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la guerra del gas

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

la guerra del gas

Messaggioda trilogy il 28/04/2015, 10:45

Tsipras e Putin
Intese su Turkish Stream, rischi per Unione energetica
Antonio Scarazzini
23/04/2015


più piccolo più grande
Le sirene dei capitali russi sono sempre più forti per la Grecia: nel corso delle ultime settimane, il premier ellenico, Alexis Tsipras, ha infatti incontrato prima Vladimir Putin e poi l’amministratore delegato di Gazprom, Alexei Miller.

Sul tavolo degli incontri, la partecipazione di Atene a Turkish Stream, la prima vera minaccia che la Russia può portare all’unione energetica.

Turkish Stream: Vertice a Budapest
Il mese di aprile si era aperto con un summit a Budapest fra i ministri degli esteri di Grecia, Serbia, Ungheria e Turchia. Un dialogo ristretto, guidato dall’ellenico Nikos Kotzias, diretto a trovare un accordo preliminare tra gli Stati europei che dovrebbero essere attraversati da Turkish Stream, il gasdotto che ha sostituito South Stream nelle strategie di Gazprom per portare il gas russo in Europa.

Dal Vertice ungherese Kotzias è uscito con un’intesa politica sulla “validità e affidabilità commerciale” del progetto, sufficiente a dotare Tsipras della credibilità giusta per incontrare Vladimir Putin.

Sulla carta, infatti, il ruolo della Grecia in Turkish Stream sarà tutt’altro che secondario: i 2200 km complessivi di tracciato previsti si dirameranno in due direttrici, una diretta verso la Turchia e l’altra in Europa, passando appunto per la Grecia e i Balcani.

Il flusso complessivo a regime è previsto in 63 miliardi di metri cubi, di cui oltre 47 destinati al territorio europeo e oltre 15 alla Turchia, secondo le intese strette ad Istanbul lo scorso 1̊ dicembre dai presidenti russo e turco Putin ed Erdoğan subito dopo la rinuncia a SouthStream.

Nell’accordo tra Gazprom e la compagnia nazionale turca Botas, la fine dei lavori del nuovo gasdotto è stata fissata per dicembre 2016, con il successivo avvio dei primi flussi verso la Turchia. I primi invii verso l’hub greco sono invece previsti per il 2019.

La missione di Tsipras
Atene guarda con speranza all’anticipo dei diritti di transito che, secondo stime del Wall Street Journal rafforzate con la visita ad Atene di Miller, potrebbero ammontare a 3 miliardi di euro.

Possibile, inoltre, ma non prima del 2019, uno sconto del 10% sulle tariffe di vendita del gas. Un sollievo non indifferente per un Paese in cui il gas naturale è salito al 14% dei consumi energetici nazionali dal 6% nel 2000 (dati IEA, 2014).

Quota che viene coperta per il 60% da importazioni di gas dalla stessa Russia, che proprio grazie agli idrocarburi (russo anche il 33% del petrolio utilizzato in Grecia nel 2012) copre il 14% dell’import ellenico (dati Wto, 2014).

Le compensazioni economiche allettano una Grecia perennemente in cerca di sollievo dai creditori internazionali, permettendo a Vladimir Putin di costruire un’importante sfera di influenza in Europa, non soltanto legata al sostegno della sua politica per l’energia.

L’adesione di Atene al Turkish Stream potrebbe infatti convincere Mosca a rimuovere l’embargo verso i prodotti agroalimentari greci, rafforzando la possibilità che al Consiglio europeo di giugno Tsipras si opponga radicalmente al rinnovo delle sanzioni comminate al Cremlino per le vicende ucraine.

I rischi per l’Unione energetica
A correre i rischi più seri è comunque il progetto di Unione energetica da poco avallato dal Consiglio europeo. Malgrado la rinuncia a South Stream, Putin è ancora alla ricerca di nuove vie verso l’Europa per il gas russo, prima che arrivino altri concorrenti, come lo shale gas americano, se i prezzi del petrolio dovessero mai risalire.

