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Al Sud la vita è meno cara: -16,5%

Discussioni su aspetti locali di attualità, specifici o comuni a vari luoghi, ove già non affrontati nei forum tematici. Riforme locali: decentramento e federalismo.

Al Sud la vita è meno cara: -16,5%

Messaggioda franz il 04/08/2009, 22:39

bankitalia e Il confronto con i dati del 2006
Al Sud la vita è meno cara: -16,5%
Calderoli: «Rimodulare gli stipendi»
Sensibile la differenza del costo degli affitti: nel Mezzogiorno è il 60% di quello del Centro Nord

ROMA - «Il costo della vita al Sud è del 16,5% inferiore rispetto al Nord. Chiedo che le buste paga siano parametrate». Il ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli, lancia la proposta. E cita i dati pubblicati da un «occasional paper» sulle differenze nel livello dei prezzi al consumo tra Nord e Sud riferiti al 2006, e pubblicato da Bankitalia. «Il costo degli affitti (effettivi e figurativi) nel Mezzogiorno - spiegano da via Nazionale - è pari a circa il 60 per cento di quello del Centro Nord, a parità di caratteristiche qualitative degli immobili, come misurate nell'indagine sui bilanci delle famiglie condotta dalla Banca d'Italia. Attribuendo agli affitti il peso relativo alle spese per abitazione che risulta dall'indagine sui consumi delle famiglie effettuata dall'Istat, e assumendo che i prezzi dei beni e servizi diversi dagli affitti e dai prodotti alimentari, dell'abbigliamento e dell'arredamento non presentino differenze territoriali, si perviene a un indice complessivo del costo della vita che per le regioni del Mezzogiorno è inferiore del 15 per cento rispetto a quelle del Centro Nord. In altri termini, i divari osservati nei prezzi di un insieme di prodotti che rappresentano poco meno del 60 per cento della spesa delle famiglie implicano un divario di costo della vita di circa il 15 per cento tra Nord e Sud».

LA RICERCA - Incide anche il costo dei combustibili e dell'energia, «che risulta di poco superiore nel Mezzogiorno rispetto al Centro Nord (2,2 per cento); quello dei servizi è invece inferiore del 15 per cento. Includendo anche queste componenti nel calcolo dell'indice del costo della vita si perviene a una stima del divario tra Centro Nord e Mezzogiorno dell'ordine del 20 per cento. Se si assume che i prezzi dei servizi rilevati dal ministero dello Sviluppo Economico siano rappresentativi solo di alcune componenti di spesa per servizi (sanità, riparazioni, altri beni e servizi, voci che assorbono il 16 per cento della spesa) e che per i restanti prodotti non vi siano differenze territoriali (l'insieme delle voci per le quali si assume uniformità di prezzo nel territorio è in questo caso pari al 22 per cento della spesa), l'indice complessivo del costo della vita risulta pari a 89,3 nel Mezzogiorno e a 107,8 al Centro Nord; nelle regioni meridionali il livello dei prezzi è del 17 per cento inferiore a quello del Centro Nord. Incorporando il maggior onere nel Mezzogiorno rilevato per i premi di assicurazione dei mezzi di trasporto, tale valore scende al 16,5 per cento circa».

CALDEROLI - «Dati veramente interessanti» afferma Calderoli. -«Alla luce della volontà espressa dal Governo di affrontare, una volta per tutte, la questione meridionale, anche attraverso la fiscalità di vantaggio, e ritenendo altrettanto necessaria e urgente la risoluzione della questione settentrionale - aggiunge il ministro per la Semplificazione Normativa e coordinatore delle segreterie nazionali della Lega Nord - è evidente che andrà posta attenzione alle nostre proposte riguardanti le buste paga parametrate sul reale costo della vita nelle diverse aree del Paese».

