pianogrande ha scritto:... Provo a riassumere la domanda.
Esiste un meccanismo, un criterio, per stabilire se un diritto è tale in assoluto e vada concesso a prescindere?
La domanda è semplicistica ma la risposta potrebbe essere piuttosto complicata.
Mi sono un po' stufata di questa richiesta di "valori assoluti"; i valori assoluti non esistono, ogni tempo ed ogni società ha i propri valori, finché le situazioni al contorno restano invariate. Ma quando le condizioni variano rapidamente - e mai le variazioni sono state così rapide come negli ultimi decenni - allora le leggi, ed i criteri su ciò che è "diritto" e ciò che non lo è devono adeguarsi di conseguenza.
In una società in cui la mortalità infantile è molto elevata e le aspettative di vita sono generalmente basse, è ovvio che la comunità sia interessata al mantenimento di un alto tasso di natalità. Quindi no all'aborto, sì alla sola famiglia composta da individui di sessi diversi e stabile, quindi non anche al divorzio e ad ogni tipo di unione omosessuale, sì alla donna che si realizza solo con il matrimonio e la maternità.
Quando la mortalità infantile cala drasticamente e l'aspettativa di vita si allunga, il problema è la sovrappopolazione. In queste condizioni il problema diventa il controllo delle nascite. Quindi sì all'aborto ed alla libertà di scelta della donna, sì al riconoscimento dei matrimoni omosessuali.
In questi due casi estremi, la scelta non è tra due diverse etiche nel considerare i diritti delle minoranze, ma tra ciò che, in quelle determinate circostanze, conviene alla società nel suo complesso.
Naturalmente le situazioni non sono mai così chiaramente classificabili, e le situazioni si diversificano in modo molto più sottile. Nei paesi avanzati (e malgrado tutto, l'Italia è fra questi) la mortalità infantile è bassa e l'aspettativa di vita abbastanza lunga. Quando a 50 anni si era anziani e la maggior parte delle persone moriva entro i 70, era possibile pensare ad un matrimonio indissolubile la cui durata poteva essere di una trentina d'anni. Ora che la durata della vita è maggiore, una coppia che riesca a convivere felicemente più di 50 anni rappresenta un'eccezione, ed infatti per fortuna nessuno contesta la possibilità di divorziare. Ci sono alcuni aspetti però del diritto di famiglia che rimangono arcaici e favoriscono l'ultima/o consorte, mentre, fatto salvo il diritto di tutti i figli in modo paritario, i diritti successori tra coniugi dovrebbero essere considerati in modo più moderno.
Ma torniamo al punto, e consideriamo i rapporti tra coppie omosessuali. Chiamiamoli "matrimoni" oppure "riconoscimento delle coppie di fatto", un minimo di riconoscimento ufficiale alle coppie dello stesso sesso è interesse non solo delle persone omosessuali, ma della società nel suo complesso; infatti molti dei comportamenti "discutibili" da parte degli omosessuali, come la promiscuità sessuale, sono spesso più la conseguenza del rifiuto sociale che non una loro libera scelta. Favorire il riconoscimento di coppie dello stesso sesso legalmente e socialmente accettate, da una parte favorirebbe una loro più completa integrazione ed accettazione sociale, mentre dall'altra accorderebbe loro quei diritti minimali di coppia quali l'assistenza in ospedale al proprio caro malato.
Lo stesso discorso si può fare riguardo l'adozione da parte di coppie omosessuali. Se, in una società ancora molto omofobica, qualche problema può presentarsi per un bimbo estraneo ai due membri della coppia dato loro in adozione, pensiamo invece a cosa può accadere ad un bambino figlio legittimo e riconosciuto di uno delle due persone che compongono la coppia omosessuale nel caso che il genitore legittimo venga a mancare. Il bambino, fino a quel giorno vissuto in una situazione familiare stabile col proprio genitore naturale e con il suo partner, se non è stato in qualche modo riconosciuto da entrambi i genitori, potrebbe trovarsi orfano non solo del genitore biologico, ma di entrambi i genitori coi quali ha vissuto fino ad allora, trovandosi all'improvviso privato di tutti i suoi riferimenti affettivi.
L'adozione non è mai un diritto automatico, viene sempre valutata dai giudici tutelari. Il divieto pregiudiziale di adozione alle coppie dello stesso sesso impedisce però pregiudizialmente l'adozione anche in quei casi in cui il vantaggio per il minore appare evidente.
Insomma, in questo come in molti altri casi, il giudizio non può essere legato ad un'etica astratta, ma ad un'etica legata alle situazioni contingenti della società in quel dato momento.
Le chiusure rigide mi sembrano un danno grave, non solo per le minoranze che ne vengono direttamente colpite, ma per la nostra società nel suo complesso.
Annalu