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Crisi russo-georgiana

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

Crisi russo-georgiana

Messaggioda franz il 26/08/2008, 15:10

L'annuncio del presidente russo scatena la reazione della Georgia: 'E' un'annessione'
Le critiche della comunità internazionale. Festa nelle due Repubbliche separatiste

Medvedev: "La Russia riconosce
Ossezia del Sud e Abkhazia"

Rapporti Nato-Russia sul filo del rasoio. Il generale Nogovitsin
"Potremmo bloccare il transito Nato verso l'Afghanistan"

MOSCA - Il presidente russo Dmitri Medvedev annuncia che Mosca riconosce ufficialmente l'indipendenza dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia e invita gli altri Paesi a fare altrettanto. Immediatamente si scatena la reazione della Georgia che parla di "annessione" e di "riconoscimento senza valore legale". Critiche anche dalla comunità internazionale: Londra, per prima, fa sapere che oppone un "rifiuto categorico"; Washington bolla la decisione del Cremlino come "deprecabile"; Parigi e Berlino parlano di scelta "deplorevole" e "inaccettabile"; la Commissione Ue ribadisce il sostegno all'integrità territoriale di Tbilisi. Intanto, nelle due Repubbliche separatiste esplode la festa. I due presidenti inviano i loro ringraziamenti a Mosca e parlano di "scelta storica".

La rabbia di Tbilisi. "Si tratta di una evidente annessione di quei territori, che sono parte della Georgia". La risposta di Tbilisi è giunta immediata per bocca del viceministro degli esteri Giga Bokeria. Per le strade dell'Ossezia del sud e dell'Abkhazia, invece, la notizia è stata accolta con spari in aria, fuochi d'artificio, bandiere "nazionali" e auguri con lo champagne. Una festa che era già iniziata ieri, dopo l'approvazione del riconoscimento da parte del Parlamento russo.

Il primo passo di Mosca. Dopo il discorso alla nazione trasmesso dalla televisione di Stato, Medvedev ha ordinato al ministero degli Esteri di avviare le trattative per stabilire rapporti diplomatici con Abkhazia e Ossezia del sud. Prime conseguenze anche a livello economico: dopo il riconoscimento delle due repubbliche "ribelli", la borsa russa ha registrato un crollo.

Le critiche degli Usa.
A spiegare come si muoveranno gli Stati Uniti di fronte agli ultimi sviluppi del puzzle caucasico è il segretario di Stato Condoleezza Rice, che ha detto che gli Usa "continueranno a considerare le due regioni come parte dei confini internazionalmente riconosciuti della Georgia". Quindi ha accusato Medvedev di non rispettare gli impegni assunti con l'accordo di cessate il fuoco.

La reazione italiana. "Come temevo il riconoscimento c'è stato". Il ministro degli Esteri Franco Frattini, nell'audizione alla camera sulla crisi georgiana, ha espresso il suo rammarico per "un riconoscimento unilaterale che non ha quadro di legalità internazionale alle spalle". E ha paventato il rischio di una "balcanizzazione" della zona del Caucaso.

Mosca: potremmo chiudere il transito Nato. Continuano sul filo del rasoio i rapporti tra la Russia e l'Allenza. Prima della dichiarazione di Medvedev, il generale Anatoli Nogovitsin, vice capo dello Stato maggiore, aveva minacciato la chiusura del territorio russo al transito militare alla Nato verso l'Afghanistan. "Il nostro comandante supremo in capo (il presidente Dmitri Medvedev, ndr) non ci ha detto di chiuderlo, ha solo chiarito che tale cosa può accadere", ha detto Nogovitsin, secondo cui "le dichiarazioni Usa e di altri paesi ricordano la guerra fredda".

(26 agosto 2008)
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Ultima modifica di franz il 01/09/2008, 9:59, modificato 1 volta in totale.
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Re: Medvedev: "La Russia riconosce Ossezia del Sud e Abkhazia"

Messaggioda franz il 27/08/2008, 9:08

"La nostra scelta inevitabile"
Medvedev scrive all'Occidente

di DMITRI MEDVEDEV

Questa è la lettera inviata ieri mattina dal presidente russo ad alcuni capi di stato e governo, fra cui il presidente degli Stati Uniti George W. Bush, quello francese Nicolas Sarkozy, il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente del consiglio italiano Silvio Berlusconi. Il capo del Cremlino annuncia il riconoscimento dell'indipendenza di Ossezia del Sud e Abkhazia.

