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IS: la Turchia da che parte sta?

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

IS: la Turchia da che parte sta?

Messaggioda flaviomob il 09/10/2014, 1:53

Dal Blog di A. Desiderio:

Per Erdogan meglio l’Is dei curdi (per non parlare di Assad)


http://mappa-mundi.blogautore.repubblica.it/

(immagini sul sito)



A conferma del mio ragionamento di ieri gli ultimi avvenimenti dimostrano che per la Turchia i curdi sono un pericolo più grave degli islamisti dell’Is. Non solo Erdogan non interviene ma non consente ai curdi turchi di andare in aiuto dei curdi siriani, assediati e massacrati a Kobane, lungo la frontiera con la Turchia.

Dopo aver sostenuto la rivolta contro il nemico Assad, condizionando tutt’ora l’intervento in Turchia alla caduta di Assad o comunque al danneggiamento del regime, oggi non muove un dito contro i miliziani di al Baghdadi (e probabilmente non combattendo adeguatamente il contrabbando di petrolio dell’Is che passa dalla Turchia) combattuti in campo aperto solo dai curdi. Stati Uniti e alleati sono intervenuti solo con i raid aerei (finora inutili) mentre l’esercito regolare iracheno in diverse occasioni si è ritirato davanti all’avanzata dell’Is senza neppure combattere.


E’ il momento di riparare a un errore storico e premiare i curdi con uno stato sui territori curdi in Siria e Iraq. Ma prima che Obama rifletta adeguatamente sull’argomento finirà il proprio mandato. Eppure la sola minaccia di un ipotetico stato curdo in funzione anti Is potrebbe bastare a convincere Erdogan a intervenire seriamente contro al Baghdadi.


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Stato curdo ed emancipazione

Messaggioda flaviomob il 19/10/2014, 14:02

La lotta delle kurde spaventa Ankara

—  Chiara Cruciati, 18.10.2014

Siria. A Rojava in atto l'esperimento democratico kurdo: uguaglianza di genere e democrazia dal basso minacciano lo Stato Islamico e il capitalismo moderno



Alla Tur­chia Kobane fa così paura da guar­dare in silen­zio al mas­sa­cro dei kurdi nel nord della Siria. A spa­ven­tare Ankara, lo Stato-nazione turco, è l’esperimento in atto da tre anni a Rojava, la regione kurda al con­fine che ha messo in pra­tica l’ideologia del nemico di sem­pre, il Par­tito Kurdo dei Lavo­ra­tori e del suo lea­der pri­gio­niero, Abdul­lah Ocalan.

Spa­ven­tati dall’esperienza kurda è anche lo stesso Stato Isla­mico, potere oppres­sivo e miso­gino che ha oggi Kobane come tar­get. Un asse­dio lungo un mese, ormai, che è spec­chio della con­trap­po­si­zione tra Rojava e il Calif­fato: «Le donne kurde sono sem­pre state sot­to­po­ste ad una dop­pia oppres­sione, in quanto kurde e in quanto donne – ci spiega Nur­sel Kiliç, rap­pre­sen­tante inter­na­zio­nale del movi­mento delle donne kurde Kjk, durante un con­ve­gno a Roma lo scorso 11 otto­bre – Oggi sono il bot­tino di guerra dell’Isis per­ché impe­gnate a creare reti di eman­ci­pa­zione tra le donne kurde, assire, ala­wite e tur­co­manne. Nel luglio 2014 gli attac­chi dell’Isis si sono inten­si­fi­cati fino all’apice, l’attacco a Sin­jar in Iraq ad ago­sto. L’Isis rapi­sce, vio­lenta e vende le donne nei bazar della schia­vitù, ha lega­liz­zato i “matri­moni tem­po­ra­nei”, usando una pro­pria per­so­nale inter­pre­ta­zione dell’Islam».

