facendo una ricerca mi è balzato all'occhio questo articolo. non so che affidamento si può fare su questa testata ma comunque mi pare giusto proporlo.
http://www.arabnews.it/2008/10/01/la-guerra-in-afghanistan-e-ormai-perduta/La guerra in Afghanistan è ormai perduta?
di Arnaud De Borchgrave
Pubblicato in Approfondimenti il 1 Ottobre 2008
Paese: Afghanistan
Testata: Middle East Times
Tag: Afghanistan, al-Qaeda, Barack Obama, Caucaso, forze armate, NATO, Pakistan, Russia, servizi di intelligence, Stati Uniti, Talebani, terrorismo
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01/10/2008
Un numero sempre maggiore di analisti sta denunciando che la guerra in Afghanistan è ormai fuori controllo, e che si sta via via trasformando in un conflitto che coinvolge sia l’Afghanistan che il Pakistan. Un recente rapporto del ‘Center for Strategic and International Studies’ (CSIS) afferma che la crisi afghana sarà una delle principali sfide che la prossima amministrazione americana dovrà affrontare – una sfida probabilmente persa in partenza
La NATO sta perdendo la guerra in Afghanistan, così come accadde all’Unione Sovietica negli anni ’80 e all’impero britannico nel XIX secolo? Nonostante i dinieghi della NATO e degli USA, la risposta è affermativa. E abbondante evidenza è fornita in un dettagliato rapporto di 113 pagine pubblicato dal ‘Center for Strategic and International Studies’ (CSIS). L’autore è Anthony Cordesman, tra i maggiori analisti strategici del CSIS.
Cordesman scrive che la situazione in Afghanistan si è deteriorata negli ultimi cinque anni, “e adesso sta raggiungendo un livello critico”. Sia il Segretario alla Difesa Robert Gates che il Capo degli Stati Maggiori Riuniti, Ammiraglio Mike Mullen, hanno riconosciuto che ormai si tratta di un conflitto afghano-pakistano, che denota carenze “sia sul piano delle risorse civili che militari. Sta diventando inoltre sempre più letale per i civili, gli operatori umanitari e le forze USA e NATO.”
I Talebani in ripresa, afferma il rapporto, “hanno trasformato la maggior parte dell’Afghanistan in zone proibite per gli operatori umanitari e i civili.”
In agosto, l’amministrazione Bush è giunta alla conclusione di dover privare i Talebani dei rifugi sicuri di cui hanno a lungo goduto nella zona tribale del Pakistan che confina con l’indistinguibile, montagnosa, frontiera afghana per centinaia di miglia. Ma il primo raid delle Navy SEALs (le forze speciali della marina militare americana, di solito impiegate in conflitti non convenzionali ed in azioni anti-terrorismo (N.d.T.) ) nelle Federally Administered Tribal Areas (FATA) del Pakistan ha causato molti morti tra i civili – ed ha suscitato il forte biasimo del nuovo governo pakistano e del comandante dell’esercito, Gen. Ashfaq Kayani.
Promosso dal Presidente George W. Bush al rango di “principale alleato esterno alla NATO”, il Pakistan ha chiarito che soltanto il suo esercito avrebbe smantellato le basi dei Talebani nelle FATA. Ma l’esercito pakistano non è il benvenuto nelle FATA, e nonostante la sua presenza forte di 130.000 uomini non ha intaccato in maniera tangibile l’organizzazione dei Talebani. I Talebani, però, hanno inflitto pesanti perdite all’esercito ( 1.400 soldati uccisi, 4.000 feriti).
Il rapporto del CSIS afferma anche che la guerriglia talebana, “ beneficiando di una crescita della coltivazione dell’oppio e di rifugi sicuri (in Pakistan), sta regolarmente espandendo le sue capacità e la sua portata territoriale”.
Intitolato “Losing the Afghan-Pakistan War? The Rising Threat”, il rapporto del CSIS documenta “i cambiamenti nelle caratteristiche della minaccia, e l’aumento delle vittime afghane ed alleate.” Le mappe dell’ONU, e le mappe desecretate dell’intelligence USA, riportano dettagliatamente la costante espansione della minaccia, e le regioni che sono diventate insicure per gli operatori umanitari. Altri dati mostrano come la coltivazione della droga afghana si sia spostata in modo continuo verso sud, “e sia divenuta una delle maggiori fonti di finanziamento per i Talebani.”
Il rapporto del CSIS mostra come il prossimo presidente degli Stati Uniti “andrà incontro ad una sfida cruciale nei confronti di una guerra che sarà probabilmente persa a livello politico e strategico, e non sarà vinta sul piano tattico.” E’chiara la ragione per cui i più alti comandanti USA e NATO in Afghanistan chiedono sostanzialmente più truppe di quanto Bush avesse deciso di schierare nel mese di settembre; ed i problemi esposti in questo rapporto sono aggravati da problemi cruciali nella governabilità afghana e pakistana e nello sviluppo economico.
