QUANDO L’ORSO RUSSO ALZA UNA ZAMPA
L’aspetto più sconfortante della crisi ucraina è che tutto si svolge al contrario. Soprattutto da un punto di vista: oggi tutti parlano alla Russia (Nato, Usa, Unione Europea…) mentre ieri, quando sarebbe stato utile farlo, nessuno apriva bocca.
Soldati russi in Crimea.
Anzi, era considerata ininfluente la più banale delle verità: se un Paese confina con un altro per 1.560 chilometri e da quello dipende per l’energia e per circa un quarto delle attività commerciali, è meglio che il primo non snobbi il secondo. Soprattutto se uno è l’Ucraina e l’altro la Russia, legate da una ragnatela di rapporti etnici, storici e culturali anche più fitti e intricati di quelli economici.
Adesso l’orso russo ha mosso una zampa e le cancellerie fibrillano, dopo aver dato una straordinaria prova di dilettantismo politico e di cinismo. Del primo abbiamo detto. Il cinismo si rivela in queste ore. Gli Usa hanno fomentato la piazza, senza badare alle conseguenze: il comizio pubblico di John McCain con il leader degli ultrà di destra del partito Svoboda ha certificato che il vero interesse della Casa Bianca non era liberare gli ucraini ma colpire il Cremlino. Ora che l’Ucraina avrebbe bisogno di assistenza e appoggio in solido, dov’è finito Obama?
Col cerino acceso in mano sono rimasti i pasticcioni dell’Unione Europea, gli stessi che avevano traccheggiato per dodici anni con il Trattato di associazione per poi gridare allo scandalo di fronte al gran rifiuto di Yanukovich. Ora l’Ucraina ha “le casse vuote”, come ha detto il premier ad interim Yatsenjuk, e si aspetta che qualcuno degli amici di Maidan tappi la falla. La Ue non ha né i soldi né l’energia per farlo, ma chi avrà il coraggio di dirlo agli ucraini? Chi dirà loro che, in fondo, l’unica offerta su piazza era proprio quella russa dei 15 miliardi di euro pronta cassa più 30% di sconto su gas e petrolio?
La Russia non ha certo fatto di meglio, anzi. Anche solo aver pensato che gli ucraini potessero sopportare in eterno un regime inefficiente e corrotto come quello della famiglia Yanukovich dimostra che cinismo e scarso senso della realtà abbondano anche al Cremlino. Ora, però, a dispetto dei passati errori di Putin, l’inerzia della crisi scivola a favore di Mosca.
Come può la piazza di Kiev, che ha rovesciato un regime e rivoltato un Parlamento con le proteste e le molotov, dire che non si può occupare il Parlamento di Sinferopoli, capitale della Crimea? Come può un premier provvisorio, votato all’unanimità da un Parlamento che prima ha dovuto chiedere l’approvazione della piazza ma che intanto ha deciso l’eliminazione dello studio del russo, garantire alcunché alla minoranza russofona, pari a un quarto della popolazione?
Facciamo un’ipotesi: la Crimea, che fino a sessant’anni fa era territorio russo e fu regalata all’Ucraina dall’ucraino Khruscev, decide di tornare a essere Russia. L’esercito ucraino sarebbe pronto a trattenerla con la forza? E se la Russia appoggiasse i separatisti contro il governo di Kiev, la Nato che farebbe? Interverrebbe? E’ questo il grande pasticcio in cui siamo andati a infilarci, nella solita pretesa che storia, economia, geografia e cultura contino meno di qualche slogan.
Pubblicato su Avvenire del 28 febbraio 2014
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Gli scontri a Kiev e la battaglia per l’Ucraina, nel contesto
a cura di Niccolò Locatelli e Alberto de Sanctis
Il fronte filo-russo e la variegata opposizione combattono per il futuro del paese. Questa crisi ha effetti internazionali importanti, soprattutto (ma non solo) su Russia e Unione Europea. Le migliori analisi di Limes sull'argomento.