REAZIONI - A Calderoli ribatte un altro ministro: Gianfranco Rotondi. «Basta col teatrino su nord e sud - dice Rotondi - Berlusconi unisce il Paese». Più tardi interviene anche il sottosegretario alla Presidenza del consiglio, con delega al Cipe, Gianfranco Miccichè: «Se Calderoli vuole parametrare le buste paga al costo della vita, che al Sud sarebbe più basso rispetto al Nord, dico che possiamo valutare l'ipotesi, purché i costi siano più bassi in tutti i settori: il Sud paghi più basse percentuali Irpef, abbia meno costi per la pubblica amministrazione, compri di meno la benzina e così via». «Se dobbiamo ridurre - aggiunge - riduciamo tutto, non solo gli stipendi. Detto questo, è tutto da dimostrare che al Sud si spende meno. Probabilmente è vero per le case e per il pane, ma un maglione Benetton costa lo stesso prezzo al Nord e al Sud». «Io - conclude Miccichè - vivo tra Roma e Palermo e non mi pare che tra queste due città vi siano differenze di prezzi».

PD - Anche il Pd attacca Calderoli: «La richiesta di introdurre le gabbie salariali da parte del Ministro Calderoli - afferma il deputato Pd, Giovanni Burtone - svela il vero volto del governo nei confronti del Mezzogiorno e a ben poco valgono le armi spuntate di Lombardo, Miccichè e di quanti pensano di strumentalizzare il sud per propri posizionamenti politici. Al sud, infatti, non serve il ruggito del coniglio di qualche esponente PDL e dell'Mpa. Il vero azionista di maggioranza di questo governo è la Lega e lo dimostra puntualmente. Nel merito il ministro Calderoli dovrebbe già sapere che di fatto le buste paga già evidenziano una differenza di retribuzioni tra nord e sud così come tra uomini e donne. Pertanto bene farebbe a leggere integralmente tutti i dati. Non siamo più disposti a tollerare le buffonate degli esami di dialetto, della limitazione d'accesso ai concorsi pubblici solo perchè meridionali, e di tutte quelle provocazioni gratuite, compresa questa delle gabbie salariali, che questo paese non merita e che i meridionali non meritano. Calderoli deve capacitarsi che al sud studiamo di più e partecipiamo di più ai concorsi».

04 agosto 2009
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Re: Al Sud la vita è meno cara: -16,5%

Messaggioda franz il 05/08/2009, 8:43

La differenza in realtà è maggiore.
Come ben spiegato a suo tempo da Campiglio, se noi esaminiamo lo stesso paniere tra nord e sud arriviamo solo ad una parte della differenza. Un'altra parte è dovuta a differenti abitudini alimentari, al maggiore autoconsumo di prodotti dell'orto, al clima che induce minori consumi di riscaldamento. In totale la differerenza è tra il 25 ed il 30%.

Il problema non sono certo gli stipendi del settore privato, che sono già rimodulati (a parte quei pochi delel rare grandi aziende nel sud) ma il settore pubblico. E la soluzione non sono le "gabbie salariali" (un concetto illiberale) ma una contrattazione di mercato. Tasse inferiori al sud? Certo, ma non serve rimodulare l'IRPEF visto che redditi piu' bassi hanno già aliquote piu' basse. Bisognerebbe invece rimodulare le imposte indirette, ora che sono fisse con la stessa aliquota ovunque, e soprattutto i contributi.

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Re: Al Sud la vita è meno cara: -16,5%

Messaggioda pagheca il 05/08/2009, 10:41

Sono d'accordo con Franz.

O meglio, c'e' qualcuno che trova indecente, illiberale, grottesco, improponibile, vergognoso ecc. ecc. (la solita sequenza di attributi usati per ogni iniziativa volta a cambiare qualcosa in Italia) l'idea di proporre differenze salariali nel settore pubblico tra Nord e Sud. Ora io sono convinto che una cosa di questo genere vada discussa approfonditamente, pero' non penso che ci sia nulla di indecente in questo, per un semplice motivo: accade ovunque. Accade per esempio in Germania tra Est e Ovest, accade in Gran Bretagna tra le varie regioni (Galles, Scotland e Inghilterra) e Londra, e addirittura tra la periferia e il centro di Londra. Posso fare il caso degli insegnanti e dei presidi scolastici il cui salario varia, secondo certe tabelle, tra zona e zona ( (vedi http://www.tda.gov.uk/Recruit/lifeasate ... cales.aspx). Giustamente, perche' Londra per esempio richiede un 20-30% di salario in piu' che altrove e la vita qui in Galles e' molto piu' economica che in Inghilterra. Ora, come vengono stabilite queste tabelle? Immagino che ci sia un tentativo di attrarre persone qualificate. Avrete notato infatti che si tratta di salari di tutto rispetto visto che un preside londinese arriva a guadagnare circa 100.000 sterline l'anno (120 Keuro lordi all'anno) che e' un salario ottimo anche qui.