«Dal 1978, anno di fon­da­zione del Pkk ad oggi, il movi­mento ha vis­suto cam­bia­menti interni e tra­sfor­ma­zioni, volte a tro­vare un’alternativa al bino­mio socia­li­smo reale e moder­nità capi­ta­li­sta – aggiunge Havin Güne­ser, donna kurda e mem­bro dell’iniziativa per la libertà di Oca­lan – Nella visione di Oca­lan la schia­vitù delle donne è la base della colo­niz­za­zione e lo sfrut­ta­mento dei popoli per­ché il capi­ta­li­smo è l’ultima fase e insieme l’apice della società patriar­cale del passato».

Dalla teo­ria alla pra­tica. Rojava, appro­fit­tando del caos pro­dotto dalla guerra civile siriana, ha messo in piedi negli ultimi tre anni un espe­ri­mento poli­tico senza pre­ce­denti. Un espe­ri­mento in cui le donne kurde sono pila­stro: «I media si sono accorti della resi­stenza curda nella regione e in par­ti­co­lare del ruolo delle donne – ci spiega Dilar Dirik, ricer­ca­trice curda all’Università di Cam­bridge – Li ha stu­piti che donne, che con­si­de­ra­vano pro­ve­nire da società patriar­cali e con­ser­va­trici, abbiano imbrac­ciato le armi con­tro l’Isis. Ma si con­ti­nua ad igno­rare il con­te­sto, il pro­cesso poli­tico ed ideo­lo­gico che non si ferma alla lotta armata».

Il pro­cesso è quello che ha con­dotto alla nascita di un con­fe­de­ra­li­smo demo­cra­tico, can­toni auto­nomi basati su prin­cipi ideo­lo­gici pre­cisi: demo­cra­zia dal basso gestita da con­si­gli locali e popo­lari che rap­pre­sen­tino tutte le etnie pre­senti, copre­si­denza nei con­si­gli e nelle coo­pe­ra­tive di donne e uomini, ugua­glianza di genere, eco­lo­gia, coe­si­stenza etnica, eco­no­mia coo­pe­ra­tiva. Un’alternativa che oggi fa temere alla vicina Tur­chia un pos­si­bile con­ta­gio. Kobane è un peri­colo per lo sta­tus quo di certi Stati-nazione, per­ché pro­spet­tiva alter­na­tiva all’oppressione del potere costituito.

«All’inizio del 2014, è stata dichia­rata la nascita di tre can­toni auto­nomi nel Rojava, spec­chio di una vera rivo­lu­zione sociale – pro­se­gue la Dirik – Nono­stante la mar­gi­na­liz­za­zione poli­tica, eco­no­mica e diplo­ma­tica impo­sta a livello glo­bale e regio­nale (i kurdi non sono stati invi­tati a Gine­vra II), si va avanti con l’autogoverno dal basso, laico. Con un sistema che pre­vede la rap­pre­sen­tanza di genere a tutti i livelli, la crea­zione di unità di difesa delle donne, uni­ver­sità delle donne, la loro inclu­sione nel sistema eco­no­mico. È ovvio che Rojava è un tar­get anche per lo Stato Isla­mico che ha dichia­rato guerra alle donne: rapi­menti, matri­moni for­zati, stu­pri, ven­dite al mer­cato degli schiavi, stru­men­ta­liz­za­zione della reli­gione e del con­cetto di onore».

«L’ideologia fasci­sta e scio­vi­ni­sta dello Stato Isla­mico non solo stru­men­ta­lizza la reli­gione per imporre la pro­pria ege­mo­nia, ma radi­ca­lizza ed estre­miz­zata il sistema strut­tu­rale di vio­lenza che nel resto del mondo opprime le donne. Sep­pur rap­pre­sen­tato come movi­mento arre­trato, uti­lizza molti degli stru­menti patriar­cali dello Stato-nazione. Le donne kurde spa­ven­tano l’Isis non per­ché equi­pag­giate a livello mili­tare, ma per­ché la loro ideo­lo­gia sfida le basi stesse dello Stato Islamico».

