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Caos Siria, Obama rompe gli indugi

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

Re: Caos Siria, Obama rompe gli indugi

Messaggioda trilogy il 03/09/2013, 9:40

franz ha scritto:...Tra l'altro aprirei anche un fronte (apertamente provocatorio) sulla posizione di Hollande.
Questa sinistra francese appare guerrafondaia tanto quanto Sarkò con la Libia ... :o
Per non dire dei conservatori e liberali britannici rispetto all'iterventismo di Blair in Iraq.


I francesi si stanno riposizionando in tutta l'africa e mediterraneo, sia per ragioni politiche che economiche, quali petrolio, appalti per infrastrtture, forniture di armi moderne. E' in quest'ottica che per ridimensionare gl'interessi italiani in Libia organizzarono l'abbattimento di gheddafi assieme agli inglesi. Quando l'insurrezione era sull'orlo della disfatta coinvolsero la comunità internazionale per un intervento diretto. Nell'area hanno combinato un casino con pochi precedenti, infatti i mercenari tuareg di gheddafi, dopo la caduta del regime, si spostarono nel nord del Mali unendosi ai miliziani islamici e puntando alla conquista del paese. Questa situazione ha richiesto nuovamente il supporto europeo e l'intervento diretto dell'esercito francese per evitare la caduta della capitale del Mali.
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Re: Caos Siria, Obama rompe gli indugi

Messaggioda trilogy il 03/09/2013, 9:53

franz ha scritto:....In ogni caso queste misure possono avere successo verso un'economia che esporta ed importa tanto.
E la siria non è uno di questi paesi. L'export è il 6% del PIL, arrotondando per eccesso.
Vedendo poi gli attuali partner commerciali, noi siamo addirittura ininfluenti.
Exports - partners:
Iraq 55.9%, Saudi Arabia 9.3%, Kuwait 6.1%, UAE 5.3%, Lebanon 4.2% (2012)
Imports - partners:
Saudi Arabia 21.2%, UAE 10.4%, Iran 7.7%, China 7%, Iraq 6.3%, Ukraine 6.3%, Egypt 4.3% (2012)


L'embargo ha pochi effetti in queste situazioni, anche perchè da una parte e dall'altra nessuno lo rispetta. I Russi hanno una loro importante base navale nel paese, e in siria ci sono quasi un milione di immigrati russi e ucraini. L'occidente con i paesi sunniti (Quatar, Arabia Saudita, Turchia) appoggia i ribelli. Da questi schieramenti si arriva ai numeri che veramente contano nelle decisioni. Gli affari che USA, Inghilterra, e Francia hanno con i sauditi e il Quatar nel petrolio, armi, aerospazio e finanza. I francesi hanno appena lanciato per il Quatar un nuovo satellite che servirà anche alla TV del paese per espandere la propria influenza.
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Re: Caos Siria, Obama rompe gli indugi

Messaggioda flaviomob il 03/09/2013, 17:47

Intanto l'Italia continua a vendere armi aggirando embarghi e regole...

===
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/09 ... go/694926/

Guerra Siria, Italia aspetta Onu per dare l’appoggio. Ma sottobanco vende armi


Roma che ora caldeggia una soluzione pacifica sotto le insegne delle Nazioni unite, ha contribuito ad armare il regime di Damasco. Come? Da una parte vendendo partite di armi leggere più facili da piazzare e smerciare. Dall'altra facendo affari non direttamente con Assad ma rifornendo i Paesi confinanti: Turchia, Iraq e Israele