Tanto per sgombrare il campo da polemiche, non sto dicendo che automaticamente lo stesso modello puo' essere applicato in Italia, soprattutto perche' vedo forzature e tentativi di inquadrare il tutto dentro leggi omnicomprensive che scateneranno il solito ginepraio, ma anche perche' non sono un esperto e come tale mi e' difficile entrare nel merito della questione. Pero' penso che discutere di questo dovrebbe essere possibile senza gridare allo scandalo. Dovremmo piuttosto concentrarci sui dettagli della cosa, per evitare di perdere come al solito il treno e lasciare il campo alla destra di guidare anche questo cambiamento.

pagheca

p.s. tra l'altro una cosa che va assolutamente abbandonata e' questa specie di segretezza nei salari del settore pubblico, che dovrebbero essere annunciati in concomitanza con gli annunci di lavoro. L'altra cosa da fare e' rendere il salario annuale e diviso per 12 o per 13 per tutti, con poche tassazioni (tipo tasse e contributo sanita'. Punto), in modo che la comparazione sia immediata e al netto di tredicesime, tasse, gabelle incomprensibili. Il salario su base annuale rende possibile erogare un salario costante ogni mese. Una riforma delle buste paga del settore pubblico secondo me aiuterebbe a dare un segno di modernizzazione del Paese.
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Re: Al Sud la vita è meno cara: -16,5%

Messaggioda franz il 05/08/2009, 19:56

L'idea che il salario, che è il compenso mensile che un lavoratore riceve per il suo lavoro, sia commisurato al solo costo della vita è tutto sommato una solenne idiozia. Puo' essere adeguato alll'andamento del costo locale della vita. Che è cosa diversa.

Il salario è commisurato alla produttività del sistema ed alla qualità/capacità dell'individuo inserito in quel sistema.
Succede per altro che zone a bassa produttività abbiano anche una economia piu' magra e prezzi piu' bassi.
Già oggi infatti nel sud i salari privati sono piu' bassi.

Non si esclude affatto che fabbriche ad alta produttività nel sud possano pagare meglio di quelle del nord che abbiano una produttività inferiore. In questo senso le gabbie salariali sono una idiozia ancora piu' solenne, superate pero' dal fatto che gli stipendi pubblici siano identici da bolzano a lampedusa, malgrado la diversa produttività (mediamente scarsa) della pubblica amministrazione.

Ciao,
Franz
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Re: Al Sud la vita è meno cara: -16,5%

Messaggioda pagheca il 06/08/2009, 9:44

ok, ma tieni presente che non sempre maggiore produttivita' = aumento delle entrate. Per esempio nel sistema scolastico questo puo' non essere vero e sicuramente non lo e' vero in un piccolo centro dove c'e' un solo Liceo, per esempio, e quindi non c'e' modo di correlare i finanziamenti al numero di studenti. In quel caso conta la qualita', che e' un concetto molto vago che si presta a varie interpretazioni. A quel punto sorge il problema di valutare anche il costo della vita come parametro cui rapportare i salari come e' stato fatto, per esempio, in UK. Qui la valutazione della qualita' del lavoro dei docenti e' scorporata dal salario. Si punta molto piu' su uno sforzo collettivo di migliorare la scuola, ma non voglio entrare in questo discorso perche' ci porterebbe fuori rotta (quello degli insegnanti e' solo un esempio).

un saluto,
pagheca

p.s. in realta' io non so esattamente cosa si intenda per "gabbie salariali". Qualcuno me lo puo' spiegare per cortesia?
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Re: Al Sud la vita è meno cara: -16,5%

Messaggioda franz il 06/08/2009, 16:35

pagheca ha scritto:p.s. in realta' io non so esattamente cosa si intenda per "gabbie salariali". Qualcuno me lo puo' spiegare per cortesia?


