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Fuga dall'africa (ovvero land grabbing)

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

Fuga dall'africa (ovvero land grabbing)

Messaggioda franz il 28/04/2015, 7:39

Immigrazione: le rotte dei migranti senza terra
Dario Dongo | 27 Aprile 2015 |

Migranti
Riceviamo da Dario Dongo e volentieri pubblichiamo

Assistiamo impotenti alla tragedia dei naufragi nei nostri mari meridionali, e apprendiamo con preoccupazione come i decisori politici intendano reagire all'emergenza con strumenti militari e repressivi, il cui unico effetto sarà semmai quello di isolare i profughi in territori pericolosi quanto le acque della loro agognata speranza di salvezza.

I pochi opinionisti e politici che abbiano osato considerare le cause dell'esodo dal continente africano verso l'Europa si sono soffermati su un dato inequivocabile, la fuga dalle aree di conflitti. Conflitti rispetto ai quali tra l'altro le forze occidentali hanno avuto un ruolo propulsivo o connivente, come in Siria e in Libia. Ma nessuno, all'approssimarsi dell'inaugurazione di Expo 2015 a Milano, pare avere il coraggio di affrontare la causa primaria della disperazione dei popoli africani, sebbene si tratti di una tragedia non nuova, che ha mietuto milioni di vittime già dimenticate, nel 2011, in Corno d'Africa. Fame e denutrizione, in terre un tempo fertili bensì scosse negli ultimi anni da fenomeni climatici - che hanno portato siccità e inaridimenti - e antropici, come la rapina delle terre, il cosiddetto 'land grabbing'.
La rapina delle terre

Le popolazioni di 13 paesi africani hanno subito la sottrazione violenta di oltre 20 milioni di ettari di aree coltivabili su impulso di investitori stranieri, pari al 55,5% delle terre rapinate nell'intero pianeta dal 2000 a oggi (fonte WorldWatch Institute, State of the World 2015). Il diritto al cibo - pure citato nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 (art. 25), e riaffermato in successive convenzioni internazionali - ha ceduto il passo alle speculazioni di investitori basati in paesi ove l'agricoltura è fiorente, come gli Stati Uniti (a cui è attribuita la primazia nel 'land grabbing', con operazioni su 6,9 milioni di ettari, stessa fonte), la Malesia e l'Indonesia (3,6 e 2,9 milioni di ettari, rispettivamente).

Tra i primi 'target' africani degli investimenti su enormi distese di terre, viceversa, figurano Sudan meridionale, Repubblica Democratica del Congo, Mozambico, Congo, Liberia e Sierra Leone, Etiopia. Non è forse un caso che la gran parte dei migranti che traversano il Maghreb provenga dalla regione dei grandi laghi e dal corno d'Africa (fonte Unhcr). Né che le loro disgraziate odissee spesso muovano dai campi profughi in Congo, Sudan, Uganda, Somalia, come pure da quelli localizzati in Costa d'Avorio, Ciad, Kenya, Etiopia.
Il ruolo dell'olio di palma

La petizione lanciata a fine 2014 da Great Italian Food Trade, volta a contrastare l'impiego di olio di palma nelle produzioni alimentari, deriva proprio dall'analisi di questo fenomeno. Poiché una quota significativa delle terre rapinate è oggetto di deforestazioni funzionali a coltivazioni mono-intensive di palme da olio - con destino alimentare e bio-combustibile - si è creduto necessario sensibilizzare i consumatori circa il vero costo di tale produzione, per l'umanità e il pianeta. Nella speranza che i grandi gruppi industriali e distributivi possano a loro volta condividere questa preoccupazione e sostituire l'olio tropicale con altri più vicini alle nostre tradizioni agricole e produttive.
Un cordone umanitario

Per tornare all'argomento principale, appare del tutto velleitaria l'idea di arginare la disperazione ora aggregata sulle coste nordafricane limitandosi a isolare i confini del vecchio continente. Il costo delle vittime innocenti non può che aumentare, aggravando l'instabilità di paesi già gravemente sollecitati da una serie di fattori, politici ed economici. Un cordone non militare ma umanitario, come quello proposto dalla Comunità di Sant'Egidio e da Medici Senza Frontiere potrà senz'altro ridurre la pressione e pre-ordinare la doverosa accoglienza degli aventi diritto all'asilo in tutti i paesi europei, in ragione delle rispettive popolazioni e densità abitative. Nuove misure dovranno venire concordate in tal senso, nel più breve tempo, per impedire imminenti carneficine.