Rispetto al predecessore, Turkish Stream gode inoltre di un ben più marcato supporto da parte della Turchia, nuovo crocevia di transito di idrocarburi verso l’Ue.

A gennaio e febbraio, infatti, due incontri tra il ceo di Gazprom, Alexey Miller e il ministro turco per l’energia, TanerYildiz, hanno condotto alla redazione di avanzati studi di fattibilità e permesso di concordare i primi lavori di esplorazione per il tratto offshore nel Mar Nero.

Nelle strategie di Mosca, il coinvolgimento di Atene raddoppia di valore se si considera la centralità della Grecia nel quadro del Trans-Adriatic Pipeline, l’opzione scelta dall’Ue per il “corridoio Sud” il cui destino potrebbe essere ora reso più incerto dalle sirene russe.

Recentemente, il ministro greco per l’energia Panagiotis Lafazanis ne ha peraltro chiesto una rinegoziazione delle condizioni, con particolare riferimento al pagamento delle tariffe di transito a partire dal 2019.

Non casuale, infine, che l’Ungheria abbia ospitato il Vertice ministeriale: solo a marzo Budapest aveva infatti scatenato la levata di scudi dell’Ue contro l’accordo da 12,5 miliardi di euro firmato con Mosca per la costruzione di due centrali nucleari nella città di Paks.

Tutto in mano alla Grecia ?
Vladimir Putin continua così a pescare nel mazzo dei “meno devoti” dell’Ue per fiaccare lo sviluppo dell’Unione energetica.

A Bruxelles possono sperare ipotizzando il dissolvimento di South Stream di fronte all’innalzamento dei costi ed alla diminuzione del suo valore politico.

I bassi prezzi del petrolio e, dunque, del gas naturale, limitano inoltre di molto i margini di redditività di un progetto da costruire ex novo, qual è il Turkish Stream. Ma la sensazione di incertezza che si prova attendendo una decisione strategica da parte della Grecia è ormai ben nota nella capitale europea.

Antonio Scarazzini, Laureato magistrale in Studi Europei con una tesi in Relazioni euro-atlantiche, è direttore di “Europae” e membro del direttivo di “OSARE Europa”.

fonte: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=3038
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Re: la guerra del gas

Messaggioda trilogy il 28/04/2015, 10:46

Gazprom-UE, inizia il braccio di ferro

Dal “cartello” dei mezzi pesanti a Google, passando per l’indagine sull‘intesa Alstom-General Electric: l’elenco degli imputati finiti sotto la lente d’ingrandimento della Commissione Europea è un susseguirsi di grande firme, da quando al vertice della DG Concorrenza siede Margrethe Vestager. Ora, il nuovo “sceriffo” dell’antitrust a dodici stelle ha nel mirino un altro gigante: Gazprom.

I tre capi d’accusa

Con una risolutezza che ricorda quella del Mario Monti dei primi anni Duemila, ai tempi del blocco all’intesa Honeywell-General Electric e dell’istruttoria del caso Microsoft, la 47enne danese ha annunciato mercoledì l’invio al gigante russo degli idrocarburi di una comunicazione delle irregolarità riscontrate nel corso di più di due anni di indagini.

Tre le motivazioni che portano ad accusare Gazprom di abuso di posizione dominante, in primis la limitazione alla circolazione del gas in otto Paesi UE (Estonia, Lituania, Lettonia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Bulgaria), di cui Gazprom è il primo fornitore con quote di mercato che variano dal 50% al 100%. Dito puntato contro il divieto di riesportazione del gas e le clausole che obbligano la società acquirente a distribuire il gas solo sul territorio nazionale, con eventuali eccezioni che devono passare al vaglio di Gazprom. Sono inoltre denunciate l’intromissione della società russa nel controllo di infrastrutture energetiche strategiche (quali il gasdotto polacco Yamal) e la subordinazione della vendita di gas alla partecipazione a progetti firmati Gazprom, come accadde alla Bulgaria con l’ormai defunto South Stream.

