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Le DOPARIE

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Re: Le DOPARIE

Messaggioda franz il 01/10/2009, 17:35

Pare che la discussione partita con il termine "doparie" sia definitivamente approdata al tema della democrazia diretta (DD). Qui credo che vada chiarito che a parte qualche estremista, nessuno immagina una società interamente ed unicamente dominata dalla DD. In realtà l'obiettivo è una maggiore estensione degli strumenti in democrazia diretta senza per questo limitare o indebolire la democrazia rappresentativa (DR). Dove è maggiore la DD essa non sostituisce la DR ma si integra, rafforzandola.
Anche nei paesi in cui la DD è molto sviluppata si votano dei rappresentanti.
Le loro decisioni pero' sono sottoponibili, tutte, di principio, al giudizio dei cittadini.
A parte alcuni piccoli comuni, che non eleggono rappresentanti e decidono le loro piccole cose con una assemblea pubblica, nei livelli di governo piu' elevati (grandi città, contee, distretti, cantoni, stati americani) c'è in realtà una democrazia semidiretta, un misto regolamentato tra DR e DD.

In estrema sintesi i cittadini possono proporre leggi ma a differenza di quello che avviene in Italia (dove rimangono per tutta la legislatura nei cassetti delle camere) queste proposte vanno subito traformate in legge o votate dal popolo, entro uno stretto periodo di tempo. Si vedano le varie "Proposition" che vengono votate negli stati americani. Le piu' famose sono quelle in California, che con i suoi quasi 36 milioni di abitanti dimostra che gli strumenti della DD possono essere esercitati anche in una nazione popolosa ed industrializzata. In California si produce il 13% del PIL americano e se questo stato fosse a sè, sarebbe una delle prime setto od otto potenze mondiali.
Inoltre i cittadini possono bocciare una legge già votata dal potere legisltativo. In questi casi il popolo diventa come una terza camera (la legge va in vigore solo dopo che il popolo l'ha approvata, quindi non si tratta di abrograzione ma di approvazione).

La cosa pero' piu' interessante a mio avviso è che la possibilità che il popolo possa bocciare una legge o proporne altre, rende molto piu' attento e cauto il potere legislativo. Dove esiste la democrazia semidiretta, prima che i parlamenti licenzino un testo di legge esso viene soppoposto a quella che si chiama "procedura di consultazione". Una procedura che permette non solo a partiti ed associazioni di esprimersi ma anche a semplici cittadini che ne facciano richiesta. La procedura dura mesi ed ogni persona consultata fa pervenire le sue osservazioni scritte. Si riesce quindi a capire, prima di votare una legge, quali sono le principali obiezioni nel paese. Le obiezioni possono poi essere recepite modificando gli articoli ed evitando un referendum. La presenza di strumenti DD puo' quindi rendere virtuoso il processo di formazione delle leggi stesse. Questo rende di fatto diversa la Democrazia diretta o semidiretta fatta con il referendum dal plebiscito, tanto che la confusione con il plebiscitarismo populista per me non è possibile.

Ciao,
Franz
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Re: Le DOPARIE

Messaggioda ranvit il 01/10/2009, 17:57

Non fa una grinza quanto dice Franz. Concordo totalmente.

Temo che in Italia la cosa non piacerebbe a molti : dai politici vari sia di destra che di sinistra, ai tanti nostalgici difensori a prescindere della ns obsoleta Costituzione.

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Le DOPARIE

Messaggioda pagheca il 01/10/2009, 18:36

incrociatore ha scritto:intendevo dire che la scienza e la tecnologia in se non sono sufficienti a risolvere le questioni... infatti si può tentare di risolvere tecnologicamente e scientificamente il problema traffico sia costruendo efficienti strade che eliminando il traffico, ma la scelta se optare per l'uno o per l'altro è politica. In un sistema autoritario la scelta non viene discussa ed è più facile (non scontato, ma più facile) che quella presa risponda a logiche sbagliate, pur essendo ineccepibile sotto l'aspetto tecnologico (checché se ne dica, io vorrei che si costruisse oggi come si faceva nel ventennio... ad esempio), perché non sottoposte al controllo e verifica di nessuno.



Incrociatore,
oggi mi tocca litigare con te :)...

la verita' e' esattamente il contrario di quello che dici qui: scienza e tecnologia sono necessari (sebbene a volte non ancora sufficienti) a risolvere i problemi. La politica deve invece decidere le priorita'.

