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Gaza, un altro dramma

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

Gaza, un altro dramma

Messaggioda flaviomob il 18/09/2014, 9:58

http://ilmanifesto.info/gaza-perde-i-suoi-figli/

Gaza perde i suoi figli

—  Michele Giorgio, GAZA, 17.9.2014

Migrazione. La guerra, le distruzioni, la mancanza di lavoro spingono migliaia di palestinesi, in prevalenza giovani, a lasciare la Striscia per tentare di raggiungere l'Italia e l'Europa. Molti sono morti nei naufragi dei giorni scorsi nel Mediterraneo. Reportage da Khuzaa e Bani Suheila
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Una nuova cata­strofe sta emer­gendo dalle mace­rie dei bom­bar­da­menti israe­liani di luglio e ago­sto su Gaza. «La nostra è una vita in pri­gione – spiega Abdel Halim Qudaih, di Khu­zaa, uno dei cen­tri abi­tanti più col­piti dagli attac­chi delle forze armate israe­liane — non c’è lavoro, non ci sono pro­spet­tive per i gio­vani, gli israe­liani ci bom­bar­dano, la nostra casa è stata distrutta a metà. Per i miei figli, tutti lau­reati, l’unica strada è la fuga da Gaza, dall’oppressione, dalla mise­ria, verso paesi che pos­sono offrire un lavoro, la dignità a noi pale­sti­nesi». Abdel Halim elenca i figli: Maa­ta­sem, Ahmad, Amir, Moham­med. Al momento di pro­nun­ciare il nome del quinto, Hamada, si com­muove. Hamada era sui quei bar­coni di migranti che nei giorni scorsi hanno pro­vato a rag­giun­gere le coste ita­liane ma sono finiti in fondo al mare. «Quei disgra­ziati, abbiamo letto, hanno cer­cato di ucci­derlo assieme a tutti gli altri (migranti), hanno spe­ro­nato la sua barca – dice Abdel Halim Qudaih, con la voce rotta dall’emozione, rife­ren­dosi agli sca­fi­sti -, non abbiamo noti­zie di Hamada da una set­ti­mana ma noi spe­riamo ancora».

Pre­gano per i loro figli tante altre fami­glie. I Masri non sanno più nulla di 15 parenti saliti sui bar­coni affon­dati. Oltre 20 sono i dispersi della fami­glia Abu Bakr. Un destino ter­ri­bile quello degli Abu Bakr. A luglio quat­tro dei loro bam­bini furono uccisi dal fuoco della marina mili­tare israe­liana sulla spiag­gia di Gaza city. Le scene di quei pic­coli corpi anne­riti por­tati via dalle ambu­lanze in un estremo e vano ten­ta­tivo di strap­parli alla morte, sono rima­ste impresse per giorni nella mente di milioni di per­sone in tutto il mondo. Ma tanti, troppi, le hanno già dimen­ti­cate, come quelle delle decine di fami­glie di Gaza deci­mate dai bom­bar­da­menti andati avanti per 50 giorni. La Gaza sim­bolo dell’oppressione del popolo pale­sti­nese ora viene guar­data come un ter­ri­to­rio col­pito da un ter­re­moto e non da un mar­tel­la­mento a tap­peto di arti­glie­ria e avia­zione, spe­cie nelle sue zone orien­tali tra­sfor­mate in cumuli di macerie.

A pro­po­sito. L’Anp di Abu Mazen, Israele e l’Onu hanno rag­giunto un accordo per la “rico­stru­zione di Gaza”. Vie­tato il coin­vol­gi­mento di Hamas, pena l’interruzione del “flusso di aiuti”, anche se il movi­mento isla­mico era e resta il governo di fatto nella Stri­scia. Alle Nazioni Unite spet­terà moni­to­rare che l’ingresso dei mate­riali da costru­zione, in modo che non siano usati per “fini mili­tari”. In realtà è un accordo tem­po­ra­neo che per­met­terà l’ingresso a un numero di auto­carri tre volte più alto di quello attuale, però ancora insuf­fi­ciente a garan­tire una rico­stru­zione rapida. Anche a que­sto ritmo ci vor­ranno anni per ridare una casa a circa 100 mila pale­sti­nesi. Lo hanno capito gli abi­tanti di Shu­jayea – il quar­tiere orien­tale di Gaza city distrutto per un 50% dall’esercito israe­liano — che si sono rifiu­tati di rice­vere decine di “case mobili” (2 stanze, gabi­netto e cuci­notto) rega­late dagli Emi­rati. Motivo? Temono di rima­nerci den­tro per anni, come accade ai ter­re­mo­tati in molte parti del mondo. Ma que­sta non è una emer­genza uma­ni­ta­ria, è la con­se­guenza di una offen­siva mili­tare deva­stante e a Sha­jayea come in tutta Gaza con­ti­nuano a chie­dere solu­zioni poli­ti­che vere, la libertà e la fine del blocco israe­liano. Le case mobili andranno tutte a Khuzaa.

