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Egitto

MessaggioInviato: 26/01/2011, 18:23
da cardif
da Libero-news.it
http://www.libero-news.it/news/655012/E ... listi.html

"Manifestanti e polizia hanno ingaggiato nuovi scontri in Egitto, con episodi di violenza al Cairo, Suez e nel Sinai. Al Cairo, in particolare, un piccolo gruppo di giornalisti e avvocati egiziani ha tentato di manifestare davanti al sindacato dei giornalisti. Poco prima, nello stesso luogo, era stato arrestato, con un blitz il segretario generale del sindacato, Yayha Qalash. La polizia ha rapidamente bloccato la rivolta picchiando i manifestanti con manganelli e arrestando otto di loro. I dimostranti stavano cantando "Mubarak se ne sta andando, oh gente egiziana, sii coraggiosa e unisciti a noi". Al momento delle violenze, la folla cantava "pacifici, pacifici".

LA SECONDA GIORNATA - In mattinata, la polizia ha cercato di dispendere con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua le decine di manifestanti che si erano concentrati nella notte a piazza Tahrir nel centro del Cairo. Alcuni gruppi di protesta hanno tentato di radunarsi anche di fronte alla moschea di al-Hasra, nella periferia della capitale, nonché
in altre zone del paese. Martedì nelle proteste contro il presidente Hosni Mubarak, ha provocato diverse vittime. L'ultima, la quinta della prima giornata, è deceduta in seguito alle percosse ricevute. Finora si contavano 3 morti a Suez ed un agente al Cairo.

"TUTTI IN PIAZZA" - La tensione resta altissima. Un gruppo dell’opposizione egiziana ha chiamato nuovamente gli egiziani in piazza per proseguire con i cortei, i primi in 30 anni del governo del presidente Mubarak. Il gruppo "Movimento 6 aprile", tra gli animatori delle proteste, ha nuovamente esortato la gente a raggiungere la principale piazza del Cairo, la stessa che è stata liberata con la forza all'alba di martedì. "Tutti devono raggiungere piazza Tahrir per prenderla in consegna di nuovo", ha scritto il gruppo sulla sua pagina di Facebook. La polizia e l’esercito sono già schierati in forze a Tahir Square, mentre il governo ha bloccato l'accesso a Facebook e Twitter.

USA E GERMANIA PREOCCUPATI - L'acuirsi della tensione in Egitto preoccupa gli Stati Uniti, il principale alleato del Cairo. La Casa Bianca ha esortato "il governo egiziano a recepire le aspirazioni del popolo per portando avanti le riforme politiche, economiche e sociali che possono migliorare la vita della gente e aiutare l’Egitto a prosperare. Gli
Usa sono impegnati a lavorare con l’Egitto e il popolo egiziano per raggiungere questi obiettivi". Da Parigi il ministro degli Esteri Michele Alliot-Marie ha espresso rammarico "per le vittime". Anche il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, ha detto che Berlino è "molto preoccupata" per le proteste in Egitto. La Germania fatto un appello alle parti perchè evitino ulteriori violenze. "Siamo molto preoccupati per come la situazione si sta sviluppando in Egitto", ha detto Westerwelle ai giornalisti. "Chiediamo alle parti di usare cautela e rinunciare alla violenza". Sulla questione si è espressa anche l'Unione europea: "Le autorità dovrebbero ascoltare le richieste della gente", ha detto Maja Kocijancic, portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune europea

FRATTINI - L'esecutivo italiano, da par suo, spera "che (Hosni) Mubarak continui come sempre ha fatto a governare con saggezza e lungimiranza" perché "l'Egitto è punto di riferimento per il processo di pace che non può venire meno" e per scongiurare una "deriva fondamentalista". Questa la posizione espressa da Franco Frattini. Secondo il ministro degli Esteri la situazione in Egitto è diversa da quella tunisina: "Non vedo una similitudine perchè vi sono situazione diverse. In Egitto vi si sono pulsioni estremiste islamiche ed è quanto in Tunisia non abbiamo visto". In ogni caso il titolare della Farnesina esclude che l’Europa "possa e debba dettare una ricetta" ma "dobbiamo limitarci a incoraggiare" l’impegno "della società civile, laica come è avvenuto in Tunisia".