di Thomas Mackinson | 2 settembre 2013

Dopo Libia ed Egitto, la Siria. L’Italia che ora, nelle parole del premier Letta e del ministro degli Esteri Bonino, caldeggia una soluzione pacifica sotto le insegne dell’Onu ha contribuito ad armare il regime di Damasco e i ribelli che si fronteggiano da due anni lasciando a terra 90mila vittime. Il contributo italiano è passato sotto traccia perché le forniture non hanno riguardato tanto le armi pesanti come i sistemi di puntamento per i carri russi, che pure abbiamo venduto alla Siria fino al 2009 per oltre 230 milioni di euro. Il meglio, si fa per dire, l’Italia l’ha dato vendendo partite di armi leggere, più facili da piazzare e smerciare ma anche “le più pericolose tra le armi di distruzione di massa”, come ha denunciato Kofi Annan. Siamo tra i primi produttori al mondo. Quante ne abbiamo vendute nella regione del conflitto nei tre anni d’embargo ancora non si sa. Secondo le fonti ufficiali, come le relazioni del governo sull’export, nessuna. Da alcune prove empiriche, su tutte il boom di ordini e fatturati delle aziende italiane verso la regione, la realtà è molto diversa. Ecco come, quanto e perché.

Basta disarmare l’etichetta. E l’embargo è aggirato

I dati ufficiali si riferiscono infatti alle armi ad uso bellico, come prevede la legge 195 del 1990. Per aggirarla, però, basta far passare semiautomatiche, fucili a pompa e relative munizioni come forniture destinate a corpi di polizia e gruppi di sicurezza. La commessa ricade così nella ben più accomodante legge del 1975, che non prevede comunicazioni obbligatorie al Parlamento e consente ai container di uscire dal radar dei controlli e dagli elenchi delle contabilità ufficiali. E’ successo diverse volte, l’ultima nel 2009, in Libia. Nel distretto delle armi di Brescia, quell’anno, si registrò un’exploit da 8 milioni di euro nelle forniture in direzione di Gheddafi. A Roma, Bruxelles e Washington – almeno ufficialmente – nessuno sapeva nulla. Solo il passaggio dei container presso le autorità maltesi e l’insistenza della Rete italiana disarmo permisero di rintracciare gli 11mila “pezzi” marcati Beretta che erano destinati all’esercito ma formalmente richiesti dal colonnello incaricato della pubblica sicurezza di Tripoli. Quale uso ne avrebbe poi fatto il regime libico è storia. Ma la storia si ripete, stavolta a Damasco. Una spia è stata la vendita da parte di Selex al governo siriano di un sistema di controllo delle informazioni. La vicenda è emersa l’anno scorso a seguito di un cablo di Wikileaks. Una nota di Finmeccanica ha poi spiegato che la commessa era precedente l’esplosione delle violenze e il conseguente blocco e quindi l’azienda non si riteneva responsabile se Damasco ne avesse fatto un uso “militarizzato”. Anche i successivi contatti registrati dal cablo a ridosso dell’embargo erano finalizzati solo al recupero dei crediti. Ma l’episodio aprì una breccia sul metodo.

Le esportazioni di armi e munizioni verso i paesi confinanti con la Siria

L’aumento delle esportazioni verso i paesi confinanti con la Siria

L’arte di aggirare gli embarghi prevede poi un’altra opzione: venderle al vicino. L’Europa che ora si mostra scossa dall’uso di gas sui quartieri orientali di Damasco e prepara un intervento militare ha continuato finora a rifornire di armi e munizioni i confini siriani. Lo documentano, questo sì, i rapporti ufficiali dell’Unione europea: la Turchia, ad esempio, è passata da 2,1 milioni di euro di importazioni di armi leggere europee del 2010 agli oltre 7,3 milioni del 2011; Israele da 6,6 milioni a oltre 11 milioni e addirittura l’Iraq da meno di 3,9 milioni a quasi 15 milioni. Il rapporto 2012 non è stato ancora pubblicato, ma diverse relazioni nazionali confermano l’incremento delle esportazioni verso paesi confinanti con la Siria. E l’Italia non fa eccezione. “Abbiamo rilevato una strana e sospetta anomalia nei dati che riguardano i paesi confinanti”, spiega Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente armi leggere e politiche di sicurezza e difesa di Brescia (Opal). La riprova è contenuta nei dati Istat relativi a ordinativi e fatturati del distretto bresciano delle armi negli ultimi tre anni: le forniture verso il Libano sono passate da 145mila euro a 1,2 milioni, quelle verso Cipro da 864mila a 1,1 milioni, verso Israele da 2,3 a 2,5, ma soprattutto verso la Turchia che in quattro anni ha decuplicato gli ordinativi, passando da meno di 1,7 milioni a 36,5. In totale l’area intorno alla Siria è passata dagli 8,2 milioni del 2009 ai 42 milioni del 2012.

