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Crisi alimentare: produzione non liberismo

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

Re: Crisi alimentare: produzione non liberismo

Messaggioda trilogy il 13/06/2008, 22:04

Riprendo in sintesi dei dati molto interessanti di una tabella che accompagnava un articolo del Sole24Ore del 29 aprile 2008, la fonte è un'analisi della Goldman Sachs.

Immagine

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLi ... iew=Libero
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Re: Crisi alimentare: produzione non liberismo

Messaggioda franz il 15/06/2008, 9:55

Molto interessante.
Ancora di piu' lo sarebbe sapendo se in quel calcolo sono compresi sussidi ed aiuti comunitari per il biocombustibile,
i quali ovviamente modificano ogni calcolo di redditività.

Altro tema collegato all'aumento dei generi alimentari (e dei prodotti petroliferi) è quello della "speculazione".
Argomento che fa colpo e che entra in ordine di conto ogni volta che si vuole dare una "colpa" a qualcosa (spesso per assolvere altri).

Tuttavia un economista mesi fa mi diceva che la tesi delle colpe della speculazione (mercato dei derivati e delle options) è debole, dato che questo mercato a livello mondiale rappresenta il 2% delle transazioni totali e quindi non è in grado di influenzare il mercato come si vorrebbe far credere.
Non so come trovare il rete conferma di questo dato (del 2%) ma per quello che ho trovato vedo che in ogni caso il volume maggiore del mercato dei derivati è costituito da oggetti del mercato monetario, utilizzati per minimizzare rischi di cambio e proteggere, per esempio, i fondi di investimento dalle oscillazioni delle valute.

Se cosi' fosse il volume speculativo verso il petrolio e gli alimentari sarebbe veramente poco influente (anche se nessuno ne nega l'esistenza).
Mi pare quindi che la ragione dell'aumento dei prezzi alimentari sia fondamentalmente legato alla domanda (in crescita per cina ed india) ed all'offerta (in calo per la progressiva desertificazione, salinizzazione e per la produzione di bioarburanti).
Che poi a fronte di una previsione abbastanza certa (di aumento dei prezzi) ci si aggiunga anche la speculazione (chi scommette sul futuro) è chiaro ma questo è un effetto, non una causa.

Chi ci capisce qualche cosa, dica la sua, pls.

Ciao,
Franz
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Re: Crisi alimentare: produzione non liberismo

Messaggioda trilogy il 15/06/2008, 10:44

franz ha scritto:Tuttavia un economista mesi fa mi diceva che la tesi delle colpe della speculazione (mercato dei derivati e delle options) è debole, dato che questo mercato a livello mondiale rappresenta il 2% delle transazioni totali e quindi non è in grado di influenzare il mercato come si vorrebbe far credere.
Non so come trovare il rete conferma di questo dato (del 2%) ma per quello che ho trovato vedo che in ogni caso il volume maggiore del mercato dei derivati è costituito da oggetti del mercato monetario, utilizzati per minimizzare rischi di cambio e proteggere, per esempio, i fondi di investimento dalle oscillazioni delle valute.

Se cosi' fosse il volume speculativo verso il petrolio e gli alimentari sarebbe veramente poco influente (anche se nessuno ne nega l'esistenza).
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Non so a cosa riferisca l'economista con quel 2%. Ad esempio Il volume di scambi giornaliero sui derivati finanziari petroliferi è paragonabile all'intera produzione annua di petrolio reale.
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Re: Crisi alimentare: produzione non liberismo

Messaggioda franz il 15/06/2008, 21:46

trilogy ha scritto:Non so a cosa riferisca l'economista con quel 2%. Ad esempio Il volume di scambi giornaliero sui derivati finanziari petroliferi è paragonabile all'intera produzione annua di petrolio reale.

Se ho compreso bene al rapporto tra mercato dei derivati e mercato borsistico normale.
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Re: Crisi alimentare: produzione non liberismo

Messaggioda trilogy il 18/06/2008, 14:32

franz ha scritto:
trilogy ha scritto:Non so a cosa riferisca l'economista con quel 2%. Ad esempio Il volume di scambi giornaliero sui derivati finanziari petroliferi è paragonabile all'intera produzione annua di petrolio reale.

Se ho compreso bene al rapporto tra mercato dei derivati e mercato borsistico normale.
Ciao,
Franz


Ok, capisco cosa intende. In altre parole, quando acquisto un future sul petrolio sto comprando 1000 barili di greggio che mi saranno consegnati alla scadenza del contratto future (1 mese, 3 mesi), al prezzo stabilito oggi. A questo punto ho due possibilità. Rivendo il contratto sul mercato prima della scadenza incassando il guadagno o la perdita relativa, dipenderà da come si muoverà il prezzo dopo il mio acquisto. Oppure aspetto la scadenza del future e mi consegneranno materialmente i 1000 barili oggetto del contratto (il sottostante al contratto future). Da notare, che nel momento in cui acquisto il contratto future verso solo il margine di garanzia, circa il 7% del valore del contratto, nel momento in cui ritiro i 1000 barili devo pagare l'intero importo. Ora nei mercati finanziari, mediamente su 100 contratti scambiati, 98 si chiudono con una operazione finanziaria di segno contrario (ho acquistato un future, lo rivendo) 2 si chiudono con la consegna materiale del sottostante (barili di petrolio).

