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Possiamo reagire e dobbiamo farlo

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Re: Possiamo reagire e dobbiamo farlo

Messaggioda Iafran il 11/04/2010, 15:46

Ho appena votato il candidato del Cs al ballottaggio per la carica di Sindaco al Comune di Acri (Cosenza). Non l'ho fatto con entusiasmo, però il pensiero che la vittoria del candidato opposto (UdC) avrebbe comunque "dato aria alle trombe" del "capo" mi ha fatto superare ogni tentennamento.
I nostri hanno male gestito la vittoria di popolo ottenuta cinque anni fa (al ballottaggio del 2005 eravamo nettamente sfavoriti: 44,5% del Cs contro il 55,5% del Cdx, apparentato con lista civica).
Le condizioni umorali degli attivisti e degli elettori non sono le stesse di allora, anzi i litigi per beghe personali hanno fatto temere in molti momenti la fine anticipata dell'Amministrazione.
Siamo arrivati al termine naturale con vicissitudini interne alla maggioranza, frequenti cambi di assessori, creazione di nuove formazioni (con "migrazioni" e "sconfessioni" varie) e fratture con l'IdV e un gruppo di ex rifondaroli (area Vendola).
In poche parole, dimostrando il minimo dell'affidabilità.
Probabilmente non si ripeterà il "miracolo" di cinque anni fa, nonostante le pari condizioni di partenza: Giacomo Cozzolino (Cs) 4817 voti (33,11%), sen. Gino Trematerra (UdC) 4856 voti (33,38%); io non ho votato per partito preso (anzi, non ho lesinato critiche al PD) ma ho votato solo perché fra i "nostri" hanno ancora senso e peso le parole "corruzione", "abuso di potere", "truffa", "dimissioni", etc.
Mi auguro che i nostri possano farcela, ma sarà dura ... e ancora più dura dopo.
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Re: Possiamo reagire e dobbiamo farlo

Messaggioda franz il 11/04/2010, 16:27

pianogrande ha scritto:Bisognerebbe rivoluzionare il concetto gerarchico di "vertice".
Il vertice deve essere, per forza, il punto più lontano dalla "base"?.
"Fare carriera" deve per forza significare allontanarsi dalla base?

Mi pare un ottimo suggerimento.
Quello che va evitato è il concetto di "professionista della politica" a tempo pieno e quindi del funzionario burocrate pagato dal partito che arrotonda con i gettoni di presenza nei vari luoghi politici e vive solo di politica. Gli unici ad essere pagati devono essere i funzionari amministrativi (segretariato e contabilità) e tutti gli altri devono essere volontari che vivono del loro lavoro professionale e prestano tempo gratis alla politica, rimanendo collegati all'attività produttiva. Una politica di milizia riduce le distanze tra base e vertice. Io preferisco 80 volontari che danno un'ora al giorno gratuitamente che due stipendiati pagati a tempo pieno e che cercheranno forse di scacciare e rintuzzare gli altri 80 per salvare il loro posto ed il loro salario.

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Prodi: "Serve un Pd federale"

Messaggioda franz il 12/04/2010, 7:31

franz ha scritto:Quanto a realizzare .... il PD nella forma (vedi statuto) è già un partito federale.
Ora serve che lo sia nella sostanza. La parola d'ordine é: autonomia.
Si tratta di realizzare quel PD del nord (e del centro, del sud) di cui si parla da tempo e che Veltroni osteggiava.
Meno potere alle caste romane; piu' potere alle decisioni locali.
Quindi meno decisioni d'imperio (top down) e piu' coordinamento dal basso (bottom up).
Anche nella determinazione della linea politica nazionale.
Franz

Mi permetto 'autocitazione, per introdurre questo testo del Prof

Franz


L'ex premier rompe il silenzio, gelo fra i vertici del partito
"Va creato un esecutivo formato dai soli segretari regionali"

