Bertinotti illude, Ferrero alza paletti. Grassi: "Nichi, Paolo, parlatevi"
Rifondazione non trova l'accordo
Drammatica conta per la segreteria
Gli appelli alla responsabilità di Migliore, Deiana e De Palma
Spunta una terza via: la carica di Presidente accanto a quella del segretario
dal nostro inviato CLAUDIA FUSANI

Da sinistra, in alto: Vendola, Ferrero, Bertinotti, Grassi
CHIANCIANO - La speranza dura poche ore, quelle dell'effetto-Bertinotti, dei 27 applausi in 24 minuti, del "ricominciamo dal basso" e delle lacrime agli occhi. La terza giornata del VII congresso di Rifondazione, quello che decide le sorti del partito dilaniato in 5 mozioni, comincia con la notizia della possibile candidatura di Paolo Ferrero (documento 1). Passa dalla grande emozione del discorso di Bertinotti. Finisce con un'altra spaccatura, netta, fisica, una paratia che cala nel palazzetto che ospita il congresso nel parco termale di Chianciano e lo divide in due.
Succede quando alle 18.30 prende la parola Paolo Ferrero: non si candida, ma detta una linea politica che esclude ogni mediazione con la piattaforma di Vendola. E quando scende dal palco la parte destra della platea prima lo applaude, poi fa salire i cori: "Avanti popolo/ alla riscossa/ bandiera rossa trionferà/ evviva il comunismo e la libertà" e "Bella ciao". Si alzano i pugni chiusi. L'altra metà della platea tace, imbarazzata, avvilita. Stupita. Non è così che doveva andare.
Alla fine del terzo giorno non c'è una ricomposizione. E resta solo l'appello all'unità di Claudio Grassi: "Nichi, Paolo, parlatevi. Io non faccio inciuci, non lascio la mozione che ho presentato. Ma ragioniamo, insieme, perché non se ne può più di frantumare la sinistra. Abbiamo più partiti comunisti del resto del mondo e il minimo storico dei voti. Se Rifondazione si divide in due, Rifondazione non ci sarà più". Si va alla conta, quindi, domattina, nel Comitato politico. E sarà all'ultimo voto.
Grassi, il mediatore. "Questo documento è nato con me, io cerco l'unità, lavoro per la mediazione ma sono un comunista e non posso tradire". E' notte, quasi le due, quando Claudio Grassi, promotore della mozione 1 per il congresso di Rifondazione comunista, parla in una saletta dell'hotel Ambasciatori. Davanti a lui le decine di delegati del documento che però è ancora senza candidato alla segreteria e che si oppone alla mozione 2, quella di Nichi Vendola. Ci sono Paolo Ferrero, Ramon Mantovani, Maurizio Acerbo. E' lo stesso giovane e appassionato portavoce della mozione che di prima mattina traduce il senso delle parole di Grassi: "Ferrero si candiderà. Abbiamo fatto i calcoli, dovremmo farcela".
Ma Ferrero non si candida. Parla quindici minuti, chiede di non interromperlo con gli applausi perché vuole parlare (ne raccoglie comunque 17). Chiede "chiarezza per un progetto politico e il programma che uscirà dal congresso" altrimenti questi giorni saranno stati solo "un litigio tra galli nel pollaio". Quindi detta i punti del progetto: "Uscire dalla sconfitta con una svolta a sinistra. Abbiamo sbagliato, io per primo, tutte le analisi. Ed è chiaro che non si può governare con questo Pd". Ripartire a sinistra, quindi, "in basso, dal radicamento sociale, dalla ricostruzione di un limpido conflitto di classe in questo paese". Bertinotti lo ascolta e scrolla la testa. Altrimenti, continua Ferrero, "i lavoratori sono uno contro l'altro come merci nella concorrenza". Lascia il palco con un parola d'ordine: "Il comunismo è una risorsa". Partono i cori, i pugni alzati, li guida Nunzio D'Erme. E' la spaccatura del partito che si vede e si tocca.
Due linee contro. Una situazione con un sapore vagamente autodistruttivo. Lo scontro Vendola-Ferrero e la mancanza di un punto di unità tra le cinque mozioni (mai così tante nella storia di Rifondazione) in un partito che ha il 3 per cento e deve ricominciare, assomiglierebbe tanto all'inizio della fine. "Si va verso la distruzione del partito" taglia corto Giordano.
Durante il giorno nei gazebo e nelle riunioni parallele, un "gruppo di contatto" tra le mozioni ha cercato la mediazione. Quella della 1 pretendono l'addio al processo della costituente di sinistra; il rilancio di Rifondazione; la presentazione del partito con il suo simbolo alle europee; la netta autonomia dal Partito democratico. Esattamente l'opposto, almeno nei due punti fondamentali come la costituente e il rapporto col Pd - della linea Vendola.
Il pallottoliere. Stando così le cose si rimette in moto il pallottoliere. Ferrero potrebbe superare di poco il 50% dei voti dei delegati: al suo 40% aggiungerebbe quelli dei trotzkisti di Claudio Bellotti (circa il 3%) e almeno una parte di quelli della mozione 3 (Pegolo-Giannini, 7,7%). Vendola parte dal 47,7 per cento. Per lui superare il 50 per cento è molto più semplice. Restano in ballo il 3,2% della mozione 4 (De Cesaris-Russo) e l'1,5 degli antimilitaristi della 5. E c'è sempre un pezzo della 3 che guarda all'astensione. Gennaro Migliore e Michele De Palma fanno dal palco un appello "al voto libero, in coscienza, lasciando perdere una volta per tutte correnti che lacerano il partito". Elettra Deiana si appella al ritorno alla politica affinché "prevalga su questo disastro autodistruttivo". "Dobbiamo guardare avanti - dice l'ex vicepresidente della Commissione Difesa - uscire dalla retorica e dalla autoreferenzialità e occuparci di quello che sta avvenendo nel paese. Servono nuovi concetti, nuove parole, nuove azioni. Serve politica attiva e non politicienne". Prevarrà l'appello alla responsabilità?
La terza via. Una giornata e una notte con molti stop and go. E zeppa di riunioni. Ma con il passare delle ore è sempre più evidente che tutto è rinviato a domani, alla conta finale del Comitato politico che dovrà eleggere il segretario. "E qui - avvertono dalla mozione 1 ancora senza candidato - potrebbe sortire una terza via". Suggerita dalla Commissione statuto che si riunisce nottetempo. Potrebbe risorgere dalle ceneri la figura del Presidente che affianca quella del segretario. E' stato presidente Armando Cossutta, e poi andò come andò, con la scissione e la nascita del Pdci (1998). Adesso il binomio sarebbe già pronto: Grassi presidente, Vendola segretario. Due partiti in uno solo. Che deve restare disperamente unito almeno fino alle prossime europee.
(26 luglio 2008)
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