Joy Johnson era una giovane donna nigeriana di 24 anni, senza permesso di soggiorno e in Italia da qualche mese.
Joy aveva la tubercolosi; il batterio della tubercolosi infetta un terzo della popolazione mondiale, ma solo una persona su dieci sviluppa la malattia, quasi sempre a causa di una contingente immuno-deficienza dovuta alla malnutrizione, all’HIV o, più in generale, alle sue cattive condizioni fisiche.
Nel 2004 (wikipedia docet) le persone uccise dalla tubercolosi sono state 1,6 milioni su oltre 23 milioni di casi conclamati e concentrati soprattutto nei così detti paesi in via di sviluppo. La tubercolosi uccide, infatti, quasi sempre per l’assenza di un intervento sanitario volto a curare la malattia. E naturalmente, siccome la tubercolosi uccide soprattutto gli “altri”, qui a nessuno glene frega più di tanto. Anzi, vien da pensare a volte che, infondo, ci sia anche qualche pragmatico che considera la tubercolosi - come la dissenteria, la malaria e lo stesso Aids –un bene: soppressori “naturali” che, se non altro, hanno il pregio di rallentare la crescita demografica là dove, altrimenti, verrebbero tutti a casa nostra a rubarci il lavoro e a stuprare le nostre donne. Volutamente esagero, ma fino a un certo punto.
Quando Joy è arrivata nel nostro paese civilizzato, l’hanno subito buttata immezzo a una strada a fare la prostituta. Solo l’ennesima puttana nigeriana senza documenti e senza diritti: carne da macello, corpi, merce, oggetti ad uso e consumo dell’italica virilità, che le puoi stuprare cento volte, torturare e ammazzare tanto non lo saprà mai nessuno e, anche ammesso, a nessuno gliene fregherebbe niente comunque.
Ancora e sempre donne, prima di tutto.
In quale antro buio e pidocchioso della campagna barese Joy avrà riportato il proprio corpo di giorno; chi l’avrà guardata torcersi tra gli spasmi convulsi della tosse, rantolare, sputare sangue dalla bocca, trascinarsi agonizzante al proprio posto di lavoro e sfruttarne fino all’ultimo respiro.
Dicono che Joy non abbia voluto andare in un ospedale italiano per paura che i medici la denunciassero. Magari sarà vero, magari - senza la legge bastarda votata da una specie tutta particolare di assassini – l’avrebbero abbandonata agonizzante davanti a un pronto soccorso e sarebbe morta in un letto d’ospedale… sai che bella consolazione.
Joy è morta, e adesso è tutto un fermento. Ma mica per Joy, perché è morta in un modo così assurdo e indegno di un paese che si fregia di civiltà; mica per le decine di migliaia di Joy che rischiano di finire come lei o peggio di lei; mica che si intraveda un respiro di riflessione, o un pensiero di consapevolezza e di coscienza , la scaturigine di una domanda, un qualcosa di minimamente umano e umanizzante come lo sgomento e l’indignazione per una fine così tragica e così inutile: no!
La prostituta nigeriana, l’extracomunitaria, la clandestina desta paura perché è l’untrice: e la metaforica infezione incarnata dalle orde barbariche che calano in Italia trabocca dalla società per contagiare pure i nostri corpi! E tra la tristezza, la rabbia e il dolore per un paese che sembra aver perduto con se stesso tutta la sua umanità, ammetto di provare un’innegabile e sottile compiacimento al pensiero che quanti corresponsabili del consumo del corpo e della vita di queste donne se la faccino se non altro nelle mutande per la paura.
Una volta tanto, almeno, non pioverà solo e sempre sul bagnato.
Ciao
Myos