Fortissimo il sospetto che siano rifornimenti destinati ad alimentare il conflitto in Siria e su entrambi i fronti, ribelli e regime. “A meno che non si voglia credere che siano di tipo sportivo, per la caccia o per la difesa personale”, accusa Carlo Tombola, coordinatore scientifico di Opal che sollecita un’interrogazione parlamentare sulla vicenda. Perché l’opacità nelle informazioni chiama in causa il governo, le imprese italiane e l’Europa. “È gravissimo – continua l’esperto – che l’Italia, tra i maggiori produttori mondiali di queste armi, continui a comunicare all’Unione europea cifre che non trovano riscontro né nelle relazioni governative inviate al parlamento né nei dati sulle esportazioni di armi forniti dall’Istat”.

Rete italiana disarmo punta il dito contro un sistema di regole che sembra fatto apposta per aiutare industrie spregiudicate, anche partecipate dallo Stato, ad aggirarle. “Le continue esportazioni di armi leggere verso i paesi confinanti con la Siria – dice Francesco Vignarca, coordinatore di Rid – evidenziano che gli stati membri dell’Ue sono ancora lontani dall’applicare le norme che di comune accordo hanno deciso di adottare per promuovere la pace e la sicurezza. Come hanno dimostrato i casi delle forniture di armi alla Libia, all’Egitto e oggi alla Siria, l’inosservanza delle normative comunitarie sull’export di armi finisce con l’alimentare tensioni e conflitti con il conseguente carico di vittime e di profughi”.


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Re: Caos Siria, Obama rompe gli indugi

Messaggioda cardif il 03/09/2013, 19:52

Obama dice che bisogna intervenire perché Assad non rispetta il bando dell'uso delle armi chimiche, e che, se questo bando non viene fatto rispettare, viene meno lo scopo stesso del sistema internazionale creato. Un ragionamento per convincere altri ad intervenire.
Dopo che sono morti in centomila, creano un problema 'etico' e di rispetto dei patti gli altri 300/1.300, perché sono stati uccisi con i gas. Prima gli si vende il gas, poi s'interviene se lo usano. Come motivazione mi pare un po' capziosa. Allora, se si continuava ad uccidere senza gas non c'era motivo d'intervenire?

http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... ad/2214092
Nel potenziamento delle armi chimiche " Il salto di qualità ci sarebbe stato solo pochi anni dopo, grazie all'aiuto di alcune aziende farmaceutiche francesi che hanno esportato materiali "dual use" contenenti il sarin, gas nervino altamente tossico che colpisce il sistema nervoso: sarebbe quello sparato sulla popolazione di Ghouta. Nella tenacia con cui il presidente Hollande si è posto in prima fila tra gli interventisti conta forse la cattiva coscienza? Non solo Parigi, tuttavia, anche la Germania (allora Ovest) è responsabile della proliferazione, così come alcuni paesi inseriti tra gli Stati canaglia come la Corea del Nord e l'Iran. Il tutto mediato da società di brokeraggio attive in Olanda, Svizzera, Austria oltre che nelle già citate Francia e Germania."
E poi ci sono pure Russia e Cina che hanno contribuito ad armare la Siria.
La Siria avrebbe "... VX, altro gas nervino classificato dall'Onu come "arma di distruzione di massa" e che abbia la capacità di stoccare «alcune centinaia di tonnellate di agenti chimici l'anno». Fino a un totale (stima del ministero della Difesa indiano) di mille tonnellate, conservate in circa 50 città, quasi tutte nel nord del Paese e dunque vicino al confine turco. Dettaglio che spiega l'attivismo di Ankara tra coloro che spingono per l'opzione militare."
La Turchia è per l'intervento per propria autodifesa, pare.

