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Intercettazioni ...

Discussioni su aspetti locali di attualità, specifici o comuni a vari luoghi, ove già non affrontati nei forum tematici. Riforme locali: decentramento e federalismo.

Intercettazioni ...

Messaggioda franz il 08/06/2008, 13:59

dal blog di di pietro
....
Riporto una mia intervista pubblicata su La Repubblica di oggi sul tema delle intercettazioni.

Antonio Di Pietro: «Con quella legge lì, Mani Pulite sarebbe nata e subito morta. Perché Mario Chiesa lo abbiamo arrestato in flagranza, sì, ma solo perché era sotto intercettazione. E così tutti gli altri dopo di lui».

La Repubblica:
Divieto assoluto di intercettazioni, cinque anni a chi le esegue e a chi le pubblica. Onorevole Di Pietro, il premier Berlusconi ci riprova. Ma stavolta i numeri della maggioranza sono dalla sua.
Antonio Di Pietro: «È un progetto criminogeno, che noi di Idv tenteremo di contrastare, dentro e fuori il Parlamento. Se necessario anche facendo ricorso al referendum. Perché non è degno di uno stato di diritto che di fronte a un problema reale, il crimine, vengano eliminati gli strumenti a disposizione per combatterlo».

La Repubblica: La stretta farebbe salve le inchieste su criminalità organizzata e terrorismo. Ma non i reati per corruzione e concussione. Insomma, i reati dei colletti bianchi. Cosa vuol dire?
Antonio Di Pietro: «Intanto, vuol dire che il governo rinuncia a perseguire anche la grande criminalità. Perché per scoprire che un gruppo di persone delinque in modo organizzato, che una serie di reati specifici fanno parte di un disegno criminoso, occorrono prima indagini, intercettazioni, appunto. Nel momento in cui impediscono di farle, escludono la possibilità di risalire all´organizzazione».

La Repubblica: Ha la sensazione che si tratta di una legge ad personam?
Antonio Di Pietro: «È il solito modello berlusconiano. Mano dura nei confronti dei più deboli e occhio di riguardo verso gli amici. Piuttosto la definireri una legge ad personas. In favore di quelle che fanno parte della casta. Ecco cos´è, una norma salva casta».

La Repubblica: Carcere per i giornalisti, pesanti multe per gli editori. Ha l´impressione che nel mirino ci sia l´informazione?
Antonio Di Pietro: «Altro che impressione, è proprio così. Con l´intento evidente di impedire all´opinione pubblica di conoscere quel che di illecito accade dentro il palazzo del potere».

La Repubblica: Ammetterà che in questi anni non sono mancati gli eccessi. Dialoghi privati intercettati e poi immotivatamente pubblicati.
Antonio Di Pietro: «Distinguiamo tra intercettazioni lecite e quelle illegalmente acquisite. Queste ultime, tipo Telecom o Pio Pompa per intenderci, non vanno pubblicate. Ma per quelle lecite, va solo evitato che la pubblicazione avvenga prima del deposito degli atti. Il resto deve essere rimesso alla deontologia del giornalista, che non può essere definito tale se scrive dei baci mandati via sms da Anna Falchi a Ricucci. Non per questo, però, l´opinione pubblica deve restare all´oscuro del traccheggio tra i furbetti del quartierino e il governatore della Banca d´Italia».

La Repubblica: Il Guardasigilli Alfano ha ricordato che le intercettazioni pesano per il 33 per cento della spesa complessiva per la Giustizia: «Un eccesso». Concorda?
Antonio Di Pietro: «Perché non risparmia anche sul restante 70 per cento? Magari riducendo le indagini di polizia e carabinieri? I tagli vanno fatti agli sprechi a tutti i livelli, non sugli strumenti dei magistrati. Il ministro dovrebbe ricordare che negli ultimi dieci anni sono stati confiscati ai criminali e depositati presso gli uffici postali 1 miliardo 560 milioni. Quanto una mini manovra. Anche grazie alle intercettazioni. Peccato che quel tesoro giaccia inutilizzato: noi proponiamo che venga invece impiegato per il funzionamento della giustizia. Se Alfano ha bisogno di soldi, li recuperi da lì, non impedisca agli inquirenti di lavorare».
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Re: Intercettazioni ...

Messaggioda Perrynic il 08/06/2008, 17:01

franz ha scritto:dal blog di di pietro
....
Riporto una mia intervista pubblicata su La Repubblica di oggi sul tema delle intercettazioni.



Con Di Pietro concordo.

Sarei curioso di sapere la posizione del PD in merito a questa nuova esternazione di Berlusconi.

Saluti Perrynic
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Re: Intercettazioni ...

