da flaviomob il 09/05/2013, 16:36
Conversazione
Questo avveniva l’anno scorso, fine luglio 2012, a Gerusalemme. Ero in un albergo arabo che si affaccia proprio sul Damascus Gate, un posto ideale per comodità ed accoglienza, soprattutto per una vecchina intrepida come me che viaggia sempre da sola.
Mi stavo intrattenendo col direttore, desideravo chiedergli una opinione sulla situazione palestinese, quando un suo giovane amico, sentendo che venivo dall’europa, iniziò a parlare della sua esperienza europea, in modo molto concitato, emotivo, che poteva essere scambiato addirittura come aggressivo, ma man mano che raccontava io mi rendevo conto che stava male non solo per i ricordi, ma anche per qualcos’altro che lo agitava, Alla mia età comprendo la natura umana. Era chiaro che non aveva nulla contro di me, ma che stava esprimendo un suo forte malessere. Mi raccontò dei suoi tre mesi alla ricerca di lavoro, sempre vana, perché non appena gli eventuali datori di lavoro sentivano che egli proveniva dalla Palestina, lo guardavano con sospetto se non con paura, e lo mandavano via.
Era un fiume in piena, incontenibile. Io riuscii a fargli capire, con qualche sforzo, che ero con lui, che lo comprendevo benissimo, che non ero a Gerusalemme per pregare sul Santo Sepolcro, ma per vedere proprio quel che stava accadendo, che ero stata il giorno prima ad Hebron, e prima ancora a Nablus, e che stavo fotografando tutto per mostrare quel che avevo visto al mio ritorno.
Il ragazzo incominciò man mano a capire che era davanti ad una amica, si scusò, ed io vidi che tremava. Sto male, mi disse, sto malissimo: stamattina ho ricevuto l’ordine di sgombrare casa, la devono demolire, ed ora sto per strada e giro come un pazzo perché non so come dirlo a mia madre e dove portarla.
Avrei voluto abbracciarlo, chiamarlo figlio mio, ma lì queste manifestazioni da una estranea non sono in uso, e quindi mi limitai a dirgli che queste cose mi facevano vergognare di esistere, ma in quel momento entrarono dei clienti, ed il direttore ci disse: basta adesso con la politica, ed io salutai ed andai via.
Quel ragazzo non l’ho più visto, ma mi è rimasto nell’anima, con la sua rabbia impotente, col suo dolore, col suo amore. Che Dio lo benedica.
Daina Dini
"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)