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L'ombra dei Clan nelle case fantasma di Milano

L'ombra dei Clan nelle case fantasma di Milano

Messaggioda franz il 01/07/2010, 9:55

L'INCHIESTA
Nelle case fantasma di Milano
così i clan espropriano il Comune

Cinquemila alloggi controllati dai boss. E "riassegnati" attraverso una vera e propria graduatoria parallela
Un business da 20 milioni: capi bastone controllano interi caseggiati grazie a funzionari pubblici infedeli

di PAOLO BERIZZI e SANDRO DE RICCARDIS

Gli alloggi comunali a Milano non sono più un problema: basta scendere a patti coi boss delle "case fantasma" e, grazie anche a funzionari "amici", un tetto si trova. Un bilocale a Niguarda. Tre vani a Quarto Oggiaro. Due stanze a Baggio. Luce-acqua-gas compresi nell'"affitto". Prendere e pagare. All'ombra del Duomo, nella nebulosa dei lunghi silenzi di Palazzo Marino, per avere una casa "convenzionata" non devi nemmeno aspettare il tuo turno nella lista per l'assegnazione: c'è una graduatoria parallela, molto più rapida ma a pagamento. La gestiscono i burattinai del racket degli alloggi pubblici. I capi bastone delle occupazioni abusive e i dipendenti infedeli dei gestori pubblici. Che nella città della finanza contano più di un consigliere comunale, più di un assessore.

Donne-boss che hanno in mano interi caseggiati; portinai che sparano per chiudere la bocca a chi protesta o a chi non paga; funzionari e dirigenti dell'Aler - l'azienda lombarda per l'edilizia residenziale - conniventi. Bene oliati dagli "amministratori-scassinatori" con l'unico passpartout che apre tutte le porte: le "stecche". Pagate soprattutto dagli inquilini a chi, per potere conquistato con metodi da gangster, si è sostituito al Comune nell'amministrazione dei pubblici alloggi. "La lista parallela esiste ed è il risultato di troppi anni di inefficienza da parte delle amministrazioni - denuncia Aldo Brandirali, consigliere comunale Pdl e già assessore allo sport - Palazzo Marino continua a non conoscere la situazione di illegalità diffusa: e questo è un grosso problema".

Un business da 20 milioni di euro all'anno, 5mila case controllate da una decina di clan della malavita organizzata di origine campana, pugliese, calabrese e siciliana. Finiscono nelle loro casse le mazzette scucite alle famiglie che aspettano da anni. Da 1.000 a 7.000 euro. Accordi a domicilio o attraverso inserzioni su giornali e online. "Affittasi bilocale in viale Fulvio Testi"; "appartamento a Corvetto, privato, telefonare a...". Si vendono, in pratica, i contratti di affitto. Si sfondano porte di acciaio e si mette a reddito la casa. L'ultimo l'hanno beccato un mese fa: cercava di piazzare su Ebay un appartamento in via Forze Armate, 25mila euro con la possibilità, in futuro, di passare all'acquisto.

Come si è arrivati a questa situazione lo spiegano bene le parole pronunciate dal pm Antonio Sangermano nell'udienza dello scorso 11 maggio contro il clan Pesco-Cardinale. Che al quartiere Niguarda controlla decine di immobili. "Il Comune ha tollerato per anni una sacca purulenta, è inutile che i cittadini facciano segnalazioni se poi si resta inerti". Chi denuncia o si oppone alla legge dei furbetti riceve un trattamento "dedicato": minacce, aggressioni, colpi di pistola. Come nella notte tra il 4 e il 5 aprile.

Dieci spari contro una finestra in via Console Marcello. Per "avvertire" una donna che doveva testimoniare a un processo per pestaggio. L'accusato è il figlio della portiera, L. A., donna boss alla quale l'Aler ha affidato il controllo degli appartamenti sfitti di un palazzo a Niguarda: lei disinnesca gli allarmi e fa salire la gente a dormire dietro compenso. È lei l'alter ego di Anna Cardinale, appena tornata in libertà, figlia della "signora Gabetti" Giovanna Pesco, chiamata così perché è stata un vera e propria agenzia immobiliare di alloggi da occupare. Tutte e due arrestate dalla polizia che mesi dopo ha pure pizzicato un ispettore Gefi che chiedeva sesso per evitare lo sfratto.