Ma al tempo stesso i decisori politici dovranno affrontare - con altrettanta urgenza - i temi del diritto al cibo e alla terra, la sovranità alimentare e il sostegno alle produzioni agricole locali su piccola scala. Ricordiamo il primo dei cosiddetti 'Millennium Development Goals', l'eradicazione della fame e della povertà estrema, che i 189 stati membri delle Nazioni Unite (ora 193) si erano impegnati a raggiungere proprio nel 2015. Ricordiamo altresì le Linee guida per la gestione responsabile di terre, foreste e bacini idrici adottate dal 'Committee on World Food Security' (Fao) nel 2012, che nessuno dei paesi firmatari ha finora ritenuto di applicare con norme cogenti, l'unica via possibilmente utile a frenare la rapina delle terre.

Un tuffo nella realtà imporrebbe oggi di considerare un nuovo modello di cooperazione, trilaterale, atto a favorire gli aiuti Sud-Sud - vale a dire, dai protagonisti del nuovo ordine economico mondiale, a partire dalla Cina, verso i paesi in via di sviluppo - cui aggiungere l'utile contributo partecipativo delle Ong europee e italiane in particolare. Le esperienze pluri-decennali di queste ultime nell'aiuto alle popolazioni di molti paesi africani possono infatti facilitare le relazioni con le comunità locali, che devono condividere e partecipare ai programmi per poter realizzare una concreta autonomia. Non dimentichiamo infine il valore del 'know-how' italiano nella ricerca e applicazione di pratiche agricole eco-sostenibili, che la comunità scientifica internazionale ha finalmente riconosciuto come la via maestra da seguire.

http://www.euractiv.it/it/opinioni/comm ... terra.html
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Re: Fuga dall'africa (ovvero land grabbing)

Messaggioda franz il 28/04/2015, 7:43

Bene. Se gli americani risultano in testa in questa attività, c'è da aspettarsi almeno che finalmente se ne parli e che qualcuno scenda in piazza. L'articolo qui sopra sembra pero' dimenticare il ruolo della Cina in questa rapina di terre africane.
A completezza d'informazione, integro con questo articolo.



Land grabbing, così emiri e cinesi si comprano il futuro della terra

L’ultima cosa che ci si potrebbe aspettare, mentre si è alla guida di un fuoristrada su una pista nella savana dell’Africa occidentale, è un messaggio sul cellulare che dia il benvenuto nel territorio degli Emirati Arabi Uniti. Accade in Tanzania, dove un generale degli Emirati ha acquistato diritti di caccia esclusivi su un parco di 400 mila ettari. E lo ha trasformato in una sorta di enclave territoriale. Strettamente sorvegliata. «Non filtrano molte notizie, ma ho sentito di unità paramilitari spedite dal governo di Dodoma per impedire che i Masai in cerca di pascoli si avvicinino alla riserva privata» racconta Fred Pearce, scrittore e giornalista britannico, pluripremiato per le sue inchieste sull’ambiente. Pearce è l’autore di “The Land Grabbers” (Beacon Press), libro in cui documenta l’estensivo accaparramento di terre coltivabili ai quattro angoli del globo da parte di fondi sovrani, multinazionali del cibo, agenzie governative e speculatori rapaci. Un fenomeno imponente ed elusivo, difficile da tracciare. Che sta cambiando gli equilibri - alimentari e ambientali - del pianeta. E che non riguarda solo i paesi più poveri.

Di recente, un gruppo di deputati tedeschi ha denunciato le trattative per la cessione di vaste aree del territorio ucraino, condotte all’ombra della guerra. Che coinvolgono multinazionali del cibo transgenico, come la Monsanto. Investimenti a rischio, certo, ma a prezzi ribassati. Secondo Farmlandgrab, un osservatorio web sulla corsa ai terreni agricoli, 17 milioni di ettari in Ucraina sono già controllati da imprese straniere, più della metà del territorio coltivabile. Proprio in Ucraina, nel 2013, l’agenzia governativa cinese Xpcc (Xinjiang Production and Construction Corp nell’acronimo inglese) ha ottenuto un leasing di 50 anni su tre milioni di ettari. Probabilmente il più grande caso di “land grab” registrato. Perché la maggior parte delle grandi transazioni sono opache. Soprattutto nei contratti tra le agenzie dei governi, che decidono sul destino di regioni grandi come stati e di intere popolazioni, a loro insaputa. E i conflitti spesso accompagnano le vendite. Come è successo in Liberia, il primo stato libero dell’Africa - e uno dei più tormentati, nella storia recente. Le cessioni di terreni cominciano sul finire della guerra civile. «All’inizio, c’è stata una discreta cooperazione tra le società che gestiscono le piantagioni e gli impianti per la produzione di olio di palma e le comunità locali. Ma i rapporti ora si sono deteriorati» spiega Pearce.

