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Province tra abolizione e salvataggio

Discussioni su aspetti locali di attualità, specifici o comuni a vari luoghi, ove già non affrontati nei forum tematici. Riforme locali: decentramento e federalismo.

Province tra abolizione e salvataggio

Messaggioda franz il 11/02/2012, 17:03

DOSSIER
Province tra abolizione e salvataggio
è caos al bivio delle amministrative

Il presidente della Repubblica ha intimato un intervento: occorre prendere una decisione. Da settimane se ne discute a Montecitorio ma l'accordo è lontano. In otto scadono a maggio. saranno commissariate

di CARMELO LOPAPA
ADDIO Province. Ma forse no. Il governo Monti le smantella col decreto Salva-Italia, in Parlamento si lavora per tenerle in qualche modo in vita. E intanto, in primavera, per le prime otto in scadenza anziché il voto arriva il commissario prefettizio, tra proteste e ricorsi alla Consulta. Sugli enti intermedi è il caos. Normativo, organizzativo, finanziario. Non a caso il presidente della Repubblica Napolitano ha intimato l'aut-aut: "Occorre fare un punto e scegliere una strada e risolvere il problema con razionalità". In commissione Affari istituzionali di Montecitorio si discute da settimane, ancora senza una soluzione, e Pd e Pdl concordano sulla necessità di una nuova disciplina che non preveda però la loro cancellazione. Il governo cerca di dare una scossa. Lunedì il ministro dell'Interno Cancellieri ha già convocato un vertice coi responsabili enti locali dei partiti. Le Province rilanciano con un loro piano per ridurre il numero da 108 a 60 e le spese per 5 miliardi. Ma la pressione dell'opinione pubblica è alta. Anche perché sullo sfondo resta appunto il capitolo costi: quello che ha acceso il caso e non da ora. Perché è vero, come emerge dai tabulati dell'Unione delle Province, che nel 2011 le spese sono state "solo" di 11 miliardi 618 milioni, con una riduzione del 14% rispetto al 2008, e che presidenti, assessori e consiglieri sono ora ridotti a 1.174 con un costo di 111 milioni l'anno. Ma è anche vero che l'ultimo
conto economico pubblicato dall'Istat dimostra come dal 1990 al 2010 la spesa pubblica per le Province è passata da 4,6 a 12,5 miliardi.

PARTITI DIVISI
In ordine sparso in Parlamento. La commissione Affari costituzionali è al lavoro alla Camera, deve produrre un testo entro il 31 marzo 2013, ma non c'è alcuna intesa tra i partiti. "Una follia prevedere la trasformazione di questi enti in organo di secondo livello, rendendolo di nomina politica" spiega il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti (Pd): "La vera riforma deve puntare alle competenze, con la riduzione del numero e il mantenimento delle funzioni di coordinamento". La proposta Pdl alla quale lavora Donato Bruno, non è molto differente: accorpamento e riduzione del numero, almeno 20-24 consiglieri da eleggere come avvenuto finora. La Lega punta al mantenimento dello status quo. Mentre l'Udc sposa la riforma appena varata da Monti. L'Idv, tranchant, è per la cancellazione proposta in una legge di iniziativa popolare già sottoscritta da 400 mila elettori. "Un peso morto, vanno abolite" sentenzia il deputato Antonio Borghesi.

IL DECRETO SALVA-ITALIA
Mai più elezioni provinciali. Sono otto le Province che vanno in scadenza tra aprile e maggio ma saranno le prime cavie a finire sotto la tagliola della cura Monti. Niente rinnovo per i consigli, nessuna elezione diretta del presidente per le amministrazioni di Genova, La Spezia, Como, Ancona, Cagliari, Ragusa, Vicenza e Belluno. È una delle ricadute più immediate dell'articolo 23 del decreto Salva-Italia. In quelle aree le Province resteranno in vita, ma le competenze di presidente e giunta saranno acquisiti da un unico commissario prefettizio o comunque governativo. L'Unione delle Province si prepara a impugnare la norma dinanzi alla Corte Costituzionale (l'organo è previsto dalla Carta e non può essere soppresso così, è la tesi). In ogni caso, entro il marzo 2013 una legge dovrà definire i destini delle altre 99 Province, per le quali comunque la norma vigente non prevede nuove elezioni.