Nello spirito delle nostre relazioni di fiducia reciproca desidero informarLa che la Federazione Russa si trova di fronte alla necessità di prendere la decisione difficile - ma l'unica possibile, in queste condizioni - di riconoscere l'indipendenza e la sovranità dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia.
L'aggressione del regime di Mikhail Saakashvili contro l'Ossezia del Sud ha cancellato le vite di molti dei nostri cittadini, compresi i militari che facevano parte del contingente multinazionale per il mantenimento della pace. Avendo dato l'ordine criminale di attaccare l'Ossezia del Sud, Saakashvili contava di realizzare un'operazione lampo e di mettere la comunità internazionale di fronte al fatto compiuto di una "sistemazione" del conflitto tra la Georgia e l'Ossezia del Sud alle condizioni di Tbilisi.

Contemporaneamente, lui stava preparando un'azione militare anche contro l'Abkhazia. Questi piani si sono scontrati con la resistenza dei popoli dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia e sono stati stroncati dalle azioni decisive del rafforzato contingente di pace russo.
Da quando, all'inizio degli anni '90, il presidente georgiano Gamsakhurdia lanciò l'appello per una "Georgia per i georgiani" e abolì gli Stati autonomi dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud, ordinando di prendere d'assalto Sukhumi e Tskhinvali, la Russia fece tutto quanto in suo potere per impedire il genocidio e le pulizie etniche. La Russia, come mediatrice e pacificatrice, voleva arrivare a una soluzione politica dei conflitti. Allo stesso tempo, ci siamo sempre basati sul riconoscimento dell'integrità territoriale della Georgia.

Tuttavia la dirigenza georgiana faceva spesso saltare il processo negoziale rinnegando le intese precedenti. Faceva uso di ingegnose provocazioni politiche e militari violando gravemente il regime stabilito con il sostegno dell'Onu e dell'Osce nelle zone del conflitto. Tutto questo era accompagnato da azioni antirusse, attacchi ai militari del contingente di pace, arresti dei nostri ufficiali e deportazioni dei nostri diplomatici.
Non abbiamo raccolto le provocazioni, abbiamo dimostrato fermezza e pazienza, abbiamo cercato in ogni modo di far rinsavire il regime di Tbilisi, farlo tornare al tavolo delle trattative. Non abbiamo abbandonato questa nostra posizione di principio neanche dopo la proclamazione unilaterale dell'indipendenza del Kosovo.

Ciononostante la dirigenza georgiana non ha potuto e non ha nemmeno voluto apprezzare la nostra linea costruttiva, cadendo sempre più nella febbre militarista. Un ruolo chiaramente distruttivo è stato giocato dai protettori esterni di Saakashvili, che l'hanno aiutato a riarmarsi fino ai denti, favorendo di fatto le sue intenzioni aggressive e rafforzando la sua fiducia nell'impunità.
I nostri insistenti appelli a Tbilisi per la stipula di accordi sull'impegno al non uso della forza in Abkhazia e Ossezia del Sud sono stati respinti dalla dirigenza georgiana e ignorati dall'Unione europea e dalla Nato.
Nella notte dell'8 agosto 2008 Tbilisi ha fatto la sua scelta, iniziando la guerra contro il popolo sudosseto il quale - stando alle dichiarazioni di Saakashvili - è considerato una parte del suo Stato. Con il suo ordine criminale di iniziare la guerra, il presidente georgiano ha cancellato di propria mano tutte le speranze per il ristabilimento dell'integrità territoriale e la coesistenza pacifica di sudosseti, abkhazi e georgiani in un unico Stato. I popoli dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud si sono espressi più volte con referendum a favore dell'indipendenza delle proprie Repubbliche. Ciò che è successo in Ossezia del Sud e si stava pianificando di fare anche in Abkhazia ha fatto traboccare il vaso della pazienza.

In questi giorni i presidenti Bagapsh e Kokojty, sulla base della delibera dei loro Parlamenti, si sono rivolti alla dirigenza russa per la richiesta del riconoscimento della sovranità di Stato dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud. Il consiglio della Federazione e la Duma di Stato in modo unanime si sono espresse a sostegno di questo appello. Questa posizione è condivisa dalla stragrande maggioranza dei nostri cittadini. Basandosi sulla situazione che si è venuta a creare, tenendo conto della volontà espressa dai popoli dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud, attenendosi alle disposizioni dello statuto Onu e alla dichiarazione sui principi e il diritto internazionale riguardanti le relazioni amichevoli tra gli Stati, all'atto finale di Helsinki e agli altri documenti internazionali di parte, è stata presa la decisione del riconoscimento da parte della Federazione Russa dell'indipendenza della Repubblica di Abkhazia e della Repubblica dell'Ossezia del Sud. I rispettivi decreti saranno da me firmati il 26 agosto 2008.