Ragioni di convenienza a vedere armi; ragioni d'interesse ad intervenire. L'Italia quale interesse ha?
L'opzione politico-economica può essere perseguita, forse. Non mi pare che l'opzione militare sia l'unica via praticabile.
E se è praticabile l'opzione politico-economica, non ho detto che lo dovremmo fare 'noi' (Italia) da soli; è ovvio che lo deve fare la comunità internazionale.
Comunque non penso che l'Italia debba intervenire solo perché ce lo chiedono gli USA, che casomai lo fanno per gli interessi delle loro forze armate e delle loro industrie belliche, contro il volere della loro stessa popolazione (come per le restrizioni al possesso di armi, che Obama non riesce ad imporre contro la lobby delle armi).
Insomma, non ho idee così chiare da poter decidere l'opzione da perseguire. E del resta mica sta a me farlo. Ma non ha detto nemmeno 'no' e 'no'. Tendenzialmente preferisco una via meno cruenta, questo sì.
DEl resto c'è poca chiarezza e coerenza pure nei due binari: quello umanitario a favore dell'intervento (ma sulla cui utilità è certamente consentito dubitare) e quello dell'interesse economico nel vendere armi.
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: Caos Siria, Obama rompe gli indugi

Messaggioda flaviomob il 04/09/2013, 0:13

http://www.globalist.ch/Detail_News_Dis ... zza-un-po-

Quel gas siriano puzza un po'


L'unico giornalista italiano a raggiungere i dintorni dell'area colpita dai gas, scrive di non aver trovato traccia dell'uso di gas né persone informate dei fatti...

di Gianandrea Gaiani

Il gas sarin attribuito agli arsenali di Bashar Assad (che contano, a seconda delle stime, tra le mille e le 5 mila tonnellate armi chimiche) quante persone ha ucciso nei sobborghi di Damasco? Oltre 1.400 secondo l'intelligence statunitense e quanto riferito dal Segretario di Stato John Kerry, circa 350 secondo Medici senza frontiere che denunciano però 3.500 persone colpite, solo 280 secondo l'intelligence francese.

Gian Micalessin, reporter del Giornale e finora unico giornalista italiano a raggiungere i dintorni dell'area colpita dai gas a Ghouta, scrive oggi dal villaggio di Jobar di non aver trovato traccia dell'uso di gas né persone informate dei fatti accaduti proprio in quella zona.

Sui media di tutto il mondo quasi non si parla d'altro eppure pochi hanno diffuso una notizia che dovrebbe risultare invece di grande interesse per cercare di dipanare la matassa intorno all'impiego del gas nervino il 21 agosto nei sobborghi di Damasco.

Se il reportage di Micalessin è realizzato sul lato del fronte controllato dai lealisti il reportage firmato da Dale Gavlak (che da Amman collabora da anni con l'agenzia Associated Press) e Yahya Ababneh del 29 agosto è stato effettuato dalla parte opposta, intervistando alcuni ribelli siriani appartenenti a gruppi islamisti attivi nel settore di Ghouta che hanno ammesso le loro responsabilità nel massacro di civili del 21 agosto che Washington e parte della comunità internazionale attribuiscono ad Assad.

Pubblicato dal giornale on line Mintpressnews il reportage è stato quasi sistematicamente ignorato dai grandi media nonostante le diverse testimonianze parlino chiaro. I ribelli nascondono in moschee e case private le armi, anche quelle chimiche ricevute dai servizi segreti sauditi e la "fuga di gas" sarebbe da attribuire all'inesperienza dei miliziani a maneggiarle.