Prodi: "Serve un Pd federale"
Chiamparino: "E' l'unica via"

di UMBERTO ROSSO

ROMA - Prodi a sorpresa rompe il silenzio e sferza il Pd. Spara sul quartier generale e invoca per recuperare le radici un partito a federalismo spinto: i democratici vanno organizzati regione per regione. Tutto il potere ai venti segretari locali, ai quali sia affidato anche il compito di eleggere il capo del partito. L'unica ricetta, secondo il Professore, per lasciarsi alle spalle i "deludenti risultati elettorali" e un Pd "troppo autoreferenziale". La proposta piace, e molto, a Sergio Chiamparino. "Solo così - spiega il sindaco di Torino - possiamo competere con la Lega, o magari anche allearci in certe situazioni". Gelo invece dagli stati maggiori del Pd, sia dal fronte della maggioranza che da quello dell'opposizione. Gira un sospetto: l'uscita, improvvisa e molto dura dell'ex premier, sarebbe un siluro lanciato dritto a Pier Luigi Bersani. Dubbi apertamente sollevati dal deputato di area popolare Giorgio Merlo, "Prodi vorrebbe defenestrare il segretario". Una lettura che Ricky Levi, ex sottosegretario e grande amico del Professore, smentisce: "Bersani era l'unico informato del suo articolo, e anzi le parole di Prodi sono in realtà una palla alzata proprio a lui". Il che però non basta a spegnere le illazioni dentro il Pd, le voci che riferiscono anche di rapporti molto tesi a Bologna fra il segretario e l'ex premier dopo la vicenda Delbono e in vista di nuove nomination per il sindaco e il segretario cittadino del partito.

In ogni caso, lo staff del segretario accoglie politicamente con freddezza il "ritorno" di Prodi, affidato ad un lungo intervento pubblicato ieri sul Messaggero. Un "utile contributo al radicamento del partito" lo definisce Maurizio Migliavacca, il capo dell'organizzazione, ma si tratta di "un disegno di lungo termine, in prospettiva". E il leader dei popolari del Pd, Beppe Fioroni, boccia tutto spiegando che "non possiamo oscillare dal partito del lavoro alla Lega di sinistra, fra chi vive di rimpianti e chi insegue Bossi".

L'analisi di Prodi sul Pd è impietosa. Un partito che ha rapporti "troppo deboli" con il territorio e con i problemi quotidiani degli italiani. In balia di una linea politica messa continuamente in discussione "dalle dichiarazioni o le interviste dei notabili". Del tutto conseguente, in questo quadro, che il risultato delle regionali sia stato "inferiore alle aspettative". Per uscire dal guado, serve assolutamente un Pd delle regioni, federale. Recuperando una sua vecchia proposta lanciata ai tempi della crisi della Dc, come ricorda lo stesso Prodi, si tratterebbe ora di metter su un Pd lombardo, emiliano, laziale o siciliano. E il partito nazionale? Da consegnare nelle mani dei venti segretari regionali, eletti con le primarie, e chiamati a far parte di un esecutivo che dia la linea politica. L'unico e solo vertice centrale del Pd in salsa Prodi, "avendo il coraggio di cancellare organismi che si sono dimostrati inefficaci".

Ai venti "uomini forti", come li definisce il Professore, il compito di scegliere il leader nazionale, senza passare in questo caso dalle primarie (oggi previste invece per il segretario). La risposta di Bersani arriverà oggi. La struttura federale del partito, spiegherà il capo del Pd, è già inscritta nello statuto del partito e deve andare di pari passo con la più generale riforma istituzionale. E insisterà sull'operazione di rinnovamento della classe dirigente interna, già avviata. Parole che probabilmente risulteranno troppo tiepide per chi ha accolto con entusiasmo la frustata di Prodi, l'ala degli amministratori del nord, Chiamparino e Cacciari in testa. "Il Pd federale - avverte il sindaco di Torino - è l'unico sistema per scegliere un nostro candidato premier davvero forte per il 2013. Speriamo di costruirlo in tempo".