Supponi ad esempio che si voglia favorire lo sviluppo economico di un Paese. Lo si puo' fare con tempi lunghi, senza penalizzare le fasce deboli della societa'. Oppure lo si puo' fare con tempi rapidi, garantendo diritti e welfare. Da un punto di vista strettamente tecnico le due strade sono equivalenti, mentre da un punto di vista politico no. Ma in entrambi i casi la scienza puo' contribuire grandemente ad attuare questo programma, indicando come ottimizzare la spesa sociale e gli investimenti produttivi in entrambi i casi. Certo, e' vero che la scienza sta anche qui prendendo sempre piu' spazi. Oggi per esempio si puo' valutare quantitativamente, ovvero scientificamente, il grado di benessere di un popolo e decidere di conseguenza, ma rimane e rimarra' sempre un'area nella quale c'e' spazio solo per la scelta morale, ovvero per la politica.

Tra l'altro l'esempio che hai scelto dimostra proprio il contrario di quello che dici: e' il politico di solito a sostenere che le strade migliorano il traffico, mentre sono stati scienziati e tecnologi, attraverso modelli, simulazioni e misure sperimentali, a dimostrare che aggiungere strade per migliorare i tempi di percorrenza non sempre risolve il problema, in quanto spinge solo piu' gente a usare il mezzo privato fino a quando i tempi di percorrenza non saranno tornati uguali, ma creando un'area congestionata ancora piu' ampia. Purtroppo questo messaggio e' difficile da veicolare al grande pubblico che se vede una fila immagina che aggiungendo una corsia le cose migliorerebbero. I problemi del passante di mestre, per esempio, potevano essere minimizzati con simulazioni e un progetto tecnicamente piu' valido per i raccordi, ma e' prevalsa la politica per la quale la vera priorita' era la propaganda elettorale.

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Re: Le DOPARIE

Messaggioda incrociatore il 01/10/2009, 19:35

pagheca ha scritto:Incrociatore,
oggi mi tocca litigare con te ...

ti va solo bene che io nei miei cannoni c'ho messo fiori già da tempo... e non ironizzate sui cannoni che non fumo neanche roba normale!
;)

non credo che ho poi detto cose diverse dalle tue... forse non sono un'aquila a spiegarmi...

certo che scienza e tecnologia sono necessari, non mi sembra di avere detto il contrario... anzi... non sono d'accordo che la politica sia solo una questione di priorità... io penso che sia più corretto parlare di scelte.

Intendo che si possa, tecnologicamente e scientificamente, affrontare anche un problema dalla parte sbagliata e farlo in modo ineccepibile... cioè una strada, un ponte, un intero sistema viario può essere fatto in modo perfetto ma essere sbagliato allo stesso tempo perché le scelte dovevano essere altre, non tecnologiche, ma politiche... disegnando altre opportunità per la comunità che avrebbero richiesto altre scelte tecnologiche.

Ecco perché, secondo me, scienza e tecnologia in se non sono sufficienti... il guaio è che molte volte la politica prescinde dalla scienza, non si fa aiutare a fare le scelte... è spinta da interessi completamente diversi dal trovare la soluzione migliore o dall'immaginare il futuro di una comunità... e allora sono guai.
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Re: Le DOPARIE

Messaggioda franz il 01/10/2009, 20:48

incrociatore ha scritto:Ecco perché, secondo me, scienza e tecnologia in se non sono sufficienti... il guaio è che molte volte la politica prescinde dalla scienza, non si fa aiutare a fare le scelte... è spinta da interessi completamente diversi dal trovare la soluzione migliore o dall'immaginare il futuro di una comunità... e allora sono guai.

Nessuno è sufficiente Nessuno è auto-sufficiente
Non lo è la scienza e la tecnologia, non lo è la politica, non lo è la cultura.
Nessuno quindi deve essere più potente; prepotente.
Che poi la decisione, giusta o sbagliata che sia, debba essere politica (e democratica, quindi al limite anche popolare) per me è ovvio, sempre nella consapevolezza di questa "non prepotenza".
Che vuol dire sentire tutti, capire tutti, decidere sapendo che si puo' ancche sbagliare.