LA CONTRO-PROPOSTA
È stato il decreto Salva-Italia dello scorso dicembre a imprimere la svolta. Cancellate le giunta, ridotti i consiglieri, abolite le elezioni per le Province, funzioni trasferite. È l'articolo 23 a dettare le nuove regole. L'ente mantiene "esclusivamente le funzioni di indirizzo politico e di coordinamento delle attività dei Comuni". Resta la figura del presidente, ma eletto dal consiglio provinciale. Quest'ultimo, a sua volta non sarà eletto con le consuete elezioni provinciali ogni cinque anni, ma composto da non più di dieci componenti (oggi sono stati già ridotti a 18) selezionati dai consigli comunali del territorio di riferimento. Le funzioni verranno trasferite ai comuni o acquisite dalle regioni con le modalità definite da una futura legge dello Stato. E con i compiti vengono trasferiti anche i circa 60 mila dipendenti.

LE CIFRE
Spese triplicate. È il quadro a tinte fosche che sembra abbia spinto il premier Monti a intervenire già a dicembre senza indugiare oltre. Si tratta del conto economico delle amministrazioni provinciali per gli anni 1990-2010 elaborato dall'Istat. Non tiene conto dei "risparmi" fatti registrare dagli enti (e rivendicati dall'Upi) alla chiusura dello scorso anno. Ma è comunque significativo. Cosa emerge dalla complessa tabella? Per esempio che le spese correnti che ammontavano a 3,6 miliardi nel 1990, sono lievitate fino a 9,9 miliardi nel 2010. Sono cioè triplicate. Quelle per investimenti erano un miliardo e 40 milioni nel '90 e sono più che raddoppiate due anni fa: 2,6 miliardi. E risulta triplicato il totale complessivo delle uscite: da 4,6 a 12,5 miliardi. Un capitolo che resta aperto è cosa ne sarà - ora che lo smantellamento è avviato - dei 13 miliardi di mutui che in questi anni le Province hanno acceso con la Cassa depositi e prestiti.

I PRIMI PROVVEDIMENTI
LE 107 province italiane (molte nate negli ultimi cinque anni) sono costate ai contribuenti 11 miliardi di euro, stando al dossier Upi pubblicato nel gennaio 2012. "A regime", gli assessori delle 107 giunte sono 395, i consiglieri oggi in carica 1.272 e in totale i 1774 amministratori comportano una spesa per indennità e gettoni per 111 milioni. Ma, fanno notare i presidenti, il personale politico era di 4 mila unità nel 2010. E le spese che ammontavano a 13 miliardi nel 2008 hanno subito una riduzione del 14 per cento nel 2011: 11,6 miliardi. Ma ci sono anche le entrate tributarie percepite dalle Province, che a fine 2011 erano pari a 3,8 miliardi. Che ne sarà di quei tributi? C'è poi il capitolo personale. Le 61 mila unità, tra impiegati e dirigenti, comportano uscite per 2 miliardi e 300 milioni. Ma gli enti intermedi - dalle società degli enti locali ai consorzi, agli enti porto e turistici - costano da soli quasi quanto le Province, fa notare l'Upi: 7 miliardi 26 milioni.

MAI PIU' ELEZIONI
L'Unione delle Province non si è limitata a schierarsi contro la riforma Monti, ma ha presentato due giorni fa la sua controproposta. Riduzione del numero delle province, dalle attuali 107 a 60, istituzione di aree metropolitane (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari e Reggio Calabria), accorpamento degli enti territoriali dello Stato, ma soprattutto cancellazione di enti, agenzie, consorzi e la ridefinizione delle loro funzioni evitando sovrapposizioni. Nella piattaforma illustrata assieme a cinque colleghi dal presidente dell'Upi Giuseppe Castiglione (Pdl, a capo della Provincia di Catania) un risparmio stimato in 5 miliardi di euro, "a fronte dei 65 previsti dal decreto Salva Italia". La bozza sarà sottoposto alla commissione paritetica Stato-Enti locali, ma dopo la mobilitazione di fine gennaio, ora l'Unione si prepara al ricorso costituzionale in difesa dell'ente "che è costituzionale e non può essere cancellato con una norma ordinaria".

(11 febbraio 2012) www.repubblica.it
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