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Metodi nazisti

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

Metodi nazisti

Messaggioda flaviomob il 20/02/2018, 1:37

Insegnante palestinese dilaniato da un cane dell’esercito israeliano mentre i soldati stavano a guardare


FEBBRAIO 17, 2018


Gideon Levy, Alex Levac

16 febbraio 2018, Haaretz

Dopo aver fatto irruzione nella casa di un insegnante a notte fonda, i soldati gli hanno aizzato contro il loro cane. Il cane lo ha azzannato e bloccato, mentre i suoi familiari assistevano inorriditi

Non è un bello spettacolo. Sua moglie ci mostra le foto sul suo telefonino: il suo braccio ferito, malconcio e sanguinante, morsicato e lacerato, deturpato in tutta la sua lunghezza. Lo stesso vale per la sua gamba. È il risultato della notte di orrore che ha trascorso, insieme a sua moglie e ai suoi bambini.

Immaginatevi: la porta d’ingresso viene sfondata in piena notte, i soldati irrompono con violenza in casa e gli scatenano contro un cane. Lui cade sul pavimento, terrorizzato, mentre il feroce animale addenta la sua carne per un quarto d’ora. Per tutto il tempo, sia lui che sua moglie e i bambini gridano in modo straziante. Poi, ferito e sanguinante, viene ammanettato e arrestato dai soldati, gli vengono negate per ore cure mediche, finché viene portato in ospedale, dove questa settimana lo abbiamo incontrato insieme alla moglie. Anche là è rimasto agli arresti, costretto a giacere incatenato al letto.

Quel semilinciaggio è stato perpetrato da soldati dell’esercito israeliano nei confronti di Mabruk Jarrar, un insegnante arabo trentanovenne del villaggio di Burkin, vicino a Jenin, nel corso della brutale caccia all’uomo seguita all’assassinio, il 9 gennaio, del rabbino Raziel Shevach della colonia di Havat Gilad. E, come se non bastasse, pochi giorni dopo quella notte di terrore i soldati sono tornati nel cuore della notte. Le donne della casa sono state costrette a svestirsi completamente, compresa l’anziana madre di Jarrar e sua sorella muta e disabile, a quanto pare per cercare denaro.

Reparto ortopedico dell’ospedale Haemek di Afula, lunedì: una piccola stanza con tre letti. In quello di mezzo c’è Jarrar, che è qui da circa due settimane. Domenica mattina l’insegnante era ancora legato al letto con catene di ferro ed i soldati impedivano alla moglie di avvicinarsi. Se ne sono andati a mezzogiorno dopo che il tribunale militare ha ordinato il rilascio incondizionato di Jarrar.

Non è chiaro perché sia stato arrestato né perché i soldati gli abbiano aizzato contro il cane.

Il suo braccio sinistro e la sua gamba sinistra sono bendati, il dolore acuto che ancora accompagna ogni movimento è chiaramente visibile sul suo viso. Sua moglie Innas, di 37 anni, è accanto a lui. Si sono sposati appena 45 giorni fa, il secondo matrimonio per entrambi. I suoi due bambini nati dal primo matrimonio – Suheib, di nove anni, e Mahmoud, di cinque – sono stati testimoni di ciò che i soldati ed il loro cane hanno fatto al padre. I bambini adesso stanno con la loro madre a Jenin, ma il loro sonno è disturbato, come ci dice Jarrar: si svegliano con gli incubi, chiamandolo e bagnando il letto per la paura.

Jarrar insegna arabo nella scuola elementare Hisham al-Kilani di Jenin. Venerdì 2 febbraio lui e sua moglie sono andati a dormire circa a mezzanotte. Nella stanza accanto stavano dormendo i suoi due figli, che trascorrono con lui i fine settimana. Intorno alle 4 del mattino la famiglia è stata svegliata da un’esplosione proveniente dalla porta d’ingresso. Parecchie finestre sono state distrutte dalla potenza dell’esplosione. Jarrar è balzato dal letto ed è corso dai bambini. Fuori dalla casa erano ferme delle jeep dell’esercito. Secondo la coppia, un grosso cane, probabilmente dell’“Oketz”, l’unità cinofila dell’esercito, è stato portato dentro la casa, seguito da almeno 20 soldati. È facile immaginare il terrore che ha assalito loro ed i bambini.