DIVIETO DI MANIFESTARE - Intanto, in risposta alle porteste sono scattati numerosi arresti: al Cairo e in altre città egiziane, circa 400 dimostranti sono stati fermati dalle forze dell'ordine, e anche l’Organizzazione dei Fratelli musulmani ha denunciato l’arresto di 121 loro sostenitori, durante una manifestazione di protesta nella città di
Asyut (300 chilometri a sud del cairo). Per evitare ulteriori scontri, il governo egiziano ha annunciato che non saranno tollerate altre proteste contro il presidente Honsi Mubarak dopo quelle di ieri. La dichiarazione del Ministero dell'interno egiziano è arrivata proprio mentre i gruppi dell’opposizione hanno convocato via internet una seconda giornata di protesta nella centrale piazza Tahir del Cairo. Chiunque parteciperà alle dimostrazioni sarà fermato e incriminato, hanno reso noto fonti del dicastero. "

Ma, a proposito di Frattini, non ho capito che significa "L'esecutivo italiano, da par suo, ... " e "Mubarak continui come sempre ha fatto a governare con saggezza e lungimiranza".
Mubarak, che in Italia conosciamo come lo "zio" senza che Frattini abbia smentito, sta alla Presidenza dal 1981 e solo nel 2008 ha punito l'infibulazione, di cui ancora nel 2005 erano vittime il 96% delle donne (oggi non si sa).
l'Egitto è da considerarsi non libero, per le persistenti violazioni dei diritti umani - in particolari nei confronti delle donne, degli omosessuali e delle minoranze religiose (secondo Amnesty International, Human Rights Watch e Freedom House).
Però non ci sono le "pulsioni estremiste islamiche" presenti in Tunisia, dice Frattini.
Non ha detto nulla sul fatto che non saranno tollerate altre proteste; quindi ritiene che non si deve protestare? Tutti a casa zitti e buoni?
E non ci vede il desiderio di libertà, quasi assente i questi regimi.
Che Ministro degli esteri ha l'Italia!

Re: Egitto

MessaggioInviato: 28/01/2011, 20:23
da cardif
Frattini ha tenuto una posizione che mi è parsa sbagliata. Ho la conferma che c'era un'altra posizione che condivido.

da: http://www.repubblica.it/ultimora/ester ... io/3906695

"HILLARY CLINTON ha chiesto al governo egiziano di non ostacolare le dimostrazioni pacifiche e ha ribadito che in questo frangente il Cairo ha un'importante opportunita' di adottare riforme politiche, economiche e sociali.
Il segretario di Stato americano ha anche chiesto che sia rimosso il blocco ai sistemi di comunicazione sociali come Twitter e Facebook usati dall'opposizione per coordinare le proteste contro il presidente Hosni Mubarak."

Evidentemente in Egitto mancava un governo saggio e lungimirante.
Perché Frattini non si allinea all'alleato USA?
Va bè che in questi giorni è impegnato a "cercare prove" contro Fini sulla casa di Montecarlo, invece di fare il ministro degli esteri.
Con quell'atteggiamento da saputello risulta pure convincente. Ma di che? Sta con Mubarak o con Clinton? Bah

Re: Egitto

MessaggioInviato: 28/01/2011, 20:34
da flaviomob
L'occidente ha la coscienza molto sporca per quello che avviene nel Nord Africa oggi... Frattini forse è soltanto meno ipocrita (o più fesso, a seconda dei punti di vista) dei suoi colleghi amerikani...

Re: Egitto

MessaggioInviato: 28/01/2011, 20:51
da cardif
D'accordo: l'Africa è stata terra di caccia, di conquista e di dominio. Proprio per la "coscienza sporca" verso le popolazioni dovrebbe stare dalla loro parte e dalla parte della democrazia, non dei regenti.
Clinton ci prova. Frattini sta dalla parte del regente, del potente (come fa in Italia; ma forse non se n'è accorto).
In questo caso più democrazia dagli USA che dall'Italia, che è quanto dire sul come stiamo messi male.

Re: Egitto

MessaggioInviato: 29/01/2011, 12:30
da pianogrande
Quella della Clinton è solo ipocrisia (e/o opportunismo per mettersi in buona luce con l'eventuale nuovo potere emergente).
Quella di Frattini è di livello molto più basso: assoluta incompetenza e pressappochismo.
Ma anche Frattini non manca di ipocrisia.
La prima ipocrisia è quella di fingersi ministro degli esteri.
Come Bondi che si finge ministro dell cultura o quelli che "si vestono da giornalisti".
Ormai è tutto un mondo posticcio quello che (non) ci governa.
In testa "il bene del paese" di chi si maschera da presidente del consiglio.