Franz
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Re: Le DOPARIE

Messaggioda pierodm il 02/10/2009, 1:26

Incrociatore.
Sono sostanzialmente d'accordo con quello che dici nella tua risposta e in quella che dai a Franz - il che riaprirebbe il discorso sulla scienza, che però mi sembra sterile, nella sua ovvietà - a proposito, non sono un po' troppi i discorsi ovvii che ci ritroviamo a fare?
Però continua a sfuggirmi il rapporto che esiste con quello che avevo detto io, ma non importa.

Altri.
Vedo che il tema, che avevo proposto come centrale, continua a sgusciare via come una saponetta bagnata - il postulato della "saggezza del popolo" in una democrazia ridotta sostanzialmente a esercizio elettoralistico.
Capisco - e lo dico sul serio, senza ironia - che si tratta di un tema scomodo, perché il solo fatto di metterlo sul tavolo sembra una specie di negazione della democrazia stessa, un colpevole dubbio, un'ambigua strizzatina d'occhio alle virtù dell'autocrate e via sospettando.
Quello che contesto non è il dubbio e nemmeno la strizzatina d'occhio - che sono una salutare provocazione che ho espresso chiaramente, con le mie allusioni storiche - ma appunto il sospetto di "ambiguità": l'ambiguità nasce da intenzioni truffaldine, mentre io vorrei soltanto che si riflettesse con mente libera e senza sacralità allo scopo di conservare, e anzi rendere migliore, effettiva, la democrazia, nella sua sostanza.
Certamente, nella mia visione la democrazia liberale - borghese e capitalistica - nasce già con alcuni vizi di merito, che non sono meno pesanti per il fatto che siano probabilmente inevitabili.
L'entusiasmo, in gran parte giustificato, con il quale le istituzioni liberali hanno soppiantato quelle dell'ancien regime o si sono posti in alternativa a regimi ugualmente riprovevoli - fa sì che questi vizi genetici siano costantemente sottovalutati: cosa che non è tanto importante politicamente (ci ha pensato il socialismo a integrare e correggere il liberalismo borghese sulla via di una democrazia più compiuta), quanto intellettualmente, perché ogni sottovalutazione e ogni eccessivo entusiasmo sono nemici della ricerca e della libertà intellettuale.

In Italia, poi, assistiamo da diversi anni ormai ad una situazione francamente schizofrenica, nella quale da un lato un minimo ineluttabile di realismo induce a sospettare fortemente di un elettorato capace di digerire le pagliacciate berlusconiane come prima aveva digerito i malfattori del pentapartito, senza nemmeno un ruttino, mentre dall'altro non si fa altro che rincorrere un caleidoscopio di manifestazioni e accorgimenti elettoralistici, con una sistematica propensione alla democrazia la più diretta possibile, come panacea e come evoluzione dell'intero sistema.
Il fatto, poi, che tramite il giochetto elettorale si tenti perfino di far nascere un partito e di dargli una fisionomia, un'anima e un programma, è solo uno dei fall-out secondari del fenomeno - secondario in quanto conseguenza, non per ordine d'importanza.

Tanto per essere chiari: io continuo a pensare che il centro assoluto del problema sia l'identità del partito, il suo "essere per chi e per che cosa", e solo dopo, molto dopo, vengono tutte le macerazioni sullo statuto, su come eleggere il segretario e il collegio dei probiviri, e quanto e come i bravi cittadini militanti e borghesi possono partecipare.
Per non sfuggire al tema di cui al titolo, mi sembra davvero stravagante una competizione - primaria o secondaria che sia - nella quale chiunque vinca spacca il partito in opposte fazioni tra loro inconciliabili su aspetti fondanti di natura etica e politica.
La volete chiamare "ricchezza delle diversità"?
Per me è un'assurdità, che ha aspetti grotteschi - del resto perfino Veltroni ne aveva sentore, quando ha scaricato in modo esplicito proprio quello sventurato slogan della "ricchezza delle diversità", se non ricordo male.
Ma sia pure: diciamo che le diversità ci sono e devono essere ricucite in qualche modo.
Ma davvero pensate che si possono ricucire con una ridda di consultazioni elettoralistiche, primarie, secondarie e terziarie, praticate oltre tutto senza uno schema preciso e condiviso, mescolando confluenze di soli iscritti con confluenze variegate e imprecisabili, e queste con decisioni assembleari, e ...?
Io dico, va be' che siamo nel guado, va be' che siamo in un periodo di transizone, ma anche alla confusione c'è un limite.
In questa situazione io credo che tanto varrebbe tirare a sorte - come in quel film con Jerry Lewis in cui il picchiatello, che sostiene una prova attitidinale più scema di lui, invece di sforzarsi a mettere in ordine una scatola di dadi contrassegnati, la chiude, la agita e oplà, la riapre e con un bel sorriso la mostra all'esaminatore tutta bella a posto.
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Re: Le DOPARIE