Il cane si è lanciato su Jarrar, affondando i denti nel suo fianco sinistro, gettandolo a terra e trascinandolo sul pavimento. All’inizio i soldati non hanno fatto niente. Sua moglie è corsa verso di lui con una coperta, cercando di coprire il cane e salvare suo marito. I bambini guardavano e piangevano mentre i genitori gridavano aiuto; adesso dicono che le loro grida erano molto forti. Innas non è riuscita a liberare il marito dalla presa del cane.

Ci sono voluti alcuni minuti, ricordano, prima che anche i soldati cercassero di trattenere il cane, ma l’animale non gli obbediva. Mabruk era certo che stesse per essere fatto a pezzi ed ucciso; anche Innas temeva il peggio.

I soldati hanno strappato via i vestiti di Jarrar, a quanto pare nel tentativo di liberarlo dalle fauci del cane, ed alla fine ci sono riusciti – dopo circa un quarto d’ora, secondo la sua impressione. Poi uno dei soldati lo ha colpito due volte in faccia. Lui era ferito e barcollava per lo spavento ed in quello stato i soldati gli hanno legato le mani dietro la schiena. Lo hanno portato di sotto e a quel punto è arrivato un ufficiale che ha chiesto a Jarrar il suo nome, lo ha liberato dalle manette ed ha fotografato le sue ferite. L’ufficiale, ci dice ora Jarrar, è sembrato anche lui sconvolto dalle ferite sanguinanti, dal braccio e dalla gamba dilaniati.

Dopo essere stato nuovamente ammanettato, l’insegnante è stato portato con un veicolo militare al centro di detenzione di Salem, vicino a Jenin, dove dice di essere rimasto per circa tre ore senza nessuna assistenza medica. Alla fine è stato portato all’ospedale Haemek, dove è arrivato circa alle 10,30 del mattino. A quel punto era in arresto, anche se non era chiaro per quale motivo.

Quella stessa notte sono stati arrestati anche i suoi due fratelli, Mustafa e Mubarak Jarrar. Mubarak è stato rilasciato, Mustafa resta detenuto. Hanno tutti lo stesso cognome della persona ricercata per l’assassinio del rabbino Shevach, Ahmed Jarrar, che è stato in seguito ucciso dall’esercito.

Sempre quella stessa notte è accaduto un evento simile, che ha coinvolto altre forze dell’esercito, nel villaggio di Al-Kfir, vicino a Jenin. Circa alle 4 del mattino i soldati hanno fatto irruzione nella casa di Samr e Nour Adin Awad, genitori di quattro bambini piccoli. Insieme ai soldati è stato fatto entrare in camera da letto un cane dell’unità “Oketz”, che ha azzannato e ferito entrambi i genitori.

Come ha spiegato Nour a Abd Al-Karim a-Saadi, ricercatore sul campo dell’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem: “Stringevo al petto mio figlio Karem di due anni, che piangeva. Ho aperto la porta, su cui i soldati stavano picchiando, ed un cane mi ha attaccata, saltandomi addosso. Karem è caduto dalle mie braccia. Poi ho visto che mio marito lo ha sollevato da terra. Ho cercato di cacciare via il cane dopo che mi ha morsicato il petto. Sono riuscita ad allontanarlo, ma poi ha afferrato coi denti la mia gamba sinistra. Con tutte le mie forze sono riuscita a scacciarlo. In quel momento i soldati guardavano il cane, ma non facevano niente. Per tutto quel tempo mio marito pregava i soldati di togliermi il cane di dosso. Un soldato ha parlato al cane in ebraico e allora esso mi ha afferrato per il braccio sinistro tenendomi stretta per alcuni minuti, finché è arrivato un soldato da fuori e lo ha allontanato. Io sanguinavo ed avevo molto male.”

La seconda irruzione dei soldati è avvenuta qualche giorno dopo, l’8 febbraio. C’erano solo donne e bambini in casa Jarrar: Innas, i due figli di suo marito ed anche sua madre e sua sorella, che vivono nello stesso edificio. Erano le 3,30 di notte. Secondo Innas, circa 20 soldati, maschi e femmine, hanno preso parte al raid. Le hanno detto che nella casa c’era del denaro di Hamas e che loro erano venuti per confiscarlo. Hanno calpestato i letti, ignorando le preghiere di Innas di fermarsi. Hanno chiesto dove fosse Mabruk – probabilmente non sapendo che era già detenuto dall’esercito in ospedale.

