Il consiglio dei ministri tramite un processo complesso e, per certi versi, ambiguo ha ridotto di 35 unità le province italiane. Le province sono state istituite nell’Ottocento e da sempre non hanno avuto una rilevante incidenza politicoamministrativa. Viste come una “lunga mano” del potere esecutivo centrale, sono state spesso carenti in radicamento nel territorio e appeal nei confronti della popolazione. La degenerazione del sistema dei partiti ha fatto sì infine che divenissero luogo di clientelismi e sprechi. La fine delle province (o alcune di queste) è stata quindi motivata dal loro ruolo marginale e “nebuloso”.
D’altro canto un’attenta analisi del sistema politicoamministrativo di uno stato piccolo seppure ben funzionante come la Svizzera sarebbe stata utile per rivalutare e riorganizzare il ruolo di queste istituzioni nell’obiettivo di assicurare un processo politico più trasparente, più democratico e meglio funzionante. Secondo Isil (International society for individual liberty) la Svizzera è la nazione più democratica del mondo, oltre a essere tra le più ricche. Alcuni attenti osservatori hanno evidenziato che malgrado la lontananza geografica, culturale e dimensionale, la Svizzera ha molte analogie con gli Stati Uniti d’America (Benjamin Franklin ebbe a descriverle le “repubbliche sorelle”). Sia gli Usa sia la Svizzera hanno sistemi federali ormai consolidati, caratterizzati da alcuni strumenti di democrazia diretta (in Svizzera questi sono ben più effettivi). Dal punto di vista dimensionale, il federalismo svizzero si fonda sui cantoni e comuni. La popolazione svizzera di circa 8 milioni di abitanti è divisa in ben 26 cantoni, ognuno con un’ampia autonomia politica; per essere più chiari, è la Confederazione elvetica che sorge dall’unione di 26 stati-cantoni “sovrani”, e non vice-versa.
In Italia il livello regionale (perlomeno delle grandi regioni: la Regione Lombardia conta circa 10 milioni di abitanti e la Sicilia quasi 5 milioni) è decisamente sovradimensionato rispetto al livello cantonale. La Lombardia rispettando il livello dimensionale dei cantoni svizzeri dovrebbe essere ipoteticamente spezzettata in 26 o più realtà cantonali. Da questo si evince che se volessimo seguire una tipologia di federalismo ben funzionante come quello svizzero, dovremmo basarci su realtà territoriali di dimensione più simile alle nostre province piuttosto che alle regioni.
Al netto di limiti geografici che spesso sembrano segnati con una riga su una cartina piuttosto che pensati assecondando le contiguità culturali, economiche e storiche delle comunità, se accettassimo come vincente il modello svizzero, l’abolizione o l’accorpamento sarebbe dovuto avvenire per le regioni piuttosto che per le province, incrementandone contestualmente le competenze.
Inoltre la prossimità degli organi decisori al livello locale o provinciale permetterebbe anche di sviluppare più semplicemente strumenti di trasparenza e democrazia diretta. Per esempio, referendum e iniziative popolari avvengono molto spesso nei singoli cantoni, anche per argomenti “insoliti”; di recente gli svizzeri si sono espressi, bocciandole, su una proposta che regolamentava il prezzo dei libri e una proposta che prevedeva un aumento delle ferie da quattro a sei settimane.
I referendum poi riducono la litigiosità dei partiti perché le materie più controverse hanno la “valvola di sfogo” del voto popolare. Un sistema quindi simile o analogo a quello svizzero, se esportabile in Italia, assicurerebbe, in un contesto di valorizzazione del livello istituzionale delle province, un più ampio utilizzo di meccanismi di democrazia diretta, maggiore vicinanza tra eletto ed elettore (leggasi anche maggiore trasparenza), e minore litigiosità (a cui corrisponde spesso ineffettività) del processo decisionale-politico.
Massimiliano Vatiero
http://www.europaquotidiano.it/gw/produ ... doc=138309
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)