Tra le testimonianze raccolte sul campo da Yahya Ababneh, una combattente che si fa chiamare "K" rivela che i miliziani qaedisti di al-Nusrah "non ci hanno detto che quelle erano armi chimiche né come usarle. Non sapevamo che erano armi chimiche, non lo avremmo mai immaginato". Un noto leader dei ribelli di Ghouta, che preferisce farsi chiamare "J" spiega che "i miliziani di Jabhat al-Nusra non cooperano con altri ribelli, se non nei combattimenti. Non condividono informazioni segrete e hanno semplicemente usato alcuni ribelli ordinando loro di trasportare e impiegare quel materiale. Eravamo molto curiosi circa queste armi ma purtroppo alcuni combattenti le hanno gestite in modo improprio facendole esplodere".

Informazioni e testimonianze tutte da verificare ed è naturale dubitare che possa trattarsi di un'operazione organizzata dai servizi segreti di Bashar Assad per scaricare sui qaedisti la responsabilità di quanto è successo. Del gli stessi sospetti e le stesse verifiche riguardano anche le dichiarazioni delle cancellerie dei Paesi in prima linea nel voler attaccare Damasco. Probabile inoltre che, in caso di loro responsabilità diretta, i ribelli qaedisti avessero ricevuto le armi chimiche dai sauditi proprio per creare un incidente a pochi chilometri dall'hotel che ospitava i tecnici dell'Onu esperti in armi chimiche creando così un casus belli.
Ammettendo che il sarin sia stato diffuso per errore o incuria gas i ribelli sono però riusciti in breve tempo a sfruttarlo a fini propagandistici realizzando i video con i quali viene accusato il regime.

Da un lato appare evidente che le forze di Assad non traggono alcun vantaggio politico o militare dall'impiego di armi chimiche contro in ribelli. Gli unici a guadagnarci sarebbero gli insorti che potrebbero proporsi al mondo come vittime delle armi di distruzione di massa invocando l'intervento internazionale anche a "scopo umanitario" in nome del superamento di quella "linea rossa" che Barack Obama aveva tracciato un anno or sono proprio in riferimento agli arsenali chimici siriani. D'altra parte i ribelli hanno già utilizzato armi chimiche uccidendo numerosi soldati lealisti come aveva detto (suscitando scalpore, censure e reazioni) nel maggio scorso alla televisione svizzera il giudice Carla Del Ponte che fa parte del team dell'Onu che si è occupato di questo problema. In giugno invece era stato il premier britannico David Cameron a dire pubblicamente che i qaedisti in Siria cercano di dotarsi di armi chimiche, anticipando di fatto lo scenario fotografato dal reportage pubblicato da Mintpressnews.

In guerra tutto è permesso e non saremo certo noi a sorprenderci o a scandalizzarci per le Info-operations scatenate dai diversi contendenti. In fondo la Nato ha fatto la guerra ai serbi in Kosovo per una strage "costruita", quella della fossa comune di Racak . In Libia abbiamo combattuto Gheddafi sull'onda dello sdegno per immagini che ritraevano un cimitero ma con la scritta sul video che riportava "fosse comuni a Tripoli" e anche in Iraq gli anglo-americani sono entrati nel 2003 col pretesto di neutralizzare armi di distruzione di massa he non furono mai trovate (ma che potrebbero essere state portate proprio in Siria su ordine di Saddam Hussein prima dell'inizio dell'invasione).

Se trovasse conferme la "pista " dei sauditi che consegnano il sarin ai ribelli andrebbero rilette come colossali truffe mediatiche le notizie delle intercettazioni delle comunicazioni militari di Damasco effettuate dall'intelligence statunitense e israeliano nelle quali sarebbero stati registrati gli ordini impartiti dagli ufficiali siriani di impiegare armi chimiche. Un tema sul quale non è infatti mancata la confusione. Le indiscrezioni israeliane filtrate su Debka.com riferivano di lancio di missili a testata chimica, alcune organizzazioni non governative parlarono di proiettili d'artiglieria a carica chimica mentre i ribelli inizialmente avevano dichiarato che il gas era stato lanciato dai jet.