Poi ci sono state le perquisizioni corporali. Una donna soldato ha portato le tre donne – la moglie di Jarrar, sua madre di 75 anni e sua sorella cinquantenne disabile – in una stanza ed ha loro ordinato di spogliarsi completamente. La ricerca non ha portato a niente: niente soldi, niente Hamas. Di conseguenza i soldati hanno dato ad Innas un permesso di ingresso in Israele, per visitare suo marito ad Afula. Dice che le hanno detto che lui si trovava nel carcere di Megiddo. Vi si è recata il giorno dopo, solo per scoprire che lui non era là. Ha chiamato Abed Al-Karim a-Saadi di B’Tselem, che lei descrive come il suo gentile salvatore. Lui ha fatto qualche telefonata e ha scoperto che Mabruk era in realtà in ospedale ad Afula. Era ancora in arresto quando lei vi è arrivata e le è stato permesso solo di fargli visita per 45 minuti.

In risposta alla richiesta di una dichiarazione, il portavoce dell’esercito ha detto questa settimana ad Haaretz: “Il 3 febbraio 2018 le forze di sicurezza sono arrivate nel villaggio di Burkin, alla casa di Mabruk Jarrar, che è sospettato di attività dannose alla sicurezza in Giudea e Samaria (la Cisgiordania). Una volta giunti alla casa, i soldati lo hanno invitato ad uscire. Dopo ripetuti richiami e dato che non usciva, i soldati hanno agito secondo la procedura ed è stato inviato un cane a cercare la gente dentro casa. Il sospettato si era chiuso in una stanza al piano superiore dell’edificio insieme alle donne della sua famiglia.

Quando si è aperta la porta, il cane ha azzannato il sospettato, ferendolo. Egli ha ricevuto immediata assistenza dai medici dell’esercito fino a quando è stato trasferito all’ospedale. In seguito sono state svolte altre attività di ricerca di individui ricercati. Sottolineiamo che, contrariamente a quanto si sostiene nell’articolo, le donne della casa non sono state denudate dalle forze dell’esercito.”

Jarrar è seduto sul suo letto d’ospedale, parla con difficoltà, ogni movimento gli costa fatica. Innas viene ogni giorno da Burkin. “Come pensate che mi sentissi?”, risponde alla domanda su come si sentisse mentre il cane lo aggrediva. “Ho pensato che stavo per morire.”

Data la composizione etnica di medici, pazienti, infermieri e visitatori, questo è effettivamente un ospedale bi-nazionale ebreo-arabo – come molti degli ospedali nel nord del Paese. Ma un addetto alla manutenzione ebreo entra improvvisamente nella stanza, fremente di rabbia. “Perché state intervistando degli arabi? Perché non degli ebrei?”, chiede. L’uomo minaccia di chiamare l’ufficiale di sicurezza dell’ospedale, perché il ferito e straziato Mabruk Jarrar stava parlando con noi.

http://zeitun.info/2018/02/17/insegnant ... -guardare/


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Re: Metodi nazisti

Messaggioda flaviomob il 20/02/2018, 20:19

http://www.huffingtonpost.it/francesco- ... 57208.html

Bds, boicottare è un diritto non un reato
24/01/2017



La notizia è di un mese fa, ma tuttora attuale visto il suo significato simbolico e i più recenti sviluppi alle Nazioni Unite, in particolare l'adozione - con l'astensione inaspettata degli Stati Uniti - di una Risoluzione che condanna Israele per gli insediamenti illegali in Cisgiordania e Gerusalemme Est, dando indicazione agli Stati membri di operare una netta distinzione tra Stato di Israele e territori occupati, e ribadendo l'obbligo da parte di Israele di rimuovere gli insediamenti creati dopo il marzo 2001.

