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abitare a Roma

abitare a Roma

Messaggioda trilogy il 11/06/2010, 12:02

ALLA PERIFERIA SUD-EST DELLA CAPITALE
Coniugi ultrasessantenni vivono in tenda
«Dopo lo sfratto forzato è la nostra casa»
Tor De Schiavi: Velia e Rocco occupavano abusivamente
una casa Ater, ma erano in graduatoria col punteggio 10

ROMA - Una tenda in un cortile di via Tor De Schiavi, estrema periferia della Capitale. Velia e Rocco Messina vivono qui dopo essere stati sgomberati dalla casa dell'Ater che avevano occupato per necessità. Ora quell’appartamento (ancora disabitato perché sembrerebbe non ancora assegnato) lo guardano dal basso e quelle persiane chiuse fanno rabbia. «Per quale motivo gli hanno tolto la casa se deve rimanere vuota?» si chiedono i vicini che sono solidali con la coppia.
La loro vicenda è venuta alla luce grazie a due giovani video reporter indipendenti, Veronica Altimari e Gianluca Rossi. I due ragazzi, che vivono tra Pigneto e Collatina, hanno scoperto la tenda girando per le strade del quartiere. «All'inizio i coniugi Messina, entrambi ultrasessantenni, erano titubanti: si sentivano dimenticati nonostante le lettere e gli appelli mandati a tanti mezzi d'informazione - raccontano i videomaker -. Erano già in tenda da una settimana quando hanno accettato di farsi riprendere e raccontare la loro storia».

IN GRADUATORIA DA ANNI – La decisione di occupare, spiegano davanti alla telecamera marito e moglie, non è stata un ingiustificato atto di prepotenza. Velia e Rocco, infatti, da anni sono in graduatoria per l'assegnazione di un alloggio popolare e con il punteggio massimo (10). Ma per loro la casa non c'è ancora.
«Nel 2004 abbiamo ricevuto uno sfratto per fine locazione – racconta Velia - e già eravamo in graduatoria per un alloggio popolare che però non c'era. Così siamo andati abitare in un appartamento poco lontano: per quattro anni abbiamo pagato 850 al mese più 100 di condominio. L’affitto era troppo alto per noi: mio marito guadagna appena 1.100 euro e, anche con l’aiuto di nostro figlio, ci siamo trovati indebitati fino al collo».

LA DECISIONE DI OCCUPARE – La decisione di occupare è stata quasi una scelta obbligata, racconta Velia. «Abbiamo saputo che c'era questa appartamento vuoto da tre anni perché, ci hanno detto, non è stato ancora assegnato. Così – ricorda la donna - a settembre 2009 sono entrata. Sono venuti vigili e carabinieri, mi sono autodenunciata all'Ater. Per otto mesi ho regolarmente pagato l'affitto di 150 euro al mese». Poi qualcosa è cambiato.

«SONO SVENUTA E MI HANNO SCAVALCATO» - Il momento dello sgombero è duro e le parole di Velia sono velate dalle lacrime. «Erano le 8.30 del mattino e stavo rincasando dopo una commissione quando ho visto camion, vigili, funzionari, ma non riuscivo a capire – dice -. Non mi rendevo conto che già stavano tutti dietro la porta. Poi sono entrati e hanno fatto tutto quello che dovevano fare. Mi hanno portato via la roba, e l’hanno messa in un magazzino che non so nemmeno dove sia. Li sentivo dire: "Leva i quadri, porta via quello…". Non ce l’ho fatta: sono svenuta e mi hanno persino scavalcato mentre ero a terra».

MARITO CARDIOPATICO – Oltre alle fatiche della vita in tenda, Rocco e Velia devono affrontare problemi di salute. Il marito, infatti, è cardiopatico: «Deve prendere ben 9 farmaci al giorno per tenere sotto controllo fibrillazioni, densità del sangue e pressione», spiega ancora Velia sfogliando le ricette. Da quando vive in tenda le sue condizioni si sono aggravate e ha chiesto qualche giorno di malattia: «Per il medico fiscale abbiamo dovuto scrivere come indirizzo "via Tor De Schiavi, in cortile"». §
La situazione sta pregiudicando anche la salute della donna: «Vado avanti con il Lextotan per combattere gli attacchi di panico e sto perdendo i capelli – dice -. Non chiedo nulla: solo un buco di casa, perché non si può vivere così buttati in mezzo alla strada».

I VICINI LI DIFENDONO – La tenda piantata in cortile non dà alcun fastidio ai vicini. Anzi sono stati i ragazzi della zona a recuperare la canadese bianca e a montarla lì. «Nessuno si è chiesto che fine fa quella famiglia dopo che l’hanno mandata via?», dicono un gruppo di donne che abita nello stesso condominio. «Quella casa è rimasta vuota - dicono ancora i vicini - ad oggi non si è fatto vivo nessuno. Allora ci chiediamo: per quale motivo gli hanno levato casa? A questo punto potevano lasciarci loro invece di sbatterli in tenda».

Carlotta De Leo
http://roma.corriere.it/roma/notizie/cr ... 9417.shtml
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