La scheda
Gabbie salariali

Lo spirito
Le zone salariali, considerate dall' industria un elemento di flessibilità del sistema retributivo perché favorevoli alle imprese insediate nelle regioni meno sviluppate, sono state avversate dai sindacati
*** Gli scioperi
Contro la disparità geografica di trattamento tra i lavoratori si susseguono nel 1969 una serie di scioperi. A gennaio decine di scioperi cittadini e regionali. Il 12 febbraio Cgil, Cisl e Uil proclamano uno sciopero nazionale
*** L' eliminazione
Il 18 marzo Cgil, Cisl e Uil raggiungono un accordo con Confindustria sull' abolizione delle zone salariali e l' unificazione progressiva dei salari. I minimi saranno uguali in tutta Italia a partire dal 1° luglio 1972
*** La Lega
Le zone salariali tornano d' attualità alla fine degli anni Ottanta. Il sindacato del Carroccio, al congresso di fondazione, rilancia l' idea di una contrattazione differenziata tra Nord e Sud: nasce uno dei cavalli di battaglia della Lega
*** Gabbie salariali
Prima della loro abolizione, in Italia erano in vigore le gabbie salariali: i minimi contrattuali erano differenti a seconda delle province, in modo da tenere conto delle diverse situazioni nelle quali operavano imprese e lavoratori

Pagina 13
(21 aprile 2008) - Corriere della Sera


Vedere anche http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLi ... iew=Libero
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gabbie salariali

Messaggioda franz il 25/08/2009, 17:05

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Re: gabbie salariali

Messaggioda pagheca il 25/08/2009, 20:13

franz ha scritto:Un interessante articolo, ben scritto, per tutti ma tosto.
http://www.noisefromamerika.org/index.php/articles/Gabbie_salariali_(I)._Perch%C3%A9_fa_bene_differenziare_i_salari.#body

Ciao,
Franz


mi piace l'approccio e trovo convincenti i contenuti. Tra l'altro mi ha chiarito un aspetto fondamentale che non mi era chiaro: che si stava parlando di salari nel privato e non nel pubblico...

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Re: gabbie salariali

Messaggioda franz il 25/08/2009, 20:49

pagheca ha scritto:mi piace l'approccio e trovo convincenti i contenuti. Tra l'altro mi ha chiarito un aspetto fondamentale che non mi era chiaro: che si stava parlando di salari nel privato e non nel pubblico...

pagheca

Certo, sul piano teorico è chiaro che il mercato si impone dove esso esiste e quindi principalmente nell'ambito privato.
Quello pubblico sfugge al mercato e insegue regolazioni "politiche" che, dovrebbe essere chiaro dall'articolo, sono sub-ottimali. Tuttavia è altrettanto chiaro che anche l'ambito pubblico, quando a stipendi, è oggetto di ipotesi politica quanto a differenziazione. Gli stipendi pubblici variano nelle città tedesche, americane e svizzere. E variano le imposte.
Questo crea movimento di imprese e persone che tendono a stabilirsi dove le imposte sono piu' basse ed il netto è quindi relativamente piu' alto.
Quello che emerge pero' da quell'articolo è che il Sud ha tutto da guadagnarci ed il Nord molto da perderci.
Ma alla Lega Nord non se ne sono ancora accorti, forse.

Ciao,
Franz
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Gabbie salariali due

Messaggioda franz il 06/09/2009, 17:10

Continua la serie delle discussioni sulle gabbie salariali, sul sito noisefromaamerika
http://www.noisefromamerika.org/index.p ... ariali_(II)._Senso_e_nonsenso_nelle_dichiarazioni_dei_politici.#body


Ho cercato di spiegare in un post precedente quali sono i principali termini della questione ''differenziazione territoriale del salario''. Quel post era stato stimolato dallo spettacolo abbastanza desolante che veniva offerto da politici e sindacalisti, che sembravano ignorare le lezioni più basilari che la teoria economica offre al riguardo. Visto che non è giusto fare di ogni erba un fascio, vorrei ora passare in rassegna più in dettaglio le dichiarazioni che sono spuntate un po' da tutte le parti. Alcune, come vedremo, sono totalmente insensate. Altre invece presentano qualche spunto di interesse.

Comincio dalla dichiarazione più illogica e incoerente, fino al punto della comicità, che è quella di Raffaele Lombardo. Il cacique siciliano si è immediatamente dichiarato contrario alle ''gabbie salariali'', e in una intervista al Corriere ha dichiarato quanto segue:
Nel Meridione abbiamo livelli di occupazione abissalmente distanti ri­spetto al resto d’Italia. Se veramente differenziamo gli stipendi l’unico ef­fetto potrebbe essere quello di far rad­doppiare la disoccupazione. Se vo­gliamo lo spopolamento del Sud è una buona ricetta.