Messaggioda Loredana Poncini il 02/10/2009, 7:22

La democrazia diretta sta alla democrazia rappresentativa come il baratto può stare alle leggi di mercato !
Cioè la democrazia diretta, compresa quella vagheggiata da Mario Adinolfi, non è ipotizzabile neanche come speculazione politico-filosofica.
Invece, mettere mano ai meccanismi, che siano quelli del maggioritario, o del proporzionale, o delle preferenze, come di tante cose sul "come" della politica, anche all'interno dei partiti, può dare più voce a chi vuol essere un cittadino politicamente attivo.
L'introdurre le doparie nel Pd, come consultazione dei militanti in modo che i dirigenti non cadano nella tentazione di diventare dirigisti, mi pare uno strumento democratico da non sottovalutare, sempre sperando che il proporlo non sia l'ennesimo bluff, da parte degli auto-nominati "quadri" coordinatori, nei vari loft...
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Re: Le DOPARIE

Messaggioda franz il 02/10/2009, 7:48

pierodm ha scritto:Vedo che il tema, che avevo proposto come centrale, continua a sgusciare via come una saponetta bagnata - il postulato della "saggezza del popolo" in una democrazia ridotta sostanzialmente a esercizio elettoralistico.

Non so chi abbia posto questo postulato o dogma.
Non certo io. A me pare invece quasi uno sloggan da repubblica popolare, non da democrazia borghese.
Tanto è vero che da tempo vado dicendo che la democrazia non è lo strumento adatto per decisioni "giuste" o "sagge".
Per quelle servono altre "crazie".
Caso mai vado sostenendo che la democrazia ridotta sostanzialmente a esercizio elettoralistico è un difetto tipico di una democrazia troppo sbilanciata verso la DR, mentre l'aggiunta (e l'esercizio) di strumenti di DD elimina parte di quel problema, non tanto per le occasioni di voto in se' ma per le discussioni collettive che una nazione fa nei mesi precedenti un referendum.

Sull'identità del partito, sul suo "essere per chi e per che cosa" dovremmo intenderci su chi dovrebbe essere il motore di tutto questo. Un elite illuminata (poi la plebe approva esultante) oppure un lungo processo nel paese, che nasce anche dal basso tramite prove ed errori, primarie, secondarie, doparie?
Tutto sta a capire se l'identità è una cosa metafisica, che esiste già da qualche parte e noi dobbiamo solo scoprire, svelare, oppure se è qualcosa che si costruisce .... e chi la costruisce.
Dirigenti? Iscritti? Elettori? Tutti insieme?

Franz
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Re: Le DOPARIE

Messaggioda pierodm il 02/10/2009, 9:53

A parte il tono un po' troppo polemico - senza necessità di esserlo, intendo - il post di Franz pone questioni interessanti.

Il postulato.
Mi sembra di aver risposto a questo dubbio di Franz, nel sottolineare che tutto il gran movimento post-tangentopoli si esercita sul concetto variamente raffigurato delle virtù taumaturgiche del momento elettorale, della "società civile" contrapposta a quella politica, le cento padelle, l'Italia dei sindaci e dei governatori elettoralmente più rappresentativi del "popolo", etc.
E sono innumerevoli gl'interventi, anche solo in questo forum, che vertono sulla necessità di dare voce alle decisioni popolari per scegliere, decidere, sancire, rifiutare, etc.
Chiamo tutto questo "postulato", poiché la saggezza del popolo elettore viene data non solo per scontata, assiomatica, ma rivendicata in modo aggressivo contro qualunque tentativo di analizzarla o peggio ancora metterla in discussione, chiamando in causa la famosa "puzza sotto al naso" della sinistra o degl'intellettuali che disprezzano per superbia il "popolo".