(12 aprile 2010)
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Romano Prodi: Il Pd ritrovi le sue radici

Messaggioda franz il 12/04/2010, 7:33

di Romano Prodi

ROMA (11 aprile) - I lettori mi perdoneranno se, di fronte all’ennesima discussione sulla riforma del Partito democratico, mi permetto di riprendere, con solo qualche aggiornamento, le proposte che, meno di un anno fa, ho fatto sulle colonne di questo stesso giornale. Il rumoroso dibattito post-elettorale sul ruolo dei partiti politici e sul loro rapporto con i cittadini mi riporta infatti indietro di qualche decennio quando, di fronte all’irreversibile crisi della Democrazia cristiana, proposi di costruire il partito su base strettamente regionale ma con un forte patto federativo nazionale. In poche parole si sarebbe dovuto dare vita al Partito popolare lombardo, emiliano, laziale o siciliano ma tutti questi partiti sarebbero stati obbligatoriamente federati alla Democrazia cristiana italiana. Non se ne fece nulla perché gli avvenimenti presero la mano prima ancora che il dibattito potesse essere nemmeno iniziato. E forse non sarebbe comunque iniziato.

Mi sembra oggi utile per il Partito democratico dare spazio a questo dibattito che si è finalmente riaperto. Il risultato delle elezioni è stato infatti inferiore alle attese e la comune interpretazione di questo risultato è che la struttura del partito stesso sia diventata fortemente autoreferenziale, con rapporti troppo deboli con il territorio e con i problemi quotidiani degli italiani, messi in secondo piano dai ristretti obiettivi dei dirigenti e delle correnti.

Per questo motivo sento che sia opportuno ritornare su quella vecchia idea. Gli iscritti al Partito democratico di ogni regione italiana dovrebbero cioè eleggere, naturalmente tramite le primarie, il proprio segretario regionale. L’esecutivo nazionale dovrebbe essere semplicemente formato dai venti segretari regionali, avendo il coraggio di cancellare gli organi nazionali che si sono dimostrati inefficaci. A questi venti “uomini forti” dovrebbe essere demandato il compito di eleggere il segretario nazionale, di decidere sulle grandi strategie politiche del partito e, naturalmente insieme agli organi regionali, le candidature per le rappresentanze parlamentari. La forza dei segretari regionali dovrebbe essere ponderata non in base agli iscritti ma in base ai voti riportati alle elezioni politiche, perché il raccolto di un partito non si basa sulle tessere ma sui voti.

Penso quindi a un esecutivo del partito formato esclusivamente dai segretari regionali, senza le infinite code di benemeriti e aventi diritto, compresi gli ex segretari del partito e gli ex presidenti del Consiglio. La politica del partito deve essere infatti esclusivamente decisa da coloro che, essendo scelti tramite elezione, rispondono direttamente alla base del partito.

È evidente che tutto questo corrisponde alla necessità di un serio federalismo nel quale Nord e Sud siano correttamente rappresentati e in cui si discuta in modo chiaro e definitivo la linea da seguire oggi in Parlamento e, domani, al governo.

Se si pensa in modo coerente ad un’Italia federale, questo federalismo deve infatti partire dai partiti che, nonostante la generale crisi in cui versano, sono anche oggi l’insostituibile fondamento di ogni sistema democratico.

Questa riflessione sul federalismo non vale naturalmente solo per il Partito democratico: ritengo infatti che nessuna grande decisione sul futuro del Paese possa essere presa senza che ad essa partecipino in modo determinante i rappresentanti di tutte le regioni italiane. Ritengo però che sia ancora più necessaria per il Partito democratico che, per completare le fusione delle radici storiche che lo compongono, ha più degli altri bisogno di rinnovare i modelli di reclutamento della sua classe dirigente e di costruire un luogo in cui le decisioni prese non possano più essere messe in discussione. Non si può infatti continuare con dibattiti senza fine nei quali si ritorna sempre al punto di partenza e ogni decisione viene sentita come provvisoria, per cui, ad esempio, dopo avere optato per il cancellierato si ritorna al presidenzialismo e dal presidenzialismo si finisce con la scelta di non cambiare nulla, senza che si capisca come e da chi tutto questo venga deciso. La trasparenza esige che ci sia una sede in cui si discuta in modo aperto e si decida la linea del partito senza che essa possa essere messa in discussione da interviste o dichiarazioni di leader o di notabili.