Le rilevazioni della Commissione, infine, denotano come la pratica di indicizzazione dei prezzi del gas a quelli di un paniere di prodotti petroliferi, anziché ai prezzi di mercato o ai costi di produzione, abbia segmentato e danneggiato i mercati europei con prezzi sfavorevoli.
Incrocio di dossier

Dopo l’indagine a carico della compagnia bulgara BEH per abusi sul mercato dell’elettricità in Bulgaria, il fascicolo Gazprom è la dimostrazione che la DG Concorrenza sarà in prima linea nella difesa dell’integrazione dei mercati nel quadro dell’unione energetica.

Le dichiarazioni della Commissione, inoltre, arrivano quasi in contemporanea alla visita ad Atene del CEO della compagnia russa Alexei Miller per negoziare l’adesione della Grecia al Turkish Stream, il gasdotto che sostituisce South Stream nei piani di Gazprom per portare 47 miliardi di metri cubi di gas in Europa dal 2019 attraverso, appunto, un hub greco. Già il bilaterale Tsipras-Putin di inizio aprile era servito a porre le prime condizioni, quali l’anticipo dei diritti di transito per quasi 3 miliardi di euro a favore della Grecia. Tentazioni che anche il dipartimento di Stato americano pare voler spegnere sul nascere, con una controfferta al Ministro degli Esteri greco Kotzias in visita a Washington la scorsa settimana.

“Se vuole operare in Europa, Gazprom dovrà farlo secondo le regole europee” ha affermato la Vestager in conferenza stampa. Due giorni dopo, ha rafforzato il messaggio anche il Commissario per l’Energia Miguel Cañete, affermando che “troppi Paesi dipendono ancora per intero da Gazprom”. Fondamentale quindi la diversificazione attraverso la tutela delle infrastrutture strategiche – quali il gasdotto TAP nel corridoio Sud, in cui la Grecia costituisce la porta verso l’Europa, proprio come nel Turkish Stream – e un incremento nell’uso del gas naturale liquefatto (GNL) e nel potenziamento delle strutture per liquefazione e stoccaggio.
Le reazioni

In un comunicato ufficiale, la compagnia ha dichiarato infondate le accuse e lo stesso Ministro degli Esteri Sergei Lavrov è intervenuto per ricordare che tutti i contratti firmati dai Paesi coinvolti con Gazprom rientravano nel pieno rispetto delle normative europee. Anche Ben Aris, direttore di Business New Europe interpellato dall’agenzia russa RIA Novosti, punta il dito contro la retroattività dei provvedimenti della Commissione, salutati invece con favore dal Ministro delle Finanze polacco Mikołaj Budzanowski, che li ha definiti “la decisione del secolo”.

Ora Gazprom ha dodici settimane di tempo per replicare alla comunicazione della Commissione: se il procedimento dovesse completarsi a suo sfavore, la sanzione potrebbe arrivare al 10% del fatturato che nel 2013 ha toccato i 122 miliardi di euro. Uno sprone in più per la Camera bassa del Parlamento russo che venerdì ha ratificato l’accordo per la vendita di gas alla Cina da 400 miliardi di dollari.

fonte: http://www.rivistaeuropae.eu/diritto/ga ... -infinito/
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Re: la guerra del gas

Messaggioda trilogy il 28/04/2015, 10:51

In pratica dietro alle tensioni tra Russia ed Unione europea, c'è uno scontro tra due strategie:
Da un lato l'UE cerca di approvigionarsi di gas riducendo la dipendenza dalla Russia, e quest strategia comporta anche gasdotti che non attraversano il territorio russo.
Dall'altro la Russia contrasta questa strategia sfruttando l'attuale freddezza dei rapporti tra Bruxelles con Grecia e Turchia.
Dietro le quinte gli interessi globali USA che vogliono ampliare il mercato del loro shale gas ed indebolire l'influenza Russa.
Una partita interessante, dove polemiche regionali si intrecciano con un confronto geopolitico rilevante.
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Re: la guerra del gas