Dai cumuli di mace­rie scap­pano i migranti di Gaza. Si fa fatica a defi­nirli migranti i pale­sti­nesi della Stri­scia che a migliaia, pas­sando per l’Egitto, pro­vano ad andare in Europa seguendo flussi migra­tori più con­so­li­dati dall’Egitto e dalla Libia. Pagano tra i 3 e i 4 mila dol­lari, 500 dei quali ser­vono per ungere gli agenti della sicu­rezza egi­ziana che devono garan­tire l’arrivo senza pro­blemi ad Ales­san­dria e altre loca­lità sulla costa Medi­ter­ra­nea. A Khan Yunis, c’è anche un “uffi­cio mobile” (nel senso che ogni giorno è in posto un diverso) di un traf­fi­cante locale di esseri umani. Si passa per i tun­nel sot­ter­ra­nei con il Sinai rico­struiti di recente, o anche in super­fice, se si ottiene il visto, per il valico di Rafah. Infine si tenta di arri­vare in Europa, assieme a siriani ed egi­ziani. E’ un feno­meno nuovo per la gente di Gaza, ma desti­nato a cre­scere, pre­ve­dono tutti. «Non scap­pano solo i più emar­gi­nati – ci dice Sami Ajrami, un gior­na­li­sta – in realtà chi è dispo­sto ad affron­tare il mare spesso ha una lau­rea e alle spalle una fami­glia che ha cer­cato di costruir­gli un futuro. Sono pale­sti­nesi gio­vani, ma non solo, che sognano una vita diversa da quella che hanno sem­pre fatto, che scap­pano da una pri­gione, che non dimen­ti­cano la loro terra ma che ten­tano di cam­biare la loro esi­stenza». A Gaza nes­suno con­danna que­ste per­sone, tanti altri pen­sano di imi­tarle, di ten­tare la fuga verso l’Europa. Non manca però chi fa notare che fug­gire fa il “gioco” dell’occupante israe­liano. Distru­zioni, morti, feriti e man­canza di pro­spet­tive – dicono i più cri­tici — spin­gono i pale­sti­nesi ad abban­do­nare e, di fatto, a rinun­ciare a lot­tare per un futuro diverso per tutta la gente di Gaza e non solo per poche migliaia.

Scap­pano anche donne e bam­bini, intere fami­glie. Tra i pochi super­stiti certi del nau­fra­gio costato la vita a cen­ti­naia di per­sone ci sono pro­prio due donne, una delle quali si chiama Nour Farad, assieme a una bimba e un bimbo. Tutti erano rico­ve­rati all’ospedale di Palermo e stanno bene. Per gli altri le spe­ranze di ritro­varli in vita sono pochis­sime. Non si fa illu­sioni Samir Abu Toa­meh di Bani Suheila. «Non so più nulla di mio figlio Ibra­him – dice ormai ras­se­gnato – so che dif­fi­cil­mente riu­scirò a rive­derlo. Dove avevo mai la testa quando ho con­sen­tito la sua par­tenza? Non dovevo per­met­terlo ma sognavo per lui un’altra vita. Non abbiamo nulla, nes­suno dei miei figli qui a Gaza lavora. Un figlio è andato a Dubai e rie­sce a mala­pena a soste­nersi. Que­sta non è vita, è solo sof­fe­renza». Samir parla e intorno a lui vediamo solo case distrutte, mace­rie, soli­tu­dine, l’abbandono di un mondo che vuole dimen­ti­care Gaza, ancora una volta.


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Re: Gaza, un altro dramma

Messaggioda franz il 18/09/2014, 11:13

A pro­po­sito. L’Anp di Abu Mazen, Israele e l’Onu hanno rag­giunto un accordo per la “rico­stru­zione di Gaza”. Vie­tato il coin­vol­gi­mento di Hamas, pena l’interruzione del “flusso di aiuti”, anche se il movi­mento isla­mico era e resta il governo di fatto nella Stri­scia. Alle Nazioni Unite spet­terà moni­to­rare che l’ingresso dei mate­riali da costru­zione, in modo che non siano usati per “fini mili­tari”.

E ci credo, indipendentemente dal fatto che il materiale possa avere un utilizzo militare, Hamas chiede un "pizzo" che a seconda del genere merceologico va dal 20 al 40%, anche sugli aiuti umanitari che entrano a Gaza. E in questo modo si finanziano (i razzi costano, anche i tunnel).
Giusto dire che Gaza è un immenso carcere ma i carcerieri sono quelli di Hamas.
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Re: Gaza, un altro dramma

Messaggioda flaviomob il 18/09/2014, 12:22

Giusto. E le politiche guerrafondaie e colonialiste di Israele sicuramente incrementeranno ancora il consenso delle formazioni più estreme, come appunto Hamas.


