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La Palestina riconosciuta dalla Svezia

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

La Palestina riconosciuta dalla Svezia

Messaggioda flaviomob il 04/10/2014, 14:38

Svezia riconosce lo Stato di Palestina. Usa: “Decisione prematura”
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04 ott 2014
by Redazione

Stoccolma è il primo paese a compiere tale passo da membro della Ue. Critiche da Bruxelles e Washington contro il nuovo piano di espansione coloniale israeliana a Gerusalemme Est. Netanyahu replica stizzito.

dalla redazione

Gerusalemme, 4 ottobre 2014, Nena News – La Svezia ha riconosciuto lo Stato di Palestina. Lo ha annunciato ieri il primo ministro Stefan Loefven, provocando la reazione di Stati Uniti e Israele. “Il conflitto tra Israele e Palestina può essere risolto solo con la soluzione a due Stati, negoziata secondo i dettami del diritto internazionale – ha detto il premier svedese – Una soluzione a due Stati richiede il riconoscimento reciproco e la volontà di una convivenza pacifica. Per questo la Svezia riconosce lo Stato di Palestina”.

Stoccolma si va così ad unire ai 134 paesi del mondo che hanno già riconosciuto l’esistenza di uno Stato palestinese, ma è il primo in Europa occidentale a compiere un simile passo da membro della Ue. Polonia, Slovacchia e Ungheria avevano già riconosciuto lo Stato di Palestina, ma prima di entrare a far parte dei 28 membri dell’Unione Europea. Immediata è stata la reazione della Casa Bianca che ha subito definito “prematura” la decisione svedese: “Riteniamo che il riconoscimento internazionale di uno Stato palestinese sia prematura – ha detto la portavoce del Dipartimento di Stato, Jen Psaki – Noi certamente sosteniamo il diritto palestinese allo Stato, ma questo può arrivare solo attraverso un negoziato, una risoluzione delle questioni finali e il riconoscimento reciproco da entrambe le parti”.

E questo, ovviamente, sul terreno non esiste. Di quali negoziati parli la comunità internazionale, agli occhi dei palestinesi, resta un mistero. L’ultimo round sponsorizzato dal segretario di Stato Kerry nel luglio 2013 è miseramente naufragato la scorsa primavera per la palese mancanza di volontà di Tel Aviv di fare la benché minima concessione. Il punto resta questo: perché Israele dovrebbe fare concessioni, dovrebbe cedere privilegi, se non costretto dalla comunità internazionale? Fino a quando l’occupazione della Palestina sarà conveniente, Tel Aviv non farà alcun passo indietro.

Israele non ha mai voluto permettere la nascita di uno Stato palestinese, coprendosi con vent’anni di negoziati vuoti. Lo dimostra l’espansione coloniale, mai fermatisi, anzi, incrementata a dismisura dopo gli accordi di Oslo del 1993 e giunta solo pochi giorni fa all’ennesimo risultato: 2.610 case per nuovi coloni nell’insediamento di Givat Hamatos, nella Gerusalemme occupata, ulteriore schiaffo in faccia alla comunità internazionale.

Lo ripetevano i primi leader dello Stato ebraico negli anni ’50: i confini di Israele arrivano dove l’ultimo albero sarà piantato. E questo resta l’obiettivo: espandere il controllo del territorio fin quanto possibile, relegando la popolazione palestinese in spazi minimi completamente scollegati tra loro. Per questo a Israele l’attuale status quo fa comodo, ogni sua modifica provocherebbe una destabilizzazione del progetto sionista.

Ovviamente non sono mancate le critiche statunitensi ed europee al nuovo piano di costruzione nei Territori Occupati. Di nuovo, tante parole a cui non seguono fatti. Ieri Bruxelles ha definito il piano di espansione coloniale a Gerusalemme Est “altamente pericoloso” per gli sforzi diplomatici e ha chiesto ad Israele “un cambio di marcia immediato”: “Rappresenta un ulteriore grave pericolo che mina le prospettive di una soluzione a due Stati e fa sorgere dubbi sull’impegno israeliano a negoziati di pace con i palestinesi”.

Critiche sono arrivate anche da Washington. Il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, ha avvertito Israele: passi unilaterali simili “allontanano Tel Aviv dai suoi più stretti alleati”. Il premier israeliano Netanyahu non ha fatto passare che poche ore prima di reagire alle critiche Usa: “Che si studino i dettagli prima di rilasciare dichiarazioni”, ha risposto uno stizzito Netanyahu alla radio pubblica israeliana. Il ministro della Casa Ariel aveva detto poco prima che mille case di quelle previste andrebbero “agli arabi”, senza fornire dettagli. Ma secondo il gruppo israeliano per i diritti umani, Peace Now, è estremamente improbabile che il governo autorizzerà palestinesi ad acquistare case nella colonia di Givat Hamatos: “L’esperienza ci insegna che a Gerusalemme Est si costruisce solo per gli israeliani. Delle 55mila unità abitative costruite dal governo nei quartieri di Gerusalemme Est nessuna è stata venduta a palestinesi”. Nena News