Ma Rojava e il suo socia­li­smo moderno non sfi­dano solo il califfo al-Baghdadi. Sfi­dano le basi del capi­ta­li­smo moderno, dello Stato-nazione fon­dato su dise­gua­glianze strut­tu­rali e dello stesso Kur­di­stan filo-statunitense ira­cheno di Bar­zani. Una sfida che hanno messo in piedi negli anni del caos siriano, cer­cando di farsi strada nella crisi di Dama­sco e l’incapacità delle sue oppo­si­zioni, mode­rate e isla­mi­ste, di gene­rare alter­na­tive credibili.

Fin dall’indipendenza siriana dalla Fran­cia, la comu­nità kurda non è mai stata real­mente inte­grata nello Stato, ritro­van­dosi nel 2012 fuori dallo schema della guerra civile. Né con le oppo­si­zioni, a cui le Unità di pro­te­zione popo­lare (le Ypg) e il Par­tito di Unione Demo­cra­tica (Pyd) non hanno mai ade­rito e anzi hanno com­bat­tuto, né con Assad e il par­tito Baath da cui hanno otte­nuto ben poco rico­no­sci­mento nei decenni pre­ce­denti. A par­tire dai diritti nazio­nali, sociali, cul­tu­rali e poli­tici, secondo uno schema che Salih Muslim, co-presidente del Pyd defi­ni­sce «poli­tica di de-identificazione» volta ad infi­lare la comu­nità kurda nel mel­ting pot del nazio­na­li­smo arabo spon­so­riz­zato da Damasco.

(Il manfesto)


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Re: Stato curdo ed emancipazione

Messaggioda franz il 19/10/2014, 16:10

(Il manfesto) ha scritto:Siria. A Rojava in atto l'esperimento democratico kurdo: uguaglianza di genere e democrazia dal basso minacciano lo Stato Islamico e il capitalismo moderno

E vuoi che al Manifesto, un quotidiano attorno a cui come noto si raccolgono miliardi di entusiasti e fedeli aderenti, non ne approfittavano per legare ISIS e capitalismo (moderno ed antico, pari sono?) stumentalizzando l'impegno delle coraggiose donne curde dei peshmerga, che nulla c'entrano con i guerriglieri comunisti del PKK (anche se i comunisti di ogni dove cercano di farvelo intendere)?



Piccola guida alle milizie curde (si fa presto a dire “peshmerga”)
Chi sono i peshmerga? Dov'è il Rojava? I curdi turchi del Pkk che ruolo hanno nella guerra all'Isis? Un po' di risposte per evitare la confusione

Se ne sentono tante, in questi giorni, sulle milizie curde in guerra contro lo Stato islamico. E c’è tanta confusione. “Peshmerga” viene usato spesso come sinonimo di guerriglieri curdi. Sbagliato. Oppure, oggi, si leggeva di manifestanti «curdi siriani del Pkk» davanti al parlamento italiano. Sbagliato, anche questo. Il collettivo Wu Ming ha pubblicato una lunghissima e documentata ricostruzione (leggi: https://storify.com/wu_ming_foundt/per- ... il-ruolo-d )sul ruolo dei curdi nella guerra allo Stato islamico. Proviamo qui a fare un po’ di chiarezza – in modo sintetico – sui termini che si leggono sulla stampa.

Immagine

I peshmerga e l’America. È una parola curda che vuol dire “coloro che affrontano la morte”. La comparsa dei guerriglieri peshmerga risale alla caduta dell’impero ottomano, ma oggi il termine viene usato soprattutto per indicare le forze armate del governo regionale del Kurdistan iracheno. È su di loro che sta facendo affidamento l’America.

I legami tra Stati Uniti e curdi iracheni sono solidi, risalgono al 1991. Alla fine della guerra del Golfo, i peshmerga provarono a conquistarsi con le armi l’indipendenza dall’Iraq di Saddam Hussein. Il raìs di Bagdad sedò la ribellione con la forza, anche facendo ricorso ad armi chimiche. Il presidente americano George H.W. Bush decise di intervenire imponendo una no-fly zone sul nord dell’Iraq, ma senza spingersi oltre. Come conseguenza Hussein invitò uno dei leader curdi, Masoud Barzani, nella capitale. I due strinsero un accordo per l’autogoverno del Kurdistan. Nasce lì il legame tra America e Kurdistan iracheno: a Erbil gli Stati Uniti hanno un consolato, una presenza militare, una stazione dei servizi di intelligence. Un legame rinsaldato ai tempi dell’invasione dell’Iraq nel 2003: gli americani, in cambio di aiuto militare, offrirono ai curdi iracheni un’ampia autonomia.

