l’orrore e la logica di guerra
di ANTONIO FERRARI
Il Medio Oriente in fiamme rischia ora di diventare un inferno. La scoperta che i tre ragazzi israeliani scomparsi sono stati ammazzati con ferocia, probabilmente poco dopo essere stati rapiti, provocherà, anzi sta già provocando una tragica svolta.
Trattenere Israele da una spietata rappresaglia sarà davvero difficile, se non impossibile. E forse per la prima volta da decenni può accadere l’irreparabile. Nel passato, un focolaio di tensione, un conflitto o una guerra regionale azzerava, quantomeno metteva la sordina alle altre crisi dell’area.
Adesso no. Da questo momento non c’è un solo Paese del Medio Oriente che possa ritenersi immune dal contagio della violenza. La feroce esecuzione dei tre giovanissimi ragazzi ebrei, che studiavano in un insediamento vicino a Hebron, può provocare un vero collasso.
Ha ragione chi ritiene che il triplice sequestro e il triplice assassinio sia stato compiuto non soltanto dai nemici della pace, ma da qualcuno che voleva far saltare l’accordo di governo inter-palestinese fra i laici dell’Anp e i fondamentalisti di Hamas. Tuttavia, invece di accusare Israele di aver organizzato una spietata provocazione, accusa che pare decisamente impropria, bisognerebbe domandarsi qual è il ruolo che hanno avuto nella vicenda gruppi o gruppuscoli assai più oltranzisti di Hamas.
È probabile che questa nuova tragedia sia legata alla brutale sfida che i nipotini di Al Qaeda, che la stessa Al Qaeda non riconosce considerandoli «troppo feroci e disumani», stanno portando in tutto il Medio Oriente: dalla martoriata Siria, sconvolta dalla guerra civile, dal Libano, dai sottoscala del fanatismo palestinese e dall’Iraq.
Soprattutto dall’Iraq, che i fanatici dell’Isis (Stato islamico dell’Iraq e del Levante) stanno già trasformando in un califfato. Anzi, nei tanti califfati già proclamati in tutte le regioni del Paese strappate al controllo del potere centrale. In poche settimane, la storia sembra costretta a piangere. È stato distrutto quel che avevano costruito, all’inizio del secolo scorso, i due mediatori, l’inglese Sykes e il francese Picot, spartendosi con freddo cinismo coloniale le spoglie mediorientali dell’impero ottomano in disfacimento.
L’unico passo di oggi, che pareva caricarsi di speranza, e cioè l’accordo inter-palestinese tra i laici e un movimento Hamas che pare diventato più realista di tutti i fanatici che lo contestano, rischia insomma di finire in macerie ancor prima di diventare davvero esecutivo.
È chiaro che tutto questo favorisce anche l’estrema destra israeliana, che sostiene e condiziona il governo di Benjamin Netanyahu, con il rischio di disegnare un ardito schema di opposti estremismi. È chiaro che Netanyahu reagirà duramente all’assassinio dei tre giovanissimi ragazzi ebrei. Non sarà quindi una reazione ponderata, se ben conosciamo l’asprezza, seppur ammantata di astuzia politica, del primo ministro. Il rischio è che, invece di colpire i veri responsabili, si colpisca ancora una volta, indiscriminatamente, la popolazione civile palestinese di Gaza. Magari proprio coloro che sono stanchi di Hamas, degli estremisti islamici più feroci, e vorrebbero solo vivere in pace.
1 luglio 2014 | 09:34
http://www.corriere.it/esteri/14_luglio ... 659d.shtml