Conto sulla Sua comprensione e sul Suo sostegno.
Inoltre spero che i 6 principi concordati a Mosca il 12 agosto per la sistemazione dei conflitti rimarranno in vigore per quanto riguarda l'adozione delle misure contro la riapertura delle attività militari. A tal fine faremo tutto il necessario, comprese la azioni coordinate con gli osservatori dell'Osce. Siamo pronti a concordare un regime efficace per la zona di sicurezza attorno all'Ossezia del Sud affinché sia posta una barriera contro le provocazioni e i nuovi preparativi militari. Saremo a favore di un ruolo dell'Unione europea in questi sforzi sotto l'egida dell'Osce
.

(27 agosto 2008)
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Re: Medvedev: "La Russia riconosce Ossezia del Sud e Abkhazia"

Messaggioda franz il 27/08/2008, 9:37

Mi ha colpito, nella lettera di Medvedev, il riferimento esplicito e chiaramente propagandistico al "regime di Mikhail Saakashvili". Come se ci si potesse riferire al "regime di Putin" parlando tra capi di stato.
Nel linguaggio della diplomazia - che vorrebbe essere il linguaggio di quella lettera - è ovviamente fuori luogo.
Si tratta quindi solo di una lettera di propaganda, tesa a far passare la Russia e le due repubblche autonome come vittime e la Georgia come carnefice. Cosa che anche la Georgia specularmente fa, passando per aggredita dalla super potenza russa (cosa forse piu' credibile).
Ma non sta a noi credere o non credere. Dovremmo avere informazioni autonome, terze, dalla stampa.
Tuttavia ai giornalisti non è stato permesso di entrare nelle zone calde. Alcuni di loro sono stati uccisi, altri feriti o intimiditi o è stata sequestata loro l'apparecchiatura di ripresa e la macchina.
In questo contesto tutto quello che si sente è il risultato della propaganda, comprese le notizie di falsi soldati gergiani o russi che preparano stragi per addossare la colpa alla controparte (e non si esclude che cose del genere, successe ai tempi di sarajevo, siano accadute ahche in georgia.
Unica fonte affidabile di informazione è data dai militari ONU del contingente di pace che erano nella regione insieme ai Russi. Da una intervista radiofonica è emerso che da mesi cresceva la tensione nella regione ed era evidente che stava per succedere qualche cosa. Non è quindi escluso che sia stato tutto preparato per creare un pretesto ed arrivare alla annessione della Russia delle due provincie.

Altra cosa che mi ha colpito è che Medvedev si mostra quasi incredulo quando afferma che Saakashvili considera le due province una parte della Georgia. Eppure non c'è cartina geografica che mostri una realtà diversa. Lo stato di fatto oggi è questo ed è solo il riconoscimento Russo che rompe questa situazione. Sarebbe come se l'Italia riconoscesse l'autonomia della Corsica.
Interessante poi l'accenno ai non meglio definiti "protettori esterni" della georgia (USA ed Europa).
Come se la Russia non fosse altrettanto "protettrice esterna" delle due province separatiste.

Credo che anche i riferimenti al caso del kossovo ed alla sua riconosciuta autonomia siano pretestuosi.
Nessuna nazione europea ha riconosciuto il kossovo per annetterselo.

Ciao,
Franz
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Re: Medvedev: "La Russia riconosce Ossezia del Sud e Abkhazia"

Messaggioda franz il 27/08/2008, 11:12

Repubblica: la vignetta di ElleKappa

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Russia-Nato, in bilico il passaggio per Kabul

Messaggioda franz il 27/08/2008, 11:15

Russia-Nato, in bilico il passaggio per Kabul

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Afghanistan mappa supporto logistico attraverso la Russia

È sempre più alta la tensione tra Russia e Nato: la rottura della collaborazione militare, ora, potrebbe avere ripercussioni persino sull´Afghanistan. Secondo il quotidiano inglese Times, infatti, la Russia potrebbe sospendere l'accordo che permette alla Nato di far passare rifornimenti attraverso l'Asia centrale. La conferma è arrivata poco più tardi dal generale Anatoli Nogovitsin, vicecapo dello Stato maggiore russo: «Il nostro comandante supremo in capo (il presidente Dmitri Medvedev, ndr) non ci ha detto di chiuderlo. Ha solo chiarito che una tale cosa può accadere perché sono state fatte numerose dichiarazioni dal Pentagono e da altri paesi su possibili sanzioni, come accadde nelle prime fasi della guerra fredda il primo giorno».