Si combatte nel Kurdistan iracheno? I peshmerga sono oggi impegnati nella guerra contro l’Isis. Ma quella guerra, in massima parte, non la si combatte dentro i confini amministrativi del Kurdistan iracheno. La maggior parte degli scontri sono in aree esterne alla regione autonoma, ma che l’amministrazione di Erbil vorrebbe annettere in virtù della loro appartenenza “storica” al Kurdistan. Città come Kirkuk o Niniveh sono contese da anni tra il governo curdo di Erbil e quello iracheno di Bagdad. Ora i peshmerga si contendono quelle aree con lo Stato islamico. Se dovessero riuscire a conquistarle e a sconfiggere l’Isis, è realistico pensare che le restituiscano a Bagdad?

La guerra nel Kurdistan siriano. La guerra è invece penetrata a fondo nel Kurdistan siriano, o Rojava, la regione della Siria a maggioranza curda. Dall’inizio della rivolta contro Bashar al Assad, i curdi siriani hanno giocato un ruolo ambiguo. Le milizie curde siriane sono note con la sigla Ypg, che sta per Unità di protezione del popolo (Yekîneyên Parastina Gel). Più che prendere parte – con Assad o coi ribelli – hanno pensato a mettere in sicurezza la “loro” regione, sognando l’autonomia o l’indipendenza. Si sono scontrati a volte con l’esercito regolare siriano, altre volte con le milizie ribelli. L’ascesa dello Stato islamico ha scombinato le carte. Dall’inizio del 2014 gli scontri tra Isis e Ypg si sono fatti più frequenti. E oggi l’Isis sta assediando la città curdo-siriana di Kobane (Ain al Arab, in arabo). Ma i rapporti tra Ypg e Stati Uniti sono molto più complicati di quelli tra l’America e i peshmerga.

La Turchia vuole salvare i curdi siriani? Come la mettiamo col Pkk? I curdi siriani delle Ypg sono legati al Partito dei lavoratori curdi di Abdullah Ocalan, il Pkk attivo in Turchia. Il Pkk ha avuto un ruolo decisivo, affianco ai “cugini” siriani, nella guerra all’Isis. Tanto il Pkk quanto le Ypg hanno una base ideologica di matrice non solo nazionalista, ma socialista, o socialista e libertaria. Il Pkk è considerato dagli Stati Uniti e dalla Turchia un’organizzazione terroristica. Il governo turco è stato impegnato per decenni in una vera e propria guerra contro il Pkk. I tentativi di trovare un accordo sono in corso, ma non hanno ancora portato a una soluzione. Ora la Turchia sta inviando soldati al confine col Rojava, per “proteggere i curdi” dall’offensiva dell’Isis ed evitare un “genocidio” a Kobane. È possibile che la Turchia combatta fianco a fianco con le Ypg, alleate del Pkk suo nemico? Se davvero i soldati turchi entreranno in Siria, Ankara dovrà stringere un accordo con i curdi siriani e forse anche coi curdi turchi. Oppure affrontare il rischio di un nuovo conflitto, dopo quello con l’Isis. Qualunque sia l’esito della guerra, la questione curda è destinata a una nuova centralità.

Fonte: http://www.europaquotidiano.it/2014/10/ ... peshmerga/



PS: non confondete quindi peshmerga e PKK. Sono cose diverse e risulta che in passato si sono anche combattuti.
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Re: IS: la Turchia da che parte sta?

Messaggioda flaviomob il 19/10/2014, 16:24

IL Pkk non è un partito di "comunisti guerriglieri", ma il partito dei lavoratori curdi.