[Ultimo aggiornamento: 1/3/2014]
Da oltre due mesi, l'Ucraina è spaccata tra i sostenitori dell'ormai ex presidente filo-russo Viktor Yanukovich e una variegata opposizione (in cui ci sono tanto gli europeisti quanto i nazionalisti) che si riunisce in piazza Indipendenza (Maidan Nezhaleznosti), nel centro di Kiev, e nelle altre città del paese. Le manifestazioni di protesta, più volte degenerate in violenti scontri con la polizia, hanno fatto decine di morti.
L'accordo che era stato raggiunto il 21 febbraio per risolvere la crisi non è stato rispettato. Yanukovich è stato rimosso da un voto del parlamento (tecnicamente privo di validità giuridica), è ufficialmente ricercato "per omicidio di massa di cittadini pacifici" ed è andato in Russia, ma si considera ancora il presidente dell'Ucraina. Il capo di Stato ad interim è Olexander Turchynov; il nuovo premier è Arseni Iazeniuk. Entrambi provengono da Unione Pan-Ucraina Patria, il partito dell'ex premier Yulia Tymoshenko, liberata il 22 febbraio.
Particolarmente tesa è la situazione in Crimea, repubblica autonoma la cui popolazione è in maggioranza russa. Nella capitale Sinferopoli è stato occupato il parlamento e rovesciato il governo. Per le strade, sostenitori del nuovo governo ucraino hanno fronteggiato gruppi di filo-russi. Mentre uomini armati non identificati ma riconducibili alla Russia presidiavano gli aeroporti della repubblica, venerdì 28 febbraio il nuovo premier filo-russo della Crimea Sergiy Aksyonov ha ufficialmente richiesto l'aiuto di Putin "per riportare la pace e la calma". Per il 30 marzo è previsto un referendum sull'aumento dell'autonomia.
Si sono divisi anche i tartari, minoranza etnica nella penisola: il Mejlis dei tartari di Crimea (l'assemblea rappresentativa del gruppo etnico) si è espresso in favore delle nuove autorità centrali temendo che il destino della Crimea possa essere separato da quello dell'Ucraina. La maggioranza dei tartari preferisce dichiararsi apolitica o supportare il diritto della regione all'autodeterminazione.
Giorni prima, il Cremlino aveva ordinato una serie di esercitazioni militari nel Distretto militare occidentale che hanno coinvolto circa 150 mila uomini delle Forze di difesa terrestri e aeree, dei reparti corazzati e delle flotte del Nord e Mar Baltico. Si è trattato dell'esercitazione più grande degli ultimi anni, che è arrivata a lambire il confine con l'Ucraina. L'aviazione militare è stata messa in stato di massima allerta.
A Kiev il ministro degli Interni ad interim Arsen Avakov ha annunciato lo scioglimento della Berkut, i reparti di polizia antisommossa responsabili di parte delle violenze nei giorni della protesta, mentre il governo ucraino ha accusato la Russia di "invasione armata" per aver occupato tramite militari privi di segni distintivi gli aeroporti di Sinferopoli e Sebastopoli.
La partita per il futuro dell'Ucraina coinvolge anche protagonisti internazionali - la Russia, l'Unione Europea, financo il Vaticano - e si presta a diverse chiavi di lettura.
Protagonisti nazionali
Per rintracciare le origini della faglia politica e culturale che sta lacerando l'Ucraina è utile fare un salto indietro nel tempo agli episodi che hanno portato alla separazione tra l'elemento nazionale ucraino e quello russo. Oggi, secondo gli ucraini filo-occidentali, la battaglia si combatte per affermare i valori europei e per una società più libera e giusta. Ma le pressioni cui Kiev è sottoposta, da Est e da Ovest, rischiano di celare un'altra lotta per il potere, combattuta dagli oligarchi, che potrebbe plasmare il futuro dell'ex repubblica sovietica.
(Repubblica)
http://temi.repubblica.it/limes/gli-sco ... esto/58230