L'accordo tra Alleanza Atlantica e Mosca era stato raggiunto ad aprile ed era stato salutato come un primo segnale di disgelo tra la Russia e la Nato dopo le durissime polemiche sull'estensione all'Europa orientale del sistema di difesa missilistica statunitense. Il passaggio attraverso la Russia consente alla Nato di evitare il passo Khyber, molto più rischioso visto che attraversa il confine con il Pakistan.

A irritare Mosca, oltre alle dichiarazioni del Pentagono, sono anche i movimenti delle navi Nato nel Mar Nero: «Allo stato maggiore russo – spiega ancora il generale Nogovitsin – suscita sconcerto l'attività straordinaria della flotta Nato nel settore nord-orientale del Mar Nero».

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Kouchner preoccupato: «La Russia ora pensa a Ucraina e Molda

Messaggioda franz il 27/08/2008, 11:19

Kouchner preoccupato: «La Russia ora pensa a Ucraina e Moldavia»

GUERRA IN CAUCASO
Kouchner preoccupato: «La Russia ora pensa a Ucraina e Moldavia»
Il ministro degli esteri francese: «La situazione è molto pericolosa». La flotta russa nelle acque dell'Abkhazia

PARIGI - La Russia, dopo l'Ossezia del sud e l'Abkhazia, potrebbe avere «altri obiettivi» come «la Crimea, l'Ucraina, la Moldavia». Lo sostiene il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, sottolineando che la situazione «è molto pericolosa». Il responsabile della diplomazia di Parigi, che detiene la presidenza di turno dell'Ue, ha anche ribadito che la Russa agisce «al di fuori della legge internazionale» e che l'Ue «non può accettare queste violazioni del diritto internazionale e di accordi per la sicurezza». «Non possiamo accettare questa violazione di ogni legge internazionale, degli accordi di sicurezza e cooperazione in Europa, delle risoluzioni delle Nazioni Unite, né la conquista, per la prima volta da molto tempo, di un territorio da parte dell’esercito di un Paese vicino - ha dichiarato il titolare del Quai d’Orsay in un’intervista alla radio Europe 1 -. I Ventisette capi di Stato ovviamente reagiranno» al vertice straordinario di lunedì. La Russia «è fuori dalla legalità internazionale - aggiunge - e questa non è solo l’opinione dell’Unione Europea».

LA FLOTTA RUSSA - Intanto un gruppo di navi della flotta russa del Mar Nero, tra cui l'ammiraglia, l'incrociatore portamissili Moskva, è arrivato nelle acque territoriali della regione georgiana indipendentista dell'Abkhazia. Lo riferisce l'agenzia Itar-Tass, citando il comandante della flotta di stanza nella base di Novorossisk, Serghei Miniailo. L'alto ufficiale ha spiegato la presenza dei vascelli con l'obiettivo di «sostenere la pace e la stabilità in Abkhazia e nelle sue acque». «Stiamo controllando le acque territoriali dell'Abkhazia e gli spazi acquei adiacenti, il compito delle navi è quello di non consentire il trasporto di armi», nonchè «svolgere una missione umanitaria», ha detto Miniailo.

SAAKASHVILI - Il presidente della Georgia, Mikheil Saakashvili, ha esortato l'Unione Europea a non restare passiva davanti al riconoscimento delle regioni separatiste georgiane dell'Ossezia del sud e dell'Abkhazia da parte di Mosca. In un'intervista a Bild, il capo dello stato georgiano ha accusato la Russia di «cambiare in modo arbitrario e tramite il ricorso alla violenza le frontiere interne all'Europa». «Se l'Europa lascerà andare le cose in questo modo anche una sola volta, la Russia in futuro tornerà a tentare di rifarlo». Saakashvili ha chiesto quindi che l'Ue nel corso del vertice della prossima settimana dedicato alla crisi del Caucaso manifesti il proprio «chiaro impegno» nei confronti della Georgia. Il capo dello stato di Tblisi ha quindi spiegato perché non potrà essere presente in occasione del vertice Ue: «Se abbandono la Georgia, i russi chiuderanno il nostro spazio aereo e mi impediranno di rientrare nel Paese».