Tra Aler e Comune sono 93 mila le case pubbliche a Milano. Cinquemila vuote. Quattromila occupate abusivamente. E i tempi di attesa (20 mila domande) si allungano. "Dal primo ottobre il Comune ci ha riaffidato la gestione del suo patrimonio (30 mila case) che prima era in mano a tre privati (Gefi, Romeo, Pirelli Re) - dice Domenico Ippolito, direttore generale dell'Aler - Stiamo cercando di eliminare le sacche di illegalità laddove è possibile".

Ma le case fanno gola a tanti. Dietro i meccanismi dell'assegnazione "parallela" c'è l'affare dei servizi di manutenzione e ristrutturazione. Mafia da una parte, sponde istituzionali dall'altra. Uno degli arrestati nell'inchiesta "Parco-Sud" sui rapporti tra 'ndrangheta, politica, e imprese edili, il consigliere comunale Pdl di Trezzano, Michele Iannuzzi, intercettato con un imprenditore "accenna alla possibilità di ricevere dei lavori dall'Aler per tramite dell'interessamento di Marco Osnato", consigliere comunale milanese del Pdl e funzionario Aler (non indagato).

Un altro spaccato riguarda i rapporti tra l'Aler e lo studio De Luca. Che dal 2005 amministra 600 appartamenti popolari tra via Ciriè e via Racconigi. La moglie di Antonio De Luca, Anna Bubbico, socia nel suo studio fino al 2006, siede nell'ufficio di presidenza dell'Aler e si occupa di lotta all'abusivismo. Quanto basta all'associazione "Sos racket e usura" per denunciare connivenze e opacità. Il materiale raccolto attraverso 500 questionari nei quartieri più problematici è diventato un dossier, ora in Procura. Una fotografia in chiaroscuro dei rapporti ambigui tra controllati e controllori. Con più di una sorpresa. A chi spetta il compito di fronteggiare il potere dei mammasantissima delle periferie? L'Aler ha mandato in trincea quindici ispettori. Tutte donne. Dicono all'Aler che "sono più convincenti di noi uomini".


(01 luglio 2010) www.repubblica.it
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Re: L'ombra dei Clan nelle case fantasma di Milano

Messaggioda flaviomob il 04/10/2010, 23:58

Una donna contro la ‘Ndrangheta (in Brianza)

La consigliera di Desio che combatte per la legalità. Sabato prossimo una fiaccolata per ricordare che i clan esistono (eccome) anche qui
Averne, come la Lucrezia. Di consiglieri comunali di opposizione che sappiano fare davvero il loro mestiere. Controllare, esigere, puntare i piedi fino a raggiungere l’obiettivo. O fare in pubblico i nomi che non si può. Lucrezia e Desio. Lucrezia e gli abusi edilizi. Lucrezia e la ‘Ndrangheta che ti alita sul collo. Quando l’estate scorsa sono arrivati come un tornado gli arresti di Ilda Boccassini contro i clan calabresi dallo Stretto al confine svizzero, ci è finita dentro pure la grassa terra di Brianza. Dove in tanti facevano spallucce, qui mica siamo a Palermo. Allora ognuno ha ricordato quella cocciuta consigliera di Desio che mobilitava, organizzava assemblee pubbliche con consiglieri regionali, dirigenti del suo partito – il Pd -, giornalisti ed esperti. Sale piene e il coraggio che piano piano conquistava i presenti fino a fare scattare le denunce.

“Non è stato così difficile accorgersi che qui qualcosa non andava. Venivo da Cormano, iscritta al Pci dal ’79, anche se ho incominciato a fare politica attiva nel ’95, ai tempi dell’Ulivo. E appena sono arrivata a Desio ho fiutato le stranezze. I cittadini, per esempio, non andavano negli uffici per le loro questioni edilizie, ma sembrava che dovessero passare tutti prima dal geometra Rosario Perri, il capo dell’ufficio tecnico. Sì, proprio lui”. Giusto, fermi un attimo.