Queste sono frasi che fanno pensare. Per l'esattezza, fanno pensare che Lombardo è un ignorante che parla a vanvera. Lombardo è un astuto manipolatore del sistema politico, un brillante stratega che ha saputo ritagliarsi una cospicua fetta di potere personale. Però questa dichiarazione mostra che è anche uno che non è in grado di parlare di politica economica in modo coerente e minimamente informato. L'affermazione che la differenziazione dei salari, che tutti danno per scontato porterebbe a una riduzione dei salari al sud, farebbe ''raddoppiare la disoccupazione'' può essere definita in un solo modo. È semplicemente una boiata pazzesca, senza alcun fondamento né teorico né empirico. Lombardo la considera invece autoevidente, per cui non si degna nemmeno di spiegare per quale miracolosa via si verificherebbe un aumento (anzi, un raddoppio; don Raffaele pure le stime quantitative fece) della disoccupazione. Proclama con assoluta certezza che questo sarebbe l'unico effetto. Poi nella frase successiva si contraddice istantaneamente, affermando che, oltre al raddoppio della disoccupazione, si verificherebbe anche lo spopolamento del mezzogiorno, supponiamo indotto da massiccia emigrazione; gli effetti quindi sono almeno due. Questo almeno un po' di senso lo ha, è vero che una differenziazione dei salari favorirebbe lo spostamento della forza lavoro verso aree a più alto salario. Che veramente le dimensioni del fenomeno sarebbero tali da indurre ''lo spopolamento'' del mezzogiorno sembra altamente improbabile, ma il nostro non sembra essere in vena di svelare il modello quantitativo da lui usato per le previsioni. È però veramente difficle pensare che possa verificarsi al tempo stesso un aumento della disoccupazione e uno spopolamento del mezzogiorno. Dopotutto, se la gente emigra è perché trova lavoro da altra parte, e quindi esce dai ranghi della disoccupazione. La conclusione è che se Lombardo si presentasse all'esame di Economia 1 verrebbe cacciato con ignominia, con preghiera di attendere almeno un paio di appelli prima di ripresentarsi. Ai siciliani invece il signore sembra piacere. Buon per loro.

Assai più interessante l'intervento di Antonio Di Pietro. Sul suo blog, il leader di Italia dei Valori afferma quanto segue:
La realtà è che al Sud il costo della vita è inferiore perché c’è un sommerso enorme e perché l’evasione fiscale è un fenomeno che ci costa quanto una finanziaria e quindi, se non hai aggravi nella tua attività, puoi vendere a costi minori per poi al limite pagare il pizzo alla camorra. A questa spiegazione si aggiunge poi l’enorme tasso di disoccupazione ed una miriade di persone che vivono con un solo stipendio in famiglia o con l’aiuto dei genitori: fenomeni questi che tendono a ridurre anch’essi il costo della vita per una minor capacità di spesa dei cittadini.

In queste terre va ripristinata la legalità, conducendo una guerra serrata all’evasione fiscale. Parallelamente si dovrebbe favorire il ritorno degli investimenti stranieri, in fuga da sempre per mancanza delle dovute garanzie da parte dello Stato. E per farlo bisognerebbe creare un modello di sviluppo con una fiscalità agevolata simile a quello dell’Irlanda e di altri Paesi occidentali, da non confondere con i paradisi dell’evasione cari alle aziende del Premier.


Lo stile è caotico e le frasi sono affastellate alla rinfusa ma, per usare le parole di De André, se non del tutto giusto quasi niente sbagliato. Innanzitutto Di Pietro riconosce che al Sud esiste un enorme problema di evasione fiscale, cosa assai rara tra i politici italiani (da qualche parte Alberto Lusiani, che su questo sito ha martellato incessantemente sul tema sta probabilmente stappando una bottiglia di spumante). L'osservazione che il basso tasso di occupazione limita la capacità di spesa delle famiglie e quindi pone pressione verso il basso sui prezzi è anch'essa corretta (anche se non particolarmente acuta; ma comparato con Lombardo, Di Pietro è da 30 e lode). Infine, Di Pietro fornisce le sue ricette per alzare la domanda di lavoro al Sud: favorire gli investimenti mediante un ripristino dello stato di diritto e abbassare le tasse. Direi molto bene, anche se un po' generico.