Re: Egitto

MessaggioInviato: 29/01/2011, 12:34
da pianogrande
Parlando, invece, dell'Egitto (e dell'Algeria e della Tunisia ..... e dell'Albania?).
Non credo si sia capito molto sul meccanismo che sta dietro a queste rivolte a cascata.
L'unico "colpevole" sembrerebbero i social networks.
Sicuramente, fanno la loro parte ma c'è dell'altro.
Chiedo contributi.

Re: Egitto

MessaggioInviato: 29/01/2011, 15:55
da flaviomob
E' arrivato, Uolter?

Re: Egitto

MessaggioInviato: 29/01/2011, 20:47
da cardif
Il pacioccone pacifista e sognatore non ce lo vedo a guidare una rivolta.

Io ho visto un collegamento tra gli eventi in Albania, Tunisia ed Egitto.
I social networks consentono più liberamente la circolazione di idee; consentono una maggiore conoscenza di ciò che avviene altrove, il che consente confronti.
Per questo un potere non democratico tende a limitarne le potenzialità, nei regimi c'è il controllo dell'informazione, nei colpi di stato i primi centri ad essere occupati sono radio e televisioni (in Italia, a democrazia limitata, questo governo blocca o ostacola la banda larga; Berlusconi vuole selezionare i giornalisti e dirigenti tv e a volte ci riesce:Minzolini, Masi, ecc. ecc)
Inoltre i social networks aiutano nella raccolta delle adesioni alle manifestazioni, perciò si tende subito a bloccarli in prossimità di manifestazioni.
Però i social network sono dei mezzi.
La base è l'insoddisfazione delle popolazioni portate alla esasperazione che, visto come vivono gli altri, chiedono un miglioramento delle condizioni di vita, delle prospettive per il futuro; e chiedono più democrazia soprattutto sottoforma di maggiore libertà di informazione.
Non ci vedo, in questi casi, motivazioni su base raziale legate a lotte tra etnie, né a lotte di religione, né a tentativi di conquista del potere da parte di altri gruppi.

Re: Egitto

MessaggioInviato: 30/01/2011, 14:07
da flaviomob
Io credo che le speculazioni folli che condizionano il mercato del grano e dei generi alimentari di prima necessità, accompagnate dalla crisi economica e dall'impoverimento, siano state la miscela esplosiva che ha fatto detonare il tutto. Anche perché quando la gente non ha da mangiare difficilmente tollera le cricche oligarchiche e l'assenza di potere democratico per mettere in atto un cambiamento. Oltretutto gli oligarchi avevano a cuore gli interessi occidentali e ne erano in cambio appoggiati: per cui il paradosso della decennale guerra 'santa' di Bush sarà che ora i partiti politici musulmani avranno molto più potere, in Nordafrica, e l'occidente molta meno influenza. Complimenti, George W.!

Re: Egitto

MessaggioInviato: 30/01/2011, 14:19
da flaviomob
Sconfiniamo un po' OT in Tunisia... ma il senso è quello...