Assessori, rifiuti e abusi edilizi
Questo Perri, calabrese della provincia di Catanzaro, è l’assessore provinciale che qualche settimana fa si è dovuto dimettere per effetto dell’inchiesta. Nella neonata provincia di Monza e Brianza l’avevano messo a fare indovinate cosa? L’assessore al Personale e alle Aziende partecipate. Che vuol dire che avrebbe assunto lui tutto il nuovo personale richiesto dalla Provincia, insomma sarebbe stato il padrone dell’istituzione. Una scelta strategica. Una pacchia. Celebre la telefonata con il figlio a Londra, invitato a venire in Italia a prendere le centinaia di migliaia di euro che il padre conservava nei tubi in casa e a portarne un bel po’ in Svizzera. Ma che soldi sono? risponde il figlio, rifiutandosi di eseguire (“macché risparmi, papà!”). “Ecco, quando io arrivai qui Perri aveva la tessera del Psi e se l’intendeva con Natale Moscato, assessore ai lavori pubblici, socialista anche lui, una famiglia legata a Natale Iamonte, un grande boss mandato qui al confino. E io mi insospettivo quando vedevo che per parlare di lavori pubblici e di edilizia quei due, invece di stare in ufficio, scendevano in cortile e stavano lì a confabulare. La gente mormorava. Ma sembrava che nessuno potesse fare niente. Per questo, quando sono stata eletta in consiglio, mi sono subito impegnata sulla correttezza e mi sono guardata bene intorno”.

Lucrezia Ricchiuti, non fa solo la consigliera. Cura la parte amministrativa della società del marito, promotore finanziario. Ha tirato su due figli e quando ha dovuto fare un po’ meno la madre si è pure iscritta e laureata in Scienze politiche, tesi in storia del sindacato. A dimostrazione che non bisogna essere professionisti per far bene la politica. “Desio è una città dove comanda Massimo Ponzoni, già assessore regionale e ora nell’ufficio di presidenza della Regione. Oh, sia chiaro, non è indagato; però chissà perché è già finito un po’ di volte in inchieste di ‘Ndrangheta. Qui nel 2008 si scoprì una scena da Gomorra: tir che un weekend andarono avanti e indietro indisturbati per la città sversando rifiuti tossici – c’è un’inchiesta in corso – nel terreno gestito da un tale Fortunato Stellitano, calabrese pure lui. Chissà per quanto tempo l’hanno fatto. E chissà i danni ambientali. Da allora sa io che cosa faccio? Mi giro tutti i terreni agricoli per controllare se sono senza sistemi di cinta, perché deve essere visibile che cosa ci accade dentro, al massimo si può accettare una rete. Se sono cintati puzza. E poi guardo se vengono su case o ville abusive. Sa, qui la parola d’ordine era ‘non andare in Comune tanto poi s’aggiusta’. E infatti una delle più grandi soddisfazioni per le mie denunce è che martedì si demolisce una villa abusiva. Sa di chi è? Di Antonino Reitano, l’assessore all’ambiente di Cusano Milanino”.

Il silenziodel Pd
Lucrezia però non si occupa “solo” di legalità. A lei si deve infatti se il Comune ha venduto i suoi terreni a decine e decine di artigiani che li affittavano, per metterli in condizione di avere, durante la crisi, i mutui dalle banche. Soprattutto a lei si deve la difesa delle case comunali piene di anziani, in gran parte vedove, che qualcuno voleva vendere per far cassa.
Certo la battaglia per la legalità e per liberare la Brianza dai clan è la sua priorità. “E mi scoccia che il mio partito non faccia altrettanto. Mi scoccia che non riusciamo a essere quelli ‘del fare’. Lenti e bravi nel parlare. Quando mi è arrivata la convocazione dell’assemblea regionale del 18 scorso e ho visto che non si faceva cenno a quanto era accaduto in luglio, nulla su quel che abbiamo saputo su ‘Ndrangheta, amministrazioni e politica, ho mandato subito una lettera a Martina e Cornelli, i segretari regionale e provinciale, per chiedere come mai. Nessuno mi ha risposto. Proprio non lo capiscono. Ma da qui, sabato pomeriggio prossimo, faremo partire una grande fiaccolata. Tre ore in cammino con sindaci, consiglieri comunali democratici e i cittadini che non vogliono più i clan al comando. Saremo in tanti, mica sono sola”. Giusto, però una richiesta che sgorga dal cuore ora la fa chi scrive. Quando si rieleggerà il consiglio comunale di Desio, per favore, nessuno dica che la Lucrezia c’è già stata tre volte e che ci vuole il ricambio. Già visto. Averne, come lei…

da Il Fatto Quotidiano del 03 ottobre 2010

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/10 ... nza/67270/


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