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Re: Gaza, un altro dramma

Messaggioda franz il 18/09/2014, 12:58

flaviomob ha scritto:Giusto. E le politiche guerrafondaie e colonialiste di Israele sicuramente incrementeranno ancora il consenso delle formazioni più estreme, come appunto Hamas.

Ma chi è guerrafondaio, cacchio!?
Se isralele lo fosse veramente non avrebbe certo lasciato gaza ed avrebbe già risolto il problema in modo definitivo appunto con una guerra coloniale. E basta con questa visione ideologica e partigiana del problema palestinese! L'internazionalismo proletario è finito da un pezzo!
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Re: Gaza, un altro dramma

Messaggioda flaviomob il 18/09/2014, 18:58

Prego? e in che modo avrebbe risolto il "problema" in modo "definitivo"?


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Re: Gaza, un altro dramma

Messaggioda franz il 18/09/2014, 20:47

flaviomob ha scritto:Prego? e in che modo avrebbe risolto il "problema" in modo "definitivo"?

Con la potenza militare che Israele ha se fosse veramente "guerrafondaio" gaza non sarebbe piu' un problema.
Il come è semplice. Basta pensare ad una qualsiasi operazione tipo piombo fuso condotta fino alla fine senza tregue.
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Re: Gaza, un altro dramma

Messaggioda flaviomob il 19/09/2014, 1:06

Uno sterminio in piena regola, quindi.


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Re: Gaza, un altro dramma

Messaggioda franz il 19/09/2014, 7:25

flaviomob ha scritto:Uno sterminio in piena regola, quindi.

Beh, un guerrafondaio colonialista ed imperialista che sia veramente tale, di nome edi fatto, lo farebbe, soprattutto se confrontato con avversari male armati. Basta vedere per esempio il numero di morti in tanti altri conflitti nel mondo, dove le vittime si contano a centinaia di migliaia o addirittura milioni.
Quindi se non lo fa non lo è.
Poi naturalmente uno è sempre libero di pensare che lo sia, indipendentemente dal comportamento effettivo, ma è chiaro per me che si tratta di una posizione ideologica "a prescindere".
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Re: Gaza, un altro dramma

Messaggioda flaviomob il 19/09/2014, 9:13

Esiste un punto di equilibrio anche per i guerrafondai. Israele è già abbastanza impopolare (anche fra numerosi opinionisti ebrei sparsi per il globo) così, ha già diverse mozioni contrarie dell'ONU (e una grande quantità sono state bloccate dal veto Usa) e inizia ad avere problemi persino col proprio esercito. I più giovani infatti iniziano a capire che la guerra è un circolo vizioso senza uscita.

___


L’ammutinamento nella Stasi israeliana

19 set 2014

by Redazione

I veterani dell’unità d’elite dell’intelligence hanno preso una decisione storica, dichiarando che non collaboreranno più con l’occupazione [dei territori palestinesi]. Seguendo il loro esempio, forse anche qualche veterano dei servizi di sicurezza dello Shin Bet si farà avanti e racconterà in cosa consiste il proprio lavoro. Articolo di Gideon Levy.


di Gideon Levy-Haaretz

Gerusalemme, 19 settembre 2014, Nena News – I 43 veterani dell’unità d’elite dell’intelligence che hanno dichiarato che non collaboreranno più con l’occupazione hanno portato un doppio contributo alla società israeliana. Come altri obiettori di coscienza, compresi soldati e piloti dell’aeronautica militare, questi membri dell’Unità 8200 sono coraggiosi e morali. Ma il loro rifiuto ha un’ulteriore dimensione, senza precedenti in Israele. Essi hanno inflitto un’altra scalfittura nell’orribile volto dell’occupazione israeliana, più profonda di quelle che l’hanno preceduta, perché coinvolge gli aspetti più oscuri ed abietti della perniciosa routine dell’occupazione. In una società sana, l’azione dei riservisti e la loro denuncia dovrebbe aver scatenato un vero sconvolgimento. Ma in Israele tutti i sistemi di difesa, offesa e propaganda, di ridicolizzazione e di negazione sono stati subito mobilitati con il proposito di seppellire rapidamente questa importante lettera di queste spie-obiettori.