Messaggioda trilogy il 09/05/2015, 22:43

Cosa cambia con l'accordo tra Russia e Cina sull'energia
di Sissi Bellomo

La Russia compie un nuovo passo avanti nel disegno di mettere in concorrenza Europa e Cina negli approvvigionamenti di gas. Tra gli accordi siglati ieri durante la visita a Mosca del presidente cinese Xi Jinping ce n'è anche uno che nessuno si aspettava arrivasse così presto: quello sulla cosiddetta Rotta occidentale, ossia il gasdotto Altai, destinato a “pescare” dagli stessi giacimenti siberiani che Gazprom utilizza per rifornirci.

Non è chiaro se il contratto, che segue di appena sei mesi il memorandum d'intesa (si veda Il Sole 24 Ore dell'11 novembre 2014), riguardi anche il prezzo del gas: anzi, è probabile che su questo punto - il più spinoso - russi e cinesi non siano ancora riusciti a mettersi d'accordo, altrimenti non si spiegherebbe perché nessuno ne abbia fatto parola. Su ogni altro punto della questione, tuttavia, sembra che l'accordo sia ormai vincolante. E per Gazprom sarà una carta importante da giocare nella partita con l'Antitrust europea, se è vero - come suggeriscono fonti vicine alla vicenda - che i russi sono decisi a trattare con Bruxelles, manifestandosi disponibili a fare concessioni su tutta la linea. Comprese le formule di prezzo usate nei contratti, per cui Mosca ha finora difeso a spada tratta l'indicizzazione al petrolio.

Potrebbe essere collegata alla partita a scacchi con la Ue anche l'annuncio, arrivato giovedì, di un accordo per consegnare in Turchia fin da dicembre 2016 il gas trasportato con il Turkish Stream: un gasdotto per ora costruito solo in minima (e imprecisata) parte, che però già preoccupa gli Stati Uniti, tanto che secondo il New York Times Amos J. Hochstein, inviato del dipartimento di Stato, ha esortato la Grecia a negare la sua collaborazione.

Negli accordi russo-cinesi che il ceo di Gazprom, Alexei Miller, e il vicepresidente di Cnpc, Wang Dongjin, hanno firmato ieri al Cremlino - sotto lo sguardo dei due presidenti, Putin e Xi - si stabilisce la rotta del nuovo gasdotto, che punterà dritto verso la Cina attraverso il Kanas Pass, senza passare per il Kazakhstan né per la Mongolia (una deviazione sgradita a Pechino). C'è inoltre la «cornice temporale» in cui verrà costruito, anche se la data di avvio non è stata resa nota, probabilmente perché legata alla firma del contratto definitivo. Inoltre, c'è già l'impegno formale per una fornitura «iniziale» di 30 miliardi di metri cubi di gas all'anno per trent'anni, che Mosca si dichiara disponibile ad ampliare e che si aggiunge ai 38 miliardi di mc che Pechino dal 2018 dovrebbe ricevere dalla Rotta orientale.

L'accordo per queste ultime - che era stato annunciato in pompa magna esattamente un anno fa - è già completo in ogni dettaglio, anche se molti dubitano che il progetto riuscirà a procedere nei tempi previsti: il presidente Putin ha promulgato solo lunedì scorso il decreto che dà il via alla realizzazione del Power of Siberia, la pipeline lunga 4mila km che bisognerà costruire da zero, con un costo di 55 miliardi di dollari, per garantire le consegne (Altai è più corto e in gran parte si limita a rafforzare linee già esistenti). Anche i giacimenti per servire la Rotta occidentale ci sono già, mentre quelli per la Rotta orientale - nella penisola di Yamal - sono ancora in buona parte da sviluppare.