Messaggioda franz il 09/06/2008, 8:59

Perrynic ha scritto:Sarei curioso di sapere la posizione del PD in merito a questa nuova esternazione di Berlusconi.


ha parlato per primo il ministro ombra, come è giusto che sia.

SCONTRO PDL-PD - Maurizio Gasparri, presidente dei senatori Pdl, è d'accordo sulla necessità di usare le intercettazioni solo per la lotta alla criminalità e al terrorismo, limitando invece «lo spreco di risorse». Decisamente contrario il Pd, che teme intralci per la giustizia e le forze dell'ordine: «Berlusconi - commenta il ministro ombra della Giustizia Lanfranco Tenaglia - perde il pelo ma non il vizio. Altro che sicurezza e certezza della pena con questo provvedimento non si fa altro che garantire impunità e intralciare il lavoro delle forze dell'ordine, che rischieranno addirittura di essere loro stesse incriminate, arrivando al paradosso di mettere in carcere il controllore al posto del controllato». Il Pd è invece favorevole a una legge che tuteli la privacy dei cittadini e dunque limiti la pubblicazione delle intercettazioni. Posizione condivisa anche dai dipietristi dell'Idv: secondo il capogruppo Massimo Donadi, inoltre, il carcere per i giornalisti rappresenterebbe «un bavaglio alla libertà di informazione». «Evidentemente Berlusconi vuole mettere in libertà vigilati i cronisti italiani», commenta Giuspette Giulietti, deputato Idv e segretario dell'associazione art.21.

Marco Dell'Omo (Ansa)
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Re: Intercettazioni ...

Messaggioda annalu il 10/06/2008, 17:51

Da Repubblica.it:

Intercettazioni, il costo degli ascolti autorizzati gonfiato da tariffe fuori mercato
Il prontuario è quello firmato con i gestori dieci anni fa

Bluff nei numeri di via Arenula
Italia, la più garantista d'Europa


Un magistrato: con un contratto "You and me" lo Stato risparmierebbe
Quasi 125 mila sono le utenze controllate, non le persone intercettate

di CARLO BONINI
ROMA - Sostiene il ministro di giustizia Angelino Alfano che "grandissima parte del Paese è intercettato". Che "il numero delle intercettazioni non può essere giustificato né in base al numero degli abitanti, né in base al nostro ordinamento giuridico". Che "la spesa è ormai alle stelle: un terzo del bilancio". Dunque, che mettere mano al codice di procedura penale che ne disciplina l'uso e la pubblicità è ormai passaggio improcrastinabile. Le cose stanno cosi?

Se le si incrocia con i dati statistici più aggiornati (fonte lo stesso ministero di giustizia), le parole del ministro sembrano uscirne rafforzate. I numeri dicono che, nel 2007, nel nostro Paese le utenze intercettate sono state 124 mila 845, quattro volte quelle autorizzate nel 2001, e che questo "ascolto", diventato ormai, nelle routine delle procure della Repubblica, "principale strumento di acquisizione della prova", è costato alle casse dello Stato 224 milioni di euro. E tuttavia, i numeri sanno essere bugiardi.

Come ogni addetto - magistrato, investigatore o avvocato che sia - sa ed è pronto a spiegare, il numero di utenze intercettate non equivale ad altrettanti cittadini sottoposti a controllo. In un'indagine penale, uno stesso indagato è intercettato su più utenze: abitazione, ufficio, telefonia mobile. Soprattutto, come la routine giudiziaria documenta, non esiste ormai indagato appena avveduto che non cambi con frequenza settimanale la propria o le proprie schede telefoniche cellulari.


Quel primo numero, dunque - 124.845 - racconta di una popolazione di ascoltati meno fitta di quel che appare. Verosimilmente inferiore agli 80 mila indagati, meno dello 0,2 per cento della popolazione del nostro Paese.

Si potrà dire - come osserva del resto il ministro Alfano - che, anche purgato, resta un numero eccessivo. Ma anche qui, se fonti qualificate del ministero dicono il vero, è un fatto che oltre l'80 per cento delle intercettazioni è autorizzato per reati di criminalità organizzata.

Anche sulla spesa, c'è qualche sorpresa. Nonostante nel 2007 le utenze intercettate abbiano raggiunto il numero più alto degli ultimi sei anni, il risparmio è stato di 84 milioni di euro rispetto al 2005 e di 5 rispetto al 2006. Con un costo unitario per intercettazione di 1.794 euro. La metà del 2005, un terzo del 2002.