LETTERA AD UN AMICO TUNISINO

Caro A.,
davvero – quando, vent’anni fa, eri il mio allievo a Paris 8 – non avremmo potuto immaginare che la rivoluzione tunisina avrebbe avuto caratteri simili ed avrebbe sollevato problemi costituzionali analoghi a quelli di un ribaltamento sociale e politico nel centro Europa. Allora studiavamo insieme l’espulsione della classe operaia dalle miniere di fosfato del sud tunisino, prodromo di grandi ondate di migrazione interna ed esterna ed il lento processo di trasformazione che le delocalizzazioni delle filiere tessili europee determinavano nel tuo paese. Tu faticavi a mostrarmi le potenzialità produttive del tuo paese, al di là, appunto, dell’attività tessile o dell’industria del turismo o dei servizi gasieri e petroliferi (che solo più tardi raggiunsero una certa espansione). Tutto è andato terribilmente in fretta. Vent’anni fa balbettavamo di globalizzazione ed oggi c’è, al punto che la Tunisia è diventata una provincia d’Europa e, con essa, del mondo. Vent’anni fa percepivamo appena la trasformazione del lavoro da industriale ad immateriale/cognitivo ed oggi la Tunisia conosce una sovrabbondanza di quest’ultima figura di forza-lavoro. E ancora, dopo vent’anni, scorgiamo le terrificanti trasformazioni che il neoliberalismo ha imposto sopra ed attraverso quei cambiamenti della figura del mercato e della natura della forza-lavoro: la fine del sistema salariale classico, e con essa una mortifera di disoccupazione di massa ed una insostenibile precarizzazione – il 35 % della popolazione giovanile è forza-lavoro cognitiva ma solo il 10 % lavora; in più, in Tunisia, si sono scatenate ed accumulate distruzioni delle primizie del Welfare, disuguaglianze regionali feroci, effetti disastrosi dei processi migratori (sia di quelli riusciti che quelli interrotti), blocco degli investimenti esteri, ecc.. In fine, questi ultimi vent’anni ci hanno regalato l’affermazione di una dittatura mafiosa, una corruzione incontenibile ed un sistema repressivo furbo e crudele (furbo per assecondare e legittimarsi sulle paure occidentali di una minaccia islamista, crudele perché fu puramente e semplicemente dominio di classe, sfruttamento ed oppressione di potentati corrotti contro i lavoratori e la gente onesta).

Cosa si fa, mi chiedi, ora che la conoscenza dello sfruttamento è insorta ed il desiderio di libertà si è ribellato ed ha vinto? L’insurrezione ha creato nuove forze: come utilizzarle, come muoverle contro i vecchi nemici e contro i nuovi che presto appariranno? Caro professore, mi scrivi, ricordi quando ironizzavamo sugli illuministi che concorrevano a premi con progetti sulle nuove Costituzioni di Corsica o di Polonia oppure per la Carolina? Perché dunque non discutiamo (questa volta senza ridere) dei contenuti di una nuova Costituzione della Tunisia – non tanto perché qui non ci sia chi è capace di farlo bene (imbevuto dalle solitarie riflessioni della cospirazione, dalla cultura politica globale che qui comunque circola – certo più che in Italia – e dell’angoscia della sommossa e dalla gioia della vittoria) – ma perché parlare della Tunisia, dei nuovi diritti da costruire, delle garanzie da definire, è oggi anche parlare dell’Europa, semmai qualche sua regione si libererà dagli attuali despoti!

Amico mio, compagno A., non mi hai convinto – quell’ironia che tu giudichi non più necessaria resta per me un abito, sono convinto che non ci si possa sostituire a quello che i protagonisti fanno e propongono. È vero tuttavia che il tuo problema è ormai generale, che una nuova costituzione della libertà non è solo un problema tunisino ma di tutti gli uomini liberi. Ti metto giù dunque qualche riflessione, al fine di aprire una discussione, un forum al quale molti possono partecipare. Per cominciare insisto su qualche punto, che a me sembra più importante di altri, per qualificare che cosa possa essere oggi una vera democrazia – ovvero una “democrazia assoluta” che già allora, vent’anni fa, prediligevamo.

1) Ai vecchi poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario) che è necessario epurare e restaurare con vigore sotto un continuo ed accresciuto controllo del potere legislativo, vanno aggiunte almeno altre due agenzie del governo democratico, l’una che agisca nel “settore mediatico” e l’altra che agisca sulle “banche” e sulla “finanza”.

In primo luogo, dunque, non è più possibile immaginare un regime democratico che non abbia la possibilità di obbligare l’informazione, la comunicazione e la costruzione dell’opinione pubblica al rispetto della verità, alla libertà, al vaglio della moltitudine. L’estrema importanza che hanno avuto le iniziative sul net durante l’insurrezione va salvaguardata come una continua possibilità di esercizio. Quelle pratiche vanno tolte all’eccezionalità e tradotte in esercizio di controllo democratico continuo. Ma non basta: i vecchi media vanno anche piegati ad un controllo sociale che ne liberi l’attività dai blocchi che l’esecutivo e le parti politiche potrebbero loro imporre. Ora, c’è un solo modo per affermare questa figura democratica: il diritto di espressione va liberato dal potere del denaro. La pluralità dell’informazione non può rappresentare la strada per la sua capitalizzazione ma va garantita dalla sovranità popolare al fine di moltiplicare la discussione, il confronto di opinioni, le decisioni. Il diritto di espressione non va garantito solo all’individuo ma anche diretto ad un esercizio collettivo, escludendo ogni pretesa capitalistica di sfruttamento ed ogni tentativo di assoggettarlo. Il diritto di espressione va affermato come una potenza costituente, aperta alla legittimazione del comune.