Il fatto che sia inserito in una lista nera su pressione degli USA e della Turchia non significa che non siano in atto cambiamenti positivi e trattative. Sulla lista nera dovrebbe comparire anche la Turchia per le ripetute, illiberali, violente negazioni dei diritti dei Curdi sul suo territorio, almeno per quanto riguarda il passato, comprese persecuzioni, discriminazioni, incarcerazioni immotivate, divieto di utilizzare la lingua curda in pubblico. Ora pare che sia in corso un dialogo, da un paio di anni.

Dallo stesso sito di Wu Ming postato da Franz qui sopra:

Durante la sua lunga incarcerazione sull'isola di İmralı, Öcalan ha approfondito lo studio del pensiero libertario, ecologista e municipalista, confrontandosi in particolare con le teorie dell'anarchico americano Murray Bookchin (1921 - 2006). Ne è derivata una "svolta" teorica del movimento, che oggi non aspira più a costruire uno stato-nazione curdo ma ad allargare zone di autonomia e autogoverno. Il nome dato a quest'impostazione è "confederalismo democratico".


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Re: IS: la Turchia da che parte sta?

Messaggioda franz il 19/10/2014, 16:48

flaviomob ha scritto:IL Pkk non è un partito di "comunisti guerriglieri", ma il partito dei lavoratori curdi.

Per autodefinizione. In realtà è un partito anarco comunista armato.
Se poi ora, grazie all'incarcerazione. Ocalan ha cambiato idea. meglio.
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Re: IS: la Turchia da che parte sta?

Messaggioda mauri il 20/10/2014, 14:27

era l'ora, ma se hanno aperto un corridorio bisognerà vedere a quele prezzo, ma almeno ora lo stato islamico sarà costretto a fermarsi grazie al coraggio del popolo curdo
ciao mauri

http://www.repubblica.it/esteri/2014/10 ... ef=HREC1-1
Is: Usa lanciano armi a curdi di Kobane. Turchia concede transito a Peshmerga iracheni

È la prima volta che l'America lancia materiale ai combattenti. Ankara dà ok al passaggio di Unità di protezione del popolo curde verso la città assediata. Wsj: "Stato islamico arruola 12enni"
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Re: IS: la Turchia da che parte sta?

Messaggioda pianogrande il 21/10/2014, 9:56

Il popolo curdo non è l'invenzione di qualche partito politico opportunista.

Il popolo curdo esiste davvero e ce lo sta dimostrando.

Gli auguro che questa occasione storica li porti ad avere uno stato curdo indipendente.

Se lo stanno guadagnando.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: IS: la Turchia da che parte sta?

Messaggioda flaviomob il 21/10/2014, 19:59

Per la cronaca:
the government of Switzerland has explicitly rejected Turkish demands to blacklist the PKK,[147] though it has taken its own measures to monitor and restrict the group's activities on Swiss soil, including banning the collection of funds for the group in November 2008

http://en.wikipedia.org/wiki/Kurdistan_Workers%27_Party


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Re: IS: la Turchia da che parte sta?

Messaggioda mauri il 21/11/2014, 17:27

è passato un mese e non si sa più nulla, almeno in italia, la notizia non vende più ma i curdi continuano a resistere
ciao mauri

http://www.ilsussidiario.net/News/Ester ... na/557043/
ISIS/ Dalla Danimarca a Kobane contro i tagliagole, l'orgoglio (e la rabbia) di Joanna
Joanna Palani ha vent’anni. E’ bella, capelli lunghi, nerissimi, sopracciglia arcuate, perfette, e sorride. Lo stesso contagioso sorriso di chi afferra la vita, sulla copertina di facebook, e nella foto in cui, giubbotto antiproiettile e colori militari, imbraccia il mitra con a fianco i suoi commilitoni. Non è una delle tante donne impiegate dall’Isis, quelle hanno il volto e il corpo coperto, non mostrano fattezze e sorrisi. Joanna sta dall’altra parte, quella dei curdi.
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