Anche loro sono tra le eccellenze della nostra gioventù, forse i migliori – tanto quanto i piloti. L’Unità 8200, la più numerosa dell’esercito israeliano, sono secondi solo all’aeronautica per la selezione delle reclute. La loro immagine è luminosa, e il loro futuro è garantito: le aziende di alta tecnologia li attendono. Il loro servizio militare non comporta rischi e – come i piloti – non vedono le proprie vittime da vicino. Finora il loro operato è stato quasi privo di scrupoli. Non uccidono, colpiscono o arrestano, fanno lavoro d’ufficio, impiegati di prestigio, il tipo di figli che praticamente tutti i genitori vorrebbero avere. Le loro armi sono la loro intelligenza, il loro computer e altri strumenti sofisticati; il loro bunker è il loro ufficio. Va sottolineato che la maggior parte del loro lavoro è fondamentale e legittimo. E ancora, l’Unità 8200 è la Stasi [famigerati servizi segreti della Germania comunista. N.d.Tr.] israeliana.

A differenza dei servizi di intelligence della Germania est, i suoi emuli israeliani non prendono di mira i cittadini del proprio Stato, ma piuttosto i palestinesi che da questo Stato sono occupati. Gli si può fare qualunque cosa, usando metodi che la Stasi ci avrebbe invidiato. Come la Stasi, non è coinvolta solo nella raccolta di informazioni e nello spionaggio, ma anche nei meccanismi di controllo, estorsione e sfruttamento di un’intera nazione. Questa attività si basa sulla creazione di un enorme esercito di collaboratori ed informatori, reclutati grazie al perfido uso dei loro punti deboli, dei loro bisogni, delle loro malattie e dei loro orientamenti sessuali.

Grazie all’Unità 8200, un’intera nazione è privata del diritto alla privacy. Il grande contributo dei nuovi obiettori è che ce ne abbiano parlato. Nei loro studi di arabo, hanno imparato tutti i modi in cui si dice “omosessuale” in quella lingua – perché gli serve. Gli si chiede di scoprire l’orientamento sessuale, la salute ed i problemi economici di decine di migliaia di individui. Forse c’è un nipote di qualcuno che si trova sulla lista dei terroristi ricercati da Israele, forse un cugino a cui si voglio fare delle domande, che può essere ricattato. Forse accetteranno di parlare di un vicino di casa in cambio di una cura chemioterapica; un rapporto in cambio di un’operazione chirurgica; una spiata in cambio di soldi; qualche informazione in cambio di una notte a Tel Aviv.

Questo abbietto – non c’è altro modo per definirlo- lavoro di raccolta [di informazioni] è realizzato da soldati dell’esercito israeliano, e “ogni madre ebrea dovrebbe saperlo”[citazione di Ben Gurion, padre di Israele. N.D.Tr.]. Raccolgono importanti informazioni per la sicurezza, ma, oltre a questo, anche informazioni politiche e personali, e segnalano le persone da uccidere. Alcuni di loro hanno cercato di parlarne durante il fine settimana, e le stazioni radio e televisive si sono messe a ridere. I commentatori hanno fatto a gara tra loro nella scelta degli aggettivi: “sballato”, “scandaloso”, “insignificante”, “[roba da] marmocchi viziati” e, peggio di tutti, “politicizzati” e “sinistrorsi” – all’unisono, naturalmente. Nessuno è andato in soccorso di un gruppo di persone che, fino a giovedì, erano un motivo di orgoglio. Neppure gli attivisti della comunità LGBT, che sono chiamati impropriamente in causa per ogni commento in merito a lesbiche, gay, bisessuali e transessuali. Sono rimasti in silenzio a proposito della persecuzione ai danni dei loro consimili palestinesi da parte dello Stato, che si vanta del proprio atteggiamento illuminato nei confronti della comunità gay.

Questo è Israele per voi. Finché i membri dell’Unità 8200 sono stati all’altezza del proprio ruolo nell’immonda occupazione, erano considerati giovani uomini e donne con dei principi, ed erano rispettati. Ma appena hanno deciso che ne avevano abbastanza, sono diventati oggetto di scherno e di ostracismo. Il passo che hanno fatto è un evento importante. Seguendo il loro esempio, forse anche alcuni veterani del servizio di sicurezza Shin Bet – l’altro pilastro della Stasi israeliana nei territori [occupati] – si faranno avanti e finalmente diranno quello che fanno sul lavoro. I loro comandanti lo hanno fatto, almeno parzialmente, nel documentario “The gatekeepers – I guardiani di Israele”.

Il sistema militare e dei media schiaccerà rapidamente i 43 obiettori, ma forse non saranno dimenticati. Dalla più profonda oscurità, hanno rotto il silenzio.

(Traduzione di Amedeo Rossi)
- See more at: http://nena-news.it/lammutinamento-nell ... VF4ft.dpuf


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Re: Gaza, un altro dramma

Messaggioda franz il 19/09/2014, 12:55

Guerrafondai azzoppati, quindi?
Della serie "vorrei ma non posso"?
Se così fosse, che differenza ci sarebbe con Hamas, anche loro della serie "vorrei ma non posso"?
Loro, che sparano razzi indiscriminati a migliaia, che a volte colpiscono i loro stessi civili, non sono guerrafondai?
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