MEDVEDEV - Nel frattempo il presidente russo Dmitri Medvedev ha ribadito la correttezza dell'intervento di Mosca in Georgia, sottolineando il parallelismo con il Kosovo, la provincia balcanica indipendente dalla Serbia da febbraio. «Dopo che l’Occidente ha riconosciuto l’indipendenza del Kosovo, come avrebbe potuto la Russia dire no alle aspirazioni d’indipendenza dell’Abkhazia e dell’Ossezia del sud, considerato anche l’attacco che stavano subendo dalla Georgia?», ha scritto Medvedev al Financial Times, spiegando così le ragioni che martedì lo hanno convinto a riconoscere le due repubbliche indipendentiste caucasiche. «Ignorando gli avvertimenti della Russia, i paesi occidentali hanno fatto a gara per riconoscere l’illegale dichiarazione d’indipendenza dalla Serbia del Kosovo», ricorda Medvedev. «Noi abbiamo argomentato - aggiunge - a ragione che sarebbe stato impossibile, dopo tutto quel che era accaduto, dire agli abkazi e agli osseti (e a decine di altri gruppi nel mondo) che quel che era giusto per gli albanesi kosovari non lo era per loro. Nelle relazioni internazionali non si possono avere delle regole per alcuni e regole diverse per altri». Il presidente russo nell’articolo afferma anche che Mosca ha tentato di persuadere il presidente georgiano Mikhail Saakashvili a firmare un accordo sul non uso della forza, ma il capo dello stato di Tbilisi ha rifiutato. «Abbiamo scoperto il perchè solo nella notte tra il sette e l’otto agosto», con l’attacco all’Ossezia del sud, sostiene Medvedev, per il quale «solo un pazzo avrebbe potuto fare un simile azzardo». La Russia, insomma, per Medvedev è stata costretta a reagire dalla Georgia. «Non avevamo - dice il presidente russo - altre scelte che schiacciare l’attacco per salvare vite. Non è stata una guerra che abbiamo scelto. Non abbiamo piani per il territorio georgiano. Le nostre truppe sono entrate in Georgia per distruggere le basi da cui era stato lanciato l’attacco».

27 agosto 2008
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LE RITORSIONI NON PAGANO

Messaggioda franz il 27/08/2008, 12:07

LE RITORSIONI NON PAGANO

Di OSVALDO MIGOTTO
Lo scorso 17 febbraio il Ko­sovo, ex regione autono­ma della Serbia, dichiara­va la propria indipendenza da Belgrado sollevando le ire dei serbi e della Russia. Ieri Ossezia del Sud e Abkhazia, entrambe regioni autonome della Geor­gia, hanno ottenuto da Mosca il riconoscimento di quella in­dipendenza da Tbilisi a cui am­bivano da anni.

L’indipenden­za del Kosovo è stata ricono­sciuta dalla netta maggioran­za dei Paesi occidentali; quella di Ossezia del Sud e Abkhazia ha per ora ottenuto l’avallo del­la sola Russia e la condanna dei principali Paesi occidentali. Due pesi due misure, sostiene Mosca. La diplomazia occiden­tale preferisce liquidare la vi­cenda Kosovo come «un caso speciale» e concentrarsi sul­l’inaccettabile attacco russo al­la sovranità territoriale geor­giana.

E così questa nuova crisi del Caucaso invece di sgonfiarsi si rende di giorno in giorno più incandescente. Mosca nelle sue rivendicazioni non ha tutti i torti, ma è il suo atteggiamento di sfida che preoccupa l’ Occi­dente e offre spunti per un fac­cia a faccia a muso duro a chi vorrebbe rispondere alle «pro­vocazioni » russe con altrettan­ta determinazione. Il fronte oc­cidentale per ora si è mostrato abbastanza compatto nel con­dannare l’atteggiamento ag­gressivo del Cremlino. Ma se le tensioni con Mosca dovessero ulteriormente accentuarsi, vi è da scommettere che l’ UE fini­rebbe per spaccarsi su eventua­li misure di ritorsione da adot­tare nei confronti della Russia.

E il motivo della possibile spac­catura del fronte occidentale è spiegato dalla forte interdipen­denza economica che è venuta a crearsi negli ultimi anni tra la ricca Europa e la rinata Russia. Oltre alla dipendenza energeti­ca da Mosca (che fornisce un’elevata percentuale di gas a numerosi Paesi UE), diverse aziende europee stanno facen­do buoni affari grazie al cresciu­to export verso la Russia. E an­che nel settore finanziario l’ascesa dei cosiddetti «nuovi ricchi» fa di Mosca una piazza interessante per gli operatori europei del settore. Ma la dipen­denza economica è reciproca, tanto che la borsa russa ha co­nosciuto un forte calo a seguito del contenzioso sorto con l’ Oc­cidente. La fuga di capitali dal­la Russia spaventa il mondo economico locale.