Certamente questo implica un cambiamento radicale della vita del partito e della formazione della sua classe dirigente e accentra sui venti segretari regionali poteri e responsabilità alle quali il Partito democratico non è familiare. Questo mi sembra tuttavia l’unica soluzione per fare funzionare un partito in modo trasparente ed efficiente in un momento in cui tutti dicono di volere il federalismo ma in cui nessuno lo vuole costruire in modo democratico e rispettoso delle esigenze di tutto il Paese.

Naturalmente tutto questo può funzionare solo se si impongono durissime regole di pulizia e di trasparenza nelle procedure di tesseramento. Tutto questo potrebbe sembrare una banalità ma, a oltre 60 anni dall’approvazione della Costituzione non si è ancora dato concreta realizzazione all’art. 49, che dice con estrema chiarezza che i cittadini hanno diritto di associarsi in partiti per concorrere “con metodo democratico” a determinare la politica nazionale. Cominci quindi il Partito democratico a volere l’attuazione di questo articolo, se non altro perché i suoi elettori sono più vigili di tutti gli altri quando si tratta di trasparenza e di democrazia. Questo non è un vizio ma una virtù.

Mi accorgo che queste osservazioni sono guidate dall’astrattezza di chi è ormai fuori dalla politica. Esse mi sembrano tuttavia utili per spingere all’approfondimento di un indispensabile dibattito.

http://www.ilmessaggero.it
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php ... E_INITALIA
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La proposta di Romano Prodi

Messaggioda franz il 12/04/2010, 7:48

Sono d'accordo con la proposta di Prodi e vorrei spingerla più in là.
Auspico infatti che i segretari regionali siano a loro volta espressione di un partito localmente organizzato su base provinciale autonoma. Potrebbero quindi essere i segretari provinciali ad eleggere il segretario regionale.
Questo metodo, se adottato a livello regionale, dovrebbe comunque essere una decisione autonoma, non imposta da statuti nazionali. Potrebbe essere adottato in qualche regione (le piu' grandi e popolose) e non in altre (le piu' piccole, per esempio).
A loro volta i segretari provinciali, soprattutto nelle provincie più popolose, potrebbero essere espressione di un federalismo basato sulle città oppure prevedere un elemento particolare di tipo cittadino, dividendo le provincie in distretti e facendo in modo che la grande città rappresenti un distretto.
Questa struttura, soprattutto se costuita dal basso come dev'esserlo per ogni "federalismo spinto", crea un partito saldamente radicato nel territorio, in ogni città e quartiere.
A questo punto non ascoltare la voce dei cittadini diventa quasi impossibile ....

Franz
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Re: Romano Prodi: Il Pd ritrovi le sue radici

Messaggioda chango il 12/04/2010, 10:05

non sono d'accordo con Prodi. soprattutto per quanto riguarda il metodo.

solo sei mesi fa si è conclusa una lunga (interminabile) fase congressuale con la quale è stato eletto un segretario e scelta una linea politica.
il tempo e il luogo per dibattere della forma partito, e non solo, era il congresso.
perchè non intervenire allora?
e per intervenire, non intendo scrivere un articolo su un giornale, ma provare ad avviare una discussione sul tema che interessa.

onestamente sono stanco di chi ha idee e proposte fuori tempo massimo o di chi si aspetta che le proprie idee e proposte le debbano portare avanti altri.
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Re: Possiamo reagire e dobbiamo farlo

Messaggioda Iafran il 12/04/2010, 10:25

franz ha scritto:Questa struttura, soprattutto se costuita dal basso come dev'esserlo per ogni "federalismo spinto", crea un partito saldamente radicato nel territorio, in ogni città e quartiere.
A questo punto non ascoltare la voce dei cittadini diventa quasi impossibile ....