Comprensibile quindi che la Russia , insieme all'Iran sponsor principale di Damasco, dubiti delle prove presentate da Washington. "Quello che ci hanno mostrato in precedenza e più di recente i nostri partner americani, come pure quelli britannici e francesi, non ci convince assolutamente" ha detto il ministro degli Esteri di Mosca, Serghei Lavrov. "Non ci sono ne' mappe geografiche ne' nomi ne' alcuna prova che i campioni siano stati prelevati da professionisti" ha proseguito il ministro "e neppure contenevano alcun commento sul fatto che molti esperti hanno messo in forte dubbio i video che girano su internet". Un chiaro riferimento al fatto che si vedessero molte vittime già composte per la sepoltura e i supposti soccorritori si muovessero tra le persone colpite dal gas senza indossare alcuna protezione.

Se fossero stati davvero i ribelli a creare il "caso sarin" con la complicità saudita per trascinare in guerra gli Stati Uniti diverrebbe più comprensibile l'improvvisa esitazione di Barack Obama sul blitz contro Damasco. Dopo la guerra in Iraq la Casa Bianca non può permettersi un altro passo falso sulle armi di distruzione di massa e Obama non può rischiare la sua (residua) credibilità interna facendosi sgambettare dagli "alleati" sauditi che non gli hanno mai perdonato di aver abbandonato il presidente egiziano Hosni Mubarak lasciando l'Egitto e l'intero Medio Oriente in balìa della "primavera araba". Un problema che Riad ha risolto per il momento (e non certo con l'aiuto statunitense) sostenendo l'intervento dei militari del Cairo che ha rovesciato il governo di Mohamed Morsi e dei fratelli Musulmani.

La spregiudicatezza di Riad e dei suoi servizi segreti guidati dal principe Bandar bin Sultan non desta certo meraviglia. Secondo quanto emerso da fonti di stampa nell'incontro del 31 luglio scorso il principe ha offerto al presidente russo Vladimir Putin un accordo "di cartello" per controllare il mercato mondiale del petrolio e salvaguardare i contratti di gas di Mosca in cambio della fine dell'appoggio russo al regime siriano di Bashar al-Assad. La notizia è stata smentita ufficialmente dal Cremlino ma a farla circolare sono stati ambienti vicini al governo russo. A renderla nota è stato, prima del britannico Telegraph il quotidiano libanese As-Safir, vicino al movimento sciita Hezbollah e a Damasco e ovviamente ostile ai sauditi. Il capo dell'intelligence di Riad avrebbe anche garantito di salvaguardare la base navale russa in Siria (a Tartus) dopo la caduta del regime di Assad.

Di fronte al "niet" di Putin, Bandar avrebbe anche fatto balenare la possibilità di attacchi di terroristi ceceni alle Olimpiadi invernali di Sochi in mancanza di un accordo sulla Siria. "Posso garantirvi di proteggere le Olimpiadi invernali del prossimo anno , i gruppi ceceni che minacciano la sicurezza dei giochi sono controllati da noi" avrebbe detto Bandar. Una minaccia, neppure velata, che sembra più un vanto che un'ammissione di colpa e alla quale Putin pare abbia risposto dicendo che "questo conferma che i nostri due Paesi hanno visioni molto diverse circa la lotta al terrorismo".