Ma l’establishment di Mosca sembra più preoccupato a rista­bilire il ruolo di potenza milita­re della Russia, che non ad evi­tare che i rapporti con l’ Occi­dente si deteriorino troppo. Gli interessi strategici superiori a quelli economici? Guardando al passato il Cremlino dovreb­be rispondere «no». Il crollo dell’ URSS è iniziato quando Mo­sca ha cercato di tenere il pas­so con il riarmo americano.

Ben inteso anche l’ Occidente ha molto da perdere nel caso in cui lo scontro con Mosca si facesse più duro. E per ora gio­care «al rialzo» non sembra aver portato grandi benefici; anzi. In risposta all’attacco rus­so sul territorio georgiano l’amministrazione Bush ha ac­celerato le trattative con Var­savia, giungendo alla firma di un accordo sull’installazione dello scudo spaziale america­no in territorio polacco. Mos­sa percepita dal Cremlino co­me un ulteriore atto ostile nei suoi confronti.

Difficile dire se il riconoscimen­to dell’indipendenza di Abkha­zia e Ossezia del Sud rappresen­ti una risposta russa a questa «provocazione». Forse sarebbe ugualmente arrivato.
Ma se è giusto mostrare un’ade­guata determinazione nel con­dannare le decisioni avventate del Cremlino, per la diploma­zia occidentale dovrebbe appa­rire altrettanto doveroso studia­re e proporre a Mosca una so­luzione di compromesso che non suoni alle orecchie russe come un diktat. La crisi ha as­sunto proporzioni tali da non poter più essere liquidata come un incidente minore. Prima che sfugga di mano occorre studia­re un adeguato piano d’uscita e lasciar perdere la pericolosa via delle ritorsioni reciproche.
Osvaldo Migotto
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La linea rossa dell'Occidente

Messaggioda franz il 27/08/2008, 12:16

IL COMMENTO
La linea rossa dell'Occidente
di LUCIO CARACCIOLO

Da ieri Ossezia del Sud e Abkhazia sono tornate nell'impero russo. Riconoscendone l'indipendenza, Mosca le rende totalmente dipendenti da se stessa. Così autolegittimandovi la presenza dei propri soldati in quanto peacekeepers.

Tanto per essere chiaro, il leader sud-ossetino Eduard Kokoity ha annunciato che sul territorio della neorepubblica sarà costruita una base militare permanente dell'Armata russa.
Cala così il sipario sulla prima fase della guerra scatenata fra il 7 e l'8 agosto dal presidente Saakashvili, contro il parere ufficiale del governo americano, e soprattutto contro gli interessi della Georgia, ormai amputata delle province che s'illudeva di recuperare armi in pugno. Per rimettere piede a Tskhinvali e a Sukhumi - e probabilmente anche nell'indefinita "area di sicurezza", ben oltre il confine dell'Ossezia meridionale, conquistata dalle truppe di Mosca - i georgiani dovranno aspettare la prossima guerra mondiale o il suicidio della Russia.

Se localmente la partita sembra chiusa, su scala regionale e globale è appena cominciata. Le poste in gioco sono chiare: si tratta di stabilire se Caucaso e Mar Nero sono zone di primaria influenza americana o russa, ed eventualmente dove passa il confine fra i due mondi. Soprattutto, calerà una nuova cortina di ferro o alla fine prevarrà la logica della pacifica competizione/collaborazione fra le maggiori potenze? Insomma, americani ed europei intendono riconoscere alla Russia, in nome di una "dottrina Monroe" rovesciata, un suo impero esterno, esteso su parte dei territori già sovietici e zaristi, oppure no? E se no, quali sono le nostre "linee rosse"? Una volta stabilito che nessun occidentale intende morire per Tskhinvali, e nemmeno per Tbilisi, per chi e per che cosa saremmo eventualmente disposti a batterci? Se invece intendiamo concedere alla Russia la sua piccola rivincita caucasica, dopo averla umiliata per vent'anni su ogni possibile scacchiere, per poi costruire insieme un nuovo equilibrio eurasiatico, su quali basi intendiamo metterci d'accordo?