2) Le “banche”, la “finanza”, sono divenute durante lo sviluppo di capitalismo, un potere a parte, controllato dalle élites industriali e politiche. Nel neoliberalismo anche quel controllo è terminato e la finanza si è resa completamente indipendente, fondando sul livello globale la legittimità del suo intervento. In Tunisia, come tu dicevi, nel passaggio alla democrazia si gioca anche una progressione delle forme di controllo capitalistico sulla vita civile. Il capitale finanziario si sta già presentando in maniera più aggressiva e, quanto alla comunicazione, mentre la censura sta definitivamente scomparendo, nuove forme di controllo si stanno presentando.

Il problema è dunque quello di bloccare questo processo, di trasformare le banche in un pubblico servizio, di modo che l’allocazione di fondi finanziari e l’elaborazione delle politiche di investimento siano comunemente decise. Gli strumenti della finanza vanno messi al servizio della moltitudine. È chiaro che questo implica la costruzione di poteri democratici di programmazione finanziaria, coordinati all’attività legislativa ed esecutiva, e quindi poteri monetari strappati a quell’indipendenza posticcia e ipocrita della Banca centrale – che ne faceva uno strumento del capitale globale. Questa è una via difficile da precorrere. Ci si trova contro non solo i banchieri nazionali ma gli interessi globali del capitale. Ma è una via che va percorsa con grande decisione – cautamente ma con decisione. Così, infatti, si posa una prima pietra di un sollevamento globale contro il neoliberalismo ed il capitalismo finanziario, un sollevamento quando mai maturo!

Il New York Times se n’è immediatamente accorto: “one small revolution”, come quella tunisina, può infiammare non solo il Maghreb ma il mondo arabo. Bisogna dunque tenere a mente, nel trattarla, che un autocrate può fare concessioni (al popolo ma soprattutto alle banche ed alle imprese multinazionali) più facilmente di quanto le possa fare un leader democratico ma debole – come quello che alla fine i tunisini eleggeranno. Ecco dunque la previsione americana. Ecco di conseguenza la nostra ipotesi: non è possibile oggi immaginare una rivoluzione democratica che non attui, prima di ogni altra operazione, una nazionalizzazione delle banche, una riappropriazione della rendita, alle quali fare man mano seguire l’istaurazione di figure di diritto comune. Solamente così la potenza della moltitudine può costituirsi. Il fine al quale è rivolta questa agenzia finanziaria, democraticamente gestita, è quello di garantire il Welfare della popolazione tunisina, contro la precarietà, stabilendo un reddito garantito, la possibilità di un’educazione completa e di un’assistenza sanitaria adeguata ad ogni cittadino.

Oggi non c’è libertà che non risieda sul comune. Non a caso la dittatura ha privatizzato tutto quello che in Tunisia poteva esserlo – bisogna dunque riprenderselo. Caro A., solo sul comune e sulla sua comune gestione è ormai basato il futuro della vostra generazione e dei vostri figli. Certo, il disastro che ereditate non si cancella d’un colpo solo – non appena le nebbie che seguono l’insurrezione si diraderanno, vi saranno delle priorità attorno alle quali concentrarsi e decidere. Ma il dispositivo di un governo costituente non può che guardare al comune. Non lasciate la proposta del comune (questa è anche la tua preoccupazione, compagno A.) agli islamici. È su una falsa propaganda del comune che essi già svolgono la loro attività.

3) Il terzo punto riguarda la forma del governo. Come tu dici, la rivolta tunisina è stata sociale, è nata dall’intera società che lavora. Ben Alì aveva ben compreso che non bisognava soprattutto permettere alla rivolta sociale di esprimersi politicamente ed ogni politico sapeva che c’era nella disoccupazione giovanile una bomba a tempo che stava per esplodere. Perché?