Fonte: analisidifesa.it


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Re: Caos Siria, Obama rompe gli indugi

Messaggioda flaviomob il 04/09/2013, 18:27

...
Al proposito, a mo’ di conclusione, a beneficio dei tanti tuttologi che, privi di incertezze, convinti che quello che vedono in tv sia la verità, invitano a “salvare l’onore” dell’Occidente (anche dell’Italia, naturalmente), e ad andare a “punire” il cattivo, rompendo gli indugi, mi permetto di citare una lettera al direttore del Financial Times, ripresa, giustamente, da Internazionale, che l’ha pubblicata col beffardo titolo: Benvenuti in Medio Oriente. Scrive dunque un lettore londinese di origine araba, tale K. N. al Sabah: “Gentile signore, l’Iran appoggia Assad. I paesi del Golfo sono contro Assad! Assad è contro i Fratelli musulmani. Obama e i Fratelli musulmani sono contro il generale Al Sisi. Ma molti stati del Golfo sono a favore di Al Sisi, il che significa che sono contro i Fratelli musulmani. L’Iran è filo Hamas, ma Hamas appoggia i Fratelli musulmani! Obama sostiene i Fratelli musulmani, eppure Hamas è contro gli Stati Uniti. Gli stati del Golfo sono con Stati Uniti. Ma la Turchia è alleata con gli stati del Golfo contro Assad; eppure la Turchia è a favore dei Fratelli musulmani contro il generale Al Sisi. E il generale Al Sisi è appoggiato dai paesi del Golfo. Benvenuti in Medio Oriente e buona giornata”.

http://www.sinistrainrete.info/estero/3 ... dente.html


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Re: Caos Siria, Obama rompe gli indugi

Messaggioda cardif il 04/09/2013, 19:54

A quel caos ci avevo pensato. Bravo Angelo d'Orsi a mettere insieme tutto. Va bè, aggiungo questo:
"Sono immagini di Marines, di soldati, di ufficiali di Marina, perfino qualcuno dei Navi seals, i corpi speciali degli incursori, che postano i loro visi nascosti da cartelli scritti a mano con frasi eloquenti e del tutto inedite per dei militari. "Non sono entrato nell'esercito per uccidere civili di altri paesi: stiamo fuori dalla Siria!". E ancora: "Non mi sono arruolato in Marina per combattere la guerra civile siriana". Infine, un chiarimento che dimostra quanto i soldati siano informati su quello che accade a Damasco: "La maggior parte dei ribelli che combattono in Siria sono di al Qaeda e commettono atrocità contro la popolazione siriana".

http://www.huffingtonpost.it/daniele-ma ... _ref=italy

Sono poche rondini e non fanno primavera, ma nemmeno anime candide, penso.
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Re: Caos Siria, Obama rompe gli indugi

Messaggioda franz il 05/09/2013, 8:21

In rete, sul blog di Attivissimo, ho trovato questo intervento
Fra le molte analisi tecniche che si trovano su internet, ne linko alcune che cercano di gettare luce, mi pare in maniera il più imparziale possibile, sui fatti.
Spero che sia cosa gradita.

Il blog di Nic Jenzen-Jones "The Rogue Adventurer":
http://rogueadventurer.com/2013/08/25/p ... -in-syria/
http://rogueadventurer.com/2013/08/29/a ... launchers/

Il secondo è la versione aggiornata del primo articolo.

Il blog di Elliot Higgins, Brown Moses in internet:
http://brown-moses.blogspot.fr/2013/08/ ... odays.html
http://brown-moses.blogspot.fr/2013/08/ ... ttack.html
http://brown-moses.blogspot.fr/2013/08/ ... -used.html
http://brown-moses.blogspot.fr/2013/08/ ... leged.html
http://brown-moses.blogspot.fr/2013/08/ ... mical.html
http://brown-moses.blogspot.fr/2013/08/ ... ssads.html
http://brown-moses.blogspot.fr/2013/08/ ... ed-to.html

L'analisi di Dan Kaszeta, esperto di armi chimiche (è un pdf):
http://strongpointsecurity.co.uk/site/w ... mascus.pdf

Dalle sue esperienza, tende ad escludere l'utilizzo di sarin o di altri agenti nervini.

Ho letto velocemente l'ultimo e sembra effettivamente un mistero cosa è stato usato.
Puo' essere un qualche agente nuovo oppure un mix di altri.
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Re: Caos Siria, Obama rompe gli indugi

Messaggioda flaviomob il 05/09/2013, 10:07

Ma soprattutto, che senso aveva per Assad ordinare un attacco con armi chimiche il giorno stesso dell'arrivo degli ispettori ONU?