Per avere una risposta, occorrerà probabilmente attendere il prossimo presidente americano. A meno di altre follie o incidenti sempre possibili quando le linee di demarcazione fra gli schieramenti militari restano vaghe. Per adesso, ai fatti russi gli occidentali oppongono parole o gesti poco più che simbolici. "Deplorazioni" di rito a parte, l'arco delle reazioni euroatlantiche al riconoscimento russo delle repubbliche separatiste va dalla proposta di una coalizione internazionale "contro l'aggressione russa in Georgia", lanciata dal ministro degli Esteri britannico David Miliband, all'annuncio (ironico?) del suo collega italiano che Roma fornirà uno dei dodici osservatori europei da schierare ai confini dell'Ossezia del Sud.

Certo, Washington ha mandato qualche nave militare a battere bandiera nel Mar Nero e a garantire forniture umanitarie. Se non ha già cominciato a farlo, si dedicherà presto a rimettere in sesto le Forze armate georgiane, che pure aveva foraggiato e addestrato, non intuendo che il governo di Tbilisi, nel suo solipsismo irredentista, le avrebbe mandate al massacro. Di qui a compiere scelte strategiche su come fronteggiare Mosca, molto ne corre.

Oggi solo la Russia può sconfiggere se stessa in una partita di cui ha stravinto la prima mano. Grazie ai georgiani. Ma non troverà sempre un Saakashvili ad invitarla a nozze. Finora Putin ha fatto quanto annunciato urbi et orbi dopo l'indipendenza del Kosovo. Attingendo, certo non per caso, alla stessa retorica usata dagli americani a difesa della causa kosovara, accuse di "genocidio" incluse. Da adesso in poi Mosca dovrà però calcolare con molta prudenza le ripercussioni di ogni sua mossa nell'area contesa fra sé e la Nato. Sapendo di non disporre, nel medio-lungo periodo, né del soft power né delle altre risorse utili a sfidare l'America in un gioco a somma zero. E non volendo certo ridursi a super-Stato canaglia, come nei sogni dei più scatenati fra i russofobi baltici.

La prossima partita si gioca in Ucraina. Per Putin quello non è nemmeno uno Stato, ma un insieme di territori eterogenei di cui alcuni a suo tempo ceduti da Mosca in prestito con diritto di riscatto. A cominciare dalla strategica Crimea, non meno russofila di Abkhazia e Ossezia del Sud, offerta in comodato nel 1954 da Krusciov all'Ucraina sovietica. Se Kiev vorrà entrare nella Nato, ha lasciato intendere Putin durante l'ultimo vertice atlantico, lo farà senza le sue regioni "russe". Considerando che finora la maggioranza degli ucraini è contraria all'ingresso nell'Alleanza Atlantica - e visto il "tradimento" della già "pasionaria" arancione, Yulia Timoshenko, a quanto pare disposta a scambiare l'appoggio russo alle prossime elezioni presidenziali con la rinuncia a sfidare Mosca sulla Nato - Putin parte in vantaggio. Rafforzato dalla dimostrazione di saper impiegare la forza per difendere le sue "linee rosse" e dalla parallela ostentazione di impotenza degli Stati Uniti.

Gli attuali successi russi sono figli anzitutto della debolezza americana e delle divisioni fra gli europei. Mosca sa quel che vuole. E agisce di conseguenza. Americani ed europei no, probabilmente perché in fondo intuiscono di volere cose diverse. Solo ricompattandosi l'Occidente potrà recuperare parte del terreno perduto. Non è facile, visto il vuoto di leadership a Washington e le radicate differenze di percezioni e di interessi fra "Vecchia" e "Nuova Europa" riguardo alla Russia. La storia insegna che per mettere d'accordo europei e americani serve una minaccia esterna. A suo tempo, quella sovietica. Oggi le nostre opinioni pubbliche non appaiono troppo sensibili alle zampate dell'orso russo. A meno che, a torto o a ragione, non ci sentissimo minacciati nella continuità degli approvvigionamenti di idrocarburi che via Russia alimentano le nostre economie. Certo, dopo la spartizione della Georgia, i progetti occidentali di oleodotti e gasdotti alternativi a quelli di classica matrice russa appaiono piuttosto fantasiosi. Ma è anche possibile che polacchi, svedesi e baltici, con l'appoggio americano, si rivalgano sabotando Nord Stream, il grandioso progetto di gasdotto sottomarino russo-tedesco, dai forti connotati geopolitici.