Come spesso accade con le proposte economiche dell'IdV però c'è sempre qualche dubbio che resta. Di Pietro non parla direttamente del problema, ossia non si pronuncia sull'opportunità di differenziare i salari. Le ricette che fornisce per alzare la domanda di lavoro vanno, a mio avviso, nella giusta direzione. Ma intanto che si aspetta che questi provvedimenti abbiano effetto, che vogliamo fare? Teniamo i salari al meridione sopra i livelli di equilibrio o li lasciamo aggiustare? Di Pietro non lo dice. Questo atteggiamento ambiguo, che nel contesto italiano significa sostanzialmente mantenimento della situazione attuale, è emerso anche nella discussione con Antonio Borghesi che si è sviluppata su questo sito.

La reazione dei sindacati è stata quella che ci si poteva aspettare: urla contro la discriminazione e poi testa saldamente nella sabbia sugli effetti dell'imposizione di salari fuori equilibrio.
"Siamo contrarissimi - ha spiegato [la segretaria confederale CGIL] Piccinini - perché il lavoro è uguale e dunque deve essere pagato ugualmente in Italia ovunque". Più o meno stessi pensieri in casa Uil dove il segretario generale Luigi Angeletti boccia senza mezzi termini l'idea: "Le gabbie salariali sono solo una stupidità, non condivisa da nessun imprenditore o dalle loro associazioni, perché il salario e le retribuzioni compensano il lavoro come si fa e non dove si fa: i politici dovrebbero essere un po' più attenti quando affrontano i problemi salariali". Punta i piedi anche il segretario generale della Cisl: se pensassimo davvero di stabilire i salari per legge "sarebbe un ritorno all'Unione Sovietica - dice Raffaele Bonanni a Il Sussidiario.net - scavalcando le parti sociali proprio dopo aver definito il nuovo impianto contrattuale che dà forza alla contrattazione locale e aziendale. Non è una proposta seria".


Tra i tre è forse Bonanni quello che dice una cosa non insensata. Ha ragione infatti che è pessima idea attuare la differenziazione territoriale dei salari mediante decisioni centralizzate. Le affermazioni sul lavoro che deve essere pagato ugualmente ovunque sono veramente sconcertanti. Le condizioni locali del mercato del lavoro, a quanto pare, non devono giocare alcun ruolo. La cosa più stupefacente è come i sindacalisti non sentano minimamente il dovere di rispondere all'obiezione più ovvia ed elementare: e se imponendo salari uguali a Milano e Crotone provochiamo un brutale calo dell'occupazione a Crotone? Questa eventualità è completamente assente dal radar dei sindacalisti. Il riferimento concettuale è quello del modello superfisso, la parola d'ordine quella del salario come variabile independente. Mica male come evoluzione del pensiero. Tra l'altro, giusto per curiosità, questi sindacalisti non hanno mai firmato contratti che prevedessero aumenti salariali automatici per anzianità? Come la mettiamo? Il lavoro di un trentenne e di un quarantenne sono uguali, quindi dovrebbero essere pagati uguale. Perché il quarantenne prende di più?

È stato anche interessante osservare le reazioni dei politici del PdL alla proposta. La Lega non ha chiarito dall'inizio se la proposta riguardava un intervento centralizzato o contrattazione decentrata. Nel PdL la parola d'ordine è stata ''decentralizzazione contrattuale si, gabbie vecchio stile no''. Tra i vari esempi, La Russa ha dichiarato quanto segue:

Gabbie salariali e dialetti? In agosto si parla di un pò di tutto. Io posso dire con sicurezza che per legge non imporremo né gabbie salariali né differenze salariali da territorio a territorio». «Diverso è - ha spiegato il titolare della Difesa - affidare alla contrattazione territoriale la crescita degli attuali salari, mi pare che questo possa anche uno stimolo. Ma parlare di gabbie salariali dipende dal sole di agosto».