... sperando che la prendano in considerazione e la rispettino al di là del contingente.
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Re: Possiamo reagire e dobbiamo farlo

Messaggioda ranvit il 12/04/2010, 12:23

Anche io sono d'accordo con Prodi e con franz : Pd provincializzato ed elezione dei dirigenti regionali e nazionali affidata ai segretari provinciali eletti con primarie!

E' razionale quello che dice chango poco sopra, ma la situazione è drammatica e non si intravede alcuna inversione di marcia che porti a una ripresa di consenso (Bersani è un brav'uomo....ma non scalda nessuno mentre tutti gli altri dirigenti nazionali vengono da almeno 15 anni di sconfitte e sono ormai diventati patetici).
Nel frattempo Berlusconi scassa...

Quindi ancora piu' razionale è dire : tutti a casa e si riparta dalle primarie provinciali!


Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Romano Prodi: Il Pd ritrovi le sue radici

Messaggioda franz il 12/04/2010, 16:31

chango ha scritto:non sono d'accordo con Prodi. soprattutto per quanto riguarda il metodo.

solo sei mesi fa si è conclusa una lunga (interminabile) fase congressuale con la quale è stato eletto un segretario e scelta una linea politica.
il tempo e il luogo per dibattere della forma partito, e non solo, era il congresso.
perchè non intervenire allora?
e per intervenire, non intendo scrivere un articolo su un giornale, ma provare ad avviare una discussione sul tema che interessa.

onestamente sono stanco di chi ha idee e proposte fuori tempo massimo o di chi si aspetta che le proprie idee e proposte le debbano portare avanti altri.


sarà anche fuori tempo massimo come dici ma chi è stato fatto fuori (come ognuno sa e ricorda) difficilmente trova i tempi giusti per un ritorno. Inoltre io considero sempre con favore il proverbio "quando sei finito in una buca, smetti di scavare" e questo come consiglio direi che è senza tempo. Vale sempre. E chi è finito nella buca non deve dire "Ah, ma è fuori tempo massimo" ma seguire il consiglio al piu' presto. E poi non si dica che il consiglio arriva tardi perché sul discorso del partito federale (per esempio del PD del Nord) abbiamo discusso a lungo. Solo che chi lo ha rifiutato (ricordo Veltroni) è andato avanti a scavare la sua buca sempre più profonda.

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Re: Romano Prodi: Il Pd ritrovi le sue radici

Messaggioda chango il 12/04/2010, 17:30

franz ha scritto:sarà anche fuori tempo massimo come dici ma chi è stato fatto fuori (come ognuno sa e ricorda) difficilmente trova i tempi giusti per un ritorno. Inoltre io considero sempre con favore il proverbio "quando sei finito in una buca, smetti di scavare" e questo come consiglio direi che è senza tempo. Vale sempre. E chi è finito nella buca non deve dire "Ah, ma è fuori tempo massimo" ma seguire il consiglio al piu' presto. E poi non si dica che il consiglio arriva tardi perché sul discorso del partito federale (per esempio del PD del Nord) abbiamo discusso a lungo. Solo che chi lo ha rifiutato (ricordo Veltroni) è andato avanti a scavare la sua buca sempre più profonda.

Franz


chissà perchè quando si tratta di partito, Prodi sbaglia sempre i tempi.
c'è stata una fase congressuale durata mesi, all'interno della quale non era difficicile trovare i tempi giusti per un ritorno. se non per ricoprire un ruolo dirigenziale, almeno per proporre idee e animare il dibattito.
invece sta in silenzio e defilato.
ma che senso ha?

si è offesso perchè qualcuno l'ha fatto fuori?
a me pare che sia stato fatto fuori dal fallimento del suo governo.
non ne porterà le colpe principali, ma certo qualche responsabilità l'avrà pure.

se poi vogliamo smettere di scavare e provare a uscire dalla buca diventa necessario prendere atto che questo boffonchiare e fare proposto dopo che le decisioni sono state prese è un comportamento che produce danni tanto quanto la mancanza di un partito federale.

non è una questione relativa al merito della proposta ( che in line agenerale posso condividere), ma al metodo e al modo di approcciarsi al PD che molti hanno.
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