Oggi va di moda richiamare la guerra fredda. Il paragone è deviante. Per mille motivi, ma in specie per due. Nel mondo bipolare, Saakashvili e i suoi pari non avrebbero mai potuto disobbedire ai rispettivi padrini (una volta, sul fronte opposto, ci provò Castro e per poco non scoppiò la guerra atomica). E soprattutto, mentre a quei tempi americani e sovietici erano l'alfa e l'omega dell'alfabeto globale, oggi americani e russi sono protagonisti fondamentali (i primi ben più dei secondi), ma non unici, sul palcoscenico internazionale. Negli ultimi anni a Washington ci si è infatti pochissimo occupati di Russia, molto più di Cina, India o radicalismo islamico. Nell'illusione di aver messo l'orso in gabbia, dopo avergli tagliato le unghie. Ma un impero di quelle dimensioni e con quella storia o viene totalmente distrutto o è destinato a rinascere, entro limiti e condizioni nuove.

La sorpresa non è il ritorno di Mosca. È il fatto che non ce l'aspettassimo. Finché non decideremo se abbracciare o soffocare il nuovo impero russo, e faremo seguire alle parole i fatti, sarà solo l'ingordigia o l'imprudenza del Cremlino a frenarne la scalata ai vertici delle gerarchie globali. Mentre l'Occidente resterà una figura retorica, pallida memoria del vittorioso schieramento che fu.

(27 agosto 2008)
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Re: Medvedev: "La Russia riconosce Ossezia del Sud e Abkhazia"

Messaggioda franz il 27/08/2008, 14:16

Una nota congiunta dei Paesi dell'Alleanza chiede alla Russia di fare
marcia indietro sul riconoscimento delle repubbliche separatiste

Ossezia, Nato condanna Mosca
"Riveda la sua decisione"


BRUXELLES - La Nato ha ingiunto alla Russia di fare marcia indietro sul riconoscimento unilaterale dell'indipendenza di Ossezia del Sud e Abkhazia dalla Georgia, tornando a sollecitarla a rispettare l'integrità territoriale di Tbilisi.

"L'Alleanza Atlantica", si legge in un comunicato ufficiale diffuso dal quartier generale Nato di Bruxelles, "condanna la decisione della Federazione Russa di concedere il proprio riconoscimento ai territori georgiani dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia, e le chiede di revocare la sua decisione", prosegue la nota, sottoscritta dagli ambasciatori dei 26 Stati membri.

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Berlusconi: "Dialogo, no scontro

Messaggioda franz il 01/09/2008, 9:58

Summit straordinario dei 27 paesi sulla crisi in Ossezia
Toni forti, ma probabilmente nessuna sanzione alla Russia

Georgia, oggi vertice a Bruxelles
Berlusconi: "Dialogo, no scontro"

Il premir: "Abbiamo davanti una potenza nucleare, importante fornitrice di gas e petrolio"

Georgia, oggi vertice a Bruxelles Berlusconi: "Dialogo, no scontro"
ROMA - A poche ore dal vertice delle Ue sulla crisi in Georgia, Berlusconi invoca la linea morbida nei confronti di Mosca: "Nessuno scontro con la Russia: bisogna impedire che guardi a Oriente anzichè a Occidente. Dal vertice straordinario dovrà uscire una dichiarazione che porti al dialogo e non allo scontro".

Il vertice. Nell'incontro che si terrà oggi, i leader dell'Unione Europea discuteranno di tre punti principali: gli aiuti alla Georgia, la ricerca di una soluzione politica al conflitto e una riflessione sui rapporti tra Ue e Russia. Secondo gli analisti, dal vertice non arriveranno sanzioni alla Russia, ma solo una dura presa di posizione.

Anche il premier italiano, come il ministro Frattini prima di lui, ha dichiarato che premerà affinchè non vengano decise sanzioni per la Federazione Russa: "Credo che oggi non si decideranno cose che potrebbero aggravare la situazione. Abbiamo dato a Sarkozy tutta una serie di indicazioni che credo vengano recepite da lui e dagli altri colleghi europei. Credo ci sarà una dichiarazione unanime che porterà al dialogo con la Federazione russa e non allo scontro".

Le risorse.
Al centro della delicata situazione diplomatica, anche l'importanza delle materie prime: "La Russia - ha aggiunto Berlusconi - non solo e' una grande potenza nucleare e atomica, ma è anche una importantissimo fornitore di petrolio e di gas. Non si deve interrompere il dialogo per il partenariato con la Russia, anche per ragioni di realpolitik. Si tratta ancora di una potenza militare, ha una potenzialità atomica capace di distruggere dieci volte la popolazione mondiale, la sua economia cresce a un ritmo del 7-8% l'anno, ha il petrolio e il gas, e non è positivo che lo possa dare alla Cina invece che all'Europa".

(1 settembre 2008)
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