Le discussioni collettive.
Magari fosse, nel senso pieno dei termini.
Queste discussioni, nel migliore dei casi, dovrebbero sostituire o almeno integrare quella che possiamo chiamare la "vita culturale" di una società. Se questa non c'è o è scadente, la discussione collettiva su temi specifici da sola non basta, e anzi rischia di far cristallizzare i cattivi pensieri.
Ma spesso non si dà il migliore dei casi. Spesso più che discussioni si tratta di chiacchiericcio, in gran parte sviluppato su un sistema mediatico balordo, sbrigativo, denso di luoghi comuni.

"Essere per chi e per che cosa".
Un'elite illuminata : intanto ci sarebbe bisogno che questa elite, con la presa di corrente attaccata, ci fosse, salvo poi a vedere se s'illumina o no.
Ricollegandoci a quanto si diceva all'inizio, dimentichiamo spesso che le grandi democrazie occidentali si sono formate nel solco di grandi borghesie colte, a loro volta eredi di grandi aristocrazie che per molto tempo avevano imparato ad essere "classe dirigente" responsabile, governante e non solo beneficiaria di privilegi, come è in gran parte quella italiana, in modo particolare in alcune regioni.
Lasciando da parte le tante considerazioni storico-politiche che si possono dipanare da questo dato di fatto, vorrei arrivare direttamente alla definizione di "aristocrazia operaia" - in larga parte emozionale, e tuttavia sostanzialmente giustificata - per dire che la democrazia, sia quella originariamente borghese e capitalista, sia quella moderna liberal-socialista, non sono fondate su un "popolo sovrano" magmaticamente indistinto, erede delle plebi suddite dell'ancien regime, ma su uno sforzo di acculturazione, di consapevolezza, di responsabilità che in una certa misura innalzano il livello della coscienza comune ad uno status che in modo immaginifico e metaforico si accomuna a quello che un tempo era chiamato "aristocratico" - ossia non plebeo, non ignorante, non obbediente ai soli impulsi immediati, capace di conformarsi intimamente ad un codice etico complesso di dimensione sociale, non solo strettamente individuale centrato sul "peccato".
Quindi ci andrei piano nel liquidare un po' demagogicamente il concetto di elite illuminata, e dedicherei un poco d'attenzione alla fenomenologia della "plebe che acclama": meglio comunque una plebe, se questa è, che acclama l'elite illuminata piuttosto quella che acclama Papi e la sua banda di avvocaticchi e di mignotte in carriera.

Sull'identità abbiamo discusso tante volte.
In fondo è semplice. L'identità non la crea nessuno. Anche quando sono molti quelli che s'impegnano a farlo.
L'identità deriva dalla storia, ossia dalla realtà in evoluzione, della quale un partito è capace di "appropriarsi", rappresentandone i valori e le necessità.
Quindi, un'identità che in parte "si scopre" e in parte si costruisce, in un rapporto uguale a quello che esiste tra i fenomeni storici e sociali e l'apporto della volontà e dell'intelligenza individuali.
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Re: Le DOPARIE

Messaggioda incrociatore il 02/10/2009, 10:20

pierodm ha scritto:Incrociatore.
Sono sostanzialmente d'accordo con quello che dici nella tua risposta e in quella che dai a Franz - il che riaprirebbe il discorso sulla scienza, che però mi sembra sterile, nella sua ovvietà - a proposito, non sono un po' troppi i discorsi ovvii che ci ritroviamo a fare?
Però continua a sfuggirmi il rapporto che esiste con quello che avevo detto io, ma non importa.

devo dire che il mio "sragionamento" sull'eventuale modo di risolvere i problemi del traffico a Roma si è fatto molto influenzare dal merito del tuo esempio, più che dall'esempio in se nel suo significato metaforico.

Però sottolineo che non trovo "scollegato" al discorso di base il fatto che, parlando di capacità ed esigenza di decidere da parte della politica rivendicandolo per la cosiddetta "classe dirigente", quell'esempio abbia tradotto nella capacità di decidere di fare viadotti la soluzione di un problema di traffico e "stranamente" non abbia ipotizzato altro. Il decisionismo, declinato all'italiana, temo che finirebbe per adottare le soluzioni più utili (non alla comunità) e comode... e magari quelle che alla comunità sarebbero veicolabili più facilmente in termini di propaganda, bollando quelli che vorrebbero dire la loro come "ecco i rompiballe".

La fotografia dello stato dell'arte... mi sembra.
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