- See more at: http://nena-news.it/la-svezia-riconosce ... HZgK2.dpuf


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Re: La Palestina riconosciuta dalla Svezia

Messaggioda pianogrande il 04/10/2014, 22:10

Probabilmente, anche le critiche a Israele sono "premature".
Sarebbe meglio aspettare che le costruzioni fossero costruite e che gli abitanti le abitino.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: La Palestina riconosciuta dalla Svezia

Messaggioda flaviomob il 05/11/2014, 23:41

Kuwait to boycott 50 companies over role in illegal Israeli settlements

Posted on October 27, 2014 by Palestinian BDS National Committee


The government of Kuwait has announced that it will not deal with 50 companies due to their role in illegal Israeli settlements in the occupied Palestinian territory in a move being welcomed by campaigners as a landmark success for the Boycott, Divestment and Sanctions (BDS) movement.

The blacklisted companies include some of the top corporate targets of the BDS movement, such as Volvo, Heidelberg Cement, Dexia, Pizzarotti, Alstom as well as Veolia. Veolia was recently excluded from a $750m contract, and “all future contracts,” by Kuwaiti authorities over its role in the illegal Jerusalem Light Rail project and other projects that serve illegal Israeli settlements.

The blacklisted companies are expected to be excluded from contracts worth billions of dollars, especially if other Arab countries take similar steps.

According to media reports, the Kuwaiti Ministry of Commerce and Industry is also investigating the Kuwaiti operations of G4S, the British security company that secures Israeli military checkpoints and colonies and helps Israel run prisons at which Palestinian political prisoners are tortured, with a view to cancelling its license to operate if it does not terminate its participation in Israeli violations of international law.

Zaid Shuaibi, a spokesperson for the Palestinian BDS National Committee, the largest coalition of Palestinian trade unions, parties, NGOs and popular committees that leads the global BDS movement, said:

“This landmark decision means that international companies will now pay an even heavier price for participating in Israeli violations of international law.

“As European banks and pension funds continue to divest from Israel’s occupation and companies such as Veolia and G4S lose billions of dollars as a result of sustained, effective grassroots campaigning, many firms will now be wondering whether supporting Israel’s regime of occupation, colonialism and apartheid is good for business,” said Shuaibi.
Many European governments have taken steps to discourage firms from having economic links to the Israeli occupation of Gaza and the West Bank, including East Jerusalem, but this is the first time a government has decided to boycott international companies over their role in illegal Israeli settlements.

The Kuwaiti move, which follows lobbying by the Palestinian BDS National Committee and its partners in Kuwait, implements a decision of the Organization of Islamic Cooperation (OIC), taken at a summit of foreign ministers at the height of the Israeli massacre in Gaza in August, to “impose political and economic sanctions on Israel, and boycott the corporations that operate in the colonial settlements built on occupied Palestinian territory.”

The Arab Summit of 2006 in Khartoum unanimously called for punitive measures against the companies, including Veolia and Alstom, involved in Israel’s colonization of Jerusalem.

The BNC has been working closely with BDS Kuwait since 2010 on advocating for accountability measures against international corporations that are complicit in Israel’s violations of international law and Palestinian rights.

Omar Barghouti, a co-founder of the BDS movement and a member of the BNC secretariat, commented on this unprecedented BDS victory saying, “We warmly welcome this important decision in support of the Palestinian struggle for freedom, justice and self determination, and we urge the Kuwaiti government to implement it in full, including by cancelling any existing contracts with the blacklisted companies, as well as others that are also complicit, and ensuring that state money is not invested in any company, such as G4S, that enables Israel’s violations of Palestinian rights and international law.”

“In the wake of Israel’s massacre in Gaza, which was only made possible with the support of international governments and companies, we urge all governments, especially Arab League and OIC members, to impose sanctions on Israel and take action against the complicit corporations that profit from Israel’s occupation and crimes,” added Barghouti.

International companies that participate in Israel’s violations of international law have faced increasing pressure as a result of BDS campaigning in recent years.

Veolia recently announced that it intends to sell off large parts of its business in Israel after boycott campaigns cost the company more than $23bn – not counting Veolia’s latest losses in Kuwait — in lost potential contracts, although the French multinational will still remain involved in the illegal Jerusalem Light Rail Project.

British security giant G4S has pledged to end some aspects of its involvement in torture-ridden Israel’s prison system and checkpoints after trade unions, NGOs, universities and other public bodies cancelled contracts with the company.

The Presbyterian Church (USA) voted in June to divest from Caterpillar, Motorola Solutions, and Hewlett Packard over their role in Israel’s occupation of Palestinian territory.

In January, Dutch pension giant PGGM announced it was divesting from five Israeli banks due to their support for illegal Israeli settlements. In February, it emerged that the sovereign fund of Luxembourg had taken a similar step, excluding nine Israeli banks and firms from its portfolio. In the months that followed, banks and pension funds in Norway, the Netherlands, the US and Denmark made similar announcements.
- See more at: http://www.bdsmovement.net/2014/kuwait- ... 8pVSI.dpuf


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