A prescindere dal tema dell’attuale campagna politica USA, dice Cordesman, “queste sfide trascurate dovranno occupare il centro della scena nei primissimi mesi della prossima amministrazione. Sia John McCain che Barack Obama si sono detti favorevoli al trasferimento di un consistente numero di truppe dall’Iraq all’Afghanistan, spingendo i commentatori più pessimisti a suggerire che questo potrebbe essere il ‘Vietnam’ dell’uno o dell’altro candidato alla presidenza”.
Un duro inverno seguito da una siccità in gran parte dell’Afghanistan, un raccolto povero e l’aumento dei prezzi dei generi alimentari, hanno lasciato qualcosa come 9 milioni di afghani ad affrontare una grave scarsità di cibo. In 30 anni di guerra quasi ininterrotta, gli agricoltori della provincia di Bamian dicono di non aver mai visto niente di così disastroso.
Il Maldon Institute (un think tank americano di orientamento conservatore (N.d.T.) ), in un rapporto intitolato “Sympathy for Taliban in Pakistan”, sostiene che Tehrek-e-Taliban, l’organizzazione che comprende i molteplici movimenti talebani del Pakistan, “tenta di diffondere la sua rigida interpretazione Deobandi dell’Islam in tutto il Pakistan”.
Il rapporto del Maldon cita Ayesha Jalal, un importante storico del Pakistan che ha recentemente scritto un libro sulla storia del jihad nel sud dell’Asia: “Non vogliono solo controllare le aree FATA, bensì l’intero paese”. Questi estremisti, tuttavia, sono appoggiati da meno del 15% della popolazione, e non ci sono possibilità che possano acquisire il controllo a livello nazionale. Possono però mantenere il Pakistan in uno stato di destabilizzazione per un futuro illimitato, mentre le forze di sicurezza li inseguono ovunque, da Peshawar a Islamabad, a Lahore, a Karachi.
Il nuovo governo democratico del paese, appoggiato dai militari, guarda ai Talebani come ad una minaccia sempre più grande per il Pakistan vero e proprio, più che per la provincia delle FATA e per l’Afghanistan. Ma i due fronti sono inestricabilmente collegati. Quanto più rapidamente l’intelligence pakistana e quella degli USA riusciranno a lavorare insieme per definire con precisione i bersagli talebani e di al-Qaeda nelle aree FATA, ed alle truppe pakistane sarà dato un adeguato potenziale elicotteristico, tanto più rapidamente la situazione dei Talebani potrà essere capovolta. Finché gli Stati Uniti continueranno a portare avanti in Pakistan gli attacchi unilaterali che uccidono civili, la battaglia per conquistare i cuori e le menti dei pakistani sarà perduta. Ma c’è un ostacolo fondamentale a questa cooperazione – la mancanza di fiducia, da parte dell’intelligence americana nel suo complesso, nei confronti dell’Inter-Services Intelligence (ISI) del Pakistan.
Nei primi anni ’90, la creazione dei Talebani (studenti jihadisti) fu ispirata dall’ISI per porre fine alla guerra civile che aveva fatto seguito al ritiro dell’Unione Sovietica dall’Afghanistan nel 1989. Il monitoraggio elettronico a distanza degli americani ha convinto il Pentagono e la CIA che agenti o ex- agenti operativi dell’ISI stiano lavorando con i Talebani contro gli Stati Uniti.
Un commento ancor più inquietante è stato pronunciato dall’ambasciatore russo in Afghanistan, Zamir Kabulov. In un intervista alla BBC, egli ha dichiarato che, o i paesi NATO smetteranno di criticare la Russia in merito alla Georgia e smetteranno di appoggiare l’ingresso del piccolo stato caucasico nella NATO, o quest’ultima perderà i suoi diritti di attraversamento dello spazio aereo russo per rifornire le sue truppe in Afghanistan.
Le forze USA e NATO in Afghanistan ammontano attualmente a 71.000 uomini. La Francia sta suggerendo di abolire le restrizioni sull’impiego delle truppe in combattimento imposte dai parlamenti nazionali. Per i britannici, gli olandesi, i canadesi e gli americani che conducono i combattimenti, un simile provvedimento potrebbe giungere appena in tempo. Ma la sua approvazione è incerta.
Arnaud De Borchgrave è un noto giornalista americano; ha seguito i principali conflitti del XX secolo per testate come Newsweek e il Washington Times; è stato a lungo caporedattore e poi direttore dell’United Press International (UPI); attualmente è consigliere del Center for Strategic and International Studies (CSIS)