Avere le cifre esatte del “land grabbing” è impossibile. I contratti trasparenti sono solo la parte emersa dell’iceberg. L’Oxfam, che ha denunciato il fenomeno in diverse campagne di sensibilizzazione, ha stimato in più di due milioni di chilometri quadrati le terre sottratte, di cui i due terzi in Africa. Land Matrix, piattaforma indipendente nata per monitorare questi immensi passaggi di proprietà, ha contato 1037 contratti conclusi per oltre 38 milioni di ettari. Ma sono elencate solo le trattative “in chiaro”. «I contratti vengono stipulati, cancellati, ristrutturati, trasferiti. A volte, la quantità di terra è di gran lunga maggiore di quella descritta nei contratti» ragiona Lorenzo Cotula, ricercatore dello Iied (International Institute for Environment and Development). «Non solo: anche se l’accordo non viene chiuso e il terreno non è sfruttato, l’accesso continua ad essere negato a lungo alle genti locali». Infatti: a fianco dei numeri ci sono le storie. Che parlano di esodi forzati di popolazioni intere dalle loro terre ancestrali. Come nella valle dell’Omo, in Etiopia, dove le tribù che restano vivono in un clima di intimidazione continua da parte dell’esercito. Come in Laos e in Cambogia, dove le compagnie vietnamite della gomma continuano ad espandere le loro piantagioni. In Kenya, i diritti sui terreni sono tanto confusi che villaggi, scuole, intere comunità si sono ritrovate all’interno di recinti alzati di sorpresa, in poche ore.

Sono le “anime morte” della corsa alla terra. In molti paesi dell’Africa e dell’Asia non compaiono neppure nei registri civili. «Il land grabbing rischia di avere un impatto maggiore del cambiamento climatico sull’ambiente e sulla vita dei più poveri» denuncia Pearce. In che modo? «E’ semplice. Essere privati della terra è un danno immediato. Poi ci sono quelli a medio e lungo termine. Lo sfruttamento intensivo di grandi aree agricole porta a un impoverimento delle risorse idriche. Il paesaggio viene cancellato. E la deforestazione accompagna il land grabbing». Secondo un rapporto di Land Coalition, le aree coperte da foresta (e progressivamente deforestate) costituiscono un terzo delle cessioni di terreni. Lo stesso rapporto mostra che la corsa all’accaparramento continua anche se ha subito un rallentamento apparente dopo il picco del 2009. «La caduta dei prezzi nel settore alimentare ha allontanato gli speculatori. Ma sono rimaste le multinazionali e gli stati, che continuano a comprare per costituire riserve alimentari nel lungo termine» ribadisce Pearce. In Cina, la Xinjang è un’agenzia semi-militare, con gerarchie di comando, corpi di ingegneri e agronomi. In Asia centrale, i terreni acquistati dalla Xpcc sono stati sottoposti alla coltivazione intensiva di soia transgenica che li ha impoveriti. Tra i grandi buyers ci sono anche gli Usa, i paesi arabi del Golfo, l’Europa; e il Brasile e l’Egitto che acquistano larghe porzioni di terreno negli stati confinanti.

C’è chi ha parlato di neo-colonialismo. «Assomiglia al primo colonialismo mercantile, quello delle Compagnie delle Indie inglesi e olandesi - sostiene Peirce. - Il primo passo è rendere trasparenti le transazioni e mobilitare l’opinione pubblica dei paesi ricchi su questo nuovo modello di sfruttamento. Oggi perfino la Cina ha un movimento ambientalista molto attivo».

http://farmlandgrab.org/post/view/24629 ... ella-terra
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Re: Fuga dall'africa (ovvero land grabbing)

Messaggioda pianogrande il 28/04/2015, 11:44

Gli argomenti collegati sono tanti.

La prima cosa che mi viene in mente è che andrebbe messo in discussione qualsiasi uso non a fine alimentare della terra coltivabile.
I carburanti, la gomma e magari il cotone (ma forse sto esagerando) etc.

Comunque, il primo argine a questa "rapina" dovrebbero essere i governi locali ma parliamo di paesi poveri e governati da gente che non si sveglia di notte pensando al bene del proprio popolo.

Ma la FAO esiste ancora?
Fotti il sistema. Studia.
pianogrande
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