Il mondo non va distinto in buoni e cattivi, non mi piace farlo e non lo farò. Però le ultime vicende mi hanno toccato, e finalmente mi hanno scaraventato a riflettere non un attimo sulla pagina del giornale, che non trasmette emozioni, ma un attimo che sembra un secolo, più in profondità, nella complessità delle vicende umane e della sofferenza. Ovviamente non pretendo di aver capito tutto, non potendo respirare l'aria di una quotidianità diversa dalla mia tranquillità. Ma un attimo più paziente, più coinvolto di una semplice lettura, è bastato per capire che siamo entrati nella perversione incredibile di un mondo che sta facendo degli anti-eroi per classica definizione, dei modelli positivi. E allora non più lontananza, ma sentita vicinanza. Vicino ad Israele, per forza, con la convinzione che accettare la sofferenza è stata la più grande prova di coraggio che si possa esprimere, e con l'ammirazione per uomini e donne non cristiani che mi hanno regalato un esempio davvero coerente con la religione che professo. Molte grazie, uomini e donne d'Israele!
Nondimeno, vicino a Palestina e Libano, per forza, perché la morte ha dato uguaglianza a tutti i defunti, limando la differenza che esiste su questa Terra tra uomini di diversa nazionalità. Ma un interrogativo mi tormenta: Abu Mazen manda le congratulazioni a un assassino; islamismo moderato, dove sei?