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Re: Caos Siria, Obama rompe gli indugi

Messaggioda trilogy il 05/09/2013, 12:25

franz ha scritto:...L'analisi di Dan Kaszeta, esperto di armi chimiche (è un pdf):
http://strongpointsecurity.co.uk/site/w ... mascus.pdf

...Ho letto velocemente l'ultimo e sembra effettivamente un mistero cosa è stato usato.
Puo' essere un qualche agente nuovo oppure un mix di altri.


Si l'analisi di Kaszeta è molto interessante, soprattutto per il metodo d''analisi, mette in discussione molte ricostruzioni e informazioni apparse sui giornali in questi giorni. Meno convicenti alcuni video, con gente in maglietta che armeggia attorno a presunte testate chimiche, anche se fossero prodotti binari convince poco.


Sempre in tema di analisi delle prove:

Gabriele Crescente
Oltre ogni ragionevole dubbio
4 settembre 2013

Mentre aspettiamo con impazienza il voto del congresso statunitense sull’attacco alla Siria – che secondo Foreign Policy potrebbe rivelarsi assai meno limitato di quanto affermato – possiamo ingannare il tempo ripassando le prove finora fornite sulla responsabilità del governo di Bashar al Assad nell’apparente bombardamento con armi chimiche avvenuto il 21 agosto alla periferia di Damasco, casus belli dell’intervento.

Il governo francese, il più convinto della necessità di punire Assad dato che sembra voler fare a meno dell’autorizzazione del parlamento, è anche l’unico ad aver presentato un rapporto d’intelligence a sostegno della sua tesi. Il punto conclusivo afferma che “nessun gruppo appartenente all’opposizione siriana possiede la capacità di utilizzare questi agenti [chimici]”, quindi l’attacco non può essere stato compiuto se non dall’esercito di Assad. Questo argomento – oltre a escludere a priori la presenza nel teatro siriano di altri attori dotati di tali capacità, che non è ragionevole scartare – è in totale contrapposizione con le dichiarazioni rilasciate a maggio da Carla Dal Ponte, direttrice della commissione d’inchiesta Onu, secondo cui c’erano “sospetti forti e concreti” che i ribelli avessero usato armi chimiche nel conflitto. Secondo Dal Ponte non c’era la “prova incontrovertibile”, ma per gli ispettori Onu evidentemente i ribelli non sono affatto sprovveduti come vengono dipinti a Parigi.

Il governo statunitense invece sembra basarsi soprattutto sulle intercettazioni fornite dall’unità 8200 dell’esercito israeliano, in cui i militari siriani parlerebbero dell’attacco e delle sue conseguenze. Dato che il governo britannico ha ammesso di non disporre di queste informazioni, le conversazioni devono essere sfuggite alle sensibilissime orecchie della base del Gchq – l’equivalente britannico dell’Nsa statunitense, recentemente finito sulle prime pagine per il suo coinvolgimento nello scandalo Prism – sui monti Troodos a Cipro, su cui anche gli Stati Uniti si basano per monitorare la regione mediorientale.

Secondo l’ex ambasciatore britannico Craig Murray, che conosce bene la base avendo diretto la sezione cipriota del Foreign & Commonwealth Office, ci sono solo due spiegazioni: o le conversazioni sono avvenute unicamente tramite linee terrestri che gli agenti israeliani hanno intercettato fisicamente, oppure sono artefatte.

Murray non ha dubbi: la risposta è la seconda. Noi giornalisti invece qualche dubbio dovremmo continuare ad averlo, almeno finché non potremo consultare l’intelligence originale alla base delle prove. Quello sì che sarebbe un passatempo interessante mentre aspettiamo i Tomahawk.

fonte: http://www.internazionale.it/superblog/ ... gionevole/
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