A questo proposito, tra i traders in commodities circolava l'aneddoto di un operatore finanziario che tradava derivati finanziari sui bovini. Un bel giorno dimenticò di chiudere, prima della scadenza, una posizione sul relativo futures, ritrovandosi così a dover gestire una bella mandria in carne ed ossa. :D
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Fumata nera al Wto, colloqui falliti

Messaggioda franz il 30/07/2008, 8:38

Ginevra, i negoziati arenatisi sulle proposte per le tariffe
di importazione per proteggere gli agricoltori più poveri

Fumata nera al Wto, colloqui falliti
Usa e India bloccano trattativa


GINEVRA - Nulla di fatto ai negoziati dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto), affossati dallo scontro tra il gigante indiano ed il colosso statunitense. Dopo nove lunghissimi giorni e notti di riunioni, fasi di stallo, progressi e tensioni, la controversia tra New Delhi e Washington sulle misure di salvaguardia nell'agricoltura si è rivelata insolubile. E il direttore generale del Wto Pascal Lamy è stato costretto a porre fine alla maratona negoziale di Ginevra.

"Avrei preferito annunciare un'intesa, ma i negoziati sono falliti", ha detto in serata Lamy in un'affollata conferenza stampa. Le "divergenze inconciliabili" tra alcuni Stati membri hanno reso impossibile un accordo, ha detto Lamy, ma il Doha round, il ciclo negoziale per la liberalizzazione degli scambi lanciato nel 2001, non è chiuso.

"Dovremo discuterne con i Paesi membri, ma la mia prima reazione non è quella di gettare la spugna e potrei tentare di rilanciare i negoziati", ha detto Lamy. Moltissimi risultati sono stati infatti conseguiti - ha sottolineato il direttore generale del Wto - da quando dal 21 luglio scorso più di 30 ministri e alti rappresentanti dei 153 Paesi membri si sono riuniti a Ginevra per trovare un'intesa sui tagli ai sussidi agricoli e la riduzione dei dazi per l'apertura dei mercati per i prodotti agricoli e per i prodotti industriali.

"C'erano 20 problemi sul tavolo, ne abbiamo risolti 18 e siamo inciampati sul diciannovesimo. Abbiamo quindi accumulato materiale per il futuro. Il nostro campo base - ha detto Lamy - è ora molto più alto e vicino alla vetta". Anche i ministri di Usa, Brasile e India si sono pronunciati in favore di rinnovati sforzi. Per Lamy il pacchetto di intese conseguito a Ginevra vale 130 miliardi di dollari all'anno di riduzioni tariffarie.

L'annuncio del fallimento è giunto a conclusione di una riunione tra i ministri di sette potenze commerciali (Usa, Ue, India, Cina, Brasile, Australia e Giappone) poi allargata ai 35. La causa: le divergenze tra India e Stati Uniti sulle modalità dei meccanismi di salvaguardia previsti per i Paesi in via di sviluppo per proteggersi con un aumento di dazi da un'impennata delle importazioni di un prodotto agricolo. La proposta iniziale fissava a un aumento delle importazioni di un prodotto del 40% la soglia per far scattare la clausola di salvaguardia, ma la soglia era troppo alta per New Delhi. "Gli Usa vogliono favorire i loro interessi commerciali. L'India vuole invece proteggere il livello di vita e la sicurezza dei suoi contadini", aveva affermato stamani il ministro del Commercio indiano Kamal Nath.

A più riprese negli ultimi giorni, la rappresentante Usa per il Commercio Susan Schwab aveva invece accusato India e Cina di mettere in pericolo i progressi compiuti riportando in discussione l'equilibrio del pacchetto di proposte messe sul tavolo venerdì scorso da Lamy. "E' il colmo che un round sullo sviluppo giunto all'ultimo miglio fallisca su una questione" che riguarda la protezione dei più poveri, ha detto Nath stasera rivendicando l'appoggio di numerosi Paesi in via di sviluppo."E' veramente un peccato che dopo tutti i progressi fatti non siamo stati in grado di concludere. E' incredibile che si fallisca per una sola questione", ha deplorato il ministro degli esteri Celso Amorim esortando alla ripresa dei negoziati "con una nuova squadra". Anche Susan Schwab ha espresso profondo disappunto, ma ha ribadito l'impegno Usa in favore del negoziato. "E' ironico - ha osservato - che in un contesto di crisi alimentare mondiale il dibattito si sia focalizzato su come e quando innalzare barriere di fronte alle importazioni di derrate alimentari". Per il commissario europeo al commercio Peter Mandelson l'esito della riunione di Ginevra è un "fallimento collettivo. Ma l'impatto più grave - ha lamentato - ricadrà sui più deboli.

Commentando il collasso delle discussioni, Adolfo Urso, sottosegretario allo Sviluppo Economico e negoziatore italiano al Wto, ha affermato che "il negoziato di Ginevra, il più lungo della storia del Wto, è fallito proprio al termine della maratona inciampando ancora una volta sul terreno agricolo". Per Urso, "l'Europa ha però tutte le carte in regola avendo concesso su questo campo tutto quello che era possibile ed infatti sono altri a lanciarsi reciprocamente le accuse: Stati Uniti, Cina e India, Asia ed America. Il negoziato è fallito nel Pacifico, non certo nel Mediterraneo".
(29 luglio 2008)
www.repubblica.it
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