"Troppo", si osserva ancora. "Le intercettazioni si mangiano un terzo delle spese di giustizia". Ma anche questa circostanza non appare esatta. Il bilancio per la giustizia del 2007 è stato di 7 miliardi di euro, di cui i 224 milioni per intercettazioni non rappresentano evidentemente il 30 per cento. Al contrario, quella cifra è un terzo di uno dei capitoli di bilancio del ministero. Quello cosiddetto delle "spese di giustizia obbligatorie". Quelle, per intendersi, su cui gravano anche i consulenti, i periti. Le stesse spese al cui pagamento è condannato, per legge, "l'intercettato" riconosciuto colpevole e che, normalmente, il ministero rinuncia quasi sempre ad esigere.

Ancora. I costi per le intercettazioni sono normalmente composti da due voci. Il noleggio delle attrezzature, la tariffa oraria o giornaliera da versare al gestore telefonico (fisso o mobile) per l'uso della linea. Bene, il prontuario con cui, ancora oggi, lo Stato salda queste voci è quello firmato con i gestori 10 anni fa. Più o meno, agli albori della rivoluzione del mercato telefonico. Il ministero paga dunque per intercettare ciò che nessun cittadino si sognerebbe mai di pagare e soprattutto che nessun gestore telefonico si sognerebbe mai di esigere.

Un esempio. Per un'intercettazione ambientale (che funziona attraverso scheda telefonica), lo Stato paga una tariffa business piena da 60-70 euro al giorno. "Con un piano tariffario "you and me" - osserva sorridendo un magistrato - pagherebbe solo il canone della scheda". Da quel prontuario, a quanto pare, non c'è stato modo di scostarsi. Non sono riusciti i governi di centro-destra. Né quelli di centro-sinistra. Né, l'obbligo di piani tariffari agevolati "per ragioni di giustizia" è mai entrato (come avviene in paesi come la Germania) tra le condizioni necessarie per il rilascio della licenza al gestore telefonico.

Se allora l'argomento dei numeri si dimostra meno solido di quel che appare, resta quello dei "princìpi". Un lavoro comparativo pressoché dimenticato della commissione parlamentare giustizia del 2006, "svelò" al nostro Parlamento che la disciplina delle intercettazioni telefoniche, nel nostro Paese, è tra le più garantiste d'Europa, sia nella fase in cui viene disposta (su richiesta del pubblico ministero, la autorizza un gip, fissandone il tempo e i limiti), che in quella in cui viene conclusa (vengono trascritte soltanto le intercettazioni ritenute rilevanti e la parte ne viene messa a conoscenza), cessandone la segretezza anche a beneficio dei media e dunque dell'opinione pubblica.

Qualche esempio. Nel Regno Unito, il Paese culla dell'habeas corpus, dove, per legge, l'intercettazione non può costituire in nessun caso fonte di prova in un giudizio, l'intrusione nella privacy del cittadino (quale che sia il mezzo di comunicazione utilizzato) è un provvedimento "investigativo" assunto con decreto dal ministro dell'Interno e a cui sono autorizzati non solo la polizia, ma anche i Servizi Segreti, per un tempo che può arrivare fino ai sei mesi.

Il criterio è quello, discrezionale, della "gravità" del reato che si sospetta si stia consumando. Il materiale raccolto, utilizzato per prevenire un reato ovvero individuarne gli indizi che saranno altrimenti provati, viene distrutto quando ritenuto non più utile e il cittadino intercettato non ne avrà mai conoscenza, a meno che non decida altrimenti un procuratore della Corona.

In Spagna la legge fa acqua ed è stata ripetutamente censurata per sospetta incostituzionalità. Anche qui, come in Italia, in Francia e in Germania (in quest'ultimo Paese la disciplina è rigidamente tipizzata), è un giudice a disporre l'intercettazione, ma sulla base di norme che non individuano nessuna categoria di reati (né in base alla pena, né in base al titolo), ma richiamano soltanto alla loro generica "gravità". Il che, evidentemente, attribuisce una discrezionalità che facilmente può trasformarsi in arbitrio.
(10 giugno 2008)


Possibile che in Italia sia impossibile conoscere la realtà dei fatti?
L'abitudine a falsificare i fatti, o almeno a "interpretarli" in modo fazioso, è così radicata nel nostro paese che ormai non esiste modo di "rendere credibile" ciò che è VERO.

Credo che questa sia la causa prima di gran parte dei nostri mali.
Politici civili ed onesti discuterebbero e si contrapporebbero anche duramente, sul COME RISOLVERE I PROBLEMI, potrebbero anche discutere sulle priorità, ma sulla realtà del fatti dovrebbe esserci accordo.

E' da qui che nasce la sfiducia in tutti i politici, quindi il populismo, quindi la ricerca di un "salvatore".

Povera Italia!

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