flaviomob ha scritto:In fondo da noi Berlusconi ha sempre perso le elezioni al termine del proprio mandato (o prima), quindi qualche differenza c'è. Idem per il csx. Qualche idea?
Cominciano le rifesssioni sui quotidiani e forse arriva qualche risposta. Io ne pensavo due:
1) l'inflazione galoppante fa errivare molti soldi (ma di valore basso) nelle tasche dei poveri. Questa illusione di ricchezza aiuta i poveri e fa loro capire che politiche di rigore chiuderebbero il rubinetto.
2) il petrolio. In questo anni Chavez ha potuto usare i miliardi di gettito della vendta del petrolio.
Diciamo che berlusconi non ha potuto usufruire di questi "assi nella manica".
Poi la seconda idea si è consolidata leggendo:
CHAVEZ RE GRAZIE ALL'ORO NERO
di OSVALDO MIGOTTO
Lo scenario sembrerebbe quello di un qualsiasi Paese democratico al termine di una competizione politica. I risultati vengono resi pubblici a poche ore dalla chiusura dei seggi dalla commissione elettorale, nessuna contestazione o denuncia di brogli, lo sfidante, Henrique Capriles, leader dell'opposizione venezuelana, telefona al vincitore, il presidente uscente Hugo Chavez, e riconosce la sua sconfitta.
Purtroppo dietro a questa apparente normalità vi è un Paese, il Venezuela, in cui lo scontro politico negli ultimi anni ha raggiunto livelli preoccupanti. Il padre della cosiddetta “rivoluzione bolivariana” ha visto confermarsi per la quarta volta la fiducia della maggioranza dell'elettorato, ma per l'opposizione la via verso il voto di domenica non è stata per nulla facile. Non bastano le urne a conferire legittimità a un determinato sistema politico. Altri elementi altrettanto importanti sono la libertà di espressione, la possibilità di esprimere critiche alla classe dirigente, a questo o a quel politico senza timori di rappresaglie. In Venezuela, però, queste componenti essenziali per un dibattito politico costruttivo non esistono.
Chavez è insofferente alle critiche, anche quando arrivano dai suoi stessi alleati. E per mettere a tacere voci scomode è pronto a usare anche mezzi impropri. Le denunce in tal senso sono giunte in questi anni da dentro e fuori i confini nazionali. Nel rapporto 2012 di Amnesty International si legge tra l'altro: «Difensori dei diritti umani sono stati vittime di minacce e sono state formulate accuse di matrice politica a carico di persone che avevano criticato il Governo». In pratica in Venezuela la separazione dei poteri non è garantita e in molti accusano Chavez di usare il potere iudiziario come arma a disposizione del potere Esecutivo per chiudere la bocca a chi dissente. Lo scorso anno la Corte suprema venezuelana ha contravvenuto a obblighi internazionali vincolanti, ignorando una sentenza della Corte interamericana dei diritti umani che imponeva la revoca del divieto di candidatura per il politico dell'opposizione Leopoldo Lopez.
Se dunque a Chavez vanno riconosciuti gli sforzi compiuti in questi anni per ridurre la povertà nel suo Paese, con piani di sviluppo nel settore sanitario, in quello dell'istruzione e in quello abitativo (questi ultimi casualmente sono stati incrementati con l'avvicinarsi delle elezioni presidenziali), non va dimenticato il rovescio della medaglia. Un presidente dovrebbe governare nell'interesse di tutti i suoi cittadini, e non solo a beneficio del suo bacino elettorale. Dopo il fallito golpe del 2002 nei suoi confronti, l'uomo forte di Caracas ha contribuito a far crescere una pericolosa spaccatura all'interno della società venezuelana: i buoni', quella parte della cittadinanza che lo appoggia ciecamente, e i cattivi', chi ha un reddito al di sopra della media o chi ha una visione politica distinta dalla sua.
E così, per lungo tempo, i membri dell'opposizione sono stati dipinti da Chavez come traditori. La lista di chi nel 2004 aveva votato nel referendum che chiedeva la destituzione di Chavez è stata poi ampiamente usata dall'Esecutivo per intimorire o penalizzare i firmatari della medesima. A ciò va aggiunto che il bilancio di questi 14 anni di Governo «rivoluzionario» non è così brillante per l'ex tenente colonnello dell'esercito venezuelano.
Se da un lato ha contribuito a ridurre la povertà grazie ai generosi proventi dell'oro nero, di cui il Paese è ricco e che negli ultimi anni ha raggiunto prezzi molto elevati, dall'altro ha fatto poco o niente per combattere quella corruzione che tanto aveva criticato nella sua prima campagna elettorale. Fallimentare anche la lotta contro la crescente criminalità che ha fatto di Caracas una delle città più pericolose al mondo e che negli ultimi anni sta dilagando in diverse altre parti del Paese. Domenica Chavez ha incassato il voto di riconoscenza di chi dal regime ha ricevuto generosi sussidi. Ma per il futuro i venezuelani si aspettano di più dal loro presidente.
Lo dicono le urne: il presidente uscente ha battuto il rivale Capriles con un vantaggio di circa 10 punti percentuali, sei anni fa il suo successo alle presidenziali era stato molto più netto, allo sfidante di allora, Manulel Rosales del partito socialdemocratico, aveva infatti dato ben 27 punti di distacco. E se in futuro il prezzo del petrolio dovesse scendere, Chavez perderebbe anche il suo unico e determinante alleato.
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