Non solo. Si sospetta che il crollo del petrolio negli ultimi mesi abbia rimesso in discussione anche gli accordi con Pechino sul prezzo del gas. All'epoca il valore delle vendite era stato stimato intorno a 400 miliardi di dollari. Tra i risultati che hanno coronato la visita ufficiale di Xi Jinping a Mosca, alla vigilia della parata del Giorno della Vittoria, snobbata dai leader occidentali, c'è anche la promessa di 25 miliardi di dollari di finanziamenti per le imprese russe, preziosi in tempi di sanzioni, e un accordo di collaborazione in agricoltura che potrebbe aiutare la Cina diminuire ulteriormente la dipendenza dagli Stati Uniti per le importazioni di mais e altri prodotti.

http://www.ilsole24ore.com/art/finanza- ... d=ABrh4EdD
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Re: la guerra del gas

Messaggioda franz il 10/05/2015, 10:23

trilogy ha scritto:... c'è anche la promessa di 25 miliardi di dollari di finanziamenti per le imprese russe, preziosi in tempi di sanzioni, ...

Preziosi non solo in tempi di sanzioni ma soprattutto in tempo di fuga degli investimenti dalla Russia e anche di capitali dei russi stessi.

MONDO | 2 mag 2015 10:34
MOSCA - Nel primo trimestre la fuga di capitali in Russia ha raggiunto quota 32,6 miliardi di dollari. Lo fa sapere la banca centrale russa, che prevede che tocchi i 131 miliardi di dollari entro la fine dell'anno.

La banca centrale ha anche rivisto al rialzo le stime sulla fuga di capitali record del 2014: da 151,5 a 154,1 miliardi di dollari. Secondo gli esperti, la maggior parte del denaro portato via dalla Russia finisce su conti offshore.

(fonte http://mobile.cdt.ch/article.php?c=130089 )
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Re: la guerra del gas

Messaggioda trilogy il 20/05/2015, 11:37

franz ha scritto:
trilogy ha scritto:... c'è anche la promessa di 25 miliardi di dollari di finanziamenti per le imprese russe, preziosi in tempi di sanzioni, ...

Preziosi non solo in tempi di sanzioni ma soprattutto in tempo di fuga degli investimenti dalla Russia e anche di capitali dei russi stessi. ...


Si, ma rientra nella strategia di espansione globale politica ed economica della Cina.
Ovunque si apre un spazio d'investimento entrano con cifre enormi.

Brasile 19 maggio
(AGI) - Brasilia, 19 mag. - Il presidente brasiliano, Dilma Rousseff e quello cinese Li Keqiang hanno siglato 35 accordi sul piano commerciale e finanziario per un totale di oltre 53 miliardi di dollari di investimenti che Pechino effettuera' nell'economia e nelle infrastrutture del paese sudamericano. L'intesa e' stata firmata al termine di una visita di tre giorni di Li in Brasile. Uno dei proncipali accordo riguarda 7 miliardi di dollari di investimenti cinesi nel colosso petrolifero Petrobras. Inoltre la Cina punta a finanziare i lo sviluppo dei trasporti di Rio de Janeiro, la citta' che ospitera' i prossimi giochi olimpici nel 2016.

India 16 maggio
AGI) - Pechino, 16 mag. - India e Cina, i due - sotto ogni aspetto - colossi asiatici, si avvicinano e lo fanno sul terreno economico siglando intese commerciali per 22 miliardi di dollari. Questo il risultato della visita del premier Narendra Modi che ha incontrato a Shanghai, la capitale finanziaria cinese, 22 capi di grandi industrie di Pechino.
L'accordo giochera' anche un ruolo nell'equilibrare il disavanzo commerciale che New Delhi ha con Pechino: nel 2014 il deficit era cresciuto del 34% a 48,43 miliardi di dollari dai 36,21 miliardi del
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Re: la guerra del gas

Messaggioda franz il 20/05/2015, 12:33

Già, il fatto è che la Cina ha fatto tutti gli investimenti interni che poteva fare (anche troppi) ed ora investe all'estero.
Positivo. Positivo soprattutto se investisse anche da noi.
Noi compriamo giocattolini, tessuti, pannelli solari, macchinari, circuiti e loro con il surplus investono nel mondo.
I soldi tornano, se sappiamo cogliere le opportunità e siamo appetibili per investimenti.
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