Direi che va abbastanza bene. Un po' come nel caso dell'IdV però anche qui si evita accuratamente di prendere il toro per le corna: vogliamo che sia possibile differenziare in modo robusto i salari a seconda delle condizioni del lavoro locali o no? Notare l'ambiguità della frase ''affidare alla contrattazione territoriale la crescita degli attuali salari''. E se non ci sono le condizioni, in alcuni regioni, per la crescita dei salari che si fa? I politici del PdL hanno, per quel che ho potuto vedere, quasi tutti evitato di mettere i piedi nel piatto, dicendo in modo chiaro che il ruolo della contrattazione nazionale deve essere drasticamente ridotto e che la crescita dei salari non può essere uguale per tutti. Questo non lascia ben sperare, una volta che si arriverà al dunque.

Solo una parola rapida sul PD, perché qua veramente non c'è stata alcuna sorpresa. Come al solito Pietro Ichino ha detto cose sensate e ragionevoli. Per il resto, il partito si barcamena dicendo ''ci vuole ben altro''. Per il momento non vale la pena di perderci molto altro tempo, magari ne riparliamo se e quando il PD torna a essere rilevante.

Siamo arrivati alla Lega. Qual è esattamente la proposta della Lega? Non è facile a capirsi. Perdura sempre la confusione tra stipendi pubblici e privati e Bossi ha introdotto la questione dei salari al Nord. Dal Giornale leggiamo:
Il nodo gabbie salariali "Sono convinto che prima della fine dell’estate si debbano incontrare i sindacati per discutere delle gabbie salariali", ha affermato il ministro delle Riforme spiegando che è "corretto il termine salario territorializzato". "Il principio è che i lavoratori non arrivano a fine mese, soprattutto al Nord, dove la vita è più cara", ha continuato Bossi aggiungendo che l’introduzione del salario territorializzato non può avvenire solo per via legislativa: "Ci sono i sindacati, quindi si deve dare il via alla contrattazione. I sindacati devono parlare con il governo".


Cosa ha in mente Bossi? Dalle sue parole sembra che a) la differenziazione dei salari debba essere legata al costo della vita b) lo scopo della differenziazione sia aumentare i salari al Nord, dove ''i lavoratori non arrivano a fine mese''. È veramente un modo curioso di ragionare. Prima di tutto, come è logico attendersi, i salari nominali sono già più alti al Nord. Non sono a conoscenza di studi accurati del valore dei salari reali usando indici locali del costo della vita, ma mi stupirei molto se saltasse fuori che i salari reali sono più bassi al Nord. Le differenze di reddito pro-capite tra Nord e Sud sono assai marcate, e buona parte del reddito affluisce al fattore lavoro. Quindi, logico aspettarsi più alti salari reali al Nord. Quindi, almeno per i lavoratori del settore privato quello che dice Bossi o non ha senso o si configura come la proposta di alzare per legge (o per accordo sindacale) i salari solo al Nord. Forse è per questo che Bossi sembra cercare l'appoggio dei sindacati. Le conseguenze di alzare i salari sopra il livello di equilibrio sarebbero quelle già viste al Sud. Chi resta occupato in modo stabile sarà più contento ma l'occupazione diminuirà. Probabile che il calcolo elettorale di Bossi sia che questo produca un aumento netto di voti.

Ma forse la Lega ha in mente principalmente il settore pubblico. Il ministro Zaia è intervenuto esplicitamente al riguardo: vuole più soldi per i dipendenti pubblici del Nord. Il chiodo che si batte continuamente è sempre quello del costo della vita. Ho spiegato nel post precedente perché il costo della vita sia una inutile distrazione nel settore privato. Un discordo simile vale anche nel settore pubblico. Un vero federalismo dovrebbe prevedere il decentramento dei contratti di lavoro a livello locale, senza bisogno di meccanismo centralizzati che tengano conto del costo della vita. Le parole di Zaia segnalano quindi che non è a un federalismo vero che la Lega pensa. Tali parole sono servite solo a rinforzare in me il timore che il federalismo che hanno in mente i nostri politici, a cominciare da quelli della Lega, servirà solo a far aumentare la spesa pubblica.

La conclusione non può che essere la stessa del post precedente. Il panorama è sconsolante, al punto che c'è probabilmente da essere contenti che, passato agosto, il tema sia scomparso dall'agenda politica.
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