positive», sottolineano in una nota i presidenti di Adusbef e Federconsumatori, Elio Lannutti e Rosario Trefiletti. Le due associazioni lanciano un allarme: «Le prospettive per l'autunno non delineano alcun miglioramento, anzi, ci aspetta una stagione densa di aumenti e spese. Tutto ciò comporterà, come prima stima, una stangata per le famiglie da 886 a circa 1.100 euro annui».

Per il Codacons i dati diffusi oggi dall'Ocse dimostrano che «l'Italia più che locomotiva è la Cenerentola d'Europa. La decisione sciagurata e solitaria del governo italiano di non voler spendere soldi per uscire prima dalla crisi farà retrocedere il nostro Paese rispetto alla posizione internazionale che occupava prima dello scoppio della recessione mondiale. L'Italia con questo basso ritmo di crescita, non potrà tornare ai livelli dei consumi pre-crisi fino al 2015». Per l'associazione questi dati dimostrano che «tutti quelli che nei mesi scorsi avevano avuto la sfacciataggine di sostenere che l'Italia era la locomotiva d'Europa, stavano solo fantasticando e facevano propaganda».

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Re: Se il rigore tedesco segnerà la ripresa, Keynes è superato

Messaggioda franz il 14/10/2010, 18:18

Ripresa formato extralarge per la Germania: nel 2010 attesa una crescita del3,5% (top da 20 anni)

La Germania chiuderà il 2010 con un prodotto interno lordo (Pil) al rialzo del 3,5% rispetto alla stima precedente dell'1,5% e nel 2011 metterà a segno una crescita del 2%: è la previsione di otto autorevoli centri studi (sei tedeschi, uno svizzero e uno austriaco), secondo i quali il numero di disoccupati scenderà l'anno prossimo sotto la soglia dei tre milioni, il livello più basso mai registrato dal 1992.


Crescita economica ai massimi da 20 anni in Germania quest'anno, e già dal prossimo disoccupazione ai minimi dal 1992 e deficit di bilancio in calo sotto la soglia massima prevista dai trattati europei, il 3 per cento del Pil. Un quadro decisamente rosero per la locomotiva dell'area euro quello fornito oggi dalle previsioni congiunte sfornate dai maggiori centri studi tedeschi, mentre in Europa diversi altri paesi stentano a cavarsi fuori dalla crisi. Stime migliori di quelle del governo tedesco, specialmente riguardo ai conti pubblici visto che ad oggi l'esecutivo non stima di far calare il deficit sotto il 3 per cento del Pil prima del 2012.

Secondo i cinque centri studi, sull'insieme del 2010 il Pil tedesco aumenterà del 3,5 per cento, trainato dall'export, un livello di espansione che non si registrava dai tempi della riunificazione. Ma anche nel 2011 segnerà un solido più 2 per cento. Questo dovrebbe consentire al paese di far calare i disoccupati sotto la soglia dei 3 milioni per la prima volta dal '92, con un tasso al 7,7 per cento quest'anno e al 7 per cento nel 2011. Intanto, con le misure di risanamento previste, il deficit calerà dal 3,8 per cento del Pil di quest'anno al 2,7 per cento nel 2011.

Una ripresa "formato XL", ha commentato il ministro dell'Economia, Rainer Bruederle dalla Cina. Il governo aggiornerà le sue stime il 21 ottobre.
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Re: Se il rigore tedesco segnerà la ripresa, Keynes è superato

Messaggioda trilogy il 18/10/2010, 15:04

Chiellino è un po' frettoloso nelle sue conclusioni.
Il Modello keynesiano export-led :mrgreen:
All’aumentare delle esportazioni di un’area, la produzione e il
reddito aumentano in modo più che proporzionale, purché la
propensione marginale a spendere localmente (c-m) sia minore di
1, condizione garantita dalle assunzioni sui valori di c e m. La
domanda esterna, misurata in termini di esportazioni, genera e
determina l’ampiezza dello sviluppo locale, attraverso gli effetti
moltiplicativi che provoca sul reddito locale (nel modello
economico) e sull’occupazione del settore di base (nel modello
con variabili fisiche).
Y=1/1-(c-m)* X moltiplicatore keynesiano ΔY = 1/1-(c-m)*ΔX Tasso di crescita
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