Rebecchini:
«Altro che agile, pubblica amministrazione ferma per smart working»Il presidente dell’Acer: stallo totale, si torni a lavorare in sede negli uffici di Comune, Regione e in quelli statali. Altrimenti si ostacola la ripartenza dopo la pandemia
Lilli Garrone
«Ogni ipotesi di rilancio del paese resterà lettera morta, con tutte le drammatiche conseguenze che ne deriveranno, se la pubblica amministrazione non si rimetterà al lavoro concretamente, tornando a confrontarsi con il pubblico, sia pure in modalità smart». L’atto d’accusa arriva dal presidente dei costruttori romani (Acer), Nicolò Rebecchini.
Con il «lavoro agile» gli uffici pubblici non funzionano?
«Macché. Oggi, la gran parte degli uffici statali, regionali e comunali è ferma. Lo smart working introdotto per decreto, in un sistema ancora strutturato sulla carta, sta paralizzando ogni procedura».
Ci fa qualche esempio?
«Certo. Recentemente sono state indette delle gare d’appalto da parte delle Rfi, le ferrovie italiane, per la manutenzione dei loro fabbricati: avere i certificati per partecipare a queste gare è difficilissimo, si rischia di far scadere i termini e non poterne prendere parte. E questo purtroppo vale per tutte le gare pubblicate. In più vi è assenza di dialogo con le direzioni lavori degli enti pubblici, durante tutte le fasi, quando questo dovrebbe essere costante».
Quindi lei boccia per gli uffici pubblici lo smart working?
«Sono sempre più frequenti le lamentele degli operatori per ottenere i documenti necessari per partecipare ad una gara d’appalto, così come infiniti i tempi per ottenere le autorizzazioni, come ad esempio quelle del Genio civile. È necessario che chi ci governa si renda conto che i servizi al cittadino ora sono più importanti che mai: non possiamo più permetterci il blocco delle istruttorie urbanistiche ed edilizie e solo qualche sporadico rilascio di permessi di costruire. È necessario il ritorno in ufficio per confrontarsi anche in termini smart con il pubblico».
E come mai adesso non avviene?
«Noi possiamo colloquiare da remoto. Ma gli addetti della pubblica amministrazione non trovandosi in ufficio non hanno sotto gli occhi le procedure, gli incartamenti, le pratiche, per poterci dare sollecite risposte. La presenza in ufficio pertanto al momento è indispensabile».
Ma ritenete che questo sia valido anche per il futuro?
«Il futuro dovrà essere necessariamente smart e le Pa dovranno investire per perseguire questo obiettivo. Ora più che mai sarebbe imperdonabile ostacolare il già complesso rilancio del Paese».
Contro la corruzione, l’informatizzazione potrebbe essere di aiuto?
«Non c’è dubbio che un’interlocuzione informatizzata porterà ad una grande trasparenza in tutte le procedure. E anche a velocizzare le risposte. Purtroppo c’è bisogno di essere dotati di adeguate strutture, di personale formato, al quale, soprattutto, deve essere permesso di accedere a tutte le informazioni per rendere virtuoso questo processo smart».
La pubblicazione delle convenzioni da parte della presidente della commissione Urbanistica, Donatella Iorio, può far parte di questo processo?
«Sì. Purtroppo manca l’altra faccia della medaglia. L’inefficienza della Pa che, a prescindere dall’emergenza Covid, non svolge il proprio lavoro. Un esempio: in ogni convenzione è previsto che l’amministrazione nomini una commissione di vigilanza, per attuare il programma. Ma se poi le commissioni non vengono nominate, di chi è la colpa? Se le opere pubbliche realizzate non vengono poi collaudate, è colpevole chi ha costruito? Forse bisogna fare una seria autocritica, prima di fare qualsiasi affermazione».
fonte:
https://roma.corriere.it/notizie/cronac ... 7c08.shtml