La gioventù – forza-lavoro cognitiva – è oggi la vera classe lavoratrice del postindustriale. Poiché è forza-lavoro cognitiva, questa gioventù non è impotente, anzi, essa ha i mezzi per superare quella frustrazione che ha bloccato gli strati più poveri ed anziani della popolazione. La cultura dell’impotenza è stata battuta con forza sulle strade di Tunisi.

Ora, questa gioventù deve tenere aperto il processo rivoluzionario, trasformando l’insurrezione in macchina di governo costituente. Non si può lasciare in mano alle vecchie élites (né socialiste, né democratiche, né islamiste) le trasformazioni della costituzione del paese. D’altra parte, i tunisini hanno meno bisogno oggi di una nuova costituzione di quanto invece abbiano bisogno di un processo costituente allargato al paese tutto intero – ivi comprese le forze armate, la magistratura, le università. Il potere legislativo e la governance necessaria per rimettere in moto il paese devono essere direttamente esercitati dai giovani e dai gruppi rivoluzionari, organizzandosi in tutti i luoghi nei quali farlo sia possibile ed urgente. Ma tutto ciò si può fare se si evita per il maggior tempo possibile (secondo quei progetti illuministi di costituzione democratica dei quali parlavamo, questo tempo non poteva essere inferiore ad un decennio) la fissazione di forme di rappresentanza stabile. L’agilità del potere globale, delle sue banche, dei suoi istituti centrali, è davvero grande: non avrebbero difficoltà, quei signori, a trovar (e pagare) qualche socialista o qualche islamista per determinare equilibri a loro favorevoli! L’insurrezione è stata agile e deve trovare altrettanta agilità nel muoversi contro il potere globale e le sue emanazioni mediterranee, che già stanno concentrandosi contro il pericolo estremo dell’insurrezione tunisina e dell’espansione di questa al Maghreb. Ricordiamoci (non era appunto la tua preoccupazione, compagno A.?): se non costruiamo comitati di azione costituente, saranno gli islamici che, rigoristi o moderati, riporteranno la politica nelle moschee. Mentre invece più ci sarà politica democratica e costituente, più ci sarà laicità…

Ciao, continuiamo a scambiarci informazioni. Si respira aria nuova, da qualche tempo, un po’ dappertutto. Attendendo l’Algeria!

Toni Negri

P.S: Se aprite i giornali economici occidentali, ci sono quelli che, da destra, prima di tutto conversano sulla caduta delle note del debito sovrano tunisino da parte delle agenzie di notazione. Moody’s ha già degradato la nota del debito sovrano tunisino e ha cambiato la prospettiva da stabile a negativa. Sul medesimo argomento, da sinistra, ci si lamenta di questa decisione perché, al contrario, si insiste sul fatto che anche l’insurrezione è… produttiva. La fine dei prelevamenti mafiosi sull’industria tunisina dovrebbe permettere una ripresa della crescita. Ma di quale crescita? Della povertà, della precarietà?

Quanto alla stampa politica, da destra si moltiplicano le minacce. Attenzione, cittadini tunisini, perché se esagerate, l’esercito è già pronto alla repressione. Proprio quell’esercito che vi ha aiutato a liberarvi da Ben Alì – continuano i commentatori di destra. Non incrementate la paura del vuoto. Ma da sinistra, esaurito un breve momento di gioia, che cosa si richiede ormai? Ora che Ben Alì se ne andato, il paese saprà ricostruire il suo apparato di Stato e condurre una transizione pacifica verso la democrazia? Solo questo chiede la sinistra?

In realtà, da un lato e dall’altro, la preoccupazione è tanto alta quanto è stata la sorpresa. Diventerà la transizione della Tunisia verso la democrazia un esempio, un laboratorio, per l’interno mondo musulmano? Ma se è solo questo che si vuole, è davvero poco nuovo, anzi, è davvero vecchio: è semplicemente nuovo colonialismo.

Caro A., non spaventiamoci a pensare una nuova costituzione, un nuovo processo costituente, nuovi strumenti della potenza democratica dei cittadini. Nel Maghreb, in Algeria, in Tunisia e poi anche in Egitto ci sono stati momenti di grande e profondo sviluppo di una democrazia costruita dal basso. Smentiamo la pochezza repressiva dei commentatori americani ed europei.

P.P.S: rileggo questa mia lettera prima di mandartela, siamo il 28 gennaio, l’Egitto brucia !

Fonte: http://ilpuntorosso.webnode.com/news/le ... -tunisino/