La reazione durissima di Bibi Netanyahu va di pari passo con la determinazione con la quale il suo governo all'interno e all'esterno del paese sta cercando di mettere a tacere qualsiasi voce critica nei confronti di chi pacificamente denuncia le violazioni dei diritti umani, o di chi altrettanto pacificamente - incluse associazioni e intellettuali israeliani, o di fede o origine ebraica (basti pensare alla filosofa e sociologa Judith Butler) - esorta ad applicare misure di boicottaggio, disinvestimento o sanzioni.

Nello specifico si tratta della campagna Bds (Boycott, Disinvestments, Sanctions), il cui obiettivo è quello di aumentare la pressione sulle autorità israeliane per il rispetto della legalità internazionale.

Proprio la recente Risoluzione del Consiglio di Sicurezza rafforza le basi dell'iniziativa Bds, che lungi dall'essere mirata contro lo Stato d'Israele, al suo popolo o a chi professa fede ebraica, intende contribuire ad assicurare il rispetto del diritto internazionale e dei difensori dei diritti umani - anche israeliani - che criticano la politica di Israele, a maggior ragione in una situazione nella quale la soluzione dei "due Stati per due popoli" appare essere sempre più lontana.

A prescindere da cosa si pensi sull'efficacia o la legittimità di misure di boicottaggio (c'è un dibattito sempre aperto sulla loro efficacia per esempio, viziato senz'altro dalla forte influenza di lobby del settore privato), i recenti sviluppi in Israele e in alcuni paesi europei interrogano più in generale sulla portata e la centralità del diritto alla libera espressione, e alla libertà di associazione e organizzazione.

Tema centrale, questo, dell'appello sottoscritto da oltre 200 giuristi ed avvocati di 15 paesi (13 dei quali dall'Italia) e reso pubblico appunto un mese fa circa. I firmatari, pur non prendendo posizione a favore o contro la campagna Bds, riaffermano l'urgenza di tutelare il diritto di promuovere i diritti del popolo palestinese in base al diritto internazionale con strumenti di pressione pacifica quali la campagna Bds, riconoscendo la stessa come legittimo esercizio della libertà di espressione.

"Gli Stati che vietano il Bds stanno minando questo diritto umano fondamentale (alla libertà di espressione) e minacciano la credibilità dei diritti umani, esentando un determinato Stato dall'essere destinatario di misure pacifiche volte a ottenerne il rispetto del diritto internazionale", si legge nella lettera. L'appello dei giuristi segue le prese di posizione di vari paesi dell'Unione Europea quali Olanda, Svezia e Irlanda, di associazioni per i diritti umani, e della stessa Vicepresidente della Commissione Europea.

In una risposta data a un'interrogazione al Parlamento Europeo nel settembre scorso, Federica Mogherini affermò testualmente - seppur condannando ogni forma di boicottaggio - che "l'Unione Europea è determinata a proteggere la libertà di espressione e associazione in linea con la Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea che è applicabile sul territorio di tutti gli Stati membri, includendo anche le azioni della campagna Bds svolte su questo territorio".

Va ricordato che la Ue ha adottato misure di etichettatura dei prodotti provenienti dalle colonie al fine di informare debitamente i consumatori in Europa, misura anch'essa fortemente stigmatizzata da Tel Aviv. Questa dichiarazione stride con quanto previsto da un disegno di legge presentato un anno e mezzo fa circa in Senato, volto a rendere punibile con il carcere chi direttamente o indirettamente sostiene la campagna Bds.

Di fatto s'intenderebbe emendare la Legge 654 del 1975 di ratifica della Convenzione internazionale contro le forme di discriminazione razziale, poi modificato dalla Legge Mancino del 1993, prevedendo misure di reclusione per chi incita a commettere, o commette, atti di discriminazione verso persone fisiche o giuridiche in ragione dell'appartenenza non solo a gruppi nazionali, etnici, razziali o religiosi (come previsto dalla Legge Mancino), ma anche territoriali o statuali, che possono comportare "l'intralcio dell'esercizio di qualsiasi attività economica".

Punibili con la reclusione anche coloro che parteciperebbero o fornirebbero assistenza a chi promuove tali atti, o chi dirige o coordina tali movimenti di pressione. Che questa legge sia indirizzata chiaramente a chi in Italia promuove o sostiene la campagna Bds risulta evidente dalla relazione introduttiva al disegno di legge che bolla come "antisemita" e discriminatoria la campagna, incurante delle preoccupazioni sollevate da più parti circa il rischio di pregiudicare, come poi affermato nettamente dall'Alto Commissario Ue Mogherini, e di recente nella lettera dei 200 avvocati e giuristi, il diritto alla libertà di espressione e associazione.

La proposta "italiana" segue le iniziative contro la campagna Bds e i suoi attivisti in altri paesi membri quali la Francia o l'Inghilterra. In Inghilterra di recente sono state adottate misure legislative contro le iniziative Bds, che possono risultare in una "criminalizzazione" delle associazioni che la sostengono, mentre in altri paesi le lobby esercitano forti pressioni su amministrazioni locali, e su banche che ospitano conti di associazioni affiliate alla campagna Bds (in Spagna un'associazione "Acom" si dedica a fare lobby sulle amministrazioni locali).

Di recente il quotidiano israeliano Haaretz ha denunciato la connivenza tra alcune fondazioni ebraiche inglesi ed i ministri degli Esteri e degli Affari strategici di Israele proprio allo scopo di delegittimare le campagne Bds. Una strategia di ingerenza che ha trovato il suo massimo picco nel recentissimo "scandalo" diplomatico nel quale un alto funzionario dell'ambasciata israeliana a Londra si era espresso a favore dell'eliminazione di un parlamentare conservatore che aveva criticato l'occupazione dei Territori.

Il funzionario, che in seguito alla pubblicazione delle sue dichiarazioni "off the record" si è dimesso dall'incarico, sarebbe stato a capo delle strategie di lobbying volte a influenzare decisori politici e movimenti studenteschi. Ora indagherà una commissione istituita allo scopo dalla House of Commons. Si calcola che i due ministeri di Tel Aviv abbiano speso almeno 34 milioni di dollari per le iniziative contro la campagna Bds, mentre lo scorso anno per la prima volta si tenne in Israele, su iniziativa del quotidiano Yedioth Ahronot, una conferenza contro la Bds, nella quale più volte i sostenitori della campagna vennero accusati di essere terroristi.

Una piega preoccupante, già stigmatizzata dalla relatrice Onu per i Difensori dei Diritti umani, in carica prima dall'attuale relatore Michel Forst, secondo la quale l'equiparazione tra attivisti e terroristi ("La Bds è il nuovo volto del terrorismo" ebbe a dire il ministro di Giustizia Ayelet Shaked) delegittima il lavoro dei difensori dei diritti umani, e ne aumenta la vulnerabilità.

Così facendo infatti si rischia di presentare i difensori dei diritti umani come obiettivo legittimo di abusi e violazioni da parte di attori statuali e non statuali. Uno spazio di "agibilità" quindi che viene ristretto gradualmente, attraverso pratiche di stigmatizzazione e "criminalizzazione" di ogni forma di dissenso. Un rischio ancor più evidente vista la "sindrome da isolamento" nella quale pare essere caduta l'amministrazione israeliana, ormai determinata a procedere con le sue politiche di insediamento illegale, incurante delle risoluzioni Onu e della pressione internazionale.

La strategia di attacco alla campagna Bds non va poi disgiunta da quella rivolta al "fronte interno", caratterizzata anch'essa da una graduale delegittimazione di quei difensori dei diritti umani, israeliani e palestinesi, che denunciano le violazioni dei diritti umani nei territori occupati.

Nei mesi scorsi ha suscitato scalpore e proteste da ogni parte del mondo, dall'Unione Europea alle Nazioni Unite, l'emanazione di leggi contro le organizzazioni non-governative mirate a restringerne l'ambito di iniziativa, e a minarne le basi di finanziamento. Per esempio, si sancisce l'obbligo di rendere note le fonti di finanziamento provenienti da organismi multilaterali, mentre si escludono da tale obbligo quelle associazioni che ricevono fondi da privati, principalmente organizzazioni di coloni.

Come ebbe a dire il Consiglio Onu sui Diritti Umani nel luglio dello scorso anno, queste leggi "sortiranno un effetto negativo sui difensori dei diritti umani e sul loro contributo legittimo e di gran valore al dibattito sui diritti umani in Israele, inclusi coloro che mettono in discussione la politica del governo israeliano nei territori occupati". Poche settimane prima dell'approvazione della Legge sulle Ong, la Knesset aveva approvato una legge sul terrorismo che permetterà al governo di mettere al bando qualsiasi Ong che "indirettamente" sosterrebbe attività "terroristiche", fornendo così, con il pretesto della lotta al terrorismo, ulteriori possibilità di perseguire ogni forma di dissenso, seppur pacifica e nonviolenta.

Giova sottolineare al riguardo che nel suo rapporto sulla situazione degli "Human Right Defenders" dello scorso anno, il relatore speciale Onu Michel Forst aveva stigmatizzato il ricorso al pretesto della lotta al terrorismo come giustificazione per attaccare in ogni parte del mondo l'attività dei difensori dei diritti umani. Ciononostante, nei giorni scorsi è stata approvata - sempre in Senato - la ratifica dell'Accordo di cooperazione tra Italia ed Israele nel settore della pubblica sicurezza, che prevede anche misure di collaborazione nella lotta al terrorismo.

Questione che non può suscitare preoccupazione visto l'uso strumentale del termine da parte delle autorità israeliane, volto appunto a restringere gli spazi di agibilità delle organizzazioni per i diritti umani israeliane e palestinesi, a fronte di una drammatica escalation delle violazioni dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza israeliane.


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Re: Metodi nazisti

Messaggioda flaviomob il 26/02/2018, 2:33

More than 1,000 Palestinians in Gaza died from Israeli blockade
Gaza Strip's 12-year land, air and naval blockade has resulted in the deaths of more than 1,000 Palestinians.

The Gaza Strip's collective of charitable organisations said more than 1,000 Palestinians have died as a result of the ongoing Israeli blockade on the coastal enclave.

The coordinator of the organisations, Ahmad al-Kurd, also said on Sunday that five premature babies born in the past few days died because of a lack of available medical treatment.

"Out of the 1,000 or so victims of the blockade, 450 died as a result of the collapse of the health situation in Gaza, such as the lack of medical supplies and the crisis of medical referrals for outside treatment."

Gazans continue to face a desperate situation because of the blockade with water and electricity shortages, as well as a lack of medicines and doctors unable to perform surgeries.

Kurd said the use of alternative electricity by residents of the Gaza Strip since 2006 has caused the deaths of 100 people.

"The use of candles, firewood or generators has resulted in house fires that claimed the lives of children and adults alike," he said.

Furthermore, the number of workers who were killed in the fields of agriculture, fishing and commercial tunnels has reached 350.

'Heinous crime'
One fisherman was killed on Sunday after the Israeli navy fired at his boat. Two other fishermen were wounded.

The spokesperson of Palestine Fishermen's Union said the vessel was targeted as it made its way back to Gaza's port.

"The fisherman killed was 18-year-old Ismael Abu Riyaleh," said Nizar Ayyash, adding the other two, Ahed Abu Ali and Mahmoud Abu Riyaleh, were taken into Israeli custody.

According to the Palestinian Centre for Human Rights (PCHR), all Israeli attacks on Palestinian fishermen have taken place within the six nautical miles zone.

Hamas spokesperson Abdulatif al-Qanoo' said, "The killing of a Palestinian fisherman by the Israeli naval forces is a heinous crime that the Israeli occupation bears responsibility for."

In a statement, the Israeli army said the boat had breached the fishing zone.

"The naval force followed instructions to arrest the three suspects onboard, which included warnings and firing in the air and at the boat," the statement said. "One of the fisherman was seriously injured as a result and later died in hospital."

Under the Oslo Accords, Palestinians are permitted to fish 20 nautical miles from Gaza's coast, yet for years Israel has shrunk the zone to six nautical miles.

It is estimated there are 4,000 fishermen in Gaza who provide for 50,000 people.

Disaster area
Kurd described the Gaza Strip, where two million Palestinians live, as the world's largest prison.

"Gaza is a disaster area in all areas - health, environmental, social, and energy," he said.

Solutions must be found to the crisis of power cuts that last between 18-20 hours a day, he added.

The Palestinian government "must provide the needs of the Gaza Strip regarding medical supplies, social assistance, pay the salaries of government employees, and exert pressure to open the border crossings" Kurd said.

https://www.aljazeera